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Autore: Doux_Ange    04/07/2018    1 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA CREPA

N/A La parte compresa tra i tre asterischi (***) è la copia del capitolo "La crepa" nell'altra mia fanfiction 'Life-changing frenzy', che ho inserito perché procede regolarmente come in puntata. Oltre gli asterischi, la parte alternativa. Buona lettura!

*** Quando il maresciallo mi chiama per informarmi di un ragazzo aggredito, mi sveglio di soprassalto.

Devo aver staccato la sveglia senza nemmeno sentirla, non mi ricordo, e sono decisamente in ritardo.

Arrivo in caserma mezz'ora dopo, passando prima di tutto dall'ufficio di Anna.

“Ciao ciao... arrivo, eh!”

“Abbiamo fatto le ore piccole!” Scherza Cecchini.

“Lavorato?” Gli fa eco Anna con un sorriso.

“No no, sono andato al Gran Premio di Formula 1... ma te l'ha detto tua sorella?” Domando, perplesso.

“No... non ci siamo viste.”

“È la prima volta che conosco una donna patita di Formula 1...” Commento. “Caffè e arrivo, va bene?”

Lei annuisce prima di tornare ai documenti che ha davanti.

 

Ho un sonno da non stare in piedi.

 

***

 

Poco dopo convochiamo la ragazza che è coinvolta nel gioco di ruolo di cui faceva parte il ragazzo aggredito. Io sono davvero scioccato dalle sue affermazioni: davvero lo ritiene solo un gioco?

La mia pazienza è decisamente al limite, e le sue lacrime non mi incantano. Ha portato quel ragazzo quasi ad ammazzarsi, e questa cosa che sia stato un altro a dirle di scrivere quei messaggi non me la bevo.

Anna mi lancia un'occhiataccia intimandomi di smetterla, ma come? Come può essere così calma?

Quando la ragazzina viene portata via, Anna mi ferma mentre sto uscendo.

“Comunque potevi andarci piano, è una ragazzina.”

Io mi blocco. “Che ha fatto quasi ammazzare un suo coetaneo, però.”

“Questo non lo sappiamo. Potrebbe essere stata la persona che le ha mandato i soldi per posta.”

“Credi veramente alla storia che ha detto?!”

“Sì! Credo anche che Sveva sia innamorata di Giacomo.”

“Se era innamorata perché non è andata da lui a dirglielo?” Andiamo, tutti questi sotterfugi? Sono solo bugie.

“Paura? Non lo so! Non è facile dire a una persona che ti interessa!” Sul serio? Stiamo facendo questa conversazione per davvero?

“Soprattutto a quell'età...” conclude.

“Gli mente, lo tormenta, lo manda bendato su un ponte... bel modo di amare, veramente!” Le dico, ormai arrabbiato anche con lei. Come può fare quelle affermazioni? Però ha ragione sul fatto che non sia facile... non è che tu hai fatto di meglio.

“Marco, per amore si possono fare le cose più assurde!” Mi apostrofa.

“Come per esempio, guardare la Formula 1...” Mormora Cecchini, sbucato dal nulla accanto a noi. Io gli lancio un'occhiata perplessa: in che senso? “L'ho detto tanto per dire... dovevo prendere questi, scusate.” Afferra dei fogli e si allontana.

“Allora verificate questa storia della lettera e tenetemi aggiornato, va bene?” Dico freddamente ad Anna, senza degnarla di uno sguardo mentre esco.

 

***

 

Più tardi, però, le mando un messaggio chiedendole scusa. Forse ho esagerato, d'altronde è tutto da vedere. E poi non dovevo prendermela con lei, mi ha solo esposto dei dubbi che in effetti non sono così improbabili, pensandoci a mente più serena.

Intanto chiedo a Chiara se le va di andare all'Umbria Jazz Spring Festival, lei accetta e mi dice che proporrà anche a sua sorella di venire, visto che è un genere che le piace. Le rispondo che per me non ci sono problemi, cercando di non mostrarmi troppo entusiasta dell'idea.

Hai chiesto a sua sorella, non a lei. Se viene, non lo fa per te perché non sei stato tu a invitarla.

 

Quando mi presento a casa Olivieri, è lei ad aprire. Noto con disappunto che indossa un semplice maglioncino e un paio di jeans. Quindi non viene.

“Entra,” mi accoglie con un sorriso. Avanzo nel soggiorno, e mi accorgo che la tavola è apparecchiata.

“Fai una serata casalinga?” Chiedo, fingendomi incurante.

Lei mi supera, tornando a sistemare i piatti. “Aspetto una persona.”

“Ah.” Mi trattengo a stento dal commentare oltre. Che significa, che aspetta una persona? Chi sarebbe? Non è uscita con nessuno, ultimamente. Lo saprei, se si vedesse con qualcuno, me ne sarei accorto. Non se sei impegnato ad andartene in giro con sua sorella. E poi non deve mica raccontarti tutto per forza. L'hai detto anche tu, no? Non avete firmato un contratto, e lei è libera di fare quello che vuole.

Mando giù a forza la vaga sensazione di gelosia che sento salire in gola, e butto lì qualcosa per farla pentire della sua scelta di non venire. Cioè, per dirle che mi spiace non venga.

“Peccato, c'è l'Umbria Jazz Spring Festival a teatro...”

“Ah, peccato perderselo.” Mi risponde, indifferente. Ma davvero non le interessa?

“Sai che è lo stesso che ha detto Chiara?”

“Dai? Incredibile.”

“Con la mia ex era tutto un litigio...” Continuo, un po' per raccontarle qualcosa in più rispetto a quello che già sa, un po' per cercare di provocarla. “Chiara è... tipo come avere un amico uomo... vabbè, poi sa che cos'è il fuorigioco, quindi...”

“Mh-mh...” No, non le importa niente di quello che le sto dicendo, glielo si legge in faccia che mi sta ascoltando solo per cortesia.

In quel momento arriva Chiara dalla stanza accanto. È molto carina, quel vestito nero le dona molto.

Si avvicina, abbracciandomi prima di rivolgersi ad Anna.

“Sicura che non vuoi venire?”

“Tranquilli,” conferma lei, “aspetto un amico per una serata speciale.”

“Perfetto, allora noi usciamo!” Le risponde la sorella, avviandosi verso la porta.

Io resto indietro per qualche istante, mentre una vocina in testa mi urla di mandare a quel paese la serata a teatro e restare qui a casa con lei. Poi mi do' finalmente una svegliata, la saluto un'ultima volta ed esco anch'io.

 

Nonostante la bella serata che passo con Chiara, che ammetto essere molto divertente e piacevole, ho un pensiero fisso che mi ronza per la mente. Spero di non incontrare mai questo amico della serata speciale. Deve sparire prima che ci riesca.

 

***

 

Il giorno dopo, mi chiamano in caserma perché hanno trovato due possibili sospettati: il fratello del ragazzino e un suo amico. Durante l'interrogatorio, anche questi due mi fanno perdere la pazienza, e Anna come al solito resta impassibile. Ammetto che aveva ragione lei sulla questione di Sveva, la ragazzina, però questi due c'entrano di sicuro.

Una volta terminato, sto per salire in moto quando il maresciallo e Anna mi fermano.

“Dottor Nardi?” Mi chiama lei. Non ho mai capito perché facciamo questa cosa di chiamarci per nome quando siamo soli e di darci del 'lei' in pubblico, ma so per certo che viene istintivo anche a me. Quasi a voler tenere questa familiarità solo per noi. “Stavo pensando, dato lo stato delle indagini, che potremmo fare un ragionamento ulteriore...” Si volta a guardare Cecchini, e noto che è leggermente tesa. “Magari stasera... a cena, a casa Sua.”

Come? Ho capito bene? Non me lo sto immaginando, vero?

“...Okay. Ma... perché da me? La moglie del Maresciallo cucina benissimo!” Marco, finiscila subito! Va bene a casa tua, dille che non ci sono problemi!

“Mia moglie è impegnatissima, c'ha un raduno, un raduno degli alpini, c'ha il raduno del club del tartufo nero di Norcia...” Spiega lui.

“Possiamo far da lei, forse...” Suggerisco, indicando Anna.

“Eh no, da lei, dopo quello che è successo...” Fa Cecchini.

“Che è successo?” Mi preoccupo. C'entra l'amico di ieri? Che ha combinato? Chi è questo tizio?

“Che è successo... a mezzanotte è scoppiata la fogna, e la puzza...” Anna fa una faccia strana. Non ci sto capendo niente. “Facciamo da Lei, venti e trenta.” Decide da sé il Maresciallo. “Va bene? Vada, fatto.”

Va via, portandosi dietro Anna mentre io salgo in moto, ancora un po' perplesso.

Non che mi dispiaccia, anzi. Ultimamente non abbiamo più fatto nemmeno lezioni di cucina. E magari mi informo su questo tizio di ieri, così forse capisco perché lei era così distante.

 

***

 

La sera, all'orario stabilito, suonano alla porta. Sarà Anna di sicuro, lei è sempre puntualissima.

Corro ad aprire, e mi trovo davanti una visione.

Capelli sciolti, tacchi alti e un vestitino verde di pizzo con un effetto vedo non vedo che mi fa quasi venire un colpo.

Non era lei quella che si sentiva poco femminile? Farebbe convertire pure un santo, vestita così...

“Ammazza, che eleganza...” Riesco a biascicare dopo averla osservata a bocca aperta per qualche istante..

“Ho fatto una cosetta...” Mi dice, porgendomi il vassoio che ha in mano. Ammetto che non l'avevo notato, ero un tantino impegnato a guardare il resto. Posso sbirciare ancora un po'?

“Grazie, ma non dovevi!” Mormoro, ancora ammaliato.

Lo porto fino al bancone davanti ai fornelli, chiedendo se posso aprire. Sono decisamente curioso, sono a un passo dallo scoprire se ha imparato bene o no.

Al suo assenso, tolgo il coperchio.

“Hai fatto lo stracotto al barolo? Ma ci voglion tre ore per marinare la carne!” Esclamo, decisamente colpito. È una ricetta abbastanza complicata, ma dall'aspetto sono convinto che se la sia cavata benissimo. “Il profumo è stupendo...”

“Ho avuto un grande maestro...” Si schernisce lei, timidamente. Giusto, dimentico sempre che i complimenti la mettono in imbarazzo.

Cerco un modo per rimetterla a suo agio. “Vino? Senti, ho... Sagrantino di Montefalco oppure Rosso di Torgiano?” Le domando, sapendo che in genere ne capisce più di me.

“Sagrantino di Montefalco,” suggerisce senza esitare.

“Okay...” Sto per stappare la bottiglia quando mi ricordo che dovremmo essere in tre, stasera. Purtroppo. “Ah, aspettiamo il Maresciallo, che dici?”

“No no, versa pure... mi ha tra l'altro chiamato, ero proprio qui fuori, e... ha avuto un'emergenza, non ho capito. Non viene...” Mi spiega, esitante.

“Ah!” Mi soffermo a guardarla per un attimo. Non so se sia tutta una scusa o la pura verità, conoscendo il maresciallo, ma ammetto senza ritegno alcuno che non mi dispiace affatto che non ci sia. Dillo, che ci speravi che lui vi desse buca. Per una volta le tue preghiere sono state esaudite. Siete da soli e lei è bellissima. Stavolta non devi sbagliare.

Prendo i calici di vino e la raggiungo davanti al bancone per un brindisi. “Allora, a una piacevole riunione di lavoro... e anche a una elegantissima cuoca di stracotto.”

Anna abbassa lo sguardo, e io riesco solo a pensare a quanto sia pazzo di lei, e a quanto vorrei che questa fosse una cena con ben altro proposito.

“Beh.. allora siamo in due! Pazienza, eh...” Dico, per stemperare la tensione. E per abbassare la temperatura. Non senti caldo, tu?

“...Preparo la tavola.” Suggerisce.

“Io... prendo i piatti.” Svegliati, non è che puoi stare tutta la sera a fissarla, però.

Mentre recupero i piatti dalla credenza, sento che mi fa una domanda.

“Che cos'è questo sacco pieno di polvere?”

“Quale?” Chiedo. Sacco? Che ho lasciato in giro?

“Lo sposto, ti spiace? Lo metto qui che dà meno fastidio.”

Con mio profondo orrore, mi rendo conto che sta parlando del pouf.

 

Prima che me ne renda conto, un piatto mi scivola dalle mani, che scopro tremare forte.

Calmati. Non è successo nulla. Lo ha solo spostato, l'hai lasciato in mezzo alla stanza e non si poteva passare. Respira.

“Tolgo due posate in più...” Sussurra lei, chiaramente confusa dal mio comportamento.

Io non riesco nemmeno a parlare.

“Che c'è?” Prova a chiedere, ma il mio cervello sembra non recepire più i comandi.

Marco, no. Non fare quello che stai pensando. Non ha fatto niente di male, non lo sa, non gliel'hai raccontata questa parte della storia. Non c'entra niente lei.

“Niente, è che...” Sei ancora in tempo per stare zitto. O meglio ancora, per spiegare. Capirà, lo sai che lo farà. Diglielo! “Mi sono ricordato che avevo un altro impegno. Ho un appuntamento, devo andare, scusa.”

La mia voce trema, e non so nemmeno io quello che sto dicendo.

“Con chi? … nel senso, dovevamo...” Lascia in sospeso la frase. So che ha intuito che non le sto dicendo la verità, ma non riesco a fare altro.

Non è vero, puoi! Diglielo! Dille perché hai reagito così! Ora!

Ha fatto l'unica cosa che non doveva, rimbecca una vocina diversa dal solito che non capisco da quale parte della mia testa venga, e nonostante sappia benissimo che non lo ha fatto di proposito, la mia paura è troppo grande, e il mio meccanismo di autodifesa si è messo in atto da solo. E adesso continua a dirmi, prepotentemente, come comportarmi.

No! Non lo fare!

“...con tua sorella.”

Sono queste le sole parole che dico, ma so benissimo che l'ho ferita. Lo leggo dal suo sguardo, ma era esattamente questo il mio scopo. Farle male come lei ne ha appena fatto a me.

 

Anna abbassa lo sguardo, e io sento risalire la bile in gola.

“Dovrei andare, sì...” Continuo, imperterrito, cacciandola letteralmente fuori.

“Sì... io vado allora... scusa...” Mormora, inciampando. Io l'aiuto appena, ancora paralizzato dalle mie stesse parole.

Devo essere andato completamente fuori controllo, perché come se non le avessi già fatto male abbastanza, infierisco ancora. “Ah, senti... lo stracotto però prenditelo...”

“Ma no, tienilo...”

“No, l'hai fatto, è un peccato... dai, per favore...”

“Fai quello che vuoi.” Dice soltanto, e per un attimo, vedendo un velo di lacrime luccicare in quegli occhi verdi che tanto mi hanno ammaliato, prima di andare via di corsa.

“Anna...” Provo a chiamarla prima che esca, senza alcuna convinzione o reale voglia di trattenerla. ***

 

Ancora rabbioso, afferro il pouf per rimetterlo dov'era, lanciando uno sguardo cattivo verso la porta.

 

Quando mi lascio cadere sul divano, come una mazzata mi crolla addosso il casino che ho combinato stasera.

Ho cacciato via Anna.

 

E tutto per quel pouf. Ho accusato Anna di una colpa che non ha, lo so che lei non c'entra, ma è stato più forte di me.

Perché? Perché l'ho fatto?

 

Codardo.

 

Cerco di calmarmi.

Forse è così che doveva andare. Forse è stata la cosa migliore, in fondo.

Forse è stato davvero un errore.

 

Sai bene che non è così, torna a tormentarmi la vocina familiare, la verità è che hai paura. Paura di avere di nuovo stravolta la vita. Paura di star male di nuovo. Paura che una storia con lei non sia come immagini. Ma lei non è Federica. Anna non è Federica. Lo sai, questo. Non ti farebbe mai quello che ti ha fatto lei. Anna non è lei.

 

Non lo è, lo so. Ma so anche che, pur non avendolo fatto intenzionalmente, ha toccato l'unica cosa che non doveva. Qualunque cosa, ma non quella. Quel pouf è stato l'inizio della fine, e me ne sono accorto tardi. E ora non voglio succeda lo stesso.

 

Ma lei non lo sapeva. E l'ha solo spostato. Se solo le avessi spiegato, invece di perdere la testa...

 

Spiegare cosa? Che ho avuto paura? E poi, dirle che saresti uscito con sua sorella? Proprio con lei?

 

Se volevi spezzarle il cuore ci sei riuscito. Adesso sì che non hai più possibilità con lei.

 

Non ne avevo nemmeno prima, mi auto-convinco. La mancata cena di stasera non vuol dir niente. Ha detto che il nostro bacio è stato un errore. Un maledetto errore.

 

È meglio così, mi dico ancora. Sarebbe stato troppo complicato stare con lei, lo è già così senza essere niente di più che colleghi. Pensa che disastro sarebbe se decidessimo di provarci. Salterebbe tutto. Lei non è una che cede e che si fa mettere i piedi in testa, lo so bene.

Forse non accetterebbe nemmeno uno che ha queste paure assurde come le ho io.

 

 

Con Anna è sempre difficile. Lei non lascia mai nulla al caso, non si lascia andare se non in casi particolari, e leggerla è sempre complicato, soprattutto se decide di chiudersi in se stessa. E ultimamente con me lo fa spesso. Tanto che non riesco più a capirla come prima, e non so perché.

Non funzionerebbe mai.

 

Devo dimenticarla.

 

È la cosa migliore per tutti a questo punto.

 

Anna's pov

 

Torno a casa, aprendo la porta nervosamente.

 

Fino all'ultimo istante cerco di mantenere la calma sperando che Chiara sia in casa ma, ovviamente, di lei nessuna traccia.

Che ti aspettavi, Anna? Che fosse tutta una montatura? O che magari se fossi arrivata in tempo ad incrociare Chiara, magari lei avrebbe capito? Figuriamoci.

Una lacrima sfugge al mio controllo solitamente ferreo scivolandomi lungo la guancia, e io mi affretto ad asciugarla con un misto di rabbia e delusione.

Rabbia, per essermi fatta convincere ad espormi così tanto, a fare una cosa che non è assolutamente da me e che mi ha messa estremamente a disagio.

Delusione, per aver anche solo creduto di avere una possibilità con Marco. Come ho potuto anche solo pensarlo? Ho visto la sua ex... nonostante quello che gli ha fatto, ho visto che tipo è: bella, femminile, sicura di sé e del proprio fascino. Tutte qualità che ha evidentemente saputo sfruttare a suo vantaggio, con la consapevolezza di farlo. Dopotutto, Marco ha scoperto per caso che lo tradiva, ha saputo rigirarselo alla perfezione senza fargli sospettare nulla per chissà quanto, convincendolo a fare ciò che voleva. E Chiara viaggia sulla stessa lunghezza d'onda. Non arriverebbe a tradire l'uomo che ama, almeno spero, ma per il resto è assolutamente capace di fare le stesse cose che ha fatto la sua ex. È esattamente quello che sta facendo con Marco. La strategia della geisha, la chiama lei... Più semplicemente, è un'opera di seduzione.

Io non sarei capace di farlo, sono un disastro in queste cose. Sono l'antitesi della femminilità: odio truccarmi, adoro la mia divisa e mi imbarazzano i vestiti sexy, anche se potrei indossarli senza problemi. Non sono capace di 'sedurre' nessuno come fa mia sorella con uno sguardo ammiccante e subito ha gli uomini ai suoi piedi, io proprio non ho idea di come faccia. Solo l'idea di baciare qualcuno per ripicca come fa lei spesso mi fa venire la nausea. Non riuscirei a obbligare un uomo a fare quello che voglio io, ed è un dato di fatto visto che con Giovanni non ho avuto fortuna – e lui era innamorato di me, sapeva come sono fatta – e non sono riuscita a tenermelo. Con Marco sembrava stesse funzionando, mi ha baciata quella volta... Sì, sono stata io a dirgli che avevamo commesso un errore, ma è pur vero che ha accettato in fretta l'etichetta di 'solo amici' che io ho dato a noi due. E il suo rifiuto di poco fa ha confermato lo status. Io sono l'amica, mia sorella quella che ha scelto.

 

Come sempre, fin da quando eravamo ragazzine.

 

Sono stata una stupida a pensare di avere una possibilità con lui, soprattutto quand'è subentrata Chiara.

 

Ho fatto una cosa stupida ad andare da lui stasera, avrei dovuto capirlo. Soprattutto vestita così.

Mi sfilo velocemente questo vestito, con il proposito di buttarlo via il prima possibile perché continuerei ad associarlo sempre a stasera, gettando i tacchi da una parte e togliendo via il trucco, ormai sbavato perché nonostante la mia volontà di non piangere, l'ho fatto comunque.

 

Io, l'inflessibile Capitano Olivieri, che piange così per essere stata rifiutata.

Ma quanto fa male?

 

Infilo un paio di shorts e una canotta, restando a piedi scalzi. Voglio un barlume di tranquillità e familiarità dopo questa serata da dimenticare.

E una vaschetta di gelato al cioccolato. È sempre stato il cibo delle emergenze, quindi non lo collego necessariamente a lui.

 

Ho bisogno di sfogarmi e accettare l'imbarazzo e l'umiliazione che proverò domani nel rivederlo.

 

Marco's pov

 

Saranno passati dieci minuti da quando Anna è andata via, e nonostante i miei propositi di vederla come la scelta migliore, l'espressione sul suo viso continua a tormentarmi.

L'ho ferita più di quanto avrei mai pensato di fare, per il motivo sbagliato. Le ho mentito, con l'intenzione di ferirla, addirittura. L'ho trattata male per una colpa che non ha, senza ragionare, senza riflettere e provare a spiegare.

 

Quando l'ho vista entrare dalla porta così elegante, così bella... ho intuito ci fosse un motivo di fondo. Quando mi ha detto che il maresciallo non sarebbe venuto, ho capito che ci avevo visto giusto, che quella serata doveva essere per noi due, che Cecchini le ha dato una scusa per farci restare soli.

Ormai la conosco, soprattutto dopo quella sera del ballo al reality so quanto detesti quei canoni in cui ci si aspetta che una donna rientri, dal modo di vestire al comportamento. Quanto non si senta a suo agio con i tacchi e gli abiti eleganti, quanto non si senta all'altezza in questioni private dove ci si aspetterebbe che una donna abbassasse la testa a tutto e si lasciasse sottomettere, cosa che lei non fa. Eppure, stasera, ha accettato il compromesso... per me.

Sperando che io capissi. E io invece ho solo combinato un disastro. Non solo ho avuto paura di un suo giudizio, ma le ho anche mentito cacciandola via. Senza un filo di logica.

 

Decido di voler provare a rimediare.

Prendo la bottiglia che avevo stappato per noi, rimettendo il tappo alla meno peggio, insieme alla teglia di stracotto che aveva preparato per noi, poi afferro le chiavi, il cellulare e il casco e mi metto in sella, diretto verso casa sua sperando che mi dia la possibilità di parlare.

 

Anna's pov

 

Ho appena affondato il cucchiaio nel gelato quando il campanello suona.

Non aspetto nessuno, ovviamente, quindi penso che possa essere il maresciallo, magari mi ha vista rientrare e vorrà sapere. Oppure no, non lo so. Potrebbe essere importante.

Anche se controvoglia, mi alzo per andare ad aprire la porta.

 

Marco.

 

Ricaccio indietro l'umiliazione cercando di mettere su un'espressione che non tradisca come mi senta. Poi noto che tra le mani tiene la mia teglia con lo stracotto, e sento un vago senso di nausea salire in bocca.

 

“Ciao...” mormora lui. “Posso... posso entrare?”

 

Quindi oltre al danno la beffa. Ha pure pensato di riportami la cena prima di andare da mia sorella. Ma che pensiero gentile.

Poteva anche risparmiarsela questa.

 

Non gli rispondo, ma dopo qualche istante di esitazione mi sposto per farlo entrare senza però chiudere la porta, facendogli capire che non è il benvenuto.

Lui posa la teglia sul tavolo, ma non accenna minimamente ad uscire, restando in piedi dall'altra parte della stanza con lo sguardo piantato a terra.

“Anna, senti...” esordisce poi, ma io non ho intenzione di sentire oltre.

“Posso sapere cosa vuoi ancora?” Chiedo stancamente. “Non avevi premura? Non dovevi uscire con mia sorella?”

Lui finalmente solleva lo sguardo, un'espressione colpevole sul volto.

“No. Non avevo un appuntamento con tua sorella, stasera. Non era vero, quello che ti ho detto.” Dice, e sinceramente avrei preferito un pugno allo stomaco che questo.

Chiudo in fretta la porta per evitare che Cecchini possa inavvertitamente sentire se dovessimo alzare la voce, e mi avvicino. Sento le mani tremare.

“Mi hai mentito!” Sussurro, senza capire bene cosa io stia provando in questo momento, le mie emozioni sono talmente ingarbugliate che non riesco a distinguerle.

“Mi dispiace!” Cerca di giustificarsi. “Io... Lo so che ho sbagliato, non avrei dovuto, ma... ma c'è un motivo-”

“Un motivo? Sul serio? Mi hai cacciata via senza farti troppi problemi, mi pare. Non vedo quale spiegazione potrebbe esserci se non di essere... stata rifiutata.” Dico, obbligandomi a dire quella parola che fa un male terribile anche solo a pronunciarla.

Lui spalanca gli occhi. “No! No, Anna... Ti giuro, non è così... Ti ho trattata malissimo, e non ho scusanti per questo, lo so. Ma una spiegazione sul perché io abbia reagito così sì. Posso... mi permetti di spiegare?” Mi domanda in tono supplichevole.

Io mi limito ad annuire, rigida, mantenendomi a distanza.

“È stato per via di quel pouf.”

“Quale pouf?”

“Il... sacco che hai spostato. Quello in mezzo alla stanza.”

Giuro, questa è bella. Ancora mi mancava tra le scuse assurde. Perfino quella del mio primo fidanzatino, che mi lasciò perché non gli piacevano gli occhi verdi, mi disse, aveva più senso.

“Come no...”

Marco sospira pesantemente prima di riprendere a parlare dopo qualche secondo. “Io, quando stavo con la mia ex fidanzata, la prima cosa che mi ha buttato via è quel pouf su cui guardavo le partite. Poi ha buttato via le mie uscite allo stadio, la moto, i grassi idrogenati, poi i miei amici, ha buttato via...” elenca, con un tremito nella voce che mi dimostra quanto la cosa gli stia a cuore. “Alla fine è riuscita a cambiarmi perfettamente. E sai cos'ha fatto? Ha buttato via anche me! 'Eh, non eri più quello di prima'...” Finisce, citando probabilmente le parole della ex.

Rimango in silenzio per qualche secondo, cercando di metabolizzare quanto mi ha detto. Per qualche motivo, però, queste rivelazioni mi lasciano solo un senso di delusione, che mi invade perfino più della rabbia.

“Allora hai sbagliato due volte,” gli dico poi, freddamente. “Proprio per questo motivo avresti dovuto dirmi la verità! Avrei capito! Non potevo immaginare che un pouf spostato avrebbe causato tutti questi danni, ma tu non hai nemmeno pensato a spiegarmi cosa fosse successo. Io so solo che, da che stava andando tutto bene, hai alzato un muro tra di noi dicendomi che avevi dimenticato di avere un appuntamento con mia sorella. Mia sorella! Hai idea di quanto male mi abbia fatto questa cosa? E adesso, sapere che era tutta una scusa, che mi hai mentito...” Mi porto le mani alle tempie, cercando di calmarmi. “Mi hai detto più volte di come la tua ex ti abbia mentito, di quante bugie si sia inventata... adesso mi hai detto di come lei ti abbia manipolato per avere quello che voleva solo per ferirti, e tu adesso che fai? Usi la stessa arma contro di me, pur sapendo cosa si prova? Sapendo che io non ti avrei mai giudicato! Hai preferito mentirmi piuttosto che dirmi la verità, pur sapendo che io non ti farei mai quello che ti ha fatto la tua ex...”

Lui non fiata durante il mio sfogo, l'espressione affranta che non lo ha abbandonato per un istante. Forse le mie parole potrebbero sembrare dure, ma non posso accettare che mi tratti così. Non dopo che io gli ho raccontato tutte quelle cose di me, dopo che mi sono fidata di lui perché sapevo che mi avrebbe capita. Lui non ha avuto il fegato di fare lo stesso con me. Paura sì, ma fino a questo punto?

 

“Lo so che ho sbagliato... me ne sono reso conto subito. Non avrei dovuto mentirti. Avrei dovuto ragionare un momento e dirti perché stavo reagendo in quel modo. Soprattutto perché tu non potevi saperlo e non c'entri niente. Tu non sei Federica, lo so! E mi sento uno schifo per averti trattata così. Hai ragione, proprio io non avrei dovuto farlo. Perché so come ci si sente ad essere presi in giro. Ma non ci ho pensato-”

“E questa ti sembra una giustificazione valida? Non ci hai pensato?” Chiedo, trattenendo stavolta la rabbia.

Lui alza le mani per tentare di calmarmi.

“No, non lo è, assolutamente. Ho sbagliato, ho combinato un disastro, ma ti assicuro che non è quello che avrei voluto. Potessi tornare indietro, non lo rifarei.”

“Ma non si può tornare indietro, Marco. Quel che è fatto, è fatto.”

Lui abbassa la testa prima di rivolgermi un altro sguardo supplichevole.

“Anna, ti prego. Perdonami. Scusami, ho sbagliato con te... avrei dovuto spiegarti prima... ma adesso lo sai. Non sei mai stata tu il problema, non è stata colpa tua. Ho avuto paura!”

Questa sua ammissione mi fa tentennare un attimo, ma non riesco ad accettarlo.

“Io... posso dirti che ci penserò. Accetto le tue scuse, perché ho capito che c'è un motivo valido dietro il tuo comportamento, ma... non posso perdonarti, non adesso. Mi hai trattata in modo orribile perché non ti sei fidato di me, dopo che io ti avevo confidato le mie questioni più intime... io mi sono fidata di te. Ma tu non sei riuscito a fare lo stesso alla prima prova. Ho bisogno di tempo per capire se posso tornare a crederti. Ma non adesso.” Asserisco piano, guardandolo dritto negli occhi.

Mi fa male dirgli queste cose, ma non me la sento di fare altro. Non ce la faccio. Non posso abbassare la testa, non quando è caduto così in basso dove non avrebbe dovuto.

Marco annuisce lentamente, sconfitto. “Va bene... me lo merito, in fondo, ne sono consapevole. Però... pensaci, ti prego. Prenditi tutto il tempo che ti serve... ma pensaci. Per quel che vale, eri bellissima con quel vestito... avrei tanto voluto che questa serata fosse per noi, come avevi voluto tu... Buonanotte.” Mi dice a voce bassa prima di farsi strada da sé, chiudendosi piano la porta alle spalle.

 

Io resto da sola in soggiorno, e dopo qualche istante decido che è meglio che mi sieda. Non posso nemmeno recuperare il gelato perché nel frattempo si è pure sciolto e sono costretta a rimetterlo in freezer. Contro la mia volontà riprendono anche le lacrime. Ho cercato di impedirmi di piangere, ma niente da fare. Non mi è bastato piangere per Giovanni, ora pure per Marco.

 

Quasi a peggiorare le cose, dopo non so quanto, sento la porta di casa aprirsi e Chiara rientrare. L'ultima cosa che vorrei è farmi vedere da lei in questo stato, ma ormai è tardi per una ritirata.

“Ehi, sei ancora sveglia?” Mi chiede, notandomi sul divano.

“Sì,” rispondo cercando di mantenere la voce ferma senza successo.

Lei si avvicina, incerta.

“Che hai?”

“Niente...”

“Anna, che hai?” Torna a chiedere sedendosi accanto a me. “E non osare dire di nuovo 'niente' perché se fosse così non saresti qua a piangere.”

“... ho litigato con Marco.” Rispondo infine.

“Marco... Nardi?” Io annuisco. “Ma... al lavoro? O...?” Cerca di farmi parlare lei, senza capire.

Le racconto alla meglio quello che è successo, omettendo i dettagli personali di Marco.

“Cioè, fammi capire: mi ha messa in mezzo per... cosa, farti ingelosire? O arrabbiare?” Si sistema meglio, prendendomi per mano. “Vabbè, lasciamo stare questa cosa. Comunque... sì, si è comportato malissimo con te, ma l'ha fatto per un motivo che tu stessa hai detto che è valido! Io ora non so cos'è, ma se lo dici tu allora sarà così, non sei una che se la prende per niente. Ti ha trattata male, ci siamo, però poi è venuto qui a spiegarti e scusarsi! Ha corso il rischio! Non dico che non hai fatto bene a rimproverarlo,” rettifica alla mia espressione non proprio convinta, “ma magari, se ci pensi un attimo... Ti ha detto che ha avuto paura. Non lo avrebbe ammesso se non fosse la verità. Se te lo ha detto, significa che a te ci tiene! E poi... la paura fa fare cose assurde e senza senso, a volte. Ci fa comportare e dire cose che non penseremmo mai di associare a noi. Però succede di farsi prendere dal panico! E se lui ha avuto un motivo serio come hai detto tu, forse a maggior ragione è da capire! Gli hai detto che ci avresti pensato, e hai fatto bene. Riflettici su questa cosa, mh?”

“Va bene... forse hai ragione tu...”

“Almeno una volta ogni tanto!” Ridacchia Chiara, strappandomi un sorriso.

“Grazie...” le dico, alzandomi e abbracciandola. Sono felice che mi abbia trovato sveglia.

“E di che? Ah, a proposito... ero a cena con alcuni amici, è stata una cosa all'improvviso, per questo non te l'ho detto. Gli è andata bene a inventarsi quella scusa... o male, dipende dai punti di vista. E comunque, se mi avessi detto che ti piaceva fin da subito, non avremmo fatto tutto questo casino. Che dici, andiamo a nanna adesso?”

Io annuisco. Una bella dormita non potrà che farmi bene. Spero.

 

Marco's pov

 

Il mattino dopo appena sveglio dopo una nottata agitata, mi dico che forse, per me ed Anna non è destino, visto che ogni volta va così per un motivo o per l'altro.

E forse devo anche rassegnarmi all'idea che, comunque, dopo la scenata di ieri sera e per come sono andate le cose a casa sua, ho perso qualunque speranza che avrei potuto avere con lei. Ho sbagliato, è vero, sarebbe bastato respirare un attimo e spiegare. So che proprio lei avrebbe capito. E invece no, mi sono fatto prendere dal panico e ho combinato un casino. Ha accettato le mie scuse, questo sì, ma a me non basta. Voglio che mi perdoni, voglio che ci sia una possibilità per noi due. Mi ha chiesto del tempo, e io sono disposto ad aspettare. Ma se dovesse scegliere di tagliarmi fuori dalla sua vita, in quel caso non so cosa farei. Ci penserò a tempo debito, credo.

Adesso il problema è il lavoro... dobbiamo continuare a stare a stretto contatto, e non so con che coraggio entrerò in caserma, oggi.

 

Quando poco dopo il mio cellulare squilla e vedo il numero della caserma lampeggiare sul display, mi dico solo che avranno novità, senza pensarci più di tanto.

 

Così, quando a rispondermi dall'altro capo del telefono è la voce di Anna, per un attimo le parole mi vengono meno.

“Sì... dimmi pure.” Le dico, incerto, tentando di suonare normale.

Volevo solo avvisarti che abbiamo trovato il colpevole, la persona che stava dietro alle buste con i soldi, le minacce e il resto. Si tratta del marito della donna rimasta uccisa durante il terremoto. Potrai verificare i dettagli una volta in caserma.” Spiega, e il suo tono incerto mi fa male, più di quanto pensassi.

“Va bene...” Le rispondo cautamente, ma prima che possa riattaccare la sua voce mi ferma.

Marco, senti, io... Volevo... Che ne dici di un caffè, pomeriggio, dopo la partita del maresciallo? Così magari parliamo un po'...” Domanda, esitante.

Avverto un barlume di speranza accendersi in me. “Certo, mi farebbe piacere... Ma... che partita?” Chiedo io, senza capire di cosa stia parlando.

Una partita a scacchi contro Don Matteo... ha accettato una scommessa, e deve riuscire a batterlo. Gli ho promesso che sarei andata, e ci verranno anche alcuni degli altri, Ghisoni, Barba e Zappavigna, probabilmente...”

Non ne sapevo niente, di questa cosa. Com'è che me la sono persa? “D'accordo, magari mi spieghi meglio dopo di questa partita, mh? Ci vediamo lì?”

Certo... A più tardi.” Mi saluta, riattaccando, e io non posso che sentirmi sollevato. Almeno so che non è più arrabbiata con me.

 

Forse non è tutto perduto.

 

***

 

Quel pomeriggio, Cecchini ha la sua partita di scacchi con Don Matteo. A quanto pare, Anna gli ha dato qualche suggerimento in merito, in questi giorni. E io non mi sono accorto nemmeno di questo.

Le piacciono gli scacchi, te l'ha detto quella volta in macchina.

Scendo quindi al bar della piazza, dove trovo già Anna, in piedi di fronte al Maresciallo, come una sorta di sostegno morale.

C'è un sacco di gente venuta ad assistere alla partita tra Cecchini e Don Matteo, la voce deve essersi sparsa in fretta. Prendo posto accanto ad Anna, salutandola con un sorriso che lei, con mio enorme sollievo, ricambia. Il Maresciallo, per la prima volta, incredibilmente vince la partita a scacchi, e si affretta a chiedere la colazione, evidentemente parte della scommessa. Anche gli altri presenti festeggiano.

Io e Anna ci spostiamo in un tavolino accanto, chiedendo due caffè al cameriere.

Prima però che lei possa aprir bocca, intervengo io.

“Senti, pensavo prima che... qui s'è creata più confusione del previsto, che ne dici di parlare con più calma stasera? Magari a cena, da me...? Così siamo più tranquilli, nessuno ci disturba... e magari nemmeno Cecchini sa niente,” biascico, ma vedo che le sfugge un sorriso alla mia osservazione. “E magari così assaggiamo quello stracotto che aveva un profumo fantastico... se... se vuoi, non devi venire per forza, voglio dire, pos-”

“Marco,” mi blocca lei, “va bene. Forse è meglio, almeno nessuno ci interromperà. Non ti garantisco che lo stracotto sarà un granché, però, visto che l'ho cucinato ieri...”

Io le sorrido di rimando, grato che abbia accettato il tentativo di alleggerire la tensione. “Sono sicuro che sarà ottimo lo stesso. Ci vediamo più tardi da me, allora?”

Lei annuisce, prima di seguire Cecchini verso la caserma.

 

***

 

Ho cercato di darmi da fare e preparare qualcosa per stasera – optando poi per il risotto di Città della Pieve, quello che abbiamo assaggiato insieme in una delle uscite fatte tempo fa – e adesso sto sistemando la tavola. Stavolta so che è una cena per noi due, anche se niente di 'formale', ma voglio lo stesso che abbia l'atmosfera giusta. Sistemo i fiori e i calici, quando sento bussare.

Mi sento stranamente agitato.

Mi affretto ad aprire, invitando Anna ad accomodarsi e prendendole la teglia dalle mani per posarla sul bancone. Non posso fare a meno di notare che per stasera ha optato per un abbigliamento più informale, e per quanto io l'abbia trovata bellissima ieri, ammetto di preferirla così. Semplicemente perché a suo agio.

Dopo qualche istante di imbarazzo, ricordando la sera scorsa alla stessa ora, la invito a sedersi mentre io servo i piatti.

Dopo aver scambiato qualche parola di circostanza, Anna assume un tono più serio. “Io... volevo chiederti scusa.”

“Scusa? Per cosa?” Le chiedo, interdetto. Non dovrei essere io a farlo?

“Anch'io ho esagerato ieri sera, quando sei venuto a casa mia. Tu... hai provato a spiegarmi i tuoi motivi, ma non ho voluto capire. Non volevo ammettere che almeno tu il coraggio di dirmi come stavano le cose l'hai avuto, mentre io invece no.” Sospira, prima di continuare. “Ci ho pensato, e mi sono resa conto che a volte la paura ci porta a fare o a dire cose che magari non pensiamo, a comportarci in maniera irrazionale. E che ci vuole coraggio per tornare sui propri passi e ammettere di aver sbagliato... tu ci sei riuscito, e io non ho saputo apprezzarlo per orgoglio. E perché me la sono presa più di quanto avrei immaginato quando hai detto di dover uscire con Chiara.” Ammette, arrossendo appena.

Io non riesco a credere alle mie orecchie. Quindi l'ha fatto per... gelosia?

“Lo so, è stato un colpo basso... però anche lì c'è stato un motivo, parecchio più banale però. Sapevo che ti avrebbe dato fastidio, come ne ha dato a me sapere che stai vedendo qualcuno...” È il mio turno ammettere fino in fondo le cose, adesso. Il suo sguardo confuso però mi dice che non ha capito.

“Io? Non sto vedendo nessuno. Cioè, nessun altro...” Afferma perplessa.

“Come no? Me l'hai detto tu stessa, qualche sera fa... Quando io e Chiara siamo andati a quel festival di jazz, e tu mi hai detto di aspettare una persona... la cena... la serata speciale...” Spiego, cercando di tenere a bada il fastidio.

Con mio stupore, Anna si mette a ridere. “Mi fa piacere sapere che il trucco ha funzionato... La cena c'era, aspettavo davvero qualcuno per una serata 'speciale', ma non nel senso che pensi tu. Aspettavo Cecchini, e visto che c'era gli ho detto di cenare direttamente da me, per aiutarlo per la partita a scacchi...”

Io la guardo scioccato. “Cioè, tu hai... l'hai fatto apposta!”

“In effetti... sì. Volevo vedere come avresti reagito. Avevo intuito già quella volta, ma adesso...”

Mi lancia uno sguardo di sbieco che mi fa arrossire come un ragazzino.

“Beh, sì, okay... ero geloso! E qualcosa mi fa pensare che sotto sotto lo sei anche tu, e non solo per tua sorella...” La punzecchio. È il suo turno, di essere imbarazzata. “Ad esempio, per la veterinaria...”

Con mia soddisfazione, arrossisce. “Che c'entra la veterinaria?” Chiede in tono incerto.

“Ripensando all'episodio, mi sa che quelle cose non le hai dette per Patatino... o meglio dire non solo. Più che per riprendere il cane, l'hai fatto per convincerla che non facevo per lei, mh? Mi hai descritto con così tanta sicurezza che mi sa che ha pensato che, più che essere scaricata, aveva invaso la 'proprietà altrui', non so se mi spiego...” Ridacchio. “A proposito... non mi hai detto poi, perché eri convinta che stessi con lei.” Le domando, sinceramente curioso. Quando me l'ha chiesto in piazza sembrava convinta, e non capisco perché.

“Beh... eri praticamente sempre con lei, anche al telefono, costantemente... e poi vi ho... visti baciarvi. Per caso, sotto casa mia, una sera...”

Spalanco gli occhi. “No, no, no! Devi aver beccato il momento sbagliato... mi ha praticamente assalito! Mi ha preso alla sprovvista, ma ti giuro che non ho ricambiato, figuriamoci! Come avrei potuto, se mi sono innamorato di te, non avevo nessuna int-”

“Cos'hai detto?” Mi interrompe Anna, gli occhi che brillano, e solo in quell'istante mi rendo conto di cosa ho ammesso.

Sospiro, raccogliendo il coraggio. “... Che mi sono innamorato di te. Ed è con te che vorrei stare, se... se tu lo vuoi, ovviamente.” Confesso, con un'agitazione che non provavo da tempo.

Lei abbassa lo sguardo, un piccolo sorriso a incresparle le labbra. “Certo che sì... ma solo se mi prometti che proverai a fidarti di più di me, in futuro. Che se dovesse esserci qualcosa che ci fa venire in mente brutti ricordi, nessuno dei due darà di matto. Con questo non voglio dire che non dobbiamo litigare, perché i dissidi capitano, però se riuscissimo a evitare incomprensioni così... Giuro, il pouf non lo toccherò più.” Dice, portandosi una mano al cuore con fare scherzoso.

Io non posso che annuire. “Prometto che ci proverò. Nemmeno io voglio che succedano più casini di questo tipo.” Poi le lancio un'occhiata tra l'imbarazzato e il malizioso. “Anna?”

“Sì?” Chiede, curiosa, inclinando la testa da una parte.

“... Posso baciarti?”

Lei fa una risatina, per poi afferrare il colletto della mia camicia e premere le labbra sulle mie.

“Un passo alla volta, okay?” Mi dice poi con dolcezza.

Io annuisco, tornando a stringerla a me.

So che abbiamo molta strada da fare e altrettante cose da chiarire, ma ci sarà tempo. Voglio fidarmi di lei, so che posso farlo.

Il fatto che adesso, in questo momento, siamo qui insieme lo dimostra.

Solo ieri sera sembrava tutto perduto, invece abbiamo trovato entrambi il coraggio di ammettere che la nostra era stata soltanto paura, ma adesso non voglio più averne.

Procederemo lungo questa strada un passo alla volta, come ha detto Anna.

 

E io sono pronto a percorrerla insieme a lei.

   
 
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