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Autore: Najara    06/07/2018    4 recensioni
"Era bastato uno sguardo.
Uno sguardo su di lei, trattenuto un istante più a lungo di quanto la buona educazione concedesse ad un uomo quando guardava una donna.
Uno sguardo sorpreso e distolto con imbarazzo, come se fosse sfuggito al suo rigido controllo.
L’aveva vista sorridere compiaciuta, mentre alzava il ventaglio di piume, a nascondere quella bocca che l’aveva tradita, tanto quanto quello sguardo sembrava aver tradito lui."
Un sguardo, un incontro, a Versailles tutto è possibile, anche l'amore tra un giovane e irreprensibile straniero e una madame abituata a soddisfare i propri piaceri.
La storia partecipa al contest "Raggio di Luna" indetto da mistery_koopa.
Genere: Angst, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Le Marquis

 

Era bastato uno sguardo.

Uno sguardo su di lei, trattenuto un istante più a lungo di quanto la buona educazione concedesse ad un uomo quando guardava una donna.

Uno sguardo sorpreso e distolto con imbarazzo, come se fosse sfuggito al suo rigido controllo.

L’aveva vista sorridere compiaciuta, mentre alzava il ventaglio di piume, a nascondere quella bocca che l’aveva tradita, tanto quanto quello sguardo sembrava aver tradito lui.

Le Marquis che macchiava la corte con i suoi rigidi abiti neri, che non degnava le donne di un solo sguardo, era appena stato tradito e la donna che aveva colto quello sguardo se ne compiaceva, ruotando gli occhi davanti al divertito chiacchiericcio eccitato delle demoiselles che la accompagnavano e a cui lo sconveniente scambio non era di certo sfuggito.

Quello il loro primo incontro.

Due settimane erano passate, le Marquis non si era più visto a corte. Versailles era di nuovo priva di quella rigida macchia nera che, per la sua estraneità, aveva attirato tanti sguardi, la maggior parte dei quali femminili.

Quell’improvvisa assenza aveva lasciato Madame leggermente delusa, quello sguardo di un azzurro cristallino tornava alla sua mente nei momenti meno opportuni e suscitava in lei una strana curiosità. Era certa di non averlo immaginato e, non vi erano dubbi, Monsieur le Ministre, suo marito, non l’aveva mai guardata con tanta sorpresa ammirazione, così come neppure i suoi numerosi amanti.

I violini suonavano, mentre una delle centinaia di fontane di Versailles gorgogliava e lei ascoltava placidamente le chiacchiere delle sue compagne in quella passeggiata nel Jardin des Roses quando i suoi occhi colsero una figura rigida camminare con passo deciso accanto a due gentiluomini, il duc de Lauragais e le comte d’Auxerre. Vi era un netto contrasto tra i colori pastello, le parrucche bianche, le guance arrossite dal trucco dei due nobili e lui.

Le Marquis portava i capelli biondi in una semplice coda, l’abito nero era severo e semplice, mentre camminava teneva le braccia dietro alla schiena rendendo ancora più militare il suo incedere. I suoi occhi azzurri si muovevano rapidi, analizzando ogni cosa e giudicandola inaccettabile.

Lei sorrise: dunque era tornato.

Non fu un caso se due sere dopo le Marquis fu seduto, durante uno dei banchetti du Roi, proprio accanto a lei.

“Madame.” Le disse, chinando il capo in un inchino rigido, poi le prese la mano e con le labbra sfiorò le sue dita. Quando sollevò lo sguardo vi era nei suoi occhi un’intensa vivacità, un contrasto evidente rispetto alla sua immobile e rigida figura.

Non aveva mai visto il suo viso da così vicino, poté dunque notare, per la prima volta, la cicatrice bianca che sfiorando l’occhio scendeva fino allo zigomo. Una nota di barbara virilità che non poté fare a meno di apprezzare in quel suo mondo di delicate mollezze.

“Monsieur le Marquis.” Lo salutò lei. Non distolse lo sguardo e neppure lui evitò i suoi occhi nocciola, mentre stringeva le labbra come se si trattenesse dal dire qualcosa, come se evitasse di fare qualcosa.

Per la prima volta rimase anche dopo il banchetto, non giocò a carte, non rise, bevve o fece schiamazzo, ignorando i musici che riempivano l’aria di dolci note, rimase rigido e fermo, osservando la sala con aria tesa come se volesse solo andarsene, ma qualcosa lo trattenesse lì.

Gli occhi di lei saettavano sulla sua figura, ogni tanto, e un sorriso compariva sempre sul suo volto, mentre si chiedeva se fosse il caso di scoprire che animo si nascondesse dietro a quei burrascosi occhi azzurri, intrappolati in un corpo tanto serio.

Quando lo vide cedere e ritirarsi chiamò un cameriere e gli consegnò un piccolo foglio ripiegato, facendo scivolare una moneta sul suo palmo.

Un messaggio chiaro: un rendez-vous.

Lui non venne. Questo la indispettì. Nessun uomo l’aveva mai ignorata, nessun uomo si era mai concesso il lusso di guardarla a quel modo per poi non presentarsi ad un chiaro invito.

Non guardò più verso di lui, invece giacque con uno dei suoi amanti, storcendo il naso nel sentirsi insoddisfatta.

Fu durante una passeggiata in carrozza che dovette di nuovo incontrare il suo sguardo.

Madame la Vicomtesse agitò il ventaglio ridacchiando, mentre madame la Baronne arrossiva cercando di contenersi.

Mesdames.” Salutò lui, ma i suoi occhi erano fissi su di lei, solo lei, mentre chiedeva come stesse andando la loro passeggiata. Domande di buona educazione al quale le Marquis non si piegava mai.

Lei lasciò che fossero le sue due compagne a rispondere, ma lui tese la mano, per baciare anche la sua, dopo aver salutato le altre due nobili, e un foglietto scivolò tra le sue dita. Non poté ignorarlo e lo strinse forte nel pugno, infastidita, suo malgrado, dal piccolo balzo fatto dal suo cuore.

Quando fu sola lesse con trepidazione le parole vergate dal pugno deciso del Marquis e si stupì nel non trovare in esse nessun luogo od ora, solo una poesia che lodava la sua bellezza e la sua eleganza.

Continuò così per giorni e giorni, incontrava le Marquis nel momenti più inaspettati e da lui riceveva sempre un bigliettino con vergate eleganti parole d’amore.

Cercò di rispondergli, ma lui ignorava i suoi inviti e questo la infastidiva e al contempo la intrigava. Che genere d’uomo scriveva poesie d’amore, ma non sapeva cogliere il frutto che gli veniva così generosamente offerto? Non la desidera forse quanto sembravano suggerire le sue ardenti poesie?

Versailles era perfetto per gli incontri d’amore, alcove segrete erano sistemate ovunque, nei giardini, nel castello, bastava scegliere, ma lui rifiutava, così lei decise che ne aveva abbastanza e presento le Marquis a suo marito. L’incontro ebbe successo, i due uomini sembravano condividere alcune passioni tipicamente maschili, come la caccia e l’equitazione. In particolare Monsieur suo marito rimase sorpreso e piacevolmente colpito nello scoprire che lui possedeva, in Svezia, sua patria d’origine, un allevamento di cavalli.

Così fu tutto più semplice, incontrarlo, parlargli, obbligarlo a rimanere con lei una sera, farsi accompagnare in un luogo isolato e baciarlo.

Baciarlo, finalmente. Assaporare quelle labbra che sembrarono perdere tutta la loro durezza per fondersi con le sue. Fu estatico poterlo avere tra le braccia, poter vedere i suoi occhi azzurri brillare e il suo corpo sciogliersi per lei. Farsi possedere da lui fu magnifico, era attento ad ogni suo desiderio, attento ad ogni suo respiro, era forte, deciso e al contempo dolce e delicato.

Seppe, nel momento stesso in cui lo lasciò andare, che nessun amante con cui lei aveva giaciuto era mai stato pari a lui e nel comprenderlo rabbrividì, conscia che non avrebbe più voluto vederlo andare via.

Tre settimane passarono, tre settimane in cui si persero uno nelle braccia dell’altro ogni volta che fu concesso loro.

Monsieur suo marito sorrideva al giovane, invitandolo sempre più spesso alla sua tavola, intrattenendo ormai un rapporto d’amicizia con il, molto più giovane eppure sorprendentemente affine, nobile.

Arrivò l’autunno, i bracieri furono disposti nei giardini di Versailles, gli abiti si fecero più pesanti e le zanzare che tanto infastidivano i nobili durante l’estate, diedero loro un po’ di tregua. Ma altri problemi affliggevano lei: il suo amante sembrava diverso, passava lunghe ore a fissare il soffitto, dopo aver fatto l’amore con lei, pensieroso e distante, come se fosse tormentato da riflessioni che non poteva condividere.

Invece di annoiarla, come avrebbe fatto un tempo qualsiasi altro amante che si fosse comportato così, il cambiamento nel suo compagno la preoccupò, prima, poi la rese acutamente consapevole di ogni suo più piccolo cambiamento d’umore e desiderosa di far brillare il suo sguardo ora opaco.

Nulla di ciò che fece o disse sembrò funzionare, poi un giorno suo marito ricevette una lettera.

E fu la fine.

Monsieur le Ministre urlava di rabbia, mentre lei si avvolgeva in un mantellina e correva su di un calessino veloce fino a Paris. La città era brutta come sempre, mendicanti in ogni strada, povertà, rifiuti, non aveva mai capito perché lui la preferisse a Versailles e lì avesse deciso di abitare.

Conosceva l’indirizzo, anche se non ci era mai stata, salì gli scalini e si fece aprire da un maggiordomo, ignorò i richiami correndo lungo i corridoio, fino a quando non lo trovò.

L’uomo stava cenando da solo ad una tavola, l’aria sorpresa di vederla lì.

Fuyez! Vite!” Gli intimò, il cuore in gola.

Lui scosse la testa e lei raccontò dei gendarmi che stavano per arrivare, della bugia che macchiava il suo nome: espion! Fu la parola che pronunciò ripetendo quello che aveva urlato suo marito.

L’avrebbero preso e impiccato, poco importava che fosse innocente, delicatissimi documenti erano stati sottratti dallo studio di Monsieur suo marito, le Ministre de la Guerre, e una lettera giunta poco fa diceva che le Marquis Erik Ingold Folkungaätten era morto all’età di 7 anni, dichiarando dunque lui come una…

Solo in quel momento comprese l’espressione sul viso dell’uomo, scuoteva la testa, non per incomprensione, ma perché sapeva.

I suoi occhi notarono i fogli appoggiati sul tavolo, accanto al piatto, fogli che presentavano lo stemma du Roi, fogli che avrebbero dovuto essere sulla scrivania dell’uomo che aveva sposato e non dell’uomo che aveva accolto nel letto e nel cuore come amante.

Con orrore guardò le Marquis negli occhi e non vi trovò nulla.

Si portò una mano al petto, orripilata: era stata usata. Era stata una pedina del nemico!

Vous…” Tentò di dire, mentre i peggiori insulti provavano, senza successo, ad uscire dalle sue labbra.

Allez-vous-en.” Disse lui ed era freddo e rigido, come se non ci fosse stato nulla tra di loro: nulla.

Pianse, nel calessino, percorrendo, ormai di notte, la strada che la riconduceva a Versailles. Lacrime che non aveva mai versato solcarono il suo viso senza che neppure se ne accorgesse.

Aveva giocato, riso, sedotto, respinto, offeso, conquistato eppure nulla era mai stato come con lui.

Quando lo aveva avuto tra le braccia la prima volta, in un istante di assoluta lucidità, lo aveva capito: non avrebbe più potuto vivere senza di lui.

E così raggiunse l’elegante palazzo illuminato anche nella notte, attraversò i giardini pieni di luci e musica, di risate e danze, e raggiunse le sue stanze, eleganti grazie al rango di suo marito, trovò il cordone di una tenda e, senza esitare, lasciò che il vuoto si prendesse la sua vita.

 

Le Marquis, che marchese non era mai stato, che non vantava natali nobili poiché il padre, malgrado si fosse occupato della sua educazione, non l’aveva mai riconosciuto, e che non era neanche mai stato in Svezia, scomparve da Parigi con i preziosi documenti. I suoi occhi erano calmi, mentre, vestito di colori sgargianti, i capelli nascosti sotto una parrucca e il trucco che nascondeva la cicatrice, sorrideva ai gendarmi che frugavano le carrozze che lasciavano la città.

Eppure il suo cuore tremava, non per il rischio di essere catturato, ma per la consapevolezza di quanto era stato vicino al far fallire l’intera missione. Il segreto non doveva sfuggire alle sue labbra, non avrebbe dovuto pronunciare il suo vero nome, la sua vera origine, le sue vere motivazioni, a nessuno, per nessuna ragione.

Eppure… eppure il suo cuore tremava, perché per lei, per lei era stato ad un passo dal tradire il suo paese, il suo dovere, il suo onore.

Aveva dovuto prendere la più importante delle decisioni, nel segreto del suo cuore, nel segreto della sua mente, aveva dovuto scegliere, Willem e le Republiek o lei. E aveva scelto il suo fratellastro che ammirava sopra ogni cosa e il suo paese che aveva riposto in lui la massima fiducia.

Aveva orchestrato ogni cosa, ogni cosa era stata prevista. Ma nessuno lo aveva preparato a lei, nessuno aveva immaginato che lui… potesse innamorarsi.

Eppure…

Era bastato uno sguardo.

 

 

 

 

 

Nel caso servissero, ecco le traduzioni dei dialoghi presenti nel testo.

 

Fuyez! Vite!”: “Fuggite! Presto!”

Espion!: Spia!

“Vous…”: “Voi…”

“Allez-vous-en.”: “Andatevene.” 

Willem: è il nome olandese di Guglielmo III d'Orange Statolder delle Province Unite poi re d’Inghilterra.

Republiek: Significa repubblica e si riferisce alla Repubblica delle Sette Province Unite (gli attuali Paesi Bassi).

 

Note: Come già scritto nell’introduzione questa storia partecipa al contest “Raggio di Luna” indetto da mistery_koopa.

Il pacchetto scelto era “Terra” e conteneva queste indicazioni:

Genere: Storico/Epico

Prompt/Oggetto: rivelazione di un segreto

Obbligo: un personaggio deve prendere una decisione importante

Importantissimo: grazie alle mitiche ragazze del mio gruppo nato SuperCorp diventato di tutto e un po’, per avermi dato una spinta verso questa storia, con le idee serie, ma anche con le loro battute e le idee fuorvianti! ;-)

  
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