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Autore: Camila Serpents    07/07/2018    0 recensioni
ATTENZIONE: Questa è una FF su Gaara e Mihoko, un personaggio ideato da me in tutte le sue più piccole caratteristiche fisiche e comportamentali, come anche tutte le tecniche che possiede.
DALLA STORIA:
Era una ragazza sola al mondo, l’aveva vista strabiliarsi per un particolare così effimero, nei suoi grandi occhi neri aveva visto una luce che prima d’ora mai aveva intravisto. Si stupì per quell’incredibile senso di protezione che aveva provato poche ore prima quando l’aveva trovata in mezzo alla sabbia. La verità era che si riconosceva in lei, desiderava ardentemente che avesse un appiglio, qualcuno su cui contare.
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Gli occhi azzurri di lui rimasero ancora per qualche secondo a guardare quelli neri di lei, che dopo quella piccola carezza stavano cercando una via di fuga, nonostante quel piccolo gioco la divertisse molto. Sentì per pochi secondi mancare la presa della sabbia, che fu sostituita immediatamente da quella delle braccia di Gaara.
- Me la pagherai paraculo della Sabbia. – Gli sussurrò a qualche centimetro dalla faccia, dandogli un piccolo pugno sul petto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sabaku no Gaara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ogni singola persona che avevano incontrato li aveva salutati, se non con la parola, con un sorriso. Non capiva se era un’usanza tipica di quel villaggio oppure era accompagnata da un personaggio in vista di quel luogo.
D
opo che ebbero oltrepassato i controlli alla dogana, Gaara le chiese cosa avesse voluto fare, anche se per lei la risposa era più che ovvia: sarebbe rimasta con lui, almeno per capire cosa era successo, per farsi aiutare e riuscire a venire a capo di quella situazione.  Il ragazzo aveva accolto la sua scelta in modo mite, senza mostrarsi affatto infastidito, pareva la stesse studiando con gli occhi ogni singolo centimetro di pelle, incuriosito, come se di fronte a lui ci fosse stato un personaggio completamente diverso dall’ordinario.
- Vieni Miho. – Il tono di voce che aveva era capace di attrarla come un magnete; possedeva un timbro assolutamente particolare, era incapace di descriverlo.
La fece entrare per prima per poi sorpassarla, conducendola nell’atrio del palazzo dove abitava con Temari e Kankuro. Un odore di cioccolato invadeva l’aria, probabilmente la sorella stava preparando un dolce come suo solito, aveva sempre le mani in pasta.
- È casa tua? – Disse carinamente, senza cercare di essere invadente. Era un palazzo lussuoso, molto grande, le pareti color ocra rendevano l’ambiente più caldo ed accogliente, c’erano diversi quadri appesi su ogni parete. Un lampadario enorme dominava tutta quella che era la sala da pranzo, al di sotto, un grande tavolo in legno laccato molto scuro, quasi nero, con sei sedie della stessa fattura. Nel mezzo campeggiava una clessidra che al posto della sabbia, al suo interno, pareva contenere una polvere scintillante. – Ma è meravigliosa. – Gli occhi della ragazza erano estasiati.
- È un’oggetto molto particolare, il colore della polvere cambia a seconda della stagione. Come vedi ora ha un colore molto più simile a quello della sabbia perché siamo in estate; diviene blu di inverno, rosa in primavera e arancione d’autunno. – Disse Gaara senza troppi giri di parole, soffermandosi molto di più sulla sua espressione degli occhi e del viso. – Sembra che tu non abbia mai visto il mondo Miho. Non ti conosco per niente, ma mi dai quest’impressione. – Sperò vivamente di non offenderla con una simile affermazione. La ragazza non fece in tempo a rispondere, nonostante trovasse la domanda un ottimo spunto per incominciare a conoscersi e a trovare una soluzione al problema, poiché una voce femminile interruppe il loro dialogo. - Gaara abbiamo ospiti e non mi dici niente? – Il tono di Temari era abbastanza spazientito. – Piacere bellezza, io sono Temari, la sorella maggiore di Gaara. – Disse tranquilla. – Non ce l’ho con te sia chiaro. – Puntualizzò la bionda con serenità. Indossava un grembiule bianco con del pizzo e in mano aveva un mestolo sporco di impasto.
Il viso di Gaara non cambiò espressione nonostante fosse stato ripreso, rimase immutato. – Lei è Miho, l’ho trovata pochi attimi prima di ordinare un funerale del deserto alla mia sabbia. Per fortuna ho percepito il suo chakra e non le è successo nulla. – Il ragazzo le fece cenno di seguirlo verso la cucina dove la sorella era rientrata per levare dal forno il dolce che aveva preparato.
- Ti chiami proprio Miho? – Una voce maschile proveniente dal balcone catturò la sua attenzione.
- In verità il mio nome intero è Mihoko. – Portò una mano alla testa, spostando i lunghi capelli neri da una spalla sull’altra.
- Ma fatemi capire oggi è la fiera della maleducazione? - Temari affacciandosi al balcone con fare assassino richiamò il proprietario della voce che aveva fatto la domanda poco prima. – Fila dentro e vieni a presentarti, scostumato. -  La sorella di Gaara con il dorso della mano poggiato sulla fronte aspettò che il ragazzo fuori al balcone rientrasse per dargli una sonora pacca dietro la schiena, provocando in lui un sobbalzo.
- Tu sei fuori di testa Tem, magari ti cascano queste mani. – Il giovane aveva sul volto delle strisce viola che gli attraversavano gli occhi. – Sono Kankuro piacere, fratello di Gaara e di questa squilibrata. – Indicando con il pollice verso le sue spalle, la ragazza che lo aveva colpito.
La sua presentazione destò un momento di ilarità fra i tre che si accomodarono al tavolo dove poco prima Temari aveva impiattato un dolce dall’aspetto delizioso. La ragazza si era premurata di mettere davanti ad ognuno un piattino di porcellana con una forchetta, un tovagliolo ed un bicchiere. Kankuro si occupò di portare dal frigo alcune bibite fra cui acqua, succo di pera e the alla pesca.
- Bene, ora che siamo tutti comodi e con una bella fetta di torta al cioccolata davanti, siamo tutti pronti per ascoltare la tua storia Mihoko. – Temari le regalò un bellissimo sorriso.
Per la verità si sentiva abbastanza a suo agio, notava una certa coesione fra i tre e questo la fece pensare molto, infondo era una sensazione che lei non aveva mai provato. - Premetto che mi sento un po’ spaesata in quanto non so come sono finita qui, e vi ringrazio per l’ospitalità, soprattutto grazie a te Gaara per avermi salvata ed esserti fatto carico della mia persona. – Posò dei brevi sguardi su ognuno di loro, poi continuò. – Mi trovavo a fare una passeggiata nel bosco che si trova vicino alla comunità dove sono ospite da tre anni ormai. Sono lì perché non ho più i miei genitori e nessuno poteva prendersi cura di me, così mi hanno affidata allo stato. In poche parole, sono figlia di nessuno. – Notò negli occhi dei suoi interlocutori una velata tristezza negli occhi. – Ho forse detto qualcosa che non va? – Domandò preoccupata.
I ragazzi aspettarono qualche minuto prima di risponderle, non volevano far precipitare la situazione già delicata di per sé.
- Anche noi siamo orfani, di entrambi i genitori. -Fu Gaara a rispondere, diretto e schietto, senza troppi peli sulla lingua. Mihoko si voltò verso il ragazzo, incontrando i suoi occhi azzurri, le si formò in volto un’espressione dispiaciuta, si sentiva inopportuna. Fece per scusarsi per la domanda ma il ragazzo la fermò. – Continua pure, non preoccuparti Miho. –
Quando la chiamava in quel modo le pareva di sentire come una carezza gentile sul viso, era come avere un dolce bacio sulla fronte, tutti gesti d’affetto e dolcezza estrema. Non sapeva perché la chiamava con quel diminutivo, sapeva solo che nessuno l’aveva chiamata mai diversamente da: Mihoko, sfigata e barbona. – Sono stata attratta da un luccichio, come quando la luce colpisce uno specchio, per cercare da dove provenisse sono arrivata davanti all’altare che ho costruito dentro un tronco dell’albero più grande del bosco. Pochi minuti dopo, sono stata avvolta da qualcosa come una folata di vento e poi il resto lo sapete. – Concluse il suo racconto addentando un pezzo di torta.
- Quindi tu non appartieni alla nostra realtà. – Affermò Kankuro con fermezza, scrutandola con lo sguardo. – Immagino tu abbia caldo vero? – Aveva notato che era leggermente arrossata sulle guance e che la fronte era imperlata da qualche goccia di sudore.
La domanda la prese alla sprovvista, non voleva essere di ulteriore disturbo. Cercò di rispondere ma Temari la prese in contropiede.  – Diamine, solo ora mi sono accorta che hai dei vestiti invernali indosso. – La sua voce era assai dispiaciuta, interiormente si stava maledicendo per non essersene accorta prima. – I ragazzi sicuramente ci scuseranno se ci assentiamo una mezz’oretta. – Disse tranquilla alzandosi dalla sedia e prendendo la nuova arrivata per un polso. Salirono l’ampia scalinata che conduceva al piano superiore, passo dopo passo si sentiva osservata, voltandosi incontrò lo sguardo di Gaara, a cui lei rispose con un sorriso, che le venne contraccambiato.
- Ehi Gaara. – Kankuro aveva notevolmente abbassato la voce. – Sembra piacerti. – Disse senza alcun timore.
- Trovo abbia qualcosa di nascosto, da quando ho percepito il suo chakra la prima volta stamattina, subito mi è rimasto impresso. Ha qualche potere nascosto e di sicuro non ne è a conoscenza. – Asserì il ninja senza indugio, sorseggiando un bicchiere di succo alla pera.
- Che intenzioni hai fratello? – domandò curioso. Gaara da poco aveva incominciato a instaurare relazioni interpersonali, alla Foglia aveva molti amici, anche grazie alla buona influenza di Naruto. Alla Sabbia ancora dovevano scongelarsi dalle vecchie idee e dai pensieri orribili sul conto del ragazzo.
- Resterà qui in una delle camere degli ospiti, chiaramente se vorrà. Altrimenti cercheremo di aiutarla per tornare nel suo mondo. In caso voglia restare, le parlerò di questa cosa che ho notato e cercherò di andare a fondo. Magari incominciandosi ad allenare, potremmo scoprire curiose potenzialità. – Posò con delicatezza il bicchiere, aspettandosi una risposta dal fratello.
Era una ragazza sola al mondo, l’aveva vista strabiliarsi per un particolare così effimero, nei suoi grandi occhi neri aveva visto una luce che prima d’ora mai aveva intravisto. Si stupì per quell’incredibile senso di protezione che aveva provato poche ore prima quando l’aveva trovata in mezzo alla sabbia. La verità era che si riconosceva in lei, desiderava ardentemente che avesse un appiglio, qualcuno su cui contare. Gli occhi parlavano, glielo aveva insegnato Naruto, la prima persona che non aveva mai avuto paura di lui, ma che con coraggio, con la forza interiore che aveva, con la conoscenza del dolore, gli divenne amico.
Questa sarà la tua stanza per stanotte, e se vorrai, per tutto il tempo che desideri rimanere. La porta era in legno come quello del tavolo del piano inferiore, una camera spaziosa e ben arredata si propose davanti agli occhi di Mihoko che guardava tutto con incredulità. – È spettacolare. – Disse con estrema naturalezza. – Non ho mai visto niente di così bello. Non so come ringraziarvi. –
Temari la guardò serena, quella ragazza era una perfetta sconosciuta, ma se Gaara l’aveva fatta entrare in casa loro significava che davvero erano fuori da qualsiasi pericolo. Non aveva un corpo allenato; era magra, con dei lunghi capelli neri che le scendevano mossi fino alla fine della schiena. I suoi occhi erano dello stesso colore della sua capigliatura incorniciati da delle lunghe e folte ciglia scure. Studiandole il viso aveva notato dei lievi gonfiori e dei lividi ormai giallastri, segno che non erano recenti.
- Cosa combinavi nel tuo mondo? – Buttò quella frase un po’ a casaccio, pensò che potesse interpretarla a suo piacimento, mentre passava a farle vedere il suo bagno personale.
La ragazza rimase meravigliata vedendo l’arredamento tutto in stile marino. Il lampadario era composto da conchiglie iridescenti che scendevano per una decina di centimetri, formando una composizione stupenda. Ci mise un po’ a rispondere alla domanda della padrona di casa. – Vado a scuola, frequento l’ultimo anno di liceo. – Gli occhi le si incupirono. – Posso fumare? – Chiese cercando di non far trapelare troppi ricordi alla mente.
La bionda la guardò per qualche secondo, poi fece cenno positivo con la testa. Si spostarono nel piccolo balcone della camera e si sedettero su delle sedie bianche con dei cuori sul poggia schiena. Temari le passò un posacenere che non era alto che un guscio di una conchiglia.
- Ho sempre studiato molto a scuola, ma con i compagni è sempre stato un disastro. – Asserì seria.  – Mi hanno sempre provocata, picchiata e derisa. Io naturalmente ho sempre cercato di tenergli testa e di proteggermi, ma è difficile quando sei una contro dieci e più persone. – Concluse prendendo l’accendino e accendo la sua sigaretta. Fuoriuscì una nuvoletta di fumo dalle sue labbra carnose, l’odore arrivò alle narici di Temari che notò quanto fosse diverso da quello delle sigarette di Shikamaru. La ragazza perse lo sguardo verso il giardino sottostante, facendo un tiro dopo l’altro.
- Nessuno ha mai fatto niente per te? – Domando la donna della sabbia, incrociando di nuovo gli occhi della sua interlocutrice, che li scostò poco dopo.
- I miei tutor e tutte le persone che mi assistevano in casa-famiglia sono più volte andati sia dai professori che dal preside, ma risultava che fossi io troppo permalosa, o in cerca d’attenzione per via del mio passato. Dicevano che inventavo di proposito queste storie per essere considerata, mi accusavano di avere carenze affettive. – Ciccò con indifferenza nel posacenere. – Sono loro i miei veri carnefici, non chi fisicamente mi metteva le mani addosso o mi insultava. – Fece una pausa, poi riprese. – Fin quando ci sono stati i miei genitori erano solo qualche parola cretina o qualche pallina di carta tirata nei capelli durante le lezioni. Se la facevano sotto perché i miei genitori erano avvocati e avrebbero passato dei guai seri se mi avessero fatto qualcosa di più grave. – Mihoko spense la sigaretta premendo insistentemente il filtro nel guscio della conchiglia.
Temari la guardò in silenzio, sconvolta dalla cattiveria umana che mai smetteva di colpirla nel profondo. Prese la mano di Mihoko e la portò dentro la camera con l’obiettivo di distrarla. – Ora ti riempio la vasca con un po’ d’acqua calda e molto bagnoschiuma. – La sua voce entusiasta contaminò anche quella della ragazza che quasi a disagio per la troppa premura non sapeva assolutamente che dire. – Questa è l’asciugamano grande per il corpo, questa invece per i capelli. – Il tessuto morbido e profumato le ricordò vagamente quello che sua nonna usava per profumare i cassetti, le fece piacere ritrovare quel ricordo in quel momento.
- Bene bellezza, scegli il bagnoschiuma fra quelli sulla mensola, immergiti e rilassati. Io ti lascio dei vestiti sul letto e poi ci vediamo di sotto appena hai fatto. – La bionda le fece un cenno con la mano e scomparve dalla stanza. Mihoko ricambiò sorridendo il saluto, sentì che nonostante tutti i ringraziamenti non si sarebbe mai sdebitata abbastanza.
Immersa nell’acqua saponata rifletté su quanto si sentiva a casa in quel momento, nonostante non conoscesse nessuno di loro, nonostante fossero dei completi sconosciuti. Un sorriso beffardo le invase il volto, pensando a quanto la vita alle volte potesse essere assurda, imprevedibile. Chiuse gli occhi con un ultimo pensiero per la testa; la tristezza e l’insoddisfazione forse la stavano lasciando per far posto alla gioia e alla felicità.



 
   
 
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