Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: Huilen4victory    07/07/2018    3 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'amore è un'illusione (interlude)


 


 

Le illusioni all'infrangersi trascinano via con sé un po' dei nostri sogni.

Quelle di Namjoon, tuttavia, si erano portate via una porzione così grande che lui non era affatto sicuro fosse rimasto qualcosa se non il suono dell'eco, l'ultimo strascico prima del vuoto.

La parte peggiore del tutto, anche se era arduo scegliere quale parte esattamente meritasse un tale onore, non era tanto il fatto di essersi illuso, qualcosa che alla sua età era praticamente inevitabile, era il non essersene accorto, era l'essere stato schiaffeggiato in faccia dalla verità e rendersi conto che le sue certezze si posavano su fragili premesse; era il rendersi conto, nonostante il cinismo di cui era sempre andato fiero, di aver concesso a se stesso il lusso di lasciarsi andare e aver smesso di proposito di valutare i fatti accettandoli invece per come gli venivano palesati.

Aveva iniziato a sperare che potesse essere tutto reale e, a un certo punto, aveva iniziato col crederlo tale. Era questa, si disse, la fregatura del desiderare qualcosa più di ogni altra.

In qualche modo, in qualche frangente, Namjoon aveva finito col desiderare Jin e, nel farlo, aveva minato le basi di ogni suo appiglio razionale. Il resto era stato tutto consequenziale.

Eppure non si era immaginato le sue sensazioni, l'accelerare delle sue palpitazioni quando lui gli stava accanto, quel senso di profondo benessere che provava solo quando erano insieme.

Come poteva quindi l'amore essere una bugia quando amare era l'unica cosa che avrebbe dovuto essere reale?

Era una contraddizione troppo grande, un'equazione troppo complicata che lui non riusciva a risolvere. Ancora una volta Namjoon era venuto meno a se stesso e l'unica cosa che era in grado di fare era sperare di riuscire a rimanere a galla, aggrappandosi con disperazione alla noiosa routine dei Kim, che prima aveva tanto disprezzato, come se fosse un salvagente, qualsiasi cosa pur di tenere la mente occupata e non sentire quell'osceno mormorio che gli sussurrava quanto amasse e quanto ciò fosse completamente futile.

Da quando era tornato da casa di Yoongi, Namjoon aveva fatto del suo meglio per nascondere quello che aveva appreso, l'algoritmo, i suoi sentimenti, Yoongi, tutto, profondamente convinto che nulla dovesse uscire dalla sua bocca perché a cosa sarebbe servito? Solo a rendere più infelici coloro che amava. Quindi anche se affrontare Jin era parso una sfida più spinosa di quanto era stato condividere la stanza con Yoongi quella notte, Namjoon lo aveva comunque fatto.

Era rientrato in villa quindi, esausto e svuotato ma con la determinazione di portare a termine il suo compito ad arte. Perché non aveva scelta, perché fare diversamente non sarebbe servito. Perciò si alzava presto come ogni mattina, faceva colazione con Seokjin e insieme andavano a lezione. Quando i loro orari coincidevano pranzavano insieme e insieme tornavano alla villa tutte le sere dopo lezione, almeno le volte in cui uno dei due non era richiesto altrove per doveri legati alla famiglia Kim.

Il resto del tempo Namjoon lo trascorreva recluso in camera sua a scrivere furiosamente sui suoi quaderni testi di canzoni che ormai, ne aveva la assoluta certezza, non sarebbero mai usciti da quella stanza, interrompendosi ogni tanto solo per messaggiare con Yoongi il quale, nonostante i suoi problemi, sembrava trovare il tempo per preoccuparsi anche di lui. Namjoon immaginava che quella sera dovesse avergli fatto molta impressione, ricordava vagamente che alle domande di Yoongi lui non era riuscito a fare altro che rispondere col silenzio.

Tutto era in regola, le giornate di Namjoon erano perfette nel loro copia in colla, e davvero nulla ma proprio nulla appariva diverso visto dal di fuori, era sempre la stessa persona che mangiava studiava e scriveva testi nel tempo libero, quella che si aggirava per la villa Kim.

Ma anche quella era ennesima illusione la differenza era che questa volta ci si era tuffato volontariamente, aveva infine smesso di dibattersi e deciso fosse meglio lasciarsi assorbire da quella casa, facendo quello che avrebbe dovuto fare fin dall'inizio, quando ancora pensava di avere le armi per fare la differenza e di poter cambiare qualcosa.

Aveva infine accettato la verità e poco importava che fosse stata la macchina dell'algoritmo con le sue combinazioni o il destino, come dicevano altri, o anche solo i disegni crudeli di qualcuno nell'ombra.

Namjoon non avrebbe potuto essere altro che il partner perfetto dell'erede dei Kim e, in quanto tale, un Kim a sua volta.


 


 


 

In tutti suoi anni di bambino e adolescente Namjoon aveva fantasticato spesso su quel posto, su che aspetto dovesse avere il laboratorio dove la macchina dell'algoritmo vaticinava in gran segreto e silenziosamente i suoi risultati. Si divertiva, con un certa dose di sarcasmo man mano che passavano gli anni, a immaginarne i più piccoli dettagli a cominciare dalla grandezza della stanza, il livello di sofisticazione dell'apparecchiatura, il tipo di personale che vi poteva lavorare e via dicendo.

Le sue versioni preferite del laboratorio erano due, entrambe molto fantasiose ma anche contrastanti. C'era infatti la visione fantascientifica fatta di luci al neon violette, ambienti di un bianco candido immacolato e persone in camice bianco e quella invece decadente, fatta di un vecchio scantinato dismesso in una casa lercia dove un computer vecchio di generazioni sbuffava comandi a casaccio.

E ora che Namjoon aveva davvero la possibilità di vedere questo posto con i suoi occhi, reali e non solo con quelli delle mente, si rese subito conto che la realtà era al contempo al di sopra e al di sotto delle sue immaginazioni.

Il laboratorio dove veniva custodito la macchina dell'algoritmo aveva l'aspetto di un banalissimo ufficio di un qualsiasi reparto contabilità e amministrazione di un'azienda, anche se con un gusto più asettico nell'arredamento.

La stanza principale era costituita da numerose scrivanie stipate in cubicoli dove persone dall'aspetto anonimo si affaccendavano apparentemente oberate di lavoro (Namjoon immaginava che cercare di filtrare la dose di dati che la macchina sputava fuori al minuto richiedesse un sacco di personale all'opera), tuttavia il signor Kim non degnò la stanza nemmeno di un'occhiata, ignorando la vista come se ci fosse stato un muro solido invece di una vetrata a dividere il corridoio dagli uffici.

Proseguirono svelti lungo il corridoio in finto marmo, la mano del signor Kim che appoggiata leggera sulla sua schiena lo guidava in avanti, come se Namjoon fosse un ospite di riguardo e lui la sua personale guida turistica. Namjoon avrebbe preferito non essere toccato affatto perché sebbene delicato, persino paterno, il gesto del signor Kim sembrava più la zampata di un predatore che la premura di un famigliare.

Namjoon gettò un'occhiata al profilo di quell'uomo che era ormai un suo parente chiedendosi ancora una volta dove potesse mai essere la somiglianza con il figlio. Forse c'era qualcosa nel suo sorriso che ricordava quello di Seokjin e certamente molto c'era della corporatura, stesse spalle larghe stesse dita delle mani nodose. Ma non aveva mai visto il sorriso del signor Kim arrivare ai suoi occhi neppure una volta e non aveva mai visto le sue dita afferrare altro se non documenti e mai eseguire un gesto d'affetto anche piccolo, come quando Seokjin faceva scorrere veloci le sue dita sul suo colletto stropicciato e sfiorava con dolcezza la pelle del suo collo o quando le serrava delicate intorno al suo polso per guidarlo.

Per quanto fosse facile distrarsi al pensiero di Seokjin, Namjoon cercò di concentrarsi sul presente nel tentativo di raccogliere il maggior numero di informazioni e dettagli possibili.

Per anni Namjoon si era domandato cosa ci fosse dietro il sistema, con una curiosità che si era acuita sin da quando aveva messo piede nella villa Kim ed era stata esasperata dagli studi che aveva fatto sotto richiesta della famiglia.

Non poteva certo negare che una parte di lui avesse provato a mettere in discussione il suo stesso scetticismo, ipotizzando che le sue conversazioni con Yoongi sulla veridicità o meno dell'algoritmo fossero solo chiacchiere di chi non aveva sperimentato il processo e per questo non obbiettive. Tuttavia anche quando infine Namjoon aveva avuto modo di provare in prima persona cosa volesse dire essere numero due, i suoi dubbi non erano stati affatto sciolti.

Namjoon non si era sentito diverso dopo l'introduzione, il baricentro del suo mondo non era cambiato nell'incontrare Jin e la vita in cui successivamente era stato trascinato avevano solo finito col esacerbare i suoi dubbi. In effetti, se mai era arrivato a quel punto, al punto di sentire di provare qualcosa di profondo e reale nei confronti di Seokjin, Namjoon sospettava fosse interamente merito del maggiore e molto meno dell'algoritmo. Per le qualità che aveva, per il modo in cui si era sempre preso cura di Namjoon, per i suoi difetti che c'erano ma lo rendevano più umano, semplicemente per essere la persona che era.

Era naturale quindi che Namjoon si sentisse profondamente confuso, avere sotto gli occhi l'esperienza del suo migliore amico Yoongi, il cuore non diviso in due ma fatto letteralmente a pezzi nell'impossibilità di andare oltre alla sua contraddizione, di certo non lo aiutavano affatto a schiarirsi le idee. Questo momento pertanto gli faceva paura ma era anche molto significativo per lui.

C'erano numerose porte chiuse che si affacciavano al corridoio ma Namjoon e il signor Kim tirarono dritto. Qualsiasi segreto si celasse dietro di esse Namjoon non lo avrebbe scoperto. Ma dopotutto non era poi così importante essere al corrente di tutto e non era neanche così affamato di sapere. Sospettava che in ogni caso negli anni molte di quelle porte si sarebbero aperte suo malgrado ma per il momento non voleva ancora abbarcarsi quel peso e in ogni caso gli importava che solo una porta si aprisse.

In quel modo trovando la risposta che avrebbe chiarito tutto, la spiegazione logica che avrebbe aggiustato ogni pezzo distorto del puzzle, avrebbe potuto mettere fine alla sua incertezza e chissà, forse persino trovare una risposta sensata che avrebbe potuto spegnere l'agonia di Yoongi.

Il corridoio arrivò ben presto alla sua fine e Namjoon si trovò di fronte a ennesima porta sigillata. Tuttavia questa volta sembrava proprio che non sarebbe rimasta tale, vide infatti il signor Kim avvicinare l'occhio al lettore di retina e subito dopo sentì il rumore di sigilli che venivano aperti e lo scatto di una serratura che si apriva che dava il segnale di via libera. Il signor Kim gli fece un cenno gentile invitandolo ad aprire la porta con quel sorriso suo caratteristico che era affabile ma che non arrivava agli occhi.

Namjoon non se lo fece ripetere due volte e con una certa apprensione, ma anche con un velo di eccitazione, girò la maniglia e aprì la porta.

Si rese conto subito che quel luogo era più protetto di quanto quella banale porta in formica lasciasse ad intendere e probabilmente era stato scelto quel materiale proprio per non dare nell'occhio. Lo scanner aveva aperto un portone in blindato e altre porte vetrate che Namjoon supponeva fossero antiproiettile.

Il suo occhio tuttavia non si soffermò a lungo su questi particolari ma fu subito rapito dall'immensità della stanza. File di macchine si susseguivano una dietro l'altra, connesse l'una all'altra da un fascio di cavi che sembravano condurre verso un'unica direzione. Come guidato da un istinto primordiale Namjoon non ebbe bisogno che il signor Kim gli dicesse dove andare, sapeva che gli sarebbe bastato seguire la direzione dei cavi fila dopo fila di quella stanza enorme, per arrivare a destinazione.

Sentiva la sua respirazione farsi inframezzata e del sudore freddo raccogliersi alla base della nuca, ma non vi badò, accelerò invece il passo senza curarsi del fatto che il signor Kim fosse rimasto indietro (appariva un dettaglio banale al momento soprattutto di fronte a quello che lo aspettava alla fine) e non si fermò fino che non fu arrivato a quello che sembrava l'ultimo angolo. Infine, quando Namjoon si fu affacciato oltre l'ultima fila di mega computer, ecco che lo vide, il computer sorgente che elaborava l'algoritmo, la fonte di tutto, la macchina che con i suoi numeri muoveva mondo due.

Si trattava di un semplice computer posato su una scrivania, uno di quei vecchi rottami che apparivano in tv quando parlavano di passata tecnologia. L'unica cosa che ne detonava la modernità erano la serie infinita di sequenze di 1 e 0 che scorrevano sul suo schermo. Ogni sequenza appariva diversa dall'altra e Namjoon intuì che era così perchè le sequenze si basavano sul patrimonio genetico dei diversi singoli individui.

Namjoon per un lungo attimo rimase a guardare lo schermo come ipnotizzato, consapevole di star osservando lo scorrere del mondo e delle sue relazioni, ma ben presto si rese conto che quei numeri per quanto affascinanti erano privi di significato senza una chiave di lettura. Si voltò verso il signor Kim interrogativo. Se erano venuti qui solo per vedere questo, Namjoon riteneva fosse stato tutto tempo sprecato ma il signor Kim al vedere il suo sguardo sorrise sardonico come se gli avesse letto nel pensiero. Un brivido percorse la sua schiena.

“La prima volta che l'ho visto anche io ho pensato, tutto qui?” disse il signor Kim con un sorriso di scherno. Namjoon si morse l'interno della guancia per non rispondere e dirgli che no, lui non aveva pensato affatto la stessa cosa, la sua perplessità non era nei confronti del computer ma del signor Kim. Decise comunque che fosse meglio stare a sentire quali fossero le intenzioni di quell'uomo.

“Questo computer non è l'originale ma i ricercatori, trasportati dal sentimentalismo, hanno cercato di ricreare nel ridisegnare il suo layout l'aspetto che doveva avere un computer allora. L'unico pezzo autentico è la scheda madre che sebbene sia stata adattata e aggiornata nei decenni di modo che fosse compatibile, non è mai stata toccata. Molti, e sarai sorpreso di sapere, soprattutto nell'ambito scientifico, tendono ad avere quasi un atteggiamento reverenziale nei confronti della matrice che per prima ha registrato la prima codifica, arrivando persino ad attribuire ad essa un che di provvidenziale. Sembra un po' sciocco considerando che costoro sono i primi a sapere che la prima stringa dell'algoritmo fu ideata da un comune essere umano come noi, anche se decisamente più intelligente e brillante della media,” disse il signor Kim lasciandosi sfuggire una risata leggera.

“Ma lasciando da parte questi dettagli tecnici, immagino ti starai chiedendo il motivo per cui ti ho portato qui,” aggiunse poi tornando serio.

Namjoon cercò di nascondere la propria impazienza e si limitò quindi a dire laconicamente, “ si me lo sono chiesto.”

Il signor Kim annuì e poi prese una delle sedie sistemate accanto alla scrivania su cui poggiava il computer e dopo essersi accomodato su di essa fece cenno a Namjoon di sedersi sull'altra. Namjoon si sentì invadere da un'ondata di nervosismo e si sedette quindi di malavoglia. Avrebbe preferito rimanere in piedi ma lo sguardo del signor Kim era più pesante di un comando.

Prese la sedia che gli era stata indicata e si sedette di fronte a lui.

“Una volta mi hai domandato cosa fosse il valore del coefficiente dell'algoritmo e perché non ci fossero fonti reperibili che spiegassero il concetto esaurientemente e io ti dissi che il coefficiente era un argomento coperto da segreto governativo.” Namjoon vide il signor Kim accarezzarsi il mento con fare pensoso tradendo per la prima volta l'ombra di una qualche emozione.

Non disse nulla aspettò che l'uomo procedesse perché si sentiva alla deriva, come se fosse stato guidato nel profondo di una foresta e l'unica guida per uscirne fosse quell'uomo. Il signor Kim improvvisamente aprì un cassetto della scrivania, facendo sobbalzare leggermente Namjoon che ci mise qualche attimo a capire che il signor Kim stava cercando solo dei documenti. Nel passarli a Namjoon, i loro sguardi si scontrarono e il giovane notò allora lo stesso nocciola degli occhi di Seokjin replicati nel volto del signor Kim, una persona che non stimava affatto. La cosa lo infastidì più di quanto fosse razionalmente accettabile.

Prese i documenti dalle mani del signor Kim, concentrandosi immediatamente su di essi, occhi che si spostavano febbrili e che cercavano di leggere il più velocemente possibile. In un primo momento fu la confusione il suo primo sentimento. I documenti avevano l'aspetto di un anamnesi famigliare, fornivano a Namjoon ogni genere di informazione su una serie di individui (ne aveva contati tre) e per un attimo non capì come ciò potesse rispondere al suo quesito sul coefficiente. Ma proprio quando stava per dare voce ai suoi pensieri e chiedere al signor Kim cosa significava tutto questo, Namjoon arrivò infine all'ultima pagina del breve fascicolo, una serie di percentuali in ordine crescente con tanto di grafico a colonne che ne evidenziava visivamente la disparità.

Notò subito che gli ultimi due risultati erano identici ma anche che uno di questi erano stato evidenziato e scelto come risultato finale. Un barlume di comprensione iniziò a farsi strada nella sua mente e quando i suoi occhi lessero le cifra, Namjoon sentì una stretta allo stomaco seguito da un leggero sentore di nausea quando comprese cosa quei numeri indicassero.

“Settantre per cento?” Namjoon chiese debolmente al signor Kim, il cuore che batteva all'impazzata.

“Settantrè per cento è un ottimo risultato di questi tempi,” il signor Kim rispose con il tono bonario di un insegnante che risponde a una domanda particolarmente intelligente di un suo allievo.

Namjoon inorridito guardò nuovamente i numeri come se questi per magia potessero cambiare ma essi rimanevano immutati sulla carta. Settantrè per cento, la sua mente continuava a leggere ancora e ancora nella speranza che il significato potesse essere diverso ma invano. Settantrè per cento.

Il ventisette per cento di margine di errore.

Le sue dita strinsero forte i fogli di carta sgualcendoli e orrore si aggiunse ad orrore quando anche il resto dei dati gli fu infine più chiaro. Non era neppure un settantrè per cento assoluto, c'erano due risultati finali con le stesse probabilità e la cosa più agghiacciante era l'esistenza di almeno una decina di risultati con un numero molto vicino a quello prescelto, la differenza misurabile in centesimi.

Namjoom si sentì gelare nelle ossa, muscoli rigidi che lo inchiodavano sulla sedia.

“Questo è un abbinamento non è vero? Un abbinamento reale?” Namjoon chiese senza fiato.

“Si. Quello che hai sotto mano è il documento ufficiale di abbinamento di una coppia di numeri due. Il profilo genetico di queste persone è stato analizzato e l'algoritmo ne ha calcolato il livello di compatibilità. Quelli che vedi sono i risultati,” spiegò il signor Kim calmo. Il tono pacato invece di tranquillizzare Namjoon finì invece con l'infuriarlo, trasformando il suo shock in ira fredda.

“Il settantre per cento è un numero troppo basso, il margine di errore è troppo ampio e lei mi sta dicendo che pur con questo risultato l'abbinamento è stato approvato?” il signor Kim non ripose e neppure si scompose sebbene Namjoon avesse alzato la voce a un livello quasi isterico.

“Si se consideri che la soglia minima è il 65%,” disse sempre in tono tranquillo.

Namjoon avrebbe voluto vomitare. Il 35% di margine di errore.

“Mi sorprende che tu ti sorprenda, Namjoon. Pensavo l'avessi capito da un pezzo. Nel tuo saggio hai detto che il problema non è il sistema in sé ma le persone che portano avanti il sistema. Il fattore umano,” il signor Kim rispose, espressione impassibile. “Conosci la storia dell'algoritmo l'avrai studiata infinità di volte a scuola e hai sicuramente avuto modo di approfondire l'argomento dietro mia richiesta. Tutte quelle ricerche sulla legislazione consolare che ti sono sembrate così noiose e inutili avevano come scopo questo: farti capire la degradazione del sistema.

I nostri padri fondatori nella loro infinita saggezza hanno deciso di costruire un mondo più equo e giusto basato sull'algoritmo, creando un sistema che, allora non lo potevano sapere, avrebbe risolto gran parte dei problemi della nostra società umana. Allora naturalmente l'unico problema che si cercava di risolvere, e il motivo per cui le ricerche sul genoma umano erano iniziate, era l'inversione del calo drammatico di nascite. Tale calo non era tanto basato sull'infertilità ma sull'alto tasso di mortalità infantile che si era diffuso e scoraggiava la gestazione. I primi abbinamenti effettuati seguendo le indicazioni dell'algoritmo avevano dato subito riscontri positivi. Le coppie non solo erano in grado di concepire al cento per cento ma erano in grado di concepire bimbi sani. Dai primi esperimenti fu subito evidente che tutti i bambini frutto degli abbinamenti avevano un corredo genetico più forte e una aspettativa di vita più lunga.

Il passo dall'incoraggiare a seguire le indicazioni dell'algoritmo a rendere la cosa tassativa fu piuttosto breve anche se non indolore.

Ci sono voluti decenni di narrativa e propaganda mirata per rendere il concetto più accettabile, aiutava il fatto che gli abbinamenti avvenuti tramite questo metodo sembravano non solo funzionare a livello genetico ma anche affettivo, con il più basso tasso di separazioni mai registrato nella storia dell'umanità. Ben presto questa macchina da strumento di oppressione fu ben presto considerata una strumento della provvidenza. Tuttavia come hai sottolineato nel tuo saggio, il più grande difetto del sistema è il fattore umano. Siamo deboli Namjoon, non importa quante soluzioni troviamo, l'essere umano trova sempre un modo per inquinare le proprie miracolose scoperte, le sporchiamo con la nostra ambizione e i nostri interessi personali. Ci fidiamo ciecamente del sistema e a torto perché nel sistema ci sono le persone e le persone sono lungi dall'essere perfette. Come puoi immaginare nel corso del secolo, sebbene non numerose, sono state molte le ingerenze che il sistema ha subito,” il signor Kim concluse sbuffando con diabolico sarcasmo.

Namjoon era ancora immobile sulla sedia, rigido come una lastra di ghiaccio mentre ascoltava la verità dalla bocca del signor Kim.

“Il sistema è stato manipolato...” Namjoon disse labbra che si muovevano appena. “Quante volte?” trovò il coraggio di chiedere anche se il sentire la risposta gli faceva orrore.

“Ha importanza? Anche solo una volta sarebbe stato abbastanza perché è sufficiente spostare un tassello dello schema del mondo per incrinare l'intero equilibrio. Ogni persona che, per motivi personali, ha pensato di pilotare il sistema a proprio favore per avere un abbinamento più vantaggioso, ha finito con il ridurre le possibilità degli altri e con il tempo - inevitabilmente - ha finito con il minare la qualità degli abbinamenti stessi. Hai letto i decreti, più tempo passa, più frequente è necessario cambiare il paradigma dell'algoritmo, nella speranza di riuscire a mantenere il sistema intatto anche se questo è irrimediabilmente infettato da tempo,” concluse infine il signor Kim abbandonandosi sulla sedia. Come faceva quest'uomo a rimanere tranquillo di fronte all'evidenza dello sfacelo di un intero sistema. Di vite umane?

“E così a ogni generazione che passa i legami creati da questa macchina si fanno sempre più deboli, il margine di errore tollerato sempre più ampio, in una corsa al ribasso che sembra non aver fine.” sentenziò Namjoon con un tono di voce così funereo che non riusciva a riconoscere come proprio.

Un silenzio grave, denso seguì questa sua affermazione, la verità che pesava tra di loro come una cortina di acciaio e Namjoon avrebbe voluto strapparsi le orecchie per non sentire altro. Null'altro perché era già troppo.

“So che è una verità difficile da digerire. Lo so perfettamente Namjoon,” il signor Kim disse, il suo tono improvvisamente accorato che mal celava una nota di urgenza. Le sue dita si serrarono sul suo polso e Namjoon avrebbe voluto strappare il suo braccio da quell'artiglio ma era troppo scioccato gli impulsi cervello muscoli completamente assenti.

“Mi sono trovato anche io su quella stessa sedia, nella tua stessa scomoda posizione quando mio padre mi rivelò questa stessa verità. E' qualcosa che ti cambia, io lo so più di chiunque altro. Ma non possiamo permetterci debolezze Namjoon, non se lo può permettere la nostra società e neppure la nostra famiglia. Il ruolo che tu e Seokjin avrete nel cercare di arginare questa caduta è fondamentale,” il signor Kim disse con improvvisa veemenza riuscendo a scuotere Namjoon dal suo torpore. Perchè con i Kim sembrava esserci sempre un secondo fine?

“Tu e Seokjin siete la coppia perfetta che stavamo aspettando. Mio figlio, sia benedetto il cielo per questo, per quanto sia intellettualmente nella media, ha un modo di fare che lo rendo gradito alla gente comune mentre tu Namjoon con le tue capacità sei il consigliere migliore che un primo console potrebbe sperare di avere. Le leggi che promulgheremo saranno più digeribili se avranno il vostro volto. Quando verrà il momento tu e Seokjin dovrete mettere da parte le vostre preferenze e attività personali e agire nell'interesse di tutti,” e lo disse guardando Namjoon dritto negli occhi e allora in quel momento ebbe l'orribile impressione che lui fosse perfettamente al corrente delle attività che sia lui che Seokjin credevano di fare di nascosto. Aveva anche la terribile sensazione di essere, ancora una volta, delle mere pedine nelle mani di interessi più grandi.

“Cosa avete in mente voi e il senato signor Kim?” Namjoon allora chiese quasi per inerzia. Non lo voleva sapere non avrebbe mai voluto saperlo mai, ma tanto cosa sarebbe cambiato se lo scopriva ora o tra un paio di anni, la verità gli sarebbe comunque stata scaraventata addosso. Per la prima volta vide il signor Kim dare prova di un turbamento interiore. La cosa non lo calmò affatto.

“La verità è che più della metà dei numeri due supera a malapena la soglia di accettazione. E' per questo che per evitare spiacevoli conseguenze nuove leggi, più severe ma anche più sicure, vanno varate. Se la macchina verrà lasciata lavorare in pace, col tempo il coefficiente minimo salirà, il concetto di numero due si rinsalderà e torneremo ad avere una maggioranza reale.”

Namjoon aveva serrato le sue dita sui documenti in modo così violento da aver reso questi ultimi impresentabili ma dopotutto cosa poteva importargli in quel momento di dettagli simili quando l'unica cosa che voleva fare era prendersi la testa tra le mani e urlare.

Era tutta un grande gigantesca bugia.

Quanti numeri due andavano in giro credendo nel proprio status quando meri centesimi li separavano dalla soglia? Quanti numeri zeri erano stati privati della felicità perché qualcuno aveva manomesso gli abbinamenti a proprio favore?

Non era la macchina, erano queste persone, queste persone che nella loro ambizione perversa si erano arrogati il diritto di decidere chi era dentro e chi era fuori basandosi sul mero calcolo e sulla convenienza e non sulla equità. E il tutto solo per mantenere il sistema che legittimava il loro potere.

Non era provvidenza, non era destino. Giocavano con le vite delle persone come se fosse una partita a dadi.

Incapace di guardare negli occhi quell'uomo Namjoon abbassò lo sguardo mentre cercava in qualche disperato modo di fare ordine nella sua testa e non smarrirsi negli abissi della disperazione. Più tardi avrebbe maledetto anche quel momento, in cui il suo occhio guardando in basso, lesse sul foglio malridotto una informazione che prima gli era sfuggita.

La data di nascita della prima persona censita nel file era famigliare.

Allora, come preso da un'ansia febbrile, riaprì il fascicolo e rilesse ogni pagina, riga per riga, cercando di ignorare il peso dello sguardo dell'altro che lo stava osservando.

Altezza, peso, gruppo sanguigno erano plausibili ma ancora avrebbe potuto trattarsi di una coincidenza se non fosse stato per la data e il luogo di nascita. E allora rilesse gli altri due profili allegati, un maschio e una femmina, i due che per l'appunto corrispondevano a quel settantrè per cento e vide come fosse stato scelto quello femminile a discapito di quello maschile.

“Questo fascicolo non è un fascicolo a caso. Lei me lo ha mostrato con un intento preciso,” sputò fuori Namjoon con disgusto mentre pregava nella sua testa sperando che il signor Kim gli desse torto. Doveva dargli torto.

Questi rimase in silenzio per un lungo attimo, lo sguardo limpido come se non gli importasse di star facendo a pezzi il suo mondo e poi sempre con calma sconvolgente disse,

“hai ragione, te l'ho mostrato di proposito perché tu capisca fino in fondo il peso che questa famiglia porta e continuerà a portare. Quello del tuo amico non è l'unico caso di compatibilità binomica e se la falla non verrò gestita non sarà certo l'ultimo.”

“In base a quali criteri si è deciso che così deve essere, quale criterio immondo ha fatto si che il libero arbitrio non contasse nulla?” Namjoon chiese alzandosi dalla sedia. Avrebbe voluto fare a pezzi il fascicolo e gettarglielo in faccia ma lo sguardo profondo e terribile di quell'uomo lo inchiodava li.

“In base alla soluzione più logica. Tra due candidati alla pari ma di differente sesso la macchina favorirà sempre la scelta che consente la riproduzione,” il signor Kim rispose con semplicità.

I primi abbinamenti compiuti dalla macchina avevano lo scopo di favorire il concepimento di bambini sani.

Namjoon rimase in piedi paralizzato dalla rabbia per qualcosa che esisteva e non poteva impedire, dall'indignazione per questo individuo che sembrava non provare alcun riguardo alcuno e dalla disperazione dal rendersi conto che tutto quello che aveva creduto poteva non essere vero e tutto quello che aveva sospettato poteva essere invece certo. Perché, dopotutto ce l'aveva li in mano, in quegli sgualciti fogli di carta scritto nero su bianco, la prova della manipolazione e la causa primaria di tanta infelicità.

E se era capitato dunque a Yoongi perché non ad altri, perché non a Namjoon?

Cosa faceva di lui un numero due, che percentuale c'era sul suo fascicolo e quello di Jin, cosa garantiva che il loro abbinamento fosse lecito e non il frutto di qualche aggiustamento ad hoc? L'abbinamento perfetto li aveva definiti il signor Kim con un senso di orgoglio nella sua voce che suonava sinistro e feriva Namjoon in modi che non aveva anticipato.

La possibilità che la sua relazione con Seokjin potesse essere stata pilotata che i suoi sentimenti potessero essere stati indotti, plagiati, era concreta.

Capì allora nel momento in cui si rese conto che poteva essere tutto falso quanto profondo fosse divenuto il suo attaccamento per Seokjin.

“Puoi rimanere a riflettere per tutto il tempo che desideri Namjoon e quando vorrai andartene sarà sufficiente che tu prema il tasto rosso all'ingresso. So di averti chiesto molto oggi figliolo, ma col tempo capirai e mi ringrazierai,” disse il signor Kim alzandosi e dando una leggera pacca sulla spalla. Namjoon non lo degnò neppure di uno sguardo rimase lì impalato a sentire i passi che si allontanavano e solo quando infine sentì il rumore di sigilli che scattavano solo allora, nella solitudine di quel labirinto, che Namjoon si concesse di crollare.

Le gambe cedettero e lui si afflosciò su se stesso incapace di reggere il proprio peso, incapace di reggere la verità. Incapace di farsene una ragione.

Non avevano scampo, non l'avevano mai avuto, erano intrappolati dentro il sistema cui ben presto sarebbero stati complici. Ma più di ogni altra cosa tutto quello che gli era successo, dall'inizio alla fine, poteva essere una macchinazione diabolica che lo aveva indirizzato fino a quel momento.

La prova di fino a che punto si poteva spingere l'ingerenza e la manipolazione, era in quel fascicolo. Nella vita di Yoongi.

Per favore, qualcuno mi dica che quello che abbiamo è reale. Che io e te siamo reali.

Namjoon rimase a lungo in ginocchio su quel pavimento.


 


 


 


 

Namjoon si risvegliò stanco e accaldato.

Non aveva dormito affatto bene quella notte, a dire la verità non dormiva più bene nessuna notte, ed era stato difficile portare avanti le attività della giornata data la sua stanchezza. Ultimamente faticava a prendere sonno, il suo cervello non ne voleva sapere di spegnersi e lo torturava con terribili mal di testa, e anche quando riusciva infine ad addormentarsi, dormiva poco e male e il suo sonno era tormentato da incubi.

Perciò quel pomeriggio al rientro dalle lezioni si era concesso un pisolino. Per una volta non avrebbe dovuto svolgere alcuna attività in qualità di Kim e con Seokjin che aveva una lezione che finiva sul tardi, Namjoon non si era sentito in colpa nel tornare a casa per conto suo e recuperare un po' di sonno.

Quella sera infatti sia lui che Seokjin erano stati invitati per un evento caritatevole e in qualità di eredi del titolo consolare la loro partecipazione non era solo augurabile ma richiesta.

Per mantenere un'immagine di coppia caritatevole e generosa aveva detto l'entourage dei Kim anche se dallo sguardo di Seokjin era evidente che non ci trovava nulla di meritevole ma solo ennesima occasione della famiglia per mettersi in mostra. Era l'ipocrisia e il calcolo che si celava dietro che rendeva odioso il tutto.

Ecco perché in vista di una serata noiosa quanto sgradita, Namjoon aveva deciso di cercare di recuperare un po' del sonno perduto.

“Namjoon?” venne una voce dolce e limpida alle sue spalle. Namjoon aprì gli occhi di colpo, cercando di lottare contro i rimasugli di sonno e mettere a fuoco la stanza. Si trovava in camera sua esattamente dove si ricordava di essersi addormentato. Seokjin doveva essere rientrato prima dalle lezioni e in qualche modo doveva aver deciso di fare un pisolino accanto a lui. Ecco spiegato allora la sensazione di caldo sulla schiena da dove poteva sentire il corpo dell'altro emanare calore.

Namjoon si voltò lentamente anche se di malavoglia. Sapeva che non poteva ignorare la presenza del maggiore, e seguire quindi l'istinto che gli diceva di nascondere la testa sotto il cuscino, perciò si voltò per guardarlo anche se la vista di Seokjin gli faceva male in modi che non poteva confessare.

Seokjin era perfetto anche così, con le palpebre ancora pesanti di sonno e le mani che strofinavano furiosamente gli occhi per svegliarsi. Quando i loro occhi si incontrarono Namjoon provò ancora quella sensazione di benessere che il maggiore gli suscitava sempre più spesso ma al tempo stesso si sentì tradito e sporco, la verità che gli avvelenava la mente e il cuore e che gli impediva di provare tutto quello che provava per Jin con serenità.

“Scusami, ero venuto a cercarti non mi ricordo neanche più per cosa ma poi ti ho visto addormentato e hai finito col tentare anche me e mi sono detto mi distendo un attimo, e prima di accorgermene mi sono addormentato anche io come un sacco di patate,”Seokjin spiegò grattandosi dietro la nuca e facendo quasi sorridere Namjoon.

Se solo il tutto avesse potuto ridursi a quei momenti in cui erano solo due e si volevano bene. Ma non avrebbe mai potuto essere, loro erano intrappolati dentro al resto.

“Per fortuna che mi sono svegliato, se avessimo dormito ancora un po' saremmo finiti nei guai. E' meglio se vado a prepararmi in camera mia così ti puoi preparare anche tu,” Seokjin disse strizzando con affetto una spalla a Namjoon.

Seokjin poteva anche essere ignaro dei suoi pensieri ma pur non sapendo, era come se riuscisse a capire inconsciamente il turbamento dell'altro e le sue attenzioni si erano fatte più premurose, i suoi sorrisi più dolci e i suoi gesti sempre volti a dimostrare il suo affetto in qualche modo.

Avere questo Seokjin davanti, così attento nei suoi confronti, rendeva tutto così meraviglioso che faceva male.

E allora Namjoon fece qualcosa che raramente aveva fatto perché non si era mai concesso di accettare sentimenti che riteneva scomodi ne tanto meno soccombere ad essi. Tuttavia era finito il tempo di mentire a se stesso, l'unico motivo per cui la vista di Seokjin lo feriva tanto era la paura che la loro storia potesse essere stata falsata. Perciò gettò il braccio intorno al suo torno stringendolo a sé, nel tentativo di dimenticare il terrore che lo attanagliava.

Il dubbio che Seokjin in realtà non gli appartenesse affatto. Che anime gemelle fosse un nome ancora più vuoto di quel che aveva inizialmente sospettato. Che loro non si appartenessero e ci fosse qualcuno la fuori con un coefficiente più alto del suo, più perfetto per Seokjin e che potesse renderlo più felice di quanto Namjoon avrebbe mai potuto.

“Cinque minuti?” mormorò Namjoon trascinandolo sotto le coperte, giù, con se. Non ebbe bisogno di guardare il viso di Seokjin per capire che era rimasto sorpreso, il suo corpo che si era fatto rigido e delle proteste di buonsenso che apparivano sul punto di lasciare le labbra.

Eppure come sempre Seokjin assecondò i suoi desideri, chiuse la bocca e optò per rilassarsi nel goffo abbraccio di Namjoon.

Una volta aveva pensato che scoprire di avere avuto potenzialmente ragione e ottenere le prove che il sistema fosse fallato, come aveva sempre sospettato, gli avrebbe arrecato una sorta di euforica ebrezza. Ma Namjoon era giovane e ingenuo allora, non aveva ancora incontrato Seokjin.

Non se ne era innamorato, allora.

Si sentiva sciocco per la sua infinita debolezza per come si sentiva colpevole nell'amare quasi avesse bisogno di un permesso per farlo.

Forse non era amore, forse era solo bisogno, forse era solo un sentimento fortuito, forse era tutto veramente falso e lui si stava ingannando ma era giunto al punto in cui avere Seokjin accanto era troppo importante anche se significava calpestare le sue convinzioni e i suoi sogni.

La loro posizione era scomoda, il suo braccio era addormentato sotto il suo peso ma Namjoon non vi badò, affondò il naso nella maglia di Seokjin trovando un po' di tranquillità nell'odore famigliare dell'altro.

Sentì le dita di Seokjin accarezzare i suoi capelli alla base del collo e Namjoon strinse la presa.

Cinque minuti per rubare Seokjin alla realtà crudele del loro mondo.


 





NdA: dan dan dan. Ora devo assolutamente sapere cosa ne pensate :3

Il mio Twitter e Tumblr 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Huilen4victory