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Autore: rocchi68    08/07/2018    2 recensioni
Che gioia sarebbe un compleanno senza qualcuno con cui condividerlo?
Era questo ciò che si era sentito dire quando si ostinava a non volerla in mezzo ai piedi.
Per tanto tempo Scott l'aveva considerata uno strazio ed, egoisticamente parlando, avrebbe tanto desiderato che nessuno lo costringesse a quella bella rottura.
Credeva che nulla l'avrebbe mai convinto a cambiare idea, ma spesso si ricevono delle sorprese inaspettate e la gioia cancella l'ostinazione.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Altri compleanni erano scesi tra quei due bambini e di pari passo il loro legame si era saldato, trasformando il tutto in una bella amicizia.
Ora erano pure compagni di classe e se qualcuno importunava l’altro, ecco che facevano fronte comune e combattevano per le loro ingiustizie, guadagnandosi delle punizioni, assai poche a essere sinceri, sempre condivise.
Un po’ come quando Scott era intervenuto per tirare un pugno a un ragazzino di qualche mese più grande che stava importunando Dawn. L’aveva guardato di brutto muso e l’aveva fatto tornare a casa con un occhio pesto, guadagnandosi tuttavia una nota disciplinare e un’intera sessione pomeridiana in una stanza d’isolamento.
Era impegnato a disegnare sulla lavagna con dei gessetti colorati, quando Dawn era sgattaiolata dentro e l’aveva ringraziato, rimanendo per le successive tre ore a fargli compagnia.
Ma questo non era l’unico episodio che li aveva visti fare fronte comune.
Era normale che litigassero, ma anche quando erano in quelli stati, se un estraneo si permetteva di rompere, ecco che appianavano le loro divergenze e ritornavano amici.
Quest’anno, poi, Scott era ancora più invogliato a condividere e unire il suo compleanno a quello di Dawn.
Erano i loro famigliari, erano i loro regali, la loro torta e la loro amicizia che diventava sempre più forte e che non scricchiolava più, come quando avevano 5 anni e riuscivano a parlarsi con estrema fatica.
 
“Verrà anche Dawn alla mia festa, vero mamma?” Chiese il bambino, facendo annuire la donna.
 
“Certamente.”
 
“Mi sembra impossibile che il mio piccolo Scott abbia già 10 anni.” Soffiò Alberta, abbracciando il fratello minore.
 
“Non sono il tuo piccolo Scott.”
 
“Oh…anche se dici così, per me sarai sempre il mio piccolo fratellino.” Borbottò la sorella, baciando sulla guancia il festeggiato che si pulì da quella traccia umida che lei gli aveva lasciato.
 
“A me sembra strano, invece, che dopo 5 anni, tu abbia accettato Dawn.” S’inserì suo padre, spegnendo la sigaretta nel posacenere.
 
“Io…”
 
“Ricordo la sua faccia quando avevate 7 anni e le hai regalato uno scarafaggio morto: povera piccola.”
 
“Papà…” Lo richiamò con rabbia.
 
“Lei si era impegnata tanto con quel carrarmato e tu le presentavi un insetto stecchito.”
 
“Sono stato cattivo.” Ammise Scott, abbassando la testa.
 
“Ti è bastato vederla piangere per cambiare totalmente.” Mormorò la madre, facendolo annuire.
 
“Non mi piace quando piange o strilla.”
 
“Ma davvero?”
 
“Preferisco vederla ridere e giocare con me.”
 
“5 anni fa, però, non la pensavi così, fratellino.” Lo canzonò Alberta che dall’alto dei suoi 16 anni conosceva discretamente cosa passasse per la testa del minore. A condividere la camera con quel maledetto e goffo sonnambulo, solo a tratti fortunatamente, sapeva che cosa provava, di cosa aveva paura e il motivo di certi comportamenti.
 
“E dall’anno successivo, hai iniziato a chiederci con anticipo dei lavoretti con cui racimolare i soldi per farle un regalo.” Soffiò sua madre, guardando verso il marito.
 
“Io…”
 
“Quest’anno a cosa hai pensato?” Chiese Alberta che non aveva ancora notato il regalo di Scott in uno dei suoi soliti nascondigli.
Di solito li trovava dietro i suoi orribili maglioni, ultimi regali natalizi dei suoi nonni paterni che temevano patisse il pungente freddo invernale, oppure nella scarpiera, ma quest’anno non c’era niente di tutto questo. E neppure nel grande baule impolverato della soffitta, luogo usato solo una volta, aveva trovato quella solita carta rossa con fiocco dorato.
Forse, e non era così folle crederlo, si era fatto leggermente più furbo e aveva intuito che tutti conoscessero ormai i suoi posti preferiti per celare i suoi intenti.
 
“Posso farle una sorpresa e non dirvi nulla?”
 
“Eh no…non vogliamo essere responsabili qualora le presentassi un regalo schifoso.” Borbottò suo padre, assaggiando una delle tartine con salmone che avrebbero servito tra un paio d’ore.
 
“Avevo pensato a un mazzo di fiori.”
 
“Solo?” Domandò sua madre che si aspettava un qualcosa all’altezza degli oltre 80 dollari che era riuscito a racimolare.
 
“Le piace leggere e ho comprato qualche libro.”
 
“Scelta intrigante.” Commentò la donna.
 
“Non preoccupatevi: tramite sua madre, mi sono informato dei suoi gusti e lei ne sarà sicuramente felice.”
 
“Il nostro ometto si è fatto davvero scaltro.” Lo derise nuovamente Alberta, seguendolo e aiutandolo a prendere il regalo dal nascondiglio.




 
Se per Scott era stato abbastanza difficile, non si poteva affermare che per Dawn fosse stata una passeggiata.
Il rosso non era più, alla luce di tutti gli anni passati assieme, il bambino viziato e cattivo della prima volta. A volte la faceva ammattire, ma non sentiva più il suo corpo percorso dal fremito della rabbia.
Un tempo avrebbe desiderato prendere qualcosa, magari un bastone, e tirarglielo sulla testa finché non fosse diventato disciplinato e avesse imparato le buone maniere.
Ne avevano passate tante insieme.
Il ricordo più bello era di quando avevano otto anni e lui l’aveva spinta a chiedere la parte della protagonista nella recita di fine anno. A leggere la descrizione del personaggio, Scott si era convinto che lei fosse l’unica che potesse rappresentarla al meglio, senza sfigurare minimamente.
E nonostante lui fosse stato costretto a memorizzare solo poche battute, dopotutto il ruolo da piccolo gnomo richiedeva cinque righe in croce, era sempre rimasto a tenerla d’occhio, sospingendola anche nel confronto con un pubblico assai vasto.
Le aveva detto di uscire e che il suo sorriso era la cosa più bella che avesse al mondo.
Bastava che sorridesse e i presenti si sarebbero inteneriti e avrebbero aspettato che la più piccola della classe, ripetesse la sua parte.
Alla fine, la principessa della famiglia Light, era diventata una principessa anche agli occhi della platea che l’aveva rincuorata con un applauso caloroso.
E mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime per l’emozione, si era girata verso Scott e lui le aveva risposto con un ghigno soddisfatto.
Allontanandosi dal palco per qualche istante, aveva preso la mano del compagno e l’aveva invitato a condividere le luci della ribalta, ritrovandosi anche lui sommerso da un applauso che non credeva di meritarsi.
 
“Papà ti ha consigliato bene, Dawn?” Chiese la madre, fissando la piccola intenta nelle sue elucubrazioni mentali.
 
“Penso di sì.”
 
“E Scott ti sembrava interessato?”
 
“Quando gli ho chiesto i suoi gusti, ha subito parlato del baseball.”
 
“E tu hai raccolto il rimbalzo.” Borbottò la donna, mentre suo marito impacchettava il regalo che sua figlia aveva preteso per Scott.
E poco le era importato se quel videogioco, con tanto di autografo del miglior giocatore della passata stagione, era costato 100 dollari: per rendere felice Scott e per vederlo sorridere, era pronta anche a spenderne il doppio.
 
“Un videogioco sul baseball è una cosa che gli piacerà di sicuro.”
 
“Ti chiederà di provarlo, lo sai?” Domandò nuovamente, facendola sospirare.
 
Lei tra tutto quel punta e clicca non ci capiva niente.
Premeva tasti a caso e in tutte le partite Scott si metteva le mani tra i capelli, preoccupato che il joystick diventasse scemo e prendesse a fare fumo. Ci mancava solamente che la console impazzisse all’improvviso e si rifiutasse di continuare, fino a quando quella ragazzina non si fosse levata di torno.
Ma quell’aggeggio non l’avrebbe mai avuta vinta: Scott avrebbe continuato a giocare solo se Dawn era al suo fianco e solo se era intenta a fissare lo schermo, laddove poteva mostrare orgoglioso la sua abilità di pilotare strani velivoli.
Era vero: aveva sprecato tante ore pomeridiane a spiegarle i vari comandi e lei puntualmente finiva con il fare qualche sbaglio che pregiudicava la sua partita, ma non avrebbe mai rinunciato ai suoi tentativi di colpire la nave aliena, fallendo miseramente per via del suo livello troppo basso.
Non era una cosa per femmine, diceva con il sorriso tra le labbra, ma finché era nella sua stanza, gli andava tutto bene.
 
“Tanto sono una frana.”
 
“Ma lui si divertente tanto con te, vero?”
 
“Penso di sì.”
 
“E dopo tanti anni riuscite ad andare d’accordo, nonostante i suoi regali spesso ti abbiano lasciato perplessa o disgustata.”
 
“Non ricordarmi la storia di quello scarafaggio, papà.” Lo pregò Dawn, mentre l’uomo ritornava a imprecare sottovoce tra lo scotch attaccato alle dita e la carta che non assecondava i suoi movimenti.
 
“Poi, però, si è fatto perdonare.”
 
“Ha immerso la faccia nella sua fetta di torta, pur di non vedermi più piangere e poi mi ha guardato con il suo solito sorriso.” Ricordò la piccola, rivedendo ancora il volto pieno di panna dell’amico e un fiore di zucchero che si era attaccato ai suoi capelli.
 
“Non ho mai conosciuto un bambino così speciale.” Ammise la madre.
 
“Io piangevo, lui rideva come un matto e sono finita con l’assecondarlo.”
 
“E poi ha strusciato la sua guancia contro la tua e così siete finiti a giocare con la torta, mentre nonno ti filmava e catturava quel momento di gioia.”
 
“A volte mi mancano certi ricordi.” Soffiò malinconia, mentre alcune lacrime le rigavano il volto.
 
“Non puoi piangere il giorno del tuo compleanno, principessa.” Brontolò suo padre, prendendo una delle sue mani e passandole il regalo impacchettato.
 
“Papà…”
 
“Non vorrai che Scott immerga di nuovo la faccia nella torta, vero?”
 
“Ma…”
 
“Senza torta, niente candeline e niente candeline significa nessun desiderio da esaudire.” Spiegò l’uomo, passandole un fazzoletto e convincendola ad asciugare quelle lacrime che, in una giornata così bella, erano fuoriposto.
 
“E va bene.” Soffiò convinta, salendo al piano di sopra e aprendo, poco dopo, l’armadio. Fu nel guardare tutti i vestiti che si sentì insoddisfatta, ma poi a occhi chiusi ne scelse uno e lo indossò, sperando che quel 27 settembre fosse fantastico.






Angolo autore:

Buonasera cari lettori, ormai credo siano chiare, anche se sono passati solo due capitoli, le mie intenzioni.
Ogni capitolo sarà un salto temporale di 5 anni con lievi ricordi dei compleanni precedenti.

Ryuk: Non mi pare ci sia qualcosa da aggiungere.

Spero soltanto che la storia vi piaccia e che non ci siano troppi errori.
Alla prossima!
 
   
 
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