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Autore: Dyanne    09/07/2018    3 recensioni
STORIA INTERATTIVA - SOSPESA
Ambientata durante gli anni dei Malandrini.
Siamo al settimo anno e Hogwarts sembra più movimentata che mai. Dopo il famoso mago Oscuro Gellert Grindelwald sembrava che le acque si fossero calmate. Quanto di più sbagliato. Corrono voci in corridoio che bisbigliano di una nuova figura che ha preso il posto del rinomato mago.
Si creano alleanze, crepe, coppie tra le mura della scuola.
Chi sopravvivrebbe indenne?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lucius Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Sabato, 10 Settembre

Grosse nuvole grigie nascondevano il cielo azzurro, annunciando agli studenti di Hogwarts una giornata piovosa.
Bree sbuffò contrariata guardando in alto. Non amava particolarmente la pioggia, ma con quella temperatura aveva la possibilità di indossare di nuovo i suoi amati maglioni di lana. A dire il vero, la rossa sembrava sprofondare in quei capi d'abbigliamento, tanto erano grandi. Ma a Bree andava bene cosí, preferiva nascondercisi dentro che mostrare le forme del corpo.
Nel weekend potevano vestire quello che volevano, grazie a Merlino, perché le strette camicie le davano non pochi problemi.
Aveva indossato un paio di jeans chiari, con sommo orrore di alcune ragazze Purosangue, e delle comode scarpe da ginnastica.
Certo, aveva dovuto avere una- ehm- diciamo una lunga conversazione focosa con le sue compagne idignate dal suo abbigliamento. Bree aveva detto la sua, forse in un modo troppo schietto e diretto, e le aveva messo a tacere quasi subito.
Guardò l'orologio. Erano passati venti minuti da quando aveva intimato a Faye e Lily di sbrigarsi, e ormai aveva il sospetto che le due si fossero rimesse a dormire. E addio gita a Hogsmeade.
Decise che avrebbe aspettato altri dieci minuti, e se le due non si fossero presentate, sarebbe andata da sola.
Con questi pensieri in testa, Bree uscì dalla Sala Grande.
«Ehi, Bree!» la salutò Benjamin andandole incontro.
«Oi, Ben!» ricambiò felice di avere almeno un pò di compagnia.
«Sei sola?» chiese e ricevendo come risposta un cenno del capo.
«Beh, puoi venire con me e gli altri, se vuoi. Non penso dispiacerebbe a qualcuno».
«Altri?» domandò agrottando le sopracciglia.
«Un paio di Corvonero. Sono alquanto simpatici, sai? Hanno uno strano senso del divertimento, ma sembrano normali».
Bree rise nascondendosi le mani con le maniche lunghe. Gli ci erano voluti sette anni per capire quello?
«Sì, sono normali» disse ancora ridacchiando.
Si avviarono insieme verso il giardino, fermandosi ai controlli di Gazza,  con uno strano Spioscopio in mano e il fedele gatto ai suoi piedi.
«Non dovrebbe controllare quello che portiamo dentro, invece?» domandò Bree appena finirono il lungo perquisizionamento. «Che senso ha vedere cosa portiamo fuori?»
«Non chiederlo a me. Da quanto sono arrivati gli Auror, Gazza è come andato fuori di testa. Non che prima non lo fosse».
Camminarono sulla strada verso le carrozze, che li avrebbe condotti al villaggio.
Bree sussultò appena vide i Threstal. Non le piacevano affatto; quelle creature riportavano indietro ricordi che pensava di aver ormai dimenticato, inondando il cuore di dolore.
Però fece finta di nulla.
«Ciao ragazzi!» salutò il Tassorosso con la mano il piccolo gruppo di Corvonero.
La rossa fu felice di vedere il volto sereno di Hanneke tra di loro, si calmò percepibilmente quando vide che anche lei portava i jeans e le andò vicino.
«Faye?» chiese la Corvonero.
«Starà dormendo, sicuramente».
«Tipico. Neanche Mielandia riuscirebbe a staccarla da quel letto» disse con un sorriso.
Quando presero posto nella carrozza, una delle più grandi, Bree si permise di osservare anche gli altri accompagnatori e le sue goti assunsero uno tenero color rosso quando fermò gli occhi sulla figura di Remus Lupin.
Non sapeva ci fosse anche lui!
L'aveva sempre ammirato da lontano, ci aveva parlato troppe poche volte, ma gli era rimasto impresso la sua gentilezza e la bontà che trasparivano dai suoi gesti. Inutile dire che Bree ne era rimasta infatuata.
Il ragazzo era seduto proprio davanti a lei, il capo abbassato e lo sguardo fisso sulla sua bacchetta. Sembrava a suo agio.
Bree dovette ammettere che, anche senza camicia e con solo una felpa adosso, era molto affascinante.
A quel pensiero arrossí ancora di più, e tirò la maglia fin sopra il naso per nascondere il suo rossore, anche se  nessuno sembrava fare caso a lei.
Gli altri ragazzi conversavano a bassa voce e tranquillamente, creando un'atmosfera tutt'altro che imbarazzante.
«Hannie, siamo le uniche ragazze?» domandò guardandosi meglio attorno.
«Già» le rispose la mora guardando fuori dal finestrino.
«Ma Edith? » Hanneke sorrise in modo birichino.
«Ah, la nostra cara e dolce Edith è ad affrontare il suo primo appuntamento!»
«Noo! Davvero? Chi è lui?» volle sapere immediatamente.
«Non ci crederai mai».
«Eddai, non tenermi sulle spine. Dimmelo. Dimmelo».
«Dorian Shivers» disse solennemente.
«Shivers? Quel Serpeverde del settimo anno? Quello con cui è uscito Faye e gli ha sputato in faccia per la sua insolenza? Cioè, quel Dorian Shivers?!» la voce di Bree era salita di qualche ottava.
Hanneke si massaggiò le palpebre, come a voler scacciare un brutto ricordo.
«Proprio quello».
«Noo! Povera Edith!»
La Tassorosso era davvero dispiaciuto per l'amica, sperava solo che non le spezzasse il cuore.
Da quello che aveva sentito, Dorian non aveva una bella reputazione; non lo conosceva, era vero, ma non passava giorno che Faye non lo maledicesse nelle lingue più colorite che sapeva, perciò non le aveva dato una buona opinione.
«Ragazzi, dove volete andare?» chiese Ben a nessuno in particolare.
Bree notò che erano già arrivati al villaggio. Il tragitto era stato molto più veloce del solito.
«Pensavamo di visitare la libreria, prima» rispose la Corvonero. «Poi andiamo dove volete».
Un coro di assensi si librò in aria, e i ragazzi si avviarono verso la destinazione.
La libreria che Hogsmeade aveva era molto più piccola di quella di Diagon Alley, ma offriva una vasta scelta di libri e materiale per la scuola.
Bree si fornì di una nuova penna e inchiostro e girovagò alla ricerca di qualche libro.
Uno in particolare catturò la sua attenzione, esposto dall'altra parte della sala. Aveva la copertina scura e una luna bianca faceva capolino sotto il bordo.
Lo prese in mano e lo esaminò con cura. La Maledizione Della Luna Piena citava il titolo.
«Non pensavo ti interessasero quelle cose» disse una voce da dietro di lei, facendola sobbalzare e il libro cadde dalle sue mani.
«Scusa, non volevo spaventarti» si scusò Remus, piegandosi a raccogliere il tomo caduto. Glielo porse con un sorriso.
«Neanche io pensavo mi interessasse» rispose sincera Bree riprendendoselo.
«Hai intenzione di comprarlo?»
La Tassorosso rimase stupita dall'interesse che il ragazzo mostrava nei suoi confronti. Cercò di non arrossire.
«Mi sa di sì. Dalle spiegazioni del professor Rufus non ci ho mai capito nulla. E tra qualche settimana abbiamo pure il test!»
Remus si scompigliò i capelli, guardando da un'altra parte mentre i due si dirigevano alla cassa.
«Beh, se vuoi... posso aiutarti io con questo argomento; sono sempre stato... affascinato, sì. Non me la cavo male» a Remus quelle parole erano uscite con grande difficoltà e imbarazzo dalla bocca. Ma ormai la proposta era fatta, non sarebbe tornato indietro.
Bree sbatté gli occhi un paio di volte.
Remus Lupin le aveva veramente proposto di studiare assieme?
Lei non aveva alcun dubbio sulla capacità del Corvonero.
Senza che volesse, le sue guance si tinsero di rosso.
«Mi faresti un grande favore, davvero!» rispose radiosa, cercando di non sembrare troppo euforica.
«Perfetto» consentì anche lui con un gran sorriso.
Da dietro gli scaffali, Hanneke poté affermare, guardando i due, che i sorrisi da ebeti che si scambiavano erano i più belli che avesse mai visto.


••• ••• •••
 


Nella Sala Comune dei Corvonero Edith gironzolava attorno ad una poltrona, gettando di tanto in tanto qualche occhiata all'orologio. Dire che era agitata, era un euforismo.
Quando, il giorno prima, Dorian l'aveva invitata a Hogsmeade per passare il tempo insieme, Edith era quasi caduta dalla sedia per l'incredulità.
Aveva tastato più volte il volto e la fronte del Serpeverde in cerca di temperatura, ma quello, che l'aveva guardata sconcertato ma divertito, stava egregiamente.
Edith si era scusata per l'impulsività e aveva accettato sorridendo.
L'incredulità non era certo sparita, a distanza di un giorno, ma ora era alle prese con l'agitazione che l'aveva soprafatta. Non si sentiva così in ansia dall'ultima partita di Quidditch.
E se si sarebbe messa in imbaazzo?
Se avrebbe combinato una delle sue?
Guardò l'ennesima volta il pendolo: mancavano dieci minuti.
Se fosse scesa adesso sarebbe arrivata perfettamente in orario, pensò.
Si riaggiustò la camicetta azzurra, i capelli perfettamente pettinati e lasciati sciolti e si voltò per chiedere un parere a qualcuno, ma la stanza era quasi vuota, fatta eccezione per alcuni primini.
Hanneke, Remus e Julian erano scesi mezz'ora prima con altri due compagni; tutti i ragazzi del suo anno erano già al villaggio.
Si specchiò un'ultima volta nelle grandi vetrate della Torre e poi scese di corsa le scale.
Ad aspettarla fuori dalla Sala Grande, con le mani dentro le tasche dei pantaloni e un'espressione impassibile sul volto, era Dorian Shivers.
Appena Edith fece la sua apparsa il ragazzo si voltò e la osservò a lungo.
La Corvonero si sentì in soggezione e, in quel momento meno opportuno, le ritornò alla mente tutti li insulti che Faye aveva fatto lontano dalle orecchie del ragazzo.
Edith si chiese perché mai era stata tanto stupida da accettare quella proposta. Dorian sembrava un pezzo di ghiaccio!
«Ciao» salutò a bassa voce, incerta.
Quello, di rimando, fece un cenno con il capo.
Senza parlare o accordarsi su qualcosa, uscirono fuori verso le carrozze.
Salirono sopra ed Edith era così presa dai suoi pensieri che non si accorse nemmeno dei Thestral che partivano con lentezza.
C'era un silenzio imbarazzante tra di loro.
«Senti» aprì per la prima volta la bocca Dorian «non so cosa ti abbiano mai detto su di me, ma possiamo far finta di non conoscerci affatto e iniziare da zero?»
Edith lo guardò sorpresa. Beh, era un'ottima iniziativa.
«Ma certo».
«Bene» disse porgendole una mano «mi chiamo Dorian Lucifer Shiver. Settimo anno, Serpeverde».
Edith prese la mano grande e calda e la strinse con sorprendente forza.
«Piacere. Sono Edith Jackson, settimo anno, orgogliosamente Corvonero! »
Dorian piegò gli angoli della bocca all'insù.
«Mi piace il tuo secondo nome» continuò la ragazza ormai a suo agio «posso chiamarti Luc?»
«Ma certo, graziosa Madamigella» e piegò il capo, come a voler imitare un inchino. Edith rise euforica. Altro che ostile cafone! Faye doveva averlo preso con il piede sbagliato.
Interpretarono i ruoli di persone di alto rango e ci scherzarono sopra finché raggiunsero la destinazione, troppo in fretta, secondo Edith.
«Allora, Jackie, dove vorresti andare?» chiese il Serpeverde guardandosi attorno.
A Edith piaceva il soprannome che le aveva affibiato, era davero dolce uscito dalle sue labbra.
Molti ragazzi del suo anno erano ai Tre Manici di Scopa, i Corvonero erano ammassati in libreria e c'erano decisamente troppi Grifondoro a Mielandia.
Edith, che aveva seguito il suo sguardo, si fermò in mezzo alla via. Dove potevano andare due persone così diverse come loro?
«Ho sentito da una mia compagna che hanno aperto un nuovo negozio. Vogliamo visitarlo?» domandò infine.
Dorian abbassò gli occhi per guardare la ragazza. Era decisamente più bassa di lui, e i suoi occhi erano davvero affascinanti. Un miscuglio tra l'azzurro cielo e il grigio.
«Come la signora desidera» disse porgendole il braccio sinistro affinché lei potesse aggrapparcisi.
Questo suo lato da gentiluomo catturò la parte romantica di Edith, o Jackie, come l'aveva soprannominata lui. Jackie. Assaporò quel nome.
Il negozio, l'Emporio degli scherzi di Zonko, era decisamente più grande e colorato di quanto i due si aspettassero.
Dorian aprì la porta alla ragazza e la fece entrare per prima, come le norme di comportamento del suo rango dicevano.
La vasta scelta di prodotti fece spendere parecchio tempo ai ragazzi, che tuttavia non avevano comprato nulla.
Dorian aveva adocchiato moltissime pozioni-scherzo e aveva deciso di ripassare un'altra volta, senza la compagnia di Jackie.
Edith, a sua volta, si era affezionata alle Puffole Pigmee senza darlo a vedere. Non voleva certo che il ragazzo vicino a lei si mettesse in testa di comprarle qualcosa!
Dopo Zonko, andarono a bere qualcosa ai Tre Manici di Scopa. Questa volta, Dorian insistette per pagare la burrobirra e il succo di zucca.
«Sai, pensavo fossi diverso» si lasciò scappare la Corvonero.
Il ragazzo in questione sollevò un sopracciglio.
«Pensavo fossi uno di quei Serpeverde».
«Ma io sono un Serpeverde, Jackie» rispose curioso di vedere come avrebbe risposto l'altra.
«Sì, lo so, ma io intendevo arrogante, presuntuoso e... cattivo» finì a bassa voce, come se quelle parole fossero vergognose da dire.
Dorian rimase a pensare. Beh, lui era tutto quello che la ragazza diceva, forse lei non si rendeva ancora conto.
Arrogante, misterioso e insensibile erano alcuni epiteti che aveva sentito rivolgergli.
Non gliene importava, però.
«Io sono... io. Non quello che la gente piace spettegolare».
Edith accusò il colpo. Anche lei si era basata sulle dicerie di Faye, all'inizio. Ma quel giorno aveva cominciato a conoscere il vero Dorian.
Rimasero in silenzio per un pò, a meditare su quello che si erano detti, finché il Serpeverde lo spezzò alzdndosi in piedi.
«Vogliamo andare da qualche altra parte? Abbiamo ancora un'ora a disposizione».
La ragazza annuì, alzandosi a sua volta e ringraziando la locandiera.
Edith propose di andare a Mielandia e Dorian, seppur a malavoglia dopo quello che avevano passato ieri, accettò.
«Prendiamo l'altra strada» disse mettendole con gentilezza una mano dietro la schiena e conducendola su un'altra via. «Questa porta vicino alla Testa di Porco e ci sono troppi randagi per i miei gusti».
La Corvonero, che aveva assaporato quel caldo contatto, si bloccò di colpo, come svegliata da un profondo sogno.
«Stai bene?» chiese confuso lui. Jackie era impalata in mezzo alla strada, gli occhi vacui.
«Hai detto randagi?» chiese con occhi spalancati.
«Sì, non sapevo avessi paura. Certo non ci attaccheranno, ma-»
«Randagi! Sì, quello che mi serve per lunedì!»
Dorian la guardò ancora più confuso. Era impazzita, così, d'un tratto.
«Ti serve un randagio?»
«No! Cioè sì! Un gatto. Mi serve un gatto grasso e nero. Vieni» lo prese per mano e lo costrinse a seguirla in fretta verso la Testa di Porco.
Dorian ancora non seppe in che guaio si fosse cacciato.


••• ••• •••
 


Per Astra camminare lungo le vie di Hogsmeade senza il suo fidanzato era un colpo al cuore.
Difatti, aveva apprezzato veramente quel luogo solo al quinto anno, quando James le avea chiesto di uscire per la prima volta.
Ora, senza di lui, il villaggio sembrava portare solo nostalgici ricordi.
Ma Astra era forte, non si sarebbe lasciata sopraffare dalla tristezza. Era stata lei a mettere fine alla relazione, la sera prima.
A consolarla, quel giorno, c'era Coco. La cara, dolce e piccola Coco.
La rossa si ritenne fortunata di avere una così fedele e buona amica. Con il suo buon umore e la sua grinta, le avrebbe tenuto i pensieri occupati.
«Lira, Lira! Andiamo lì, per favore!» disse la mora tirando per le maniche Astra.
Il luogo che indicava non era altro che un piccolo magazzino dall'aria consunta.
«Non mi sembra un posto adatto a delle signorine, Coco».
«È molto più bello all'interno! Mi ci ha portato mia sorella quest'estate, è davvero carino!»
Coco sapeva che l'amica aveva bisogno di distrazione, e quel piccolo negozio di cui non sapeva neanche il nome era il posto giusto dove cominciare. E nessuno le avrebbe disturbate lì.
Entrarono e il suono del piccolo campanello sopra la porta annunciò il loro arrivo.
«Signorina Gobreck, quale gioia rivederla!» anunciò la voce dietro il bancone.
«Signor Alfredo! Il piacere è mio, mi creda. Le presento la mia più cara amica, Astra Kiselëva».
«Signorina» disse l'uomo abozzando un inchino e sorridendo alle due arrivate. «Non mi suona famigliare il vostro cognome, cara. Viene da lontano?».
«Oh, sì, signore. Sono russa!»
«Interessante, davvero. La bella e fredda Russia, non la visito dal lontano trentotto! Un posto meraviglioso, davvero. Ma bando alle ciance, con cosa posso aiutarvi?»
«Siamo venute per rilassarci con un pò di musica, signor Alfredo. La mia amica qui ha bisogno di svago!» prese parola Coco.
«Ma certo! So quello che fa al vostro caso» e sparì dietro una piccola porta.
La stanza, prima silenziosa, iniziò a riempirsi di vivace musica.
Musica scozzese, sicuramente.
Coco prese per le mani Astra, e si mise a ballare con lei, insegnadole i passi e il ritmo.
Altre due canzoni si susseguirono alla prima e le due si fermarono soltanto alla quarta, sudate e ansimanti. Era stata una vera fatica seguire i passi veloci e sicuri di Coco!
Astra, decisamente con un umore migliore, si avvicinò al signor Alfredo, che aveva assistito alla scena.
«Mi scusi, non è che avrebbe della musica - ehm- rock?» chiese timidamente.
«Rock? Intende rock babbano, signorina?»
«Proprio quello! »
«Ma certo! Abbiamo un scaffale pieno di quel genere, da questa parte!»
Un'ora più tardi, le due ragazze erano uscite con un largo sorriso, ognuna con diversi CD in mano.
Avevano fatto una sosta per prendere qualcosa da Madama Rosmerta, e poi, erano finite nella lunga fila che portava verso Zonko, il nuovo negozio di Hogsmeade e, ovviamente, tutti volevano darci un'occhiata.
Astra, che aveva le scatole piene di tutti quelli scherzi e giochi non aprezzò molto la visita. E andò anche peggio quando intravide tra gli scaffali la folta chioma di Sirius.
Dove c'era Black c'era di sicuro anche Potter. La rossa si allontanò di fretta, con un volto impassibile, e avvicinandosi all'uscita.
Quando fu finalmente in strada, poté respirare tranquillamente. O quasi.
Dalla porta dietro di lei uscirono altri ragazzi, tutti insieme con un grande urlo e, dalla grande fretta, qualcuno andò adosso ad Astra.
La ragazza cadde rovinosamente nel fango, sporcandosi tutta la schiena e il sedere, e il peso del ragazzo sopra di sé la fece diventare rossa come un pomodoro.
E quel furfante non si sbrigava mica a spostarsi!
«Mi dispiace, non ti ho vista!» disse rammaricato Benjamin a pochi centimetri dal viso della Grifondoro.
«Se ti alzi adesso, prometto che non me la prenderò tanto» disse a denti stretti.
L'odore inconfondibile della colonia da uomo le inebriò i sensi, ma il fango dietro il collo le ricordò che era ancora distesa in mezzo alla strada.
Benjamin si riscosse dallo stato di terpore e distolse gli occhi da quelli azzurri di lei, soffermandosi sulle sue gambe scoperte.
Arrossí, e si alzò di fretta, tenendo una mano ad aiutare la sfortunata vittima.
«Scusami ancora. Con tutto quel trambusto là dentro e tutti che si sono lanciati fuori, non ti ho proprio visto» disse grattandosi la nuca.
La ragazza annuì, sistemandosi la gonna che si era alzata e guardandosi il sedere sporco.
«Lascia che ti dia una mano» implorò il ragazzo sentendosi ancora dispiaciuto.
«Ok».
Benjamin eseguì un paio di incantesimi sui vestiti di lei e la sporcizia svanì, ma rimase comunque la traccia lì dove il fango aveva sporcato.
«Più di così non posso fare».
«Grazie lo stesso» e gli rivolse un sorriso appena accennato.
«Posso offrirti qualcosa da bere per farmi perdonare?» chiese ancora Ben, sistemandosi a sua volta.
«In verità sto aspettando una mia amica».
«Può venire anche lei» insisté il Tassorosso.
«Va bene» disse più sollevata Astra.
In quel momento Coco uscì dalla porta del negozio trasandata, e con una Puffola Pigmea spaventata tra le braccia.
«Ci conviene allontanarci, prima che quei due facciano esplodere il negozio» disse rapida accarezzando il piccolo animale e facendo cenno con il capo dietro di sé.
«Ma chi?»
«Sirius e una ragazza dai capelli bianchi, Serpeverde penso».
«Ragazze, vogliate seguirmi dai Tre Manici di Scopa?» domandò Ben per l'ennesima volta.
«E questo qui chi è?» chiese Coco sospetta guardando Lira di sottecchi.
«Ti racconto strada facendo. Prego, buon samaritano, faccia strada!»


••• ••• •••
 


Era rimasta al quando delusa quando Dorian le aveva detto di avere un impegno per quel giorno. Non le aveva detto neanche chi era la ragazza fortunata, tanto era stato misterioso.
Così, Lucille aveva dovuto accontentarsi della compagnia di Lucius e Severus.
Avevano gironzolato senza meta per il villaggio, senza mai imbattersi nel suo migliore amico.
Mielandia era stata la sua prima scelta e, nonostante ciò che aveva patito il giorno prima, si era rifornita di parecchie caramelle.
Non era mica colpa sua se l'attraevano come il più dolce canto di sirena.
«Una scatola di cioccorane, un paio di bacchette alla liquirizia, tre etti di api frizzole e mou mollelingua mischiate alle gelatine caramellate, e per finire una decina di scatoline di Tutti i gusti+1, grazie!» aveva detto alla commessa che l'aveva guardata in modo strano.
Le era spuntato un corno in fronte, per caso?
Dopo il negozio di dolci, avevano fatto un giro fino alla casa stregata, prendendo in giro Lucius, che non si era voluto avvicinare neanche lontanamente.
Lucille avrebbe classificato quel giorno come uno qualsiasi, prima di aver messo piede nell'Emporio degli Scherzi.
Aveva fatto un giro veloce, soffermandosi davanti alle Puffole Pigmee, che trovava davvero irresistibili.
Sarebbe rimasta lì, in quel reparto, anche tutto il giorno se la testa scura di Black non avesse fatto capolino nella sua visuale.
Il ragazzo, difatti, era appoggiato con la spalla ad uno degli scaffali vicino e la osservava con divertimento. Sulle sue labbra spuntava un sorrisino ironico.
«Oh, guarda, Björk» disse Sirius appena incrociò il suo sguardo. «Non sapevo ti piacessero le Puffole. Ti facevo più un tipo da... Plimpi d'acqua dolce».
Lucille incassò la frecciatina con gli occhi a due fessure che mandavano lampi.
«Ti conviene stare zitto, Black, o non risponderò delle mie azioni» lo avvertì in tono glaciale.
Non aveva di certo scordato quello che era successo il giorno prima, e le sue frecciatine e battutine non facevano altro che aumentare la sua rabbia e voglia di vendetta.
«La piccola Lucille tira fuori gli artigli. Wow! Chissà cosa mai potrà fare? Un incantesimo di secondo anno?» ironizzò il ragazzo.
Black stava, volontariamente, giocando col fuoco.
L'incantesimo partì dalla bacchetta della Serpeverde senza preavviso. Sirius non l'aveva neanche vista tirarla fuori, tanto era stata veloce, ma grazie ai suoi riflessi riuscì ad abbassarsi in tempo e la fattura colpì l'armadio dietro, facendolo cadere con un grande tonfo.
«È tutto qui quello che sai fare?»
Un secondo e un terzo incantesimo andarono in direzione del Grifondoro, che, pur di non farsi beccare, rotolò per terra tra piume e pozioni.
Lucille pensò che nessuno era più bravo di Sirius Black a farle perdere la testa in quel modo, e s'intendeva in modo negativo.
Non sentì neanche le proteste del proprietario del negozio che gli invitava a uscire fuori prima gentilmente, poi a calci nel sedere.
Dopo pochi minuti nel negozio il caos regnava sovrano: i ragazzi erano usciti tutti assieme al lacrimante proprietario, mentre dentro volavano fatture pungenti e incantesimi oscuri.
«Ehi, non vale! Quella è magia oscura!» protestò Sirius lanciando a sua volta un Levicorpus.
«Non ti ha mai detto nessuno che in guerra non importa quale magia si usa? Imbecille!» e ripartì all'attacco.
I capelli di Lucille erano diventati un cespuglio bianco, la fronte era coperta da goccioline di sudore e le labbra erano serrate in una linea dritta. Si sentiva davvero viva, quasi come sul campo da Quidditch.
Uno dei suoi incantesimi aveva sfiorato la guancia del Grifondoro che aveva preso a sanguinare, e lui in risposta aveva fatto cadere un recipiente di oli profumati sulla sua testa.
Uno ferito e l'altra bagnata.
Luvi si rese conto, anche se in ritardo, che Sirius non aveva intenzione di farle veramente male con qualche fattura. Quelle più potenti finivano ai suoi lati, anche se lei non si muoveva, mentre quelle che le lanciava addosso erano lievi, come un Levicorpus e una Tarantallegra, e senza provocare danni.
Questa constatazione la paralizzò e allo stesso tempo la fece fremere di rabbia.
«Combatti veramente!» urlò e nello stesso tempo sentì l'incantesimo colpirla nello stomaco.
In pochi secondi il mondo, per Luvi, era sottosopra.
Le braccia e i capelli le penzolavano in giù mentre le sue gambe erano per aria.
Con sommo orrore vide che la gonna era scivolata sulle gambe e coprivano a malapena le mutande, lasciando le cosce scoperte.
«Mettimi giù! Adesso!» urlò isterica con le guance paonazze.
«Nah, c'è una bella visione davanti a me, perché non aproffitarne?» rispose divertito Sirius.
Offesa, la ragazza raccolse da terra la sua bacchetta e puntò dritto verso l'avversario.
«Stupeficium!»
Il Grifondoro -svenuto- finì disteso per terra con un tonfo e la stessa fine fece Luvi, quando il Levicorpus smise di avere effetto, sbattendo con la testa sul pavimento di legno.
Si alzò a fatica, massaggiandosi il punto dolorante e sistemandosi i vestiti.
Guardò verso il ragazzo ancora svenuto, sembrava stesse dormendo - in una postura innaturale, aggiunse mentalmente.
Un'idea le balzò in testa e con un ghigno si avvicinò piano a lui.
Era del tutto alla sua merce.


••• ••• •••
 


Astrid si guardò allo specchio, storcendo le labbra.
Narcissa l'aveva obbligata a indossare una gonna nera sopra il ginocchio e una maglietta verde di cachemire.
Tutta in ghingheri solo per andare a Hogsmeade.
«Chissà che incontrerai il ragazzo della tua vita. Non vorrai mica fare brutta figura vestendo semplici abiti quotidiani!»
Astrid non aveva replicato.
Quando l'amica si metteva in testa di fare una cosa non riusciva mai a farle cambiare idea.
Secondo Cissy si doveva essere truccate e vestite bene anche durante la notte perché «non si sa mai che per magia compaia il principe azzurro nel tuo letto!»
Sospirò abbattuta. Rivoleva i pantaloni della sua comodissima tuta!
«Siamo pronte?» chiese la bionda esaminadola per bene.  «Possiamo andare» asserì soddisfatta.
Astrid aveva accettato di andare al villaggio solo perché Narcissa l'aveva minacciata di nasconderle di nuovo la bacchetta, perché se fosse stato per lei, non ci avrebbe messo piede quel giorno.
Le due avevano visitato i negozi e avevano bevuto della burrobirra dai Tre Manici di Scopa. Tutto estremamente noioso, secondo la mora.
Soprattutto adesso che Narcissa l'aveva abbandonata fuori da un magazzino perché doveva finire le sue compere.
Forse se avesse incontrato Hanneke e Edith si sarebbe divertita di più. Peccato che le due fossero magicamente scomparse dalla faccia della terra.
Astrid si stava ancora amareggiando per la giornata quando una fattura la colpì, mandandola stesa per terra alcuni metri più avanti.
Si alzò quasi subito in piedi, ignorando il dolore alla caviglia e alla guancia graffiata, per affrontare l'imbecille che l'aveva colpita a tradimento.
Neanche si sorprese di vedere Bellatrix assieme ai suoi fedeli scagnozzi Rosier e Lestrange.
La ragazza aveva stampato in viso un ghigno storto e sadico, la bacchetta in mano: ovviamente trovava la scena divertente.
«Ma guardate un pò chi c'è: la sfigata Astris Birch. Dimmi, tesorino, cosa fai qui tutta sola?»
  «Non sono affari tuoi, Bella. Andate via prima che vengano gli Auror.»
«Così mi ferisci!» continuò con finto diapiacere «non ti abbiamo mica fatto nulla, vero ragazzi?»
I due interpellati sogghignarono annuendo.
Astrid tirò fuori la bacchetta dalla manica della maglia pronta a difendersi se necessario.
«Lo ripeto, sparite e lasciatemi stare!»
«Ma che maleducazione! Siamo tuoi compagni di Casa, come puoi trattarci così?»
Astrid non rispose. Se l'avesse fatto avrebbe aizzato un duello, e lei era decisamente in svantaggio.
Si guardò furtivamente intorno, sperando di scorgere qualche Auror, ma non trovò nessuno.
Sembravano soli in quella via.
Forse avrebbe fatto meglio ad entrare nel negozio.
«Allora, ragazzi, come vogliamo punire questa maleducata traditrice? Un incantesimo Lamatagliente oppure una Cruciatus?»
Astrid non si fece intimidire e non battè occhio, aveva sopportato troppo durante gli anni per avere paura adesso.
Strinse forte la bacchetta nel pugno e si morse la lingua per contenersi dal insultarli.
Le maledizione partirono dalle stecche sei due Serpeverde mentre Bellatrix stava a guardare a braccia incrociate la scena, sorridendo.
L'incantesimo scudo di Astrid crollò al quarto colpo, e si buttò di lato tra i cespugli per evitare altre fatture.
Si alzò ancora una volta, contraria all'idea di nascondersi e rispose a sua volta con uno Stupeficium che colpì Rosier.
Quello cadde nel fango, svenuto.
Un'altro incantesimo sibilò nell'aria, da parte di Bellatrix, ma che venne respinto da un'altra maledizione, che Astrid non aveva lanciato.
Quando voltò la testa, vide un'impassibile Severus fronteggiare i suoi avversari.
«Vi conviene andare via prima che qualcuno chiami i professori» disse gelido.
Bellatrix tentennò con la bacchetta tesa, il volto furente e ordinò a Rabastan di svegliare l'altro. Se ne andarono in pochi minuti senza dire altro.
Astrid guardò di sottecchi il suo salvatore che a sua volta guardava lei.
«Non c'era bisogno di intervenire» gli disse arrabbiata.
In tutti quelli anni non aveva ribattuto o mosso una mano per aiutarla, perché proprio adesso?
«Eri nettamente in svantaggio, ferita e incapace di scagliare una vera maledizione» rispose Severus strascicando le parole.
Sembrava addirittura infastidito dalla situazione.
«Guarda che ne ero capace, Mister simpatia!» ribatté a tono la ragazza.
«See, certo».
Astrid sbuffò seccata girandosi e dandogli le spalle. Si accovacciò per terra, controllando la ferita al piede.
La caviglia era gonfia, di un inquietante color viola prugna e le faceva davvero male.
Si chiese quando sarebbe uscita Narcissa cosicché potessero rientrare al castello, andare nel dormitorio e farsi una bella dormita.
«Senti, Severus» cominciò a dire piano, ormai più calma di prima.
Quello alzò la testa e la guardò in attesa.
«Sai qualche incantesimo di guarigione?»
Severus guardò con attenzione la guancia graffiata, i vestiti sporchi e la caviglia gonfia, facendo sentire Astrid parecchio in soggezione.
«No, non mi interessa la Medimagia» disse piano avvicinandosi alla Serpeverde.
Si inginocchiò davanti a lei, gli occhi incatenati a quelli chiari di Astrid che, imbarazzata al massimo, diventò rossa in fretta.
La mano fredda di Severus le toccò la ferita, tastandola piano e con una gentilezza che la ragazza non si sarebbe mai aspettata.
«Vieni, ti porto al castello» disse alzandosi in piedi e tenedole la mano per aiutarla.
Astrid accettò con gratitudine, ma quando il suo piede toccò il suolo non riuscì a trattenere un gemito e gli occhi cominciarono a diventare lucidi.
Faceva un male terribile!
Senza dire una parola Severus si posizionò davanti a lei, la schiena un pò ricurva e le mani sui fianchi.
«Salta sù, dai».
«Cosa? NO!»
«Vuoi che ti faccio lievitare per tutto il tragitto? Non sarà imbarazzante con la gonna?» domandò ironico senza guardarla.
«Andrò a piedi» insistette lei.
«Se vuoi arrivare in infermeria domani fai pure. Ti sto solo risparmiando il dolore».
Astrid alzò le sopracciglia, stupida e fissò la schieda del compagno con insitenza.
Quel giorno era particolarmente gentile.
«Entro sta sera magari».
Astrid sospirò piano, avvicinandosi a Severus e mise le mano sulle sue spalle.
«Ti avverto: non sono una piuma».
«L'ho tenuto in considerazione prima di proprorlo. Stai tranquilla, non sono così fragile e tu non sembri un barile. Perciò salta sù prima che cambi idea».
La ragazza salì in groppa a Severus, cercando di tirarsi la gonna per coprirsi il sedere, sentendosi mortificata per la situazione.
Il tragitto fino alle carrozze non era molto distante, forse trecento metri e le strade sembravano vuote e tranquille. Forse sarebbero riusciti a passare inosservati.
Severus sostenne le gambe di Astrid con le sue mani, toccando la pelle scoperta dalla gonna e s'incamminò a passo normale.
Non sembrava faticasse a portare una ragazza di cinquanta chili sulla schiena.
Decisamente più tranquilla, Astrid si azzardò a poggiare il mento sulla sua spalla. Non sentì nessuna lamentela.
«Grazie» mormorò con la bocca vicino al suo orecchio.
Severus sorrise senza farsi vedere.



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Angolo del Panda Gigante

Non sono sparita! Scusate il ritardo, ma questo capitolo -più lungo del solito- è stato un parto difficile!
Non sono molto brava a scrivere cose romantiche e sdolcinate, perciò mi scuso anche perché forse non sarà alle vostre aspettative -.-

In questo capitolo abbiamo alcuni frammenti sulle coppie. Ho cercato di renderlo piacevole e divertente, ci sarà tempo più avanti per approfondire altri aspetti.

Come vanno le vacanze da voi? Io sono più impegnata di quanto lo ero a scuola!
Ed è già quasi metà mese -.-

Non ho richieste e domande per il prossimo capitolo, cercherò di inserire le informazioni che ho già ricevuto.
Ma se vi viene in mete altre particolari scene / caratteristiche sul vostro OC la mia posta è sempre disponibile! :)

Baci :*

D.



   
 
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