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Autore: HarleyHearts    13/07/2018    0 recensioni
Lyla ha sempre avuto una vita normale, come tante sue coetanee ventitreenni.
Viveva con la madre e la sorellina minore, in una piccola casetta a schiera a Washington, e divideva le sue giornate tra l’Università e i migliori amici Rebekka e Robert. Andava tutto bene nella sua quotidiana monotonia.
Almeno, era così prima di incontrare in ospedale il nuovo medico pediatra Ciel O’Konnor; 27 anni di pure bellezza canadese, e un passato traumatico alle spalle.
Da quel giorno, da quel lieve sfioramento di mani, tutto è cambiato drasticamente.
L’esistenza di un mondo che credeva impossibile, una guerra sanguinosa che durava da decenni, creature straordinarie... persino Alpha; tutte cose che travolgeranno la sua vita, come un fiume in piena.
Prima storia della serie “Diversi, Simili ed Uguali”
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 40
Dopo tanto tempo

 

Attesero l’arrivo di Vieri ed Alberich prima di accomodarsi nel ristorante dell’albergo.

La prima parola che prese prepotentemente posto nella mente della giovane corvina, una volta entrata, fu “confusione”. Sembrava essere diventata la sua nuova parola preferita degli ultimi tempi, ma per quanto ci provasse non riusciva a trovarne altre che fossero altrettanto adatte a descrivere ciò che stava vivendo o che non fossero suoi sinonimi.

Le tre Moore non avevano fatto nemmeno in tempo a mettere piede nella sala che vennero prese d’assolto ed assalite dagli invitati. Fu un conseguirsi di saluti, presentazioni, nomi e volti che diedero alla testa della corvina.

Tra i primi che si fecero avanti, c’era una coppia, un uomo e una donna sulla quarantina, con a seguito gli evidenti due figli gemelli adolescenti.

L’uomo assomigliava in maniera spaventosa a Cedric, ma con una corporatura parecchio più esile e mingherlina. Aveva dei folti ricci biondi tagliati cortissimi, ed uno spesso paio di occhiali dalla montatura chiara appoggiati sulla base del naso.

La donna invece, dalle spiccate origini indiane, aveva una lunga cascata carbone che le ricadeva morbida dietro le spalle e dei profondi occhi scuri che brillavano come piccole biglie.

I due gemelli poi sembravano essere la perfetta fusione della coppia. Avevano entrambi i capelli neri, ricci e folti come quelli del padre, e gli stessi occhi neri della madre.

- Chitra! Oliver! -

Shannon si aprì in un ampio sorriso gioioso, andando ad abbracciare la coppia.

- Mi siete mancati terribilmente -

- Anche tu, Shannon. Non ne hai idea - ricambiò Oliver, poco prima di sciogliere la stretta della castana.

L’avvocatessa sorrise, e si voltò appena verso le proprie figlie rimaste leggermente in disparte alle sue spalle.

- Vi presento le mie bambine: Lyla e Marie. Ragazze, loro sono Oliver, Chitra e i loro figli Grant e Philip. Ollie è vostro cugino di secondo grado(1), mentre Chitra è la Gamma del branco -

Lyla e Marie si limitarono ad un semplice “Piacere” accompagnato da una lieve stretta di mano, perché poi vennero riprese in ostaggio dal resto degli invitati.

Molti meno parenti di quello che la corvina si era immaginata, e molti più amici e componenti del branco. In tutto saranno stati più di una ventina, e la corvina faticò parecchio nel memorizzare e associare i nomi ai volti di tutti. Erano troppe informazioni tutte in una botta sola, e il suo cervello faticava a starci dietro.

A seguire la giovane coppia con i propri figli, vennero due ragazze. Entrambe castane e dai grandi occhi scuri. Avranno avuto ad occhio e croce più di 26 anni ciascuna, ma nonostante tutti i fattori in comune non sembravano affatto essere imparentate tra di loro.

La prima aveva il naso parecchio più stretto e con una piccola gobbetta sulla sua sommità, mentre nel viso della seconda spiccavano le guance rosse e le forme più rotondeggianti.

- Ciao! - squillarono in sincrono le due, con un paio di ampi sorrisi stampati in volto.

- Io sono Chelsea - iniziò la prima, tendendo una mano verso di loro.

- Ed io Anna - continuò l’altra, copiando l’amica nei movimenti.

- Piacere di conoscervi - conclusero insieme.

Anche se la loro sincronia era leggermente inquietante, Lyla preferì non far trasparire il proprio turbamento, a differenza della piccola Marie che non se ne preoccupò affatto.

- Non potete immaginare quanto fossimo al settimo cielo all’idea di conoscervi finalmente - confidò loro Chelsea.

- Lo eravamo tutti quanti - aggiunse l’amica, annuendo un paio di volte con la testa - Il signor Fox ci ha parlato tantissimo di voi -

A quelle parole, Lyla rimase maggiormente sorpresa.

- Davvero? - si ritrovò a chiedere, senza pensarci.

Le due castane annuirono, ancora una volta insieme.

Sempre più inquietante, quella loro sincronia perfetta.

Anna sembrava essere poi sul punto di aggiungere qualcos’altro, quando venne interrotta da un’altra voce.

- Ragazze, non iniziate come vostro solito - si frappose tra di loro Vieri, con una mano nella tasca posteriore dei pantaloni blu.

- Vedete di non stressarle, e lasciatele respirare poverine -

Anna divenne improvvisamente paonazza in volto, abbassò fulminea lo sguardo verso le punte delle proprie scarpe e borbottò un mormorio inudibile di scuse. Dall’altra parte, Chelsea assottigliò gli occhi in due sottilissime fessure infastidita.

- Non stavamo facendo nulla di simile - commentò la ragazza, aggiungendo un verso stizzito alla fine.

- Ci stavamo solo presentando, in completa tranquillità, prima del tuo arrivo -

L’ultima parte era una chiara frecciatina rivolta a Vieri.

Sembrava gridare “Andava tutto bene, prima che arrivassi te a rompere” e l’uomo, che non era affatto uno sciocco, l’aveva capito benissimo.

Infatti, stampandosi un ampio sorriso di circostanza in volto, chiese - La mia presenza vi infastidisce, forse? -

Anna, che era rimasta in silenzio e con lo sguardo ancora puntato verso il terreno, rialzò rapida gli occhi verso l’albino.

- No - rispose di getto, arrossendo ancora di più.

- Sì - fu invece la risposta dell’amica, che si ritrovò ad incrociare le braccia sotto al seno ancora più infastidita.

Chelsea ce l’aveva con Vieri, e neanche poco.

Lyla si domandava che cosa potesse essere successo tra loro due, e… con Anna. Non se la sentiva ancora di azzardare qualche ipotesi, e forse era persino meglio non farlo. Dopo tutto non erano minimamente affari suoi, anche se aveva la curiosità di saperne di più.

Vieri inarcò un sopracciglio.

- Sbaglio o oggi sei particolarmente acidella, Chelsea? Per caso una vipera ti ha morso la coda? -

La castana assottigliò maggiormente lo sguardo, per quanto le fosse ancora possibile.

- Chissà come mai -

L’aria tra i due si stava facendo sempre più pesante ed irrespirabile, tanto da portare Lyla a cercare con gli occhi disperata Alberich. Sua sorella se la era svignata poco prima, cogliendo al balzo la prima occasione possibile per scomparire come un ninja e riapparire poco dopo al fianco della madre, che stava chiacchierando con Clover ed altri invitati a qualche metro da loro. Alberich era la sua ultima speranza per scappare da quel triangolo di disagio in cui si era ritrovata.

Lo trovò leggermente in disparte, vicino al lungo tavolo preparato per gli invitati, intento a digitare qualcosa sul telefonino. Un messaggio rivolto a Robert, molto probabilmente.

Quando i loro occhi si incrociarono, e il lupo vide quanto fosse in chiara difficoltà la ragazza che gli mimò un “Aiutami” con le labbra, non ci pensò un secondo ad andare in suo soccorso.

- Scusatemi tanto ragazzi, ma devo rubarvi la mia cognatina per un po’. Ve la riporto più tardi, magari -

Con entrambe le mani sulle sue spalle, ed un ampio sorriso tirato, Alberich accompagnò Lyla lontana dal gruppetto. Ciò sembrò buttare benzina sul fuoco, dando via libera alla castana per esplodere completamente contro Vieri, che incassava tutti i colpi come se ci fosse ormai abituato a tempo.

La corvina non avrebbe mai voluto essere nei suoi panni.

Quando non furono più a portata d’orecchio delle volpi, la corvina bisbigliò un - Grazie. Ti devo un favore - rivolto al tatuatore - Enorme -

Alb ridacchiò, appena.

- Che razza di cognato sarei stato se ti avessi lasciata lì, sola, nel momento del bisogno? -

- Uno terribile - scherzò lei, con una mezza risata. - Non so cosa sia successo tra quei tre, ma l’aria intorno a loro era davvero diventata pesante -

- Mi sembra pure che ci stai andando leggera coi termini - le fece notare - Quella volpe sembra sul punto di saltare alla gola del vostro Beta, senza farsi tanti problemi -

Aveva effettivamente ragione. Anche Lyla pensava che se ne avesse avuta l’occasione l’avrebbe potuto fare, vista tutta quella rabbia repressa che teneva dentro di sé.  

- Ma è per caso una sua ex incazzata, o qualcosa di simile? No perché la vedo particolarmente… - ci pensò su - Infuocata -

- Non ne ho la più pallida idea, se devo essere sincera, ma non credo che Chelsea sia una sua ex -

Lo sguardo le cadde sulla figura di Anna.

- Penso piuttosto che sia successo qualcosa che non possiamo immaginare -  

 

 

Seduta tra sua sorella ed Alberich, Lyla studiava con interesse i rimasugli di cibo che aveva nel piatto.

Il chiacchiericcio allegro dei commensali riempiva la sala, insieme al tintinnio di posate e bicchieri semipieni.

Per quanto lei potesse sentirsi fuori posto, respirava un bel clima nell’aria. Allegro e leggero. Tranquillo.

Vedere poi sua madre, così serena e sorridente come non vedeva da tempo, la rendeva felicissima. Shannon scherzava, rideva con Cedric e Clover, e sembrava essere completamente a proprio agio. Come se fosse finalmente rientrata nel proprio elemento naturale dopo un sacco di tempo; come se si sentisse… a casa.

Anche la sorellina della corvina sembrava esserlo, mentre parlocchiava sorridente con Grant e Philip.

Solo Lyla si sentiva l’unica nota stonata nel quadro. Come un tratto marcato di pittura fosforescente nel mezzo di un dipinto fiammingo.   

- Che ti ha fatto di male quella povera bistecca? Guarda che è già morta da tempo - le fece notare Alb, lanciando uno sguardo preoccupato al suo piatto.

La corvina appoggiò la forchetta al lato del piatto, imbarazzata. Era talmente presa dai propri pensieri, da non essersi accorta di aver reso la propria fetta di carne uno spezzatino.

- Va tutto bene? - le domandò il tatuatore.

Lei annuì.

- Ero solo sovrappensiero -

Leggermente riduttivo, ma dava l’idea.

- Allora, Lyla… - attirò la sua attenzione Chelsea, ad un paio di posti a sedere da lei - Prima non abbiamo avuto molto modo di parlare come si deve. Cosa ne pensi della cittadina? Hai già avuto modo di fare un giretto? -

La corvina scosse la testa, lievemente.

- Purtroppo non ho avuto modo di vedere molto, se non quelle poche cose intraviste dal finestrino della macchina mentre venivamo qua. Però, a primo impatto mi ha dato una bella impressione -

- Se vuoi, io ed Anna possiamo farti da guide turistiche. Conosciamo Reenards come le nostre tasche, e possiamo farti conoscere anche gli altri membri del branco - le propose, con un ampio sorriso.

- Grazie, siete molto gentili. Non vorrei disturbarvi -

Ed era sincera. Non voleva davvero disturbare nessuno.

- Tranquilla, non devi farti problemi. Per noi è un piacere - continuò, sempre sorridente, la castana.

Seduto davanti a lei, Vieri aggrottò le sopracciglia evidentemente poco convinto, e questo non sfuggì agli occhi attenti di Chelsea che gli lanciò l’ennesima occhiataccia della giornata.

- Allora non dovrebbero esserci problemi - concluse la corvina, riattirando su di sé l’attenzione della ragazza.

- Che bello! - replicò allegra l’altra - Ti devo avvisare: Reenards non è di certo come Washington, ma sa come farsi amare. Fidati. Ti piacerà da matti -

Lo sperava.

Così come sperava anche di sentirsi parte di tutto quello.

Odiava quella costante sensazione da pesce fuor d’acqua, mista al disagio della situazione generale.

Per quanto tempo avrebbero finto di niente?

Per quanto lei lo avrebbe potuto fare?

Doveva pur sempre tenere in mente il fatto che non fossero lì per vacanza, che ci fosse un motivo più serio alle spalle.

Quando riportò l’attenzione su Chelsea, Lyla la trovò intenta ad elencare una sfilza di attività che, secondo lei, avrebbe sicuramente amato alla follia.

Oltre metà elenco dovette intervenire, ancora una volta, Vieri per cercare di placare la bruna, avendo però solo l’effetto opposto, beccandosi persino la sua ira per averla interrotta così sgarbatamente.

Lyla si domandò se si comportassero così tutte le volte, perché ormai i litigi tra quei due le sembravano quasi una costante.

- Ragazzi, calmatevi - li richiamò severa Nicole, dall’altro capo della tavola - Vi sembra il modo di comportarvi? Nemmeno i ragazzi si mettono a bisticciare come voi due. Guardate i figli di Oliver e Chitra. Persino loro si stanno comportando meglio di voi -

- Ed è tutto dire - aggiunse Philip sghignazzando, dando una gomitata giocosa a Grant.

- Lo puoi dire forte, bro’ - rispose l’altro, restituendo la gomitata di poco prima al fratello.

- Ci scusi, Nicole -

Il primo tra i due litiganti a scusarsi fu Vieri, che sembrava anche essere il più dispiaciuto.

- Non si ripeterà più. Ha la mia parola -

- Bene - annuì la donna, alzandosi in piedi - Ora, chi gradisce ancora una fetta di arrosto farcito? -

 

 

- Sto scoppiando - piagnucolò Lyla, toccandosi la pancia fasciata dal giubbino.

- Non dirlo a me - aggiunse Alberich, al suo fianco - Penso di non aver mai mangiato così tanto in tutta la mia vita. Era tutto buonissimo, ma porca miseria, tua nonna è fuori -  

Nicole si era premurata in prima persona affinché nessun piatto fosse vuoto fino alla fine. Qualcuno aveva provato a protestare, giusto un poco, debolmente, ma erano stati tutti tentativi inutili.

E lei che aveva sempre creduto che tutte quelle storie sulle nonne, che non sanno accettare un no come risposta, fosse fandonie. Si era sbagliata alla grande.

- Già - concordò, stringendosi le braccia sotto al seno.

Fuori dall’albergo faceva un bel freschino, e nonostante la ragazza non fosse munita di un giaccone abbastanza pesante per stare all’aperto per un periodo prolungato, trovava quell’arietta parecchio piacevole.

- Sei riuscita a parlare con Ciel, poi? -

- Sì. L’ho sentito poco prima di scendere per la cena - confermò - Te, invece? -

Il tatuatore si lasciò scappare una risatina.

- Sì, l’ho sentito. Ho l’ordine di mandargli aggiornamenti continui, altrimenti esce fuori di testa - la informò.

- Cosa? -

- Non pensar male. Non vuole essere oppressivo o pesante in qualche modo, è solo… - fece una piccola pausa - Preoccupato da morire -

- Non ho pensato male, infatti. È solo che non mi aspettavo che volesse avere aggiornamenti continui. Non mi ha detto niente -

Sapeva che fosse preoccupato, chiunque lo sarebbe stato in una situazione simile, ma ingenuamente non aveva pensato che volesse essere tenuto aggiornato da suo fratello con frequenza. A lei non aveva chiesto nulla, e l’aveva lasciata libera di gestirsi come meglio credeva. 

- A mio fratello non piace mettere ansia addosso a nessuno, è per questo che tartassa solo me: vuole lasciarti il più tranquilla possibile. Sicuramente quando verrà a sapere che te l’ho detto mi darà dell’idiota, ma penso che sia giusto che tu lo sappia. Mio fratello sa essere un vero testone, e dovrebbe imparare ad aprirsi un po’ di più. In particolar modo con te -

- Perché sono il suo imprinting? -

- No, perché sei la ragazza che ama -

Lyla iniziò a sentire il cuore battere più forte nella cassa toracica, e una morsa data dall’emozione stringerle la bocca dello stomaco, togliendole il respiro.

- Forse… -

La corvina si schiarì la voce diventata all’improvviso più roca.

- Forse dovrei chiamarlo. Che dici? -

Un angolo della bocca del lupo si alzò appena.

- Penso sia un’ottima idea - rispose, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni e facendo per andarsene.

- Alberich? - lo fermò la ragazza, poco dopo aver preso il telefonino dalla borsa.

Il tatuatore riportò lo sguardo chiaro sulla sua figura.

- Non dirò niente a Ciel di quello che mi hai confidato -

Alle sue parole, il ragazzo sorrise.

- Grazie, Lyla - la ringraziò, lasciandola finalmente sola.

Erano solo lei, il suo telefonino e l’aria al sapore di neve di Reenards.

 

 

 

NOTE:

(1): Io personalmente ho ancora un fortissimo dubbio a riguardo, perché non ho la certezza al 110% sulla correttezza(?) di quello che ho scritto. Mi spiego: Oliver sarebbe il cugino di Cedric, e nonostante abbia cercato un po’ un giro online per essere sicura che sia “il cugino di secondo grado di Lyla e Marie” ho ancora il dubbio. Qualora avessi sbagliato vi chiedo di avvertirmi, di scrivermelo, così da poter correggere tutto. Grazie di cuore.

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Si narra che in tempo molto lontano, ci fosse una volpe che credeva stoltamente di poter aggiornare le proprie storie senza problemi. Non aveva tenuto a mente però, che nell’ombra si celava il suo più terribile nemico. L’unico in grado di contrastare il suo enorme potere… LA VITA.

 

*inserire musica drammatica da marmotta che si gira sconvolta*

 

Stupidate alla me a parte, torno con un vero nuovo capitolo dopo un’eternità.

Voglio essere sincera con voi, la mia vita nell’ultimo hanno ha subito un enorme scivolone che non mi dico. Una lunga e tortuosa discesa in un mare di (censuriamo per i piccini). E sinceramente quando succede una cosa del genere, la voglia di sorridere al mondo è davvero ben poca.

Non vi starò ad annoiare sui casini della mia vita, perché annoiano persino me figuratevi voi, perciò parliamo del capitolo. Della storia ingenerale.

Sapete che, pian piano come una formichina, sto riscrivendo la storia e come sempre vi invito a leggere i vecchi capitoli revisionati perché qualcosina cambierà. Pochino, ma cambierà.

Il capitolo di oggi è un po’ meh, lo so, ma ho deciso di lasciare Lyluccia tranquilla… per ora.  

Se volete fatemi sapere cosa ne pensate via un commentino.

I vostri pareri sono sempre molto importanti per me >-<

Vi porgo i miei omaggi,

H.H.

 

 

 

 

 

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