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Autore: piccina    16/07/2018    4 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Ehi pa’ sono arrivato, che succede?” Era entrato nello studio senza bussare, buttando la testa dentro per vedere se fosse lì. Brian aveva sollevato il viso dal monitor e si era alzato andandogli incontro. “Ciao Gus, abbiamo ospiti, anche se detta così non è troppo esatta.”
Alla faccia stupita del figlio si era limitato ad aggiungere: “Siediti, chiamo Justin. Ti dobbiamo parlare” e senza dargli tempo di replicare era uscito, lasciandogli un buffetto sulla nuca.
Gus si era seduto sulla poltrona, senza appoggiarsi allo schienale, in punta sul cuscino, in stato d’allerta. Il buffetto era stato affettuoso, ma la convocazione strana e di solito ti dobbiamo parlare, non preludeva nulla di buono, d’altra parte però cazzate grosse non gli sembrava di averne fatte. 
Justin era entrato tormentandosi una ciocca di capelli che arrotolava con forza su un dito, suo padre era dietro e lo spingeva delicatamente con una mano sulla schiena. Ma che cavolo avevano sti due stasera? Brian aveva iniziato a parlare prima ancora di sedersi, Justin invece sembrava essersi lasciato cadere, sembrava stanco.
“Di là in giardino, con Naty, c’è Susan, stanotte dorme qui”
“Susy? La nostra Susy? Ce la fanno salutare? E io che avevo capito che non potessimo neppure incontrarla”
A quelle parole Justin si era mosso nervosamente, come se il cuscino del divano si fosse improvvisamente surriscaldato sotto il suo culo, si era alzato e poi riseduto, rincuorato dallo sguardo del marito.
“Non solo ce la fanno salutare Gus, rimarrà con noi. Ci abbiamo pensato parecchio, siamo anche andati un po’ in crisi – è sempre meglio dire la verità pensava Brian, soprattutto quando si decide si ometterne una parte – ma Justin ed io abbiamo deciso di adottarla. Non ti abbiamo detto nulla, perché non eravamo sicuri che fosse la scelta giusta per Susan, ma Daphne, nel testamento, ci aveva indicato come scelta per la sua bambina e dopo un percorso non facile siamo arrivati alla conclusione che avesse ragione. Tu sei mio figlio, tu e Justin vi amate, però l’abbiamo sempre desiderato un bambino nostro, di tutti e due, eppure pareva che la vita avesse deciso diversamente. Dalla tragedia di Daphne è rimasta Susan ci abbiamo messo un pochino, prima di avere il coraggio di capire che è lei la figlia che il destino aveva in serbo per noi. Io credo che tu possa comprenderlo e accettarlo e ti chiedo scusa se questa decisione ti piomba addosso all’improvviso e ineluttabile, è il dannato modo del cazzo che ha il tuo vecchio di fare le cose. Ce la fai Gus, a graziarmi anche a questo giro?”
“Gus, tesoro, quello che dice papà è vero e giusto: noi la vogliamo, ma ci siamo decisi un po’ tardi, a Susan avevano trovato un’altra famiglia, una coppia etero, giovane, perfetta. Non è sicuro che ce la lascino, non è sicuro niente, tranne che ho fatto un cas …”
Gus aveva aperto la bocca, stupefatto e un tantino sconcertato dall’atteggiamento così diverso fra suo padre e Justin, quest’ultimo sembrava sull’orlo delle lacrime, papà invece era serio, ma sereno.
Brian aveva interrotto il marito e bloccato il figlio prima che proferisse verbo.
“Burocrazia, soldi da regalare ad avvocati e la menata di doverla ancora riportare in casa famiglia domani sera, ma è solo questione di tempo, Jus è pessimista per scaramanzia” Aveva stretto la spalla del marito per confortarlo e spingerlo a non parlare oltre, era fermamente convinto che quel che era successo fra loro non riguardasse Gus, che non lo dovesse riguardare e che Justin non dovesse in alcun modo sentirsi in difficoltà con il ragazzo.
Justin era riuscito a rimangiarsi la parola casino, appena in tempo, doveva fidarsi di Brian, voleva fidarsi di Brian. Aveva guardato prima il compagno e poi Gus, annuendo.
Gus aveva chiuso la bocca, si era finalmente appoggiato allo schienale e aveva lasciato cadere di slancio le braccia lungo i fianchi, i polsi avevano toccato i braccioli e il piccolo tonfo aveva fatto eco a un “WOW” convinto. “Certo che con voi non ci si annoia mai! Stamattina sono uscito che eravamo in tre, torno alla sera e siamo in quattro. Stra-wow! Strani siete strani, ma mi pare una bella figata, bravi ragazzi. Ma dove l’avete messa la puffetta? E’ una vita che non la vedo …” con un colpo di reni era balzato in piedi e si era diretto alla porta “mi vado a ripresentare come fratello, che porti rispetto all’anzianità da subito” aveva scherzato, sulla soglia si era fermato, aveva squadrato i due uomini che non avevano ancora metabolizzato la reazione, aveva cercato sfacciato gli occhi del padre “ e pa’ -  sia chiaro -  io posso pure fare il baby sitter quando vuoi due deciderete di fare gli sposini, ma vedete di avvertire con anticipo, che ho una vita io!”
Aveva schivato per un pelo il libro che suo padre, ridendo, gli aveva scagliato contro ed era sparito alla vista. Justin ripeteva incredulo “Strano, ma figo. Voi Kinney non siete normali, andrebbe studiato il vostro DNA. Pazzi uguali”
Brian aveva appoggiato la fronte su quella del marito, due dita a sfiorargli la guancia e a scendere fino al collo “ma a quanto pare a volte te lo dimentichi …” poi si era alzato dal divano per andare a spiare l’incontro tra fratello e sorella.
Adesso che Justin non doveva più inventare stronzate, riuscivano ad andarla a prendere tutte le settimane: dal venerdì al lunedì stava a Britin. Il più insofferente nel riportala alla casa famiglia era Brian, che mordeva il freno e avrebbe pagato oro per sveltire quel che lui chiamava la fottuta burocrazia. L’intervento irrituale, ma non illecito, di Gregor Sander, il procuratore distrettuale aveva bloccato il processo di adozione verso la coppia del Nebrasca e al momento era Justin che continuava a godeva dell’affidamento temporaneo alcuni giorni alla settimana. L’avvocato Patterson stava lavorando per fare in modo che la bambina fosse affidata a entrambi senza obbligo di rientro in struttura, mentre l’iter di adozione, per quanto fosse fastidioso, richiedeva più tempo.  In poche settimane la casa si era trasformata, per quanto enorme era diventata improvvisamente molto più piccola, invasa da giochi, attrezzature, passeggini e ammennicoli vari. Ne avevano scoperto insidie inaspettate, che richiedevano modifiche anche di un certo rilievo e nella loro attesa, li impegnavano in una attività di controllo continua e anche un po’ ossessiva. “Eravamo così rompicoglioni anche con Gus o ci siamo rintronati con gli anni?” si era trovato a domandare Brian, mentre osservava Justin camminare a un metro di distanza dalla bambina che scorrazzava per il prato, raccogliendo foglie, che iniziavano a cadere e inseguendo “pio” come chiamava gli uccelli. “Quando Gus aveva la sua età non vivevamo in una casa con piscina e veramente troppe scale” aveva ribadito Justin.
“Fra una settimana la svuotiamo e per la primavera prossima sarà  pronta quell’orribile recinzione che ci hanno proposto”
“Farò tante foto dell’orrenda istallazione, così Susan, un giorno, capirà quanto l’hai amata da subito, accettando, anzi dandoti da fare per deturpare il tuo bel giardino pensato dal migliore architetto d’esterni dello Stato” gli aveva lanciato un occhiolino da lontano.
Brian aveva glissato sull’ironia “che almeno quel coglionazzo di Gus e i suoi amici, si ricordino di tenere chiuso il cancelletto”
 
  
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