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Autore: Diana_96writter    17/07/2018    0 recensioni
Quando neanche il tempo cancella la tenera carezza dell'amore, quando neanche gli occhi riescono a celare l'anima, quando la distanza non riesce a recidere un legame. Una storia che ama la vita e la libertà di viverla, una poesia che narra un'amore che non muore, una storia che non riesce a far del male a chi si ama e ammette il sacrificio, una poesia che non lo permetterà.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Evee era rinchiusa in una cella dispersiva, stretta nelle sue stesse braccia, tremava per il freddo pungente e ancora chiedeva a se stessa perché stesse esitando: «Evee». Sussultò alla voce di Dylan rifiutandosi di ascoltarne la dolcezza: «È vero, sono stata io a tentare di ucciderlo, ti ho mentito, ho mentito a Belle, questo era il mio compito, non avvicinarti». Dylan appoggiò la mano sulle sbarre preoccupato: «Perché?». Evee rimase nascosta rifiutandosi di guardarlo: «Per tanti motivi, lo odio come tante persone e lo vorrei morto come tante altre». Dylan rimase in silenzio a cercare una risposta: «Alza il viso e non rifiutare il mio sguardo se non c’è altro». Dylan si voltò di colpo sorpreso di trovare il maggiore appoggiato nascosto nell’ombra. Adren rimase a guardare Evee, quello sguardo pressante la stava interrogando da qualche tempo ma la ragazza rifiutava di mostrarsi di nuovo ai suoi occhi: «C’è qualcosa che non convince neanche me, alza lo sguardo e affronta il mio se l’unico motivo, per cui hai attentato alla mia vita, è l’odio nei miei confronti». Dylan sospirò cercando di capire perché rifiutasse di lasciarsi solo osservare: «Non ci riesci». Adren sospirò avanzando al suo fianco: «È naturale che non riesca, perché è cosciente che se mi affronterà capirò che c’è dell’altro». 

Evee si strinse nelle spalle tornando a Luke lontano da lì a lavorare per proteggerla, alla sua scelta ora possibile, una scelta coraggiosa che aveva già preso tempo a dietro, smise di tremare alzandosi in piedi per poi osservare i due ragazzi in attesa sulla porta della prigione: «Puoi mai dire che dietro alle motivazioni di qualcuno, non ce ne siano altre e altre ancora che egli stesso non conosce ne riconosce?». Adren arricciò le sopracciglia per scrutarla, fece un cenno alla guardia per aprire la porta: «No, non posso dirlo, ma tu sei fin troppo cosciente di quelle motivazioni che temi ad esporre ma temi anche a nascondere». Evee indietreggiò bloccandosi con le spalle al muro: «Perdi il tuo tempo, Altezza». Adren rimase ferreo e intimò Dylan a non avanzare: «Del tuo tempo sembra che non esista traccia, la stanza in cui hai vissuto conosce appena la tua presenza, il castello stesso è ignaro alla tua presenza, non sei un chi, né un cosa, allora dammi un perché». Evee sospirò sciogliendo le spalle: «Il mio nome è Evee, sono un chi e sono anche un cosa, chiedi il perché, ambisco a qualcosa a cui tutti gli esseri viventi ambiscono, la libertà, ed io non avrò le ali per volare via finché entrambi voi sarete in vita, è sufficiente?». Adren portò la mano all’impugnatura della spada: «Temo che il tuo tempo non sia ancora giunto, sarai scortata in una prigione lontana dal castello, non avrai le ali finché non capirò cos’altro nascondi». Evee si strinse nelle spalle osservandolo indietreggiare un passo alla volta: «Non ho intenzione di allontanarmi da questo castello». Scattò in avanti costringendo il Principe ad estrarre l’arma, i movimenti furono troppo veloci per essere previsti, un colpo secco nello stomaco allontanò il ragazzo ed Evee strinse l’impugnatura della spada sottratta dal fodero. Dylan sussultò portando la mano alla sua quando Adren gli impedì di intervenire, osservando la posizione della ragazza che sapeva gestire una spada nella danza elegante dell’attacco, resse il petto cancellando con la mano la riga di sangue. Riprese posizione affrontandola ma si sorprese quando si lasciò disarmare, con una rincorsa preparò la lama a tagliare il filo della vita, bloccandola davanti al collo. 
Tornò a guardarla perplesso, Evee sembrò rilassarsi e ingoiare la paura indietreggiando di un passo, di nuovo al muro: «Ti ho chiesto un perché! Ami la vita al punto da arrenderti alle lacrime ma quel che cerchi da me è la morte, perché?!». Gli occhi ossidiana erano carichi di decisione, ignoravano il tremore e il freddo della lama ma non avrebbero facilmente ceduto: «Perché a quello che lì fuori mi attende…». Strinse i denti avanzando di nuovo fino a toccare con il collo la punta della lama affilata: «Preferisco la morte». Adren riprese la calma ritirando la lama irritato, le diede le spalle chiudendo la cella, facendo segno di non perderla d’occhio, risalendo di sopra dove lo attendevano tutta una serie di dubbi: «Cosa sai di quella ragazza?». Dylan negò riprendendo fiato allo scontro e alla lama fermata con maestria: «Nulla, anche Belle non è riuscita a sapere di più su di lei». Adren incrociò le braccia perplesso: «Evee, quando ho parlato di un cosa ha inteso che mi riferivo ad un titolo, quale destino lì fuori la spaventa più della morte?». Dylan sospirò lasciandolo proseguire per la sua strada tornando ai suoi doveri. 

Evee era di nuovo rannicchiata, aveva perso l’occasione per finire quell’esistenza insana: «Non hai toccato cibo, sarai affamata». Sussultò alla voce corsa in aiuto del suo brontolio: «Non dovresti essere qui». Belle avanzò nella prigione allungandole il vassoio: «È vero?». Evee sospirò deviando lo sguardo allo splendido colore del cibo: «Si e tu sei in pericolo, potrei usarti come ostaggio». Belle si sporse in avanti prendendole le mani: «Sono certa che non lo faresti mai, perché tu sei una brava persona Evee e io ti considero un’amica, non faresti mai del male a nessuno». Evee allontanò le mani, allontanandola con dolore: «Non sai di cosa sono capaci le persone, ho solo recitato una parte, dovresti essere più obiettiva». Belle si alzò arrabbiata: «Non credo che tu sia una persona cattiva, perché ti ho lasciata sola con Dylan e non hai fatto nulla, potevi usare anche lui come ostaggio ma non l’hai fatto, sei venuta ad aiutarmi quando avevo bisogno e sei sempre stata gentile con tutti, una persona cattiva non ha un cuore così splendido, Evee io credo in te e anche se sei colpevole dell’attentato al Principe Adren, sono certa che sotto ci sia un motivo molto grande che ti ha spinto a farlo!». Evee deviò lo sguardo alla fermezza nei suoi occhi: «Vorrei poterti ricambiare, ma non ci sono altri motivi». Dylan aprì la cella invitando Belle a uscire: «Se non ci sono, affronta me per primo». Le porse un pugnale riuscendo a scuoterla: «Quel che hai fatto ieri è stato coraggioso, ma io voglio proteggere questo regno accanto al re che presto salirà al trono, e tu sei una chiave che può aprirci molte porte, mio fratello vuole parlarti di nuovo». Evee sospirò sorpresa da quel modo di fare: «Quale Principe che si rispetti convoca una prigioniera anziché ucciderla?». Dylan sorrise porgendole la mano per farle strada: «Il tipo di persona che ama il suo regno e i suoi abitanti, sii sincera, se potremo ti aiuteremo». 

Evee si arrese alla speranza degli occhi verdi seguendo Dylan verso lo studio del fratello, bussò alla porta lasciandola entrare, Adren sospese il suo lavoro tornando a scrutarla:  «Pretendi ancora che chieda?». Sospirò arrendendosi a quell’affilato sguardo in cerca di risposte: «Ad est, diverso tempo fa scoppiò una guerra tra le famiglie di due feudi, potreste chiamarmi una sopravvissuta di quella battaglia». Adren spalancò gli occhi interessato alla storia rimasta con un vuoto: «Cosa successe?». Evee negò spegnendo le sue speranze: «Non ero che una bambina, chiusi gli occhi con la guerra alle porte e li riaprii prigioniera di banditi, l’uomo a capo del gruppo mi fece impartire un addestramento speciale che un giorno mi avrebbe portato qui ad attentare alla vostra vita in cambio della libertà di non essere più a loro sotto messa, non ho potuto fare altro che arrendermi». Mostrò ad entrambi le cicatrici che si mimetizzavano con la piega dei polsi: «Quelle sono…». Evee accennò ad un si accarezzandole: «Ho passato i primi tre anni ammanettata alla ribellione, ma alla fine come avete visto nei miei occhi, volevo vivere ed ho accettato». Adren rimase a guardarla cercando di scorgere il cedimento totale del suo muro: «Sai dove si nascondano?». Evee sorrise appena intendendo ad un si: «Ma non posso rivelarvi dove, se lo facessi una persona a me cara sarebbe messa in pericolo, dovrete con le vostre forze scoprire dove si nascondano e chi siano, io cercherò solo di indirizzarvi sulla giusta strada ammesso che me lo permettiate». Adren sospirò irritato da quel muro che non avrebbe abbattuto, lo sguardo scivolò su Dylan pensieroso, ruotava la penna nella mano indeciso: «Va bene, ma a condizione che passi il tuo tempo a me più vicino». Evee sussultò sorpresa, smontando quel personaggio costruito per ingannarli senza successo: «Certo sei strano, dovresti tenermi lontana e non costringermi a starti vicino, potrei ancora tentare di ucciderti lo sai?». Improvvisamente tutta la formalità e la compostezza che l’avevano accompagnata svanirono: «Ma se è così che vuoi muoverti, farò come volete, con permesso». Lasciò la stanza indisturbata senza prestare ai due attenzione: «Pensate davvero sia una buona idea lasciarla restare al vostro fianco?». Adren sospirò alzandosi a guardare il regno dal balcone: «Nessuno sa ancora cosa successe in quello scontro, è una sopravvissuta ma non sappiamo di che tipo, se era della servitù o se era una nobile, assicurati di non starle troppo vicino e metti in guardia anche Belle, non voglio altri problemi».

A metà della mattinata successiva Adren sospirò lasciando uno dei tanti fogli, qualcuno chiese il permesso di entrare, non attendeva ospiti o rapporti, la guardia le aprì la porta lasciando che entrasse con il vassoio, la squisita fetta di torta sembrava preparata all’occasione e il fumo che usciva dalla teiera era frutto del calore di quel che conteneva: «Cosa stai facendo?». Appoggiò il vassoio sul tavolino davanti ai divanetti sistemando la fetta di torta e riempiendo la tazza di tè, porgendola poi al Principe: «Devo pur avere una scusa per passare qui le mie pause come volevi, sarebbe sospetto all’improvviso, così potrò dire che rinuncio alle mie dovute pause portando qualcosa con cui fare pausa, ragionevole no?». Adren osservò la tazza del tè sorpreso dall’iniziativa: «Preferisco il salato al dolce». Evee sorrise lanciandogli uno sguardo: «Chi ha detto che il dolce sia per te?». Adren accennò una risata riconoscendogli l’astuzia, riprese il suo lavoro degustando l’aroma e il sapore del tè, la piccola pausa era stata rinvigorente, ma la curiosità di sapere cosa stesse facendo spesso lo allontanava dai fogli, Evee girava per la stanza osservando l’esterno, le decorazioni delle pareti, delle porte, la libreria e tutti i titoli che conservava accarezzando un volume: «Non mettere in disordine». Evee sorrise sottraendosi all’idea di leggere quel classico di cui andava fiera: «Non ne avevo intenzione». Riprese ad osservare la stanza chiedendosi a cosa servisse l’altra porta, senza permesso sbirciò nella stanza osservandola con stupore, era una seconda camera da letto, più spoglia di quella che aveva visitato ma invitante come il profumo della camomilla: «Capisco, se il lavoro si accumula e finisci tardi di lavorare, non torni nella tua stanza e resti a dormire qui, interessante». Sussurrò più a se stessa che allo sguardo del ragazzo che malamente la stava fissando, richiuse la porta sedendosi sul divanetto a degustare la torta. 
Passato l’orario riprese tutto uscendo senza accennare una parola, Adren si alzò alla chiusura della porta leggendo il titolo su cui si era soffermata: «Una scelta insolita». Passò anche la pausa del pomeriggio allo stesso modo, restando a guardare il ragazzo lavorare come se la sua presenza non fosse rilevante. 

Il giorno successivo sospirò quando ancora scese il silenzio, e nel pomeriggio decise di darsi da fare per movimentare la sua permanenza, non c’erano visite o rapporti da aspettare, voltò la pagina stringendo la matita che avrebbe colorato di grigio il foglio. Dopo qualche ora qualcuno bussò alla porta attirando l’attenzione del Principe: «Hai tardato». Dylan osservò Evee addormentata sul divanetto perplesso: «Mi stavo chiedendo perché aveste richiesto di portarvi i rapporti di persona e non per mezzi di terzi come solito, è rimasta qui tutto il pomeriggio?». Adren accennò ad un si allungando la mano per prendere il rapporto dalle mani del fratello: «Era in pausa». Dylan accennò una risata al viso stanco: «Probabilmente è esausta, dalle borse sotto gli occhi direi che non dorme granché, considerando dove non mi stupisco». Adren alzò lo sguardo richiamato dall’ironia: «Dove?». Dylan deviò lo sguardo indicandola: «Belle mi ha detto di averla trovata addormentata nella serra avvolta in un sacco pulito che usano per il terreno, credo che non sia mai uscita dal castello». Adren sbiancò alla comprensione: «Ha dormito nella serra?». Dylan sospirò alzando le spalle: «Arrivati a questo punto sarebbe meglio assegnarle una stanza». Adren tornò a leggere il rapporto ignorandolo: «Fratello, non può continuare a dormire nella serra». La presenza improvvisa al suo fianco lo fece sobbalzare: «Mi basta un sacco a pelo, posso dormire ovunque non è un problema». Dylan indietreggiò osservandola ad occhi spalancati: «Sei apparsa dal nulla». Evee sorrise stringendo l’album al petto: «Esistono dei punti ciechi nello sguardo della gente e sfruttati bene impediscono al cervello di recepire le informazioni portandolo a reagire più lentamente, mi lascerete dormire al castello?». Il timbro premuto con forza deviò la conversazione tutt’altro che amichevole: «Vitto e alloggio non sono disponibili senza un ricambio, non sappiamo ancora chi tu sia, né se esista questa banda, non ha informazioni utili e ti rifiuti di approfondire su cosa sei, non meriti nulla di quel che qui abbonda». Evee sorrise malinconica senza smentirlo: «Hai ragione, potremmo iniziare così». Gli porse una serie di fogli staccati dall’album, senza aspettare commenti lasciò la stanza incuriosendo Dylan, aggirò la scrivania per osservare i disegni e rimase sorpreso dai dettagli, l’immagine disegnava del fratello intento a lavorare, il tratto era così gentile da far sembrare l’immagine più concentrata del modello reale: «È stupenda». Adren era rimasto affascinato alle tre immagini in successione, dove nella seconda prendeva un respiro e nella terza guardava verso l’esterno: «È vero, sono superbe». Dylan sorrise ammirato chinandosi per lasciare la stanza e il fratello al lavoro, l’occhio scese su gli altri fogli in successione, scostò i primi tre leggendo la riga: «C’era una volta un fornaio…mi prende in giro?». Sospirò lasciando le pagine incerto su cosa significasse quel disegno, era sempre rimasta concentrata sul foglio e si irrigidì al pensiero che potesse osservarlo così bene senza guardarlo. Tornò a guardare i fogli, curioso della storia, i disegni erano molto dettagliati e sembravano riprodurre qualcosa di reale, la sua abilità con la matita era imparagonabile. 
   
 
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