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Autore: _Agrifoglio_    18/07/2018    18 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una vita da vivere
 
Il sole delle nove rischiarava lo studio del Generale de Jarjayes, scherzando sugli intarsi dorati che decoravano la grande scrivania marrone di radica di noce e palissandro.
L’anziano nobiluomo vi era seduto davanti e guardava accigliato la figlia che si era accomodata al lato opposto.
Quella stessa mattina, poco più tardi dell’alba, il Generale si era recato alla reggia di Versailles, dove alcuni alti ufficiali e grandi dignitari gli avevano riferito che la Regina aveva proposto a Oscar di diventare Comandante Supremo delle Guardie Reali, mettendola, oltretutto, a conoscenza delle pressioni esercitate da importanti personaggi affinché fosse deferita alla Corte Marziale e che la figlia non aveva ancora sciolto la riserva relativa all’accettazione dell’incarico. L’austero militare era costernato per il pericolo che incombeva su Oscar e per l’ostinazione di lei nel rimanere in quel covo di avanzi di galera, pur avendo la possibilità di ricoprire un incarico molto più prestigioso e malgrado le insidie di cui il comando di uomini tanto indisciplinati e dalla reputazione così dubbia era foriero. Mai avrebbe voluto che a una delle figlie succedesse qualcosa di male e, come se non bastasse, gli sembrava di avere smarrito la chiave del cuore di Oscar. Era anziano, non sapeva quanto gli sarebbe rimasto da vivere e i rimorsi per le scelte sconsiderate da lui operate in passato non gli davano tregua. Se proprio Oscar non voleva sposare il giovane Girodel, recentemente divenuto, oltretutto, l’erede di un antico e prestigioso casato, che almeno non si ostinasse a camminare incoscientemente sulla bocca di un vulcano che avrebbe potuto divorare, con la sua furia devastatrice, lei e l’intera famiglia!
Dopo avere scrutato severamente Oscar per alcuni secondi, si decise a rompere il silenzio.
– Cos’è questa follia, Oscar? Non ho mai compreso la tua scelta di lasciare le Guardie Reali per approdare in quella cloaca malfamata, ma, adesso, rischi di essere condannata a morte o a molti anni di prigionia per dei crimini non tuoi. Rinsavisci finché sei in tempo!
– I soldati della Guardia non sono degli stinchi di santo, Padre. Alcuni di loro infrangono la legge per miseria o per avidità e, ciò nonostante, mi sembra eccessivo definire la caserma una cloaca malfamata. Ci sono anche dei soldati onesti e alcuni di loro militano per pagarsi gli studi universitari.
– Non siamo qui per lambiccarci con disquisizioni terminologiche rivolte a trovare la migliore definizione della caserma in cui sei attualmente incardinata né per fare la conta dei soldati onesti e di quelli disonesti che hai la ventura di comandare. Il problema, adesso, è un altro ed è molto più grave. Ti rendi conto che cammini sull’orlo di un precipizio e che rischi di trascinarti dietro, nella caduta, tua madre e le tue sorelle? Di me non mi importa, sono un militare di lungo corso e me la so cavare, ma loro sono diverse da noi, Oscar!
– Le Vostre preoccupazioni sono eccessive, Padre. Sono convinta che questo problema si risolverà rapidamente e non mi stupirei se tutte queste indiscrezioni si rivelassero, in larga parte, infondate – mentì Oscar.
– Definisci indiscrezioni, qualificandole addirittura infondate, delle confidenze di cui la nostra Regina ti ha graziosamente messa a parte? E come puoi sperare che tutto si risolva, se sottovaluti il problema e, soprattutto, se non ti dedichi a trovare una soluzione?
– Padre, la questione è sotto controllo – mentì nuovamente Oscar.
– Sotto controllo un accidente! – tuonò, spazientito, il severo nobiluomo – Cosa devo fare per farti capire che quella caserma è una polveriera e che tu ci sei seduta sopra?! Già quando mi arrivò quella lettera anonima, compresi che questo nuovo incarico avrebbe portato soltanto guai e cercai di farti ragionare, ma tu ti mostrasti imperterrita e non cedesti. Tu fai diventare la determinazione un difetto, Oscar!
– Padre, non angustiateVi per me. So badare a me stessa, ormai mi conoscete.
– Proprio perché ti conosco, temo i tuoi colpi di testa.
– Padre, Vi assicuro che userò la dovuta circospezione.
– Va bene, Oscar – disse il Generale, assumendo un atteggiamento più conciliante – Dopo tanti anni trascorsi nelle Guardie Reali, ti sei annoiata e hai avvertito l’esigenza di fare delle nuove esperienze, ma, adesso, ti sei svagata abbastanza. Hai rivestito un nuovo ruolo e sei entrata in contatto con un mondo che, come mi riferisti lo scorso aprile, ti pone quotidianamente dinnanzi a molte sfide. Dopo tre mesi di questa vita, ritengo che l’esperimento possa considerarsi concluso e che questo incarico ti abbia già mostrato tutte le sue potenzialità e tutte le sue occasioni di arricchimento.
– Vi prometto, Padre, che valuterò approfonditamente l’offerta della Regina e che rifletterò attentamente sui rischi da lei paventati e sulle relative implicazioni.
 
********
 
Nello stesso lasso di tempo in cui aveva luogo la conversazione fra Oscar e il Generale, André – che, ormai, era sbendato e aveva recuperato completamente la vista da entrambi gli occhi – si trovava seduto al tavolo di una taverna, in compagnia di Alain.
L’uomo si era recato a Parigi al duplice scopo di accomiatarsi da Carlo Altoviti, in procinto di ripartire per l’Italia e di acquistare un medicamento da applicare all’occhio sinistro, per una terapia post operatoria della durata di alcuni giorni. Poiché la farmacia si trovava vicino alla caserma, all’uscita da essa, si era imbattuto in Alain, di ritorno da un turno di guardia. Il soldato lo aveva invitato a bere qualcosa insieme a lui e André, malgrado avesse fretta di rientrare a Palazzo Jarjayes e temesse di essere nuovamente assillato con la faccenda di Diane, non essendo riuscito a trovare prontamente una giustificazione plausibile al proprio diniego, non si era potuto esimere dal seguirlo.
– Perché hai ordinato una limonata neanche fossi un marmocchio di cinque anni?
– Perché, con questo caldo, preferisco mantenermi leggero e perché sto seguendo un particolare regime alimentare post operatorio – mentì André, per nulla desideroso di fare conoscere le sue reali motivazioni alla bocca più loquace di Parigi.
– Scusa, André, già sappiamo per quale motivo il Generale ha dato al Comandante un nome maschile, ma perché, con tanti bei nomi francesi, gliene ha imposto proprio uno straniero? Cos’è questa seconda follia? Oscar è un nome tedesco o spagnolo?
André guardò pensieroso l’amico, perché ne conosceva la tattica: partiva dalle quisquilie, per, poi, passare all’attacco con ciò che veramente lo interessava. Era sicuro che, quella mattina, Alain sarebbe tornato alla carica con l’infatuazione di Diane per lui, ma non sapeva come trarsi d’impaccio.
– Oscar è un nome inglese – rispose André – e la scelta di esso non fu una stravaganza, se non per il genere maschile. Devi sapere che la madre del Generale era un’inglese di fede cattolica, Lady Alice Highbridge, figlia di Lord Oscar Highbridge, ottavo Conte di Canterbury. Prima della nascita di Oscar, il Generale e la moglie ebbero un figlio maschio cui fu dato il nome del padre del Generale, Philippe François. Il bambino morì dopo due giorni dalla nascita, con grande disperazione del padre. Così, quando nacque Oscar, il Generale decise di non imporle il nome del fratello premorto, ma quello dell’avo materno.
– Capisco. André, hai riflettuto sulla faccenda di mia sorella? Ti assicuro che ti ama con tutto il cuore, che è una gran brava ragazza e che, malgrado le apparenze, è anche molto assennata. Sarà la tua fortuna e la gioia della tua vita!
– Alain, non metto in dubbio le virtù di tua sorella, ma la conosco a stento e, di conseguenza, non la amo.
– Ma l’amore verrà col tempo! Uno di questi giorni, vieni a pranzare a casa nostra, così vedrai che deliziosi manicaretti è in grado di preparare!
– Ti ringrazio, Alain, ma, come ti ho detto prima, devo seguire un regime alimentare particolare e, in questo periodo, mi devo riguardare – mentì, di nuovo, André, non sapendo a quale altra argomentazione appigliarsi – Anzi, adesso, ti devo proprio salutare. Devo fare ritorno a Palazzo Jarjayes, visto che, dopo l’intervento chirurgico, pranzo a orari regolari.
Seduto a un tavolo appartato, poco distante da quello di André e di Alain, ma a loro non visibile, Henri Beauregard, il soldato della Guardia Metropolitana che frequentava la facoltà di Medicina e che si recava spesso in taverna per studiare, aveva seguito l’ultima parte del discorso con viva trepidazione.
 
********
 
Quella stessa mattina, subito dopo la conclusione del colloquio con il Generale suo padre, Oscar aveva deciso di posticipare la sua andata in caserma al pomeriggio, al fine di chiarirsi le idee e si era recata nel giardino di Palazzo Jarjayes, per allenarsi al tiro al bersaglio.
Ogni colpo di pistola le risuonava cupo nelle orecchie e l’odore acre della polvere da sparo le pungeva le narici mentre il sole mattutino si irradiava nel parco, accentuando il candore delle statue, esaltando la bellezza dei fiori e la rigogliosità delle siepi e creando rifrazioni e giochi di luce con gli zampilli guizzanti della fontana.
Mentre prendeva la mira e premeva il grilletto, ripensava alle rivelazioni della Regina e alle parole di suo padre, udite poco prima.
Lasciare il comando delle Guardie Metropolitane non le avrebbe procurato alcun piacere, perché, a differenza di suo padre, riteneva che quell’incarico non le avesse ancora posto innanzi tutte le potenzialità, le sfide e le opportunità di crescita umana e professionale in serbo per lei. Voleva rimanere in contatto con quel mondo tanto diverso dal suo e con quegli uomini rudi e riottosi che, con il loro atteggiamento indisponente, la costringevano a moltiplicare gli sforzi, a mettersi alla prova come soldato e a non disperdere le energie in divagazioni di natura sentimentale. Quanto aveva imparato su di sé e sulla propria capacità di prendere decisioni e di mantenere la lucidità in condizioni emotivamente difficili, in quella caserma?
Centro….
Quante volte aveva pensato a Fersen? Quasi mai. A Versailles, invece, lo avrebbe incontrato molto spesso e tutti gli sforzi fino a quel momento compiuti sarebbero stati vanificati.
Centro….
Le ripugnava, oltretutto, indietreggiare difronte alle manovre di un prepotente. Non era nella natura di lei farsi mettere in trappola, abbandonare il campo di battaglia e reagire in modo mansueto a un’odiosa prevaricazione. Fuggire via con la coda fra le gambe sarebbe stata una risposta da schiava, da infingarda e non da valoroso ufficiale. Avrebbe voluto afferrare il Duca d’Orléans per il risvolto della giacca e trascinarlo di peso davanti al Re, sventolandogli davanti la lettera da lui indirizzata all’Ambasciatore inglese e inchiodandolo alle proprie responsabilità.
Centro….
Se avesse avuto la tisi, come, giorno dopo giorno, sempre più, paventava, un processo a carico di lei, ammesso e non concesso che qualcuno avesse davvero voluto iniziarlo, molto probabilmente, non avrebbe fatto in tempo a concludersi e si sarebbe estinto per morte del reo, lasciando intatto l’onore della famiglia Jarjayes.
Centro….
Era concentrata in questi allenamenti e in tali pensieri, quando vide André, con due spade nelle mani, dirigersi verso di lei, a passo veloce e con volto cupo.
L’uomo, al suo ritorno da Parigi, era stato letteralmente travolto dal Generale de Jarjayes che gli aveva chiesto delucidazioni sull’ostinazione della figlia, mettendolo, così, a conoscenza del pericolo che pendeva sul capo di lei. Accantonati tutti i buoni propositi di affrontare scherzosamente con Oscar il problema del rientro nel corpo delle Guardie Reali e angustiato da una ridda di pensieri scomposti che gli si affollavano nel capo, le disse, in tono concitato:
– Vorrei misurarmi con te, Oscar. Non ci siamo mai battuti da quando ho recuperato pienamente la vista.
Nel dire ciò, le lanciò la spada, disponendosi in prima posizione e, subito dopo, in guardia.
Lei, riposta, di scatto, la pistola sul tavolino, afferrò l’arma al volo e si mise, a sua volta, in guardia.
Il primo ad attaccare fu André e Oscar parò il colpo con destrezza e rapidità, passando, subito dopo, al contrattacco, grazie a una mossa fulminea e precisissima. André bloccò l’affondo e lo rintuzzò, con espressione accigliata e sguardo tagliente. Oscar percepì l’agitazione di lui e la rivolse a proprio favore, facendolo sbilanciare con una finta e un successivo arretramento. Egli, dopo un attimo di sorpresa, si riebbe e tornò all’attacco e le spade ripresero a incrociarsi, disegnando in aria innumerevoli figure geometriche, in un crescendo di clangori e di luccichii.
– Sei piuttosto arrugginito, eh André! – scherzò lei.
– Meglio arrugginito che impazzito – rispose lui, con aria polemica e per nulla scherzosa mentre passava nuovamente all’attacco.
– Che intendi dire? – rispose lei, aggrottando le sopracciglia e perdendo, a sua volta, il buon umore.
Stava parando, colpo su colpo, i fendenti e i montanti di lui, attaccando quando riusciva ad aprirsi un varco e sfruttando, a proprio vantaggio, il nervosismo dell’avversario.
– Intendo dire che soltanto un folle potrebbe ignorare il monito della Regina e ostinarsi a combattere una battaglia mortale, mettendo a repentaglio la propria sicurezza e quella della sua famiglia!
Oscar ebbe un moto di stizzita sorpresa nell’apprendere che André sapeva e reagì con una serie di attacchi sempre più veloci e determinati che l’uomo parò, non senza fatica, ma con molto vigore.
– Cos’è questa ostinazione, Oscar? Non puoi accettare di essere messa alle strette? – le chiese, parando un colpo – O è Fersen? Non vuoi tornare a Versailles per non doverlo incontrare? – e, nel dire ciò, attaccò con un impeto pari al tumulto di sensazioni che gli agitava il cuore.
Oscar, anziché parare, disegnò un agile molinello con il quale disarmò André, facendogli volare via la spada che si conficcò nel terreno, a pochi metri da loro. Subito dopo, gli indirizzò un colpo preciso e velocissimo al cuore, arrestandosi a pochi millimetri da lui.
– Bada, André!
Lui alzò le braccia, in segno di resa, ma per niente disposto a tacere.
– Se proprio non vuoi avere cura di te stessa, pensa, almeno, alla tua famiglia e a coloro che ti sono vicini! L’avvertimento della Regina ti ha dato modo di difenderti per tempo, anticipando le mosse e scongiurando il disastro, ma tu sembri disinteressartene! Non ti pare che sia arrivato il momento di mettere un po’ di giudizio e di crescere?
Mentre diceva ciò, ansava per lo sforzo cagionatogli dal duello appena terminato e per la commozione che gli agitava il cuore, ma le parole, malgrado fossero spezzate a causa del respiro corto, mostravano una forte determinazione ed erano appassionatissime.
– La Regina si è preoccupata per te, al punto da svelarti particolari che, egoisticamente e per prudenza, avrebbe fatto bene a mantenere riservati – proseguì lui, con impeto crescente – ma tu non sei affatto interessata alla sicurezza di lei e della famiglia reale! Sei egocentrica e pensi soltanto a te stessa!
– Cos’è tutto questo interesse per una donna che hai sempre considerato frivola e immatura?! – rispose lei, con voce alterata e tagliente – Dillo, piuttosto, che speri nel mio rientro nelle Guardie Reali per tornare a essere il mio attendente!
– No, Oscar – rispose lui, con tono fattosi, improvvisamente, mesto – Il nuovo incarico offertomi da tuo padre mi soddisfa pienamente e desidero continuare a ricoprirlo.
Pronunciate queste ultime parole, André si accomiatò da Oscar, recuperò la spada e si incamminò verso Palazzo Jarjayes, maledicendosi mille volte per essersi fatto dominare dall’impulsività e per essere venuto meno ai suoi propositi di non ingerenza nella vita di lei.
 
********
 
Rimasta sola, Oscar tornò a riflettere sulla possibilità di cambiare nuovamente incarico.
Col passare dei minuti, l’ira lasciò il posto alla ragionevolezza ed ella dovette ammettere che André aveva ragione su molti punti.
A paragone di tutto ciò che stava capitando, Fersen era un problema del tutto secondario e non si sarebbe potuta fondare alcuna decisione sull’eventuale disagio dei loro futuri incontri. Si stupì, oltretutto, nel constatare che, nel periodo di permanenza fra le Guardie Metropolitane, il Conte svedese le era mancato assai poco, molto meno di quanto si sarebbe potuta aspettare. Più di una volta, si era trovata a chiedersi cosa avessero in comune loro due e se quell’amore non fosse, in realtà, un miraggio, un’infatuazione di comodo, creata ad arte per distoglierla dai veri problemi che l’affliggevano.
La consunzione, inoltre, aveva un decorso lento mentre i processi davanti alla Corte Marziale erano tutti molto rapidi. Sarebbe stato illusorio sperare che la morte giungesse prima della condanna del Tribunale Militare. Sarebbe, invece, morta con quella macchia sulla reputazione, dopo avere irreparabilmente infangato l’onore del Casato.
Riconobbe che André aveva avuto ragione anche quando l’aveva accusata di egoismo verso la famiglia e verso la Regina. Quest’ultima, in particolare, dopo essersi fatta promotrice di tutti gli avanzamenti di carriera di cui ella aveva beneficiato e dopo averla protetta in varie occasioni, le aveva fatto un’unica richiesta, riguardante, oltretutto, un argomento molto delicato e, cioè, la sicurezza di tutta la famiglia reale. Sarebbe stato un atto di profonda ingratitudine ignorare la richiesta di aiuto della propria benefattrice.
Le vennero, infine, in mente gli uomini della Guardia Metropolitana da lei comandati che, sebbene si fossero resi colpevoli di gravi reati, non avrebbero certo meritato di affrontare la Corte Marziale e il plotone d’esecuzione a causa di un regolamento di conti fra persone che, con loro, nulla avevano a che spartire.
Mentre era assorta in questi gravi pensieri, un attacco di tosse molto violento la colse, facendola piegare in due dallo sforzo e togliendole il fiato. Era ancora in preda a quell’accesso, quando apparve il Signor Lucilio Vianello che era in cerca di lei.
Appena si fu riscossa ed ebbe ripreso la piena padronanza di sé, Oscar salutò il giovane medico che ricambiò.
– Sono venuto ad accomiatarmi da Voi, Generale, giacché Monsieur Grandier si è, ormai, ristabilito e le mie visite in questa casa non sono più necessarie. Fra pochi giorni, inoltre, si concluderà il ciclo di lezioni che sto seguendo alla Sorbona e, di conseguenza, farò ritorno in patria.
– Spero che la Vostra permanenza in Francia sia stata piacevole, grassatori a parte – rispose Oscar.
– I grassatori, purtroppo, infestano anche il Veneto. Vorrei, inoltre, scusarmi per il mio atteggiamento spesso inconsueto e per averVi considerati alla stregua di….
– Perniciosi e inutili despoti? – lo interruppe Oscar.
– Materiale di studio – la corresse lui – Ero estremamente curioso all’idea di frequentare da vicino una delle più potenti famiglie del regno di Francia e di confrontarla con i nobili veneti di mia conoscenza.
– Abbiamo, quindi, superato l’esame? – chiese Oscar, fra il divertito e il caustico.
– Ampiamente. Sono rimasto stupito nel constatare che Voi de Jarjayes avete una vasta e profonda cultura e un radicato, benché arretrato, senso dell’onore e, sebbene non siate privi della consueta albagia aristocratica, trattate i Vostri sottoposti con un’inusitata considerazione, ben diversa da quella che ho riscontrato nei castellani di Fratta.
Era vero. Lucilio Vianello non si sarebbe mai aspettato di trovare, in una famiglia vicina alla Corona francese, tanto valore e spessore. Per quanto non potesse condividere i presupposti sui quali era fondata la posizione nel mondo dei de Jarjayes, provava per loro un profondo rispetto. Alcune stranezze da lui riscontrate, tuttavia, prima fra tutte la singolare condizione di quella donna, la cui vita era stata immolata sull’altare del casato, lo confermavano nelle idee illuministe da lui professate: l’ordine delle cose era, ormai, stantio e fuori tempo e andava velocemente sovvertito.
– Vi ringrazio della comprensione, Signor Vianello. Almeno per quello che mi riguarda, potete stare sicuro: una nemica delle Vostre magnifiche sorti e progressive sarà presto sotto terra.
– Perché, di grazia?
– Come, siete una valente promessa della Medicina e non Vi siete accorto che ho la tubercolosi?
– E da cosa me ne sarei dovuto accorgere, se non Vi ho mai visitata?
– Non mi avete udita tossire?
– Quella non era una tosse indotta dalla tubercolosi, Generale.
– Cosa? – chiese Oscar, al culmine della sorpresa.
– Potete esserne certa, Generale. Ho avuto modo di esaminare diversi tisici e Voi non siete una di loro. Se volete, posso visitarVi anche subito.
 
********
 
Terminata la visita medica, svoltasi negli appartamenti di Oscar e dopo che il Signor Lucilio aveva confermato l’assenza della tubercolosi, ella domandò:
– Escludendo la consunzione, quali potrebbero essere le cause della mia tosse persistente?
– Siamo nel campo dell’opinabile, Generale, perché nessun trattato medico affronta questo argomento e le mie conclusioni si fondano esclusivamente sull’osservazione empirica e sul contatto diretto con le persone. A mio giudizio, quel tipo di tosse non nasce da un’affezione alle vie respiratorie, ma ha un’origine nervosa. Avete mai fatto caso se i Vostri accessi di tosse si sono verificati in situazioni di particolare concitazione o stanchezza?
Al culmine dello sbalordimento, Oscar passò in rassegna tutti gli episodi di tosse che l’avevano afflitta e di cui aveva conservato memoria e dovette constatare che erano tutti seguiti ad alterchi con André, alla strana passeggiata fra i sobborghi parigini in compagnia della Regina e alle preoccupazioni causatele dai complotti del Duca d’Orléans e dai problemi capitati nella caserma parigina.
Cercava di razionalizzare ciò che quel giovane medico le aveva appena detto, ancora troppo timorosa di nutrire delle false speranze per potersi definire sollevata.
– Tali stati emotivi – proseguì Lucilio Vianello – si accompagnano spesso a un’alimentazione disordinata. Avete sempre avuto quest'aspetto filiforme, Generale?
– Sì, sono sempre stata molto magra per natura e, mi dispiace deluderVi, ma mangio tutti i giorni.
– Non lo metto in dubbio, ma, forse, si tratta di pasti frugali e veloci, consumati, oltretutto, senza un particolare entusiasmo.
– Pasti da militare – lo interruppe lei.
– Del tutto inadeguati a soddisfare le Vostre necessità, considerati gli sforzi a cui siete sottoposta e le responsabilità che gravano su di Voi – proseguì l’altro – Quest’alimentazione spartana ha, senz’altro, contribuito a scolpirVi un corpo perennemente adolescenziale, dal quale le linee femminili sono state quasi del tutto cancellate, a beneficio del consolidamento dell’idea che avete di Voi e dell’autoperpetuazione dei Vostri miti.
Si fermò per un momento, quasi a voler riflettere e, poi, continuò:
– Il Vostro carattere adamantino e il Vostro grande carisma hanno compensato le insicurezze di base, facendo sì che non Vi soffocassero e le hanno, anzi, tramutate in una molla che Vi spingesse lontano.
Oscar era allibita. Le parole di quel giovane medico straniero – per sei settimane, osservatore silenzioso, ma acuto delle loro esistenze – erano così scomode e così vere! Erano salvifiche e crudeli al tempo stesso, perché la inchiodavano al dolore ancestrale che la consumava e al nervo scoperto di un’intera esistenza.
– Non posso dirVi altro Generale, perché non esistono medicamenti, cure, impacchi o rimedi per il male di esistere. Diffidate di ciarlatani e approfittatori che vi propineranno pozioni e palliativi, al solo scopo di appesantire le loro tasche e di alleggerire le Vostre. Soltanto una cosa posso consigliarVi e lo faccio di tutto cuore: alimentatevi in modo adeguato, venite a patti con Voi stessa e accettateVi.
 
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– Bene, Dottore, sono pronta ad ascoltare la verità. So che la diagnosi che state per emettere potrebbe essere terribile – disse Oscar che ancora non si voleva abbandonare a eccessive speranze.
In serata, subito dopo essere uscita dalla caserma della Guardia Metropolitana ove si era recata dopo pranzo, era andata nello studio parigino del Dottor Lassonne, al fine di ricevere una conferma o una smentita delle parole udite da Lucilio Vianello.
– State tranquilla, Madamigella Oscar. Le condizioni generali potrebbero essere migliori, ma, a parte l’affaticamento e la debilitazione fisica, non riscontro in Voi alcun sintomo di tisi.
Oscar ascoltava le parole dell’Archiatra con incredulo sollievo, in uno stato mentale molto vicino all’inebetimento nel quale le parole le giungevano alle orecchie attutite e lontane. Una sola sensazione le riempiva l’anima: quella di essere stata liberata da un grosso macigno che la stava schiacciando.
– Non siete contenta di essere sana, Madamigella Oscar? – chiese l’Archiatra, perplesso dall’apparente impassibilità da lei dimostrata.
– Oh, sì, Dottore! Non voglio certo morire! Ho molte cose importanti da fare e non essere malata ridisegna tutte le mie prospettive. Sono estremamente lieta di avere una vita da vivere!
 
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Oscar uscì, quasi correndo, dallo studio del Dottor Lassonne e inforcò il cavallo, spronandolo verso casa.
Stava bene, era viva, non sarebbe morta! Nessun dolore avrebbe arrecato ai suoi genitori e ad André! Avrebbe potuto prodigarsi per migliorare le cose, avrebbe combattuto i suoi nemici, rintuzzandoli colpo su colpo! La leonessa era tornata a ruggire!
L’aria le scompigliava i capelli e i movimenti ritmici del cavallo al galoppo la facevano sussultare. Una luce indomita le brillava negli occhi, quasi fossero stati le prime stelle della sera, giunte in anticipo a impreziosire il cielo e una gioia incontenibile le faceva palpitare convulsamente il cuore.
Il cavallo, comprendendo, con l’empatia tipica degli animali, la felicità della padrona, galoppava leggero, raddoppiando gli sforzi.
Giunta, sull’imbrunire, a Palazzo Jarjayes, corse nell’atrio ed entrò, subito dopo, in una sala dove conversavano il padre e André. Oscar li guardò e, senza neanche salutarli, disse:
– Accetterò l’incarico di Comandante Supremo delle Guardie Reali. 
   
 
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