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Autore: apollo41    19/07/2018    1 recensioni
Volente o nolente, Maureen, una detective in carriera della polizia di San Diego, si ritroverà incastrata con la partner che meno avrebbe voluto avere al proprio fianco: Tala, collega appena rientrata dopo il congedo di maternità, nonché sua ex fiamma mai dimenticata né perdonata.
Mantenere le cose professionali mentre cercano di risolvere il misterioso omicidio del signor Rowe risulterà incredibilmente più difficile di quanto Maureen avrebbe mai potuto immaginare.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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The Thing About Exes

CAPITOLO 2

Addicted

And all the words that you said
They leave me right back where I started again
You know I crave you
Even though I shouldn't do

You know I like you but
You know I like you but
you just don't know the half of it

Nicotine
You make it obvious you're into me
So why you'd leave me feeling in-between?
Now I'm addicted but I wanna be
I wanna be, I wanna be

They tell me it's time to go
And I know they're right but it's just all that I know
It's so familiar
No one else is similar

You know it hurts me oh,
You know it hurts me but
you just don't know the half of it

Nicotine – Escapades


La mattina successiva Maureen si svegliò con la consapevolezza che l’unica cosa positiva di quella giornata sarebbe stata con tutta probabilità la colazione con la fetta di torta al cioccolato extra che le aveva lasciato la signora Pierce la sera precedente.
Non era il risveglio all’orario indecente del mattino ad averla irritata, dopotutto aveva sempre adorato abbastanza il suo lavoro da riuscire a sopportare senza troppe lamentele anche i turni più gravosi, alzatacce nel mezzo della notte per le emergenze comprese; era più la consapevolezza che ci fosse Tala ad aspettarla al distretto di polizia per continuare la loro indagine che le aveva messo all’istante un senso di inquietudine addosso.
Nonostante tutto, aveva rispettato la sua stretta routine mattutina, aveva guidato la sua adorata Camaro lungo le deserte strade di San Diego con le prime luci del mattino che facevano capolino all’orizzonte, e si era infine accomodata alla sua scrivania con un profondo sospiro. Stava meditando di andarsi a prendere una tazza di caffè prima di controllare se erano arrivati i risultati definitivi dell’autopsia oltre che quelli dal laboratorio sul capello che aveva riconsegnato il giorno precedente, quando qualcuno si schiarì la voce facendole alzare lo sguardo.
In piedi di fronte alla sua scrivania c’era l’Agente Wilson, con in mano un plico di fogli che stavano a malapena all’interno di una cartellina, quasi li avessi consultati fino a pochi istanti prima e li avesse raccolti alla rinfusa prima di portarglieli.
«Detective, ieri pomeriggio stavo registrando i dati del sospettato del suo caso per l’arresto preventivo, quando ho scoperto delle informazioni interessanti e...»
Colta di sorpresa, Maureen lo interruppe, notando in quel momento anche le occhiale del poco più che ventenne che aveva di fronte. «Aspetta, ieri pomeriggio? Non avevi il turno di notte questa settimana? Wilson, sei ancora qui da ieri dopo la chiamata?»
L’agente annuì soltanto, prima di continuare imperterrito con il suo discorso, senza prestare attenzione all’espressione contrariata del suo superiore. «Dicevo, ho trovato delle informazioni sulla signora Rowe. A quanto pare il suo nome da nubile non era il suo nome di nascita. Lo ha cambiato qualche tempo prima di trasferirsi qui e...»
Ancora una volta Maureen lo interruppe. «Okay, okay, ho capito cosa intendi, c’è qualcosa di sospetto e ci ha nascosto un passato problematico, passami il file, poi ce ne occuperemo io e Tala. Ma sul serio, Alan, vai ben oltre il doppio turno, sei qui da oltre 24 ore, non puoi restare ancora in servizio. Vai dal Capitano all’istante e digli che ti ho ordinato io in persona di prenderti il resto della giornata libera. E ti prego, non metterti alla guida, fatti accompagnare da qualcuno che sta uscendo in pattuglia,» lo rimproverò alzandosi in piedi e afferrandogli di mano i fogli che aveva tenuto contro il petto quasi volesse proteggerli.
L’Agente, che fino a qualche istante prima era sembrato un po’ spaventato, ma più o meno di buon umore, si chiuse quasi a riccio intristendosi. «Volevo soltanto rimediare, Detective Thomas...»
Maureen sospirò poggiandogli le mani sulle spalle, cercando di costringerlo a tenere una postura più dritta. «L’intento era buono e hai fatto un ottimo lavoro trovando quelle informazioni. Però cosa sarebbe successo se ci fosse stata un’emergenza e avessimo avuto bisogno di tutto il personale? Se tu fossi stato stanco dopo aver lavorato dopo tutte quelle ore consecutive e avessi commesso un errore per questo durante la chiamata?» cercò di farlo ragionare.
Wilson si mordicchiò il labbro fissando il pavimento, ma dopo qualche istante annuì.
«Bene, spero ti sia valsa di lezione. Lo capisco, okay, Alan? Volevo anche io essere nelle grazie dei miei superiori quando avevo appena iniziato, ma sfinirsi con troppe ore di lavoro non è la soluzione. Ora vai da quel vecchiaccio e prenditi il resto della giornata per riposare. Non voglio rivedere il tuo culo flaccido seduto alla tua scrivania perlomeno per le prossime 24 ore, okay?» esclamò voltandolo di peso in direzione dell’ufficio del tenente e spingendolo per un paio di passi.
Rimase a fissarlo ancora per qualche secondo con le mani sui fianchi, rivalutando per la prima volta la morale di uno dei pivelli con cui Rex l’aveva costretta a lavorare per qualche tempo. Si stava quasi chiedendo se forse più di qualcuno dei ragazzetti che erano passati sotto le sue grinfie in quegli anni avessero fatto la fine di Wilson, a sfinirsi di lavoro a causa dei suoi standard forse esagerati, quando qualcuno interruppe la sua riflessione.
«Visto? Un talento naturale con i novelli che hanno bisogno di essere indirizzati sulla strada giusta,» disse la voce famigliare di Tala alle sue spalle, facendola girare di scatto.
La donna se ne stava appoggiata contro lo stipite della porta di una delle salette per gli interrogatori, al momento vuota, e la stava osservando con un sorriso sornione sulle labbra. Maureen sentì le guance iniziare a scaldarsi appena per l’imbarazzo, quindi la ignorò e tornò in gran carriera alla propria scrivania.
«Abbiamo del lavoro a quanto pare,» rispose soltanto, decidendo di non badare per il momento al commento della collega come quest’ultima sembrava aver deciso di fingere che la loro discussione del giorno precedente non fosse mai avvenuta. Avevano deciso di essere professionali dopotutto, no?
Si misero a sedere alla scrivania di Maureen l’una di fronte all’altra, il fascicolo aperto nel mezzo ed entrambe sporte di lato per riuscire a leggere allo stesso tempo ciò che l’Agente Wilson aveva trovato su quello che, a tutti gli effetti, rimaneva il loro unico sospettato, nonostante anche lei come Tala iniziasse ad avere dubbi sulla sua colpevolezza.
Il fascicolo conteneva una serie di documenti, ma tra tutti risaltavano in assoluto la richiesta per il cambiamento di nome che la signora Rowe aveva fatto nello stato del Texas qualche anno prima di sposarsi, e i continui cambi di residenza nei mesi successivi e precedenti, che passavano di stato in stato da un lato all’altro del paese, prima di fermarsi in modo definitivo nella soleggiata California; era anche rilevante, considerato tutto, che la giovane sembrava aver scelto in ogni trasferimento, città molto popolate, tuttavia mai aree centrali in cui vivere, quasi volesse mimetizzarsi di proposito nell’area residenziale dell’anonima classe media.
«Un comportamento alquanto sospetto, signorina Regina Harper...» commentò Maureen osservando la foto del documento d’identità originale della signora Rowe, prima di continuare a sfogliare il contenuto del file.
C’era poco altro di rilevante; per la maggior parte erano i registri riguardanti i lavori che la donna aveva avuto sia prima di cambiare nome, che in seguito, oltre che il certificato di matrimonio… Quello che però sorprese entrambe fu trovare, sul fondo della pila di documenti, un ordine restrittivo. Maureen avrebbe quasi voluto urlare di gioia per la prima prova fisica che dimostrava quanto la donna potesse a tutti gli effetti essere pericolosa, tuttavia notò immediatamente come l’ordine non fosse nei confronti di Regina Harper, bensì richiesto da quest’ultima nei confronti di una certa Eleanor Vikander.
«Beh, adesso mi è più chiaro perché Alan sia rimasto qui tutta la notte. Ha davvero beccato il jackpot, eh?» esclamò Maureen sospirando e abbandonandosi contro lo schienale della poltrona su cui era seduta.
Tala annuì mugugnando, una mano a sorreggerle il mento, il viso ancora oscurato da quell’espressione che ormai la collega aveva imparato a interpretare: la sua ex stava rimuginando su qualcosa forse con un po’ troppa intensità. «Dovremmo scoprire chi è questa Eleanor e il motivo per cui è stato richiesto l’ordine restrittivo nei suoi confronti,» disse dopo un po’.
«Era implicito che lo avremmo fatto, Tala. Non sono così fissata sulla mia teoria da non vedere che si stanno aprendo altre strade da seguire ora...» ribatté.
Con un altro sospiro, la collega portò gli occhi al cielo, prima di afferrare uno dei tanti fogli che registravano i cambiamenti di residenza della Harper e ne indicò la data. «Dico solo che la poverina ha cambiato residenza la prima volta dopo due settimane da quando ha ottenuto l’ordine restrittivo e ha continuato a spostarsi a intervalli piuttosto irregolari per un po’ prima di cambiare nome. Poi ha proseguito comunque con i trasferimenti ancora per del tempo e infine, quando si è sentita sicura, si è fermata in una città come San Diego, dal tasso di criminalità tutto sommato basso considerata la sua popolazione numerosa. Non sembra il tipo di persona che cerca problemi, sembra il tipo di persona che sta scappando dai guai,» reiterò.
Tala si mise a sedere più dritta sulla sedia. «Certo, ma anche un ex drogato, qualcuno che deve molti soldi al suo allibratore, o un membro di poco conto della malavita potrebbe decidere di voler voltare pagina e di voler mettere radici in un posto più tranquillo. Non è detto che sia per forza una santarellina...»
Rimasero per qualche secondo a fissarsi intensamente negli occhi, con quello sguardo di sfida che anni prima aveva accesso il fuoco della passione nella loro crescente attrazione; non sapeva di preciso perché, ma Maureen sembrava avere un debole per gli animi gentili e un po’ naïve, forse proprio per il suo essere così realista, magari sentiva anche lei il bisogno di un po’ di dolcezza e colore nella sua visione fin troppo disillusa del mondo.
Stava per iniziare a pensare che forse avrebbe fatto una cazzata e si sarebbe sporta sopra la scrivania per afferrare Tala dal bavero della polo che indossava per baciarla, quando Wilson uscì dall’ufficio del Capitano passandosi la mano nei capelli con un’espressione da cane bastonato. «Ehy, Alan!»
A sentire il proprio nome, l’Agente sussultò, ma si voltò verso di lei e si avvicinò a passo svelto. «Nel mezzo del tuo delirio da ricerca di ieri ti sei ricordato di leggere alla signora Rowe i suoi diritti prima di metterla nella cella per la detenzione preventiva come ti avevo chiesto?»
«Certo. Le ho anche ricordato più volte che ha diritto a un avvocato, ma ha solo risposto che è innocente e non ne ha bisogno, che preferiva restare qui per il momento. Oh, e le ho portato da mangiare e da bere un paio di volte, però deve ancora fare colazione stamattina,» aggiunse tormentandosi le mani e spostando lo sguardo tra Tala e Maureen, forse in cerca di approvazione per il suo operato, prima di notare il file aperto sulla scrivania e rimanere bloccato. Tala gli rivolse un sorriso orgoglioso che fece portare gli occhi al cielo alla collega.
«Ottimo, non eri così stordito dalla stanchezza, allora. Suppongo il Capitano ti abbia dato una bella strigliata e ordinato di tornartene a casa adesso, quindi ti conviene sbrigarti e raggiungere Romero e Moore prima che escano per il loro turno di pattuglia senza di te. Non vorrai tornare a casa con i mezzi pubblici!» lo spronò Maureen facendogli un cenno con la mano e scacciandolo quasi come una mosca.
Wilson si guardò alle spalle, notò i due poliziotti che ridacchiavano mentre uscivano dalla porta del distretto e corse a recuperare le sue cose dalla propria scrivania prima di uscire in gran carriera a sua volta, causando una risata tutt’altro che trattenuta in tutti gli agenti abbastanza svegli da notare l’accaduto.
«È un bravo ragazzo...» commentò Tala.
Maureen preferì non risponderle, nascondendo la sua espressione soddisfatta abbassando lo sguardo verso la scrivania mentre riordinava i documenti all’interno della cartellina, per poi aggiungerla al materiale del caso. «Vuoi provare a interrogarla tu con l’approccio gentile quindi? Portiamo la colazione alla signora Rowe?» chiese dopo qualche istante guadagnandosi un cenno di assenso da parte della collega.
«Mi sembra l’idea migliore per farla aprire. Vogliamo che si senta a suo agio, non farle pressioni, sopratutto se ha vissuto esperienze traumatiche...» aggiunse Tala portandosi dietro l’orecchio un ciuffo di capelli che era sfuggito dalla sua treccia ordinata.
«Beh, almeno in un primo momento. Se non sarà disposta ad aprirsi dovrò ricordarle per forza che al momento è l’unica sospettata ufficiale del caso per farla parlare. Solo perché al momento sembra stia collaborando non significa che non possa ancora essere in qualche modo coinvolta,» ribatté portando lo sguardo sulla scrivania e incrociando le braccia al petto, cercando di non restare incantata a fissare le mani di Tala.
Quest’ultima sbuffò, costringendo Maureen a rialzare lo sguardo. «Anche se è molto debole e non ha trovato conferme, la signora Rowe ha un alibi che potrebbe dimostrarsi...» iniziò a controbattere puntando un dito dalla carnagione scura sulla scrivania.
«Okay, okay, ho capito, stiamo per ricominciare a discutere sulla sua presunta colpevolezza o innocenza, ed è soltanto una perdita di tempo,» la interruppe Maureen non volendo trovarsi di nuovo nello stallo di qualche minuto prima. «Io mi occupo di chiedere a qualcuno di farla portare in una delle stanzette per gli interrogatori, tu vai a recuperarle la colazione?» domandò.
Rimasero a guardarsi per qualche istante, prima che Tala annuisse con un espressione arrendevole. Si alzarono quasi in contemporanea e si incamminarono nella stessa direzione nonostante avessero deciso di separarsi, creando quella strana situazione in cui saluti qualcuno, ma alla fine devi fare comunque la stessa strada per andartene. Si scambiarono un sorriso forzato senza aggiungere parola, troppo concentrate nel portare a termine ognuna il proprio compito.
Maureen puntò verso la scrivania di uno degli agenti che avevano appena iniziato il turno del mattino, finalmente separandosi da Tala che proseguì verso la sala relax in direzione opposta. Dopo aver richiesto all’ancora piuttosto assonnato agente di recuperare il sospettato dalla cella in cui era rimasto per tutta la notte -e avergli ordinato di controllare se ci fossero precedenti per una certa Eleanor Vikander appena fosse tornato alla sua scrivania-, si voltò e raggiunse la sua ex nella saletta.
«Quelli del turno del mattino hanno già finito tutto il caffè,» spiegò Tala giustificando il suo essere in attesa accanto alla macchinetta, che ne stava a tutti gli effetti preparando un’altra caraffa. C’era anche un vassoio con una delle ciambelle che qualcuno sembrava far comparire tutti i giorni a un orario imprecisato della notte nella sala ristoro; Maureen era sempre stata convinta che l’angelo tentatore della dieta di tutto il distretto fosse Rex in persona, eppure l’unica volta che il cretino si era fatto sparare a una spalla ed era mancato per qualche settimana, le ciambelle avevano continuato a comparire come sempre, quindi i suoi sospetti si erano subito spostati su Jorge, l’inserviente che tutti i giorni passava a pulire l’ufficio intorno alle quattro del mattino.
Per qualche secondo lei e Tala non si rivolsero parola, solo il rumore della macchinetta a interrompere il silenzio della sala relax deserta, poi, rompendo la promessa che si era fatta di non toccare l’argomento perché consapevole che non sarebbe riuscita a farlo in modo educato, Maureen chiese: «Allora, sei stata nelle Filippine a visitare i tuoi di recente? Sai, con tuo marito?»
La collega la fissò con un’espressione sospettosa e non le rispose, cosa che irritò ancora di più Maureen che strinse le braccia al petto e si schiarì la gola.
«Voglio dire, avevi in programma di andarci quando ancora, ecco, hai capito insomma, e prima del matrimonio mi pareva avessi detto che i tuoi con tutta probabilità non avrebbero potuto esserci alla cerimonia...» aggiunse quindi, guadagnandosi una seconda occhiataccia dalla più giovane, che recuperò la brocca di caffè appena fatto e riempì una tazza.
«Se non fossi stata così infantile tre anni fa, forse saresti stata presente il giorno del mio matrimonio e avresti conosciuto i miei genitori anche tu, quando erano presenti perché io e Mark abbiamo fatto i salti mortali per fargli ottenere il visto per esserci,» fu tutto ciò che rispose Tala prima di recuperare il vassoio con la colazione per la signora Rowe e uscire dalla stanza senza lasciarle neppure una chance di ribattere.
Non che Maureen avesse molto interesse nel farlo; al momento era piuttosto sicura che qualsiasi conversazione personale per loro fosse soltanto un campo minato, quindi si ripromise di continuare a mantenere la bocca chiusa e di limitarsi ad avere conversazioni professionali con la sua partner. Si passò una mano sul viso e prese un respiro profondo, prima di recuperare i documenti dalla sua scrivania e seguire la collega nella sala interrogatori dove era stata portata la signora Rowe.
Quando entrò nella stanza la donna era ancora vestita degli abiti del giorno precedente, giacca della polizia compresa, e stava osservando con sguardo perplesso la colazione che Tala aveva lasciato sul tavolo di fronte a lei.
«Non capisco,» aggiunse. «Credevo di essere in arresto, pensavo che fosse arrivato il mio avvocato d’ufficio o qualcosa di simile.»
Le due detective si guardarono negli occhi. «Ha detto che preferiva restare qui, signora Rowe...» le ricordò Tala sedendosi; Maureen invece preferì rimanere in piedi con la spalla appoggiata al muro e le braccia incrociate al petto, i file del caso stretti con fare quasi annoiato in una mano. Non pensava avrebbe dovuto usare quei documenti per farle pressioni, di solito Tala riusciva a far collaborare le persone che erano ben disposte a farlo, e in realtà non voleva neppure essere costretta a usarli se poteva evitare di traumatizzare una donna già sotto shock; se però la signora Rowe non avesse collaborato avrebbe comunque dovuto farlo per arrivare alla verità. Era il suo lavoro fare le scelte più dure e convivere con le conseguenze che ne derivavano, dopotutto.
«Beh, sì, ma pensavo comunque che entro stamattina me ne sarei tornata a casa o che ci sarebbe stata qualche udienza o qualcosa di simile. Ma l’ho detto anche al vostro collega, non ho motivo per chiedere di avere un avvocato, non ho fatto nulla, ho soltanto trovato mio marito…» blaterò la donna sembrando un po’ confusa, ma decisa perlomeno sulla propria innocenza.
Tala sospirò e le sorrise rassicurante, spingendo di nuovo il vassoio con il cibo verso di lei. «Purtroppo la situazione è un più complicata di come sembra a volte nelle serie tv. Le indagini a volte richiedono tempo e spesso prima di arrivare alla vera soluzione si passa per qualche piccolo intoppo. Come il trattenere la persona sbagliata a volte, per questo di solito anche gli innocenti chiedono aiuto,» spiegò quindi la detective con fare paziente.
Sentendosi forse rassicurata da quelle parole, la signora Rowe annuì e afferrò dal vassoio almeno la tazza di caffè, prima di bere un sorso, guadagnandosi così un sorriso più aperto da parte di Tala.
«Io davvero sono innocente,» disse dopo aver bevuto per qualche secondo, continuando a guardare quasi esclusivamente solo la detective che le stava seduta di fronte.
«Le credo,» la confortò subito Tala poggiandole una mano sulle sue. «Vogliamo solo che risponda a un paio di domande, glielo assicuro. È disposta ad aiutarci?»
«Qualsiasi cosa...» mormorò lei con gli occhi di nuovo lucidi. Maureen si accorse solo in quel momento che erano più arrossati del giorno precedente, così come lo era l’area intorno al suo naso. Doveva aver passato davvero la notte a piangere, quindi perlomeno sembrava aver amato il marito con sincerità.
«Cominciamo da qualcosa di semplice, allora. Ha notato qualche piccola mancanza o furto in casa?» chiese subito Tala, recuperando dalla tasca un piccolo taccuino su cui prendere appunti e una matita così piccola che spesso anche in passato Maureen si era chiesta come di preciso riuscisse ancora a scriverci. Sembrava davvero la stessa che aveva usato anni prima, l’ultima volta che avevano indagato insieme prima che Tala si prendesse quel congedo di maternità.
«Ecco… Non penso. Insomma, un paio di settimane fa credo di aver perso il secondo mazzo di chiavi di casa, ma Toby era sicuro che fosse solo caduto a uno di noi due dentro l’auto o che fosse finito sul fondo di qualche borsa. Non sarebbe la prima volta che succede...»
Tala si limitò ad annuire e ad annotare, senza dare troppo a vedere quanto in realtà l’informazione fosse rilevante. «Ha visto qualcuno di sospetto intorno alla casa o nel quartiere negli ultimi tempi?» proseguì nel chiedere.
La donna, che aveva alzato la tazza per prendere un altro sorso di caffè, la abbassò senza bere. «Io… Non sono sicura di...» si interruppe per sospirare in modo rumoroso, poi chiuse gli occhi e si passò le mani sul viso. «Ero sicura fosse solo frutto della mia paranoia, ma a questo punto credo che ci fosse qualcuno di sospetto, sì...»
Tala girò a malapena il viso per indirizzare un’occhiata significativa verso Maureen, che portò gli occhi al cielo e le fece a malapena un cenno di continuare con la cartellina, quasi ammettendo senza volerlo davvero che stava concordando con lei.
«In che senso la sua paranoia?»
«Diciamo che a causa di alcune esperienze passate ho dovuto fare uso negli ultimi anni di psicofarmaci. Tendevo a vedere fantasmi del passato che mi seguivano anche quando non erano reali,» spiegò la signora Rowe tormentandosi le mani e fissando con intensità il contenuto della tazza di caffè.
«Non c’è nulla di cui vergognarsi, signora,» la rassicurò ancora una volta Tala stringendole una mano con le sue. Lei annuì, ma continuò a tenere lo sguardo basso. «Quindi questa persona sospetta, credeva non fosse reale perché era questo fantasma dal passato? Era una persona che conosce quindi? Potrebbe identificarla?»
La signora Rowe annuì, prima di iniziare a piangere. «È tutta colpa mia...» ripeté di nuovo in un sussurro. «Avrei dovuto avvertire Toby che mi era parso di intravederla un paio di volte con la coda dell’occhio, ma credevo davvero fosse solo la mia immaginazione...»
«Ha smesso di prendere le pillole?» si intromise Maureen ricordando ciò che aveva raccontato la vicina di casa dei Rowe, costringendo la donna a voltarsi per guardarla.
Lei annuì. «Non potevo continuare a prenderle se volevamo avere un bambino,» spiegò. «È anche uno dei motivi per cui la mia insonnia era così peggiorata di recente; ne soffrivo già quando prendevo i farmaci, ma appena ho smesso… avevo gli incubi orribili, ero terrorizzata all’idea che mi trovasse, temevo ciò che avrebbe potuto fare, e ora...» La frase scemò in un sussurro quando la donna scoppiò a piangere.
Rimasero in silenzio qualche istante, la poveretta che singhiozzava in modo sommesso nel tovagliolo che Tala le aveva porto senza aggiungere parola. Dopo lunghi minuti, quando parve essersi calmata un po’, Maureen fece cenno alla collega di riprendere.
«Quindi, perché è così sicura che questa persona dal suo passato sia sospetta? Perché quegli incubi e quella paura che potesse fare qualcosa di orribile?» domandò in tono rispettoso.
La donna sospirò, lo sguardo abbassato sul tavolo. «Eleanor aveva una fissazione malata per me e in generale, da quel che ne so aveva la tendenza a ficcarsi nei guai anche prima che la conoscessi. Non che io lo sapessi al tempo in cui stavamo insieme, anzi, l’aver scoperto del suo consumo di droga e della sua propensione ai furti fu tra i motivi per cui la nostra relazione finì, oltre al suo essere così possessiva nei miei confronti...» fece una pausa, in cui osservò le due agenti, quasi aspettandosi di venire giudicata per l’aver avuto una relazione con una donna prima di sposarsi con uomo, ma non notando alcun tipo di reazione proseguì.
«Quando finì, per mesi lei continuò a seguirmi e a tormentarmi in ogni modo possibile, e la prima volta che provai a uscire con qualcun altro, beh, non so come ci riuscì, ma si presentò all’appuntamento anche lei. Fu abbastanza teatrale e violenta con le sue minacce sia verso di me che verso il tipo con cui ero uscita. L’unica cosa positiva derivata da quell’episodio fu che un tribunale mi concesse un ordine restrittivo, ma per Eleanor si trattava solo di un pezzo di carta senza significato e io continuai a trovarmela di fronte ovunque andassi...» spiegò passandosi le mani nei capelli. Sembrava quasi che raccontare quella storia gliela stesse facendo rivivere e la cosa le stava decisamente richiedendo molte energie, oltre che causando un enorme stress in un momento in cui ne aveva già subito abbastanza. Per la prima volta Maureen si sentì un po’ in colpa per tutto ciò che aveva pensato su di lei.
«Vuole un bicchiere d’acqua?» le chiese Tala, ma lei rispose con un cenno di diniego e proseguì, quasi volesse sbrigarsi a terminare di raccontare la storia, come se volesse liberarsene per togliersi un peso che si sentiva sulla coscienza.
«La goccia che fece traboccare il vaso fu quando riuscì a intrufolarsi in casa mia circa dieci giorno dopo quell’ordine restrittivo; quell’episodio fu ciò che mi convinse a cambiare città. La prima volta non fu un grosso successo, mi spostai di troppo poco, chiesi aiuto a un’amica, tutto troppo rintracciabile; ero convinta che sarebbe stato semplice all’epoca, forse più presa da un momento di ingenua euforia nel sentirmi finalmente libera dall’incubo quando era appena iniziato. Ma imparai dai miei errori, almeno per un po’, suppongo. Ci volle del tempo, però nel giro di qualche mese mi sentii abbastanza sicura di aver fatto perdere le mie tracce abbastanza da poter cambiar nome e poter cominciare una nuova vita altrove. Vedevo ancora il suo fantasma ogni tanto con la coda dell’occhio, ma per quello prendevo dei farmaci e andavo in terapia, sicura che fosse solo la mia immaginazione. Ero convinta sul serio che anche questa volta fosse solo la mia mente che mi giocava brutti scherzi, ma immagino di aver commesso di nuovo un errore da ingenua, di essermi fatta prendere troppo dalla mia vita tranquilla e felice per continuare a stare all’erta...»
Rimasero tutte e tre in silenzio per qualche istante, prima che Maureen intervenisse di nuovo. «Perciò pensa che questa Eleanor fosse potenzialmente abbastanza disturbata da voler uccidere suo marito?» domandò soltanto.
«Non posso averne la certezza, in tutta onestà… Era brusca, certo, e qualche volta violenta quando era sotto l’influenza della droga di turno… Però sono anche passati anni e le persone cambiano...»
«Va bene, signora, ci è comunque stata di aiuto,» la rincuorò Maureen, non volendola far sentire ancora di più in colpa per la sua mancanza di risposte. Non si aspettava certo che avesse continuato a seguire la vita della sua stalker nel corso degli anni, e poi era comunque sicura che avrebbero avuto la risposta a quella domanda appena sarebbero uscite, quando avrebbero avuto tra le mani il file con i precedenti di Eleanor Vikander di cui aveva già fatto richiesta.
Rimasero nella stanza per confermare ancora per qualche minuto le informazioni che già conoscevano dal file che aveva raccolto l’Agente Wilson, oltre che il percorso che la donna aveva seguito la notte dell’omicidio nella sua passeggiata, prima di uscire dalla sala interrogatori con una rassicurazione che qualcuno sarebbe venuto a occuparsi di lei e che presto sarebbe tutto finito.
Nel preciso istante in cui fecero un passo fuori dalla saletta, l’agente che aveva portato la donna nella stanza si alzò dalla sua scrivania e andò loro incontro con un altro plico di fogli in mano, consegnandoli a Maureen con un sorriso. «I risultati del controllo che aveva richiesto, Detective. Devo riportare la signora nella cella?»
Tala guardò Maureen con sguardo espressivo e un po’ contrariato, cosa che la fece sospirare scocciata. Come se avesse bisogno di qualcuno che la facesse sentire ancora di più in colpa in quel momento... «No, non c’è bisogno di restrizioni o di chiuderla in cella. Più che una sospettata al momento la stiamo trattenendo qui al distretto per la sua sicurezza. Se vuole fare una doccia ha il permesso di usare quelle dello spogliatoio della stazione, e se ha bisogno di un cambio di vestiti gliene procureremo uno noi, basta che ci avvisi. Qualcosa mi dice che dopo aver letto questa roba faremo un’altra visitina alla scena del crimine, comunque… Per il resto, può restare nella saletta relax, anzi, che qualcuno la tenga controllata. Ci occuperemo di trovarle una sistemazione più consona il prima possibile...»
L’agente annuì e gli lasciarono spazio per entrare nella sala interrogatori, mentre loro due tornavano alla scrivania di Maureen con i documenti. «Non voglio sentirti dire nulla, okay?» sbottò prima ancora d’essersi accomodata rivolgendosi a Tala.
La collega alzò le mani in segno di resa, ma aveva un’espressione comunque soddisfatta stampata in viso. «Non stavo per dire che avevo ragione, te lo sei solo immaginato.»
Maureen grugnì e portò gli occhi al cielo, prima di concentrarsi sui fogli che aveva di fronte. «Beh, se avessimo avuto questi ieri, forse non avrei avuto molte remore a essere d’accordo con te… Furto con scasso, un paio di accuse per spaccio e possesso di droga, lo stalking di cui siamo già a conoscenza. E in pratica ha appena finito di scontare quattro mesi in carcere per aggressione,» elencò fissando la foto segnaletica della donna; sarebbe di sicuro stata attraente con quei magnetici occhi verdi e quei capelli di un nero profondo, peccato avesse un’espressione stordita nella foto, forse perché quando era stata scattata era sotto l’effetto di qualche droga. Aveva anche un colorito incredibilmente pallido e la faccia così smunta che pareva avesse già passato del tempo in carcere prima ancora d’esserci entrata; si chiese come di preciso una tipa del genere avesse la forza per spostare un uomo della stazza del signor Rowe, ma da qualche parte nei rapporti del suo file c’era scritto che durante uno degli arresti aveva opposto resistenza con delle mosse di qualche arte marziale, quindi supponeva la forza fisica non le mancasse nonostante tutto quando era lucida.
Tala, dall’altro lato della scrivania, la stava fissando con le braccia incrociate al petto e un’espressione che stava esprimendo ciò che le passava per la mente anche senza l’uso delle parole.
«Lo so, è un sospettato migliore della moglie del signor Rowe, ma non abbiamo prove al momento che la collochino sulla scena del delitto, anche se ho il presentimento il capello possa essere suo,» ribatté quindi Maureen chiudendo la cartella e aggiungendo anche quei documenti al resto del materiale del caso.
«Dovremo richiedere ai vicini di casa se hanno delle telecamere di sicurezza e ottenerne i filmati, sia per scagionare la signora Rowe che per incastrare quella che sembra la vera colpevole a questo punto. E speriamo anche che quel capello nel ripostiglio sia davvero una corrispondenza,» aggiunse Tala.
«Già… Credo sia comunque una buona idea tornare sulla scena del crimine per cercare altre prove fisiche. Non può essersi lasciata alle spalle solo un capello, deve esserci ancora dell’altro da trovare,» concluse con testardaggine, recuperando il materiale di cui avrebbero avuto bisogno dal cassetto della scrivania, prima di alzarsi pronta a uscire, seguita a ruota dalla collega.

 
*****

Di nuovo in auto sulla strada per la scena del crimine con solo il bollettino del traffico a fare loro compagnia, Maureen si sentì colta da un senso di déjà-vu che la riportò all’istante agli eventi del giorno precedente. Non che fosse difficile dimenticarli o in un certo senso riprodurli; immaginava che quella situazione si sarebbe ripresentata a tutti gli effetti ogni giorno ora che lei e Tala erano di nuovo partner, dopotutto lei e la collega avrebbero avuto sempre gli stessi turni e avrebbero dovuto uscire in auto insieme ogni volta che lo avrebbe richiesto una qualsiasi situazione lavorativa. Prevedeva che di silenzi interrotti soltanto dal brusio della radio ce ne sarebbero stati molti se non avessero imparato a riempirli con qualche argomento che entrambe ritenevano sicuro.
Quello che l’aveva stupita sin dal primo istante in cui Tala si era seduta accanto a lei il giorno precedente, comunque, era quanto fosse stato difficile trattenersi dal toccare quegli argomenti che aveva definito come tabù ancor prima che la collega mettesse piede nel distretto di polizia. Quando ne aveva parlato con Rex in quei giorni di limbo, quando aveva accettato di ricominciare a lavorare con Tala, aveva avuto la certezza che sarebbe stato semplice, che avrebbe soltanto dovuto ricordarsi di quanto le avesse spezzato il cuore e sarebbe riuscita a trattarla come aveva fatto con qualsiasi altro novellino che le era passato sotto le grinfie in quegli ultimi anni, forse solo in modo un po’ brusco senza un motivo preciso. Invece, non era stato per nulla semplice. E ora, eccola lì, sicura di avere di nuovo sulla punta della lingua una domanda personale da rivolgerle, cosa che Maureen aveva la certezza avrebbe creato l’ennesimo vespaio tra di loro, che lei lo volesse o meno.
A salvarla fu per fortuna lo squillare improvviso del cellulare di Tala, che si scusò, spense la radio e rispose al telefono. «Pronto, Cassandra? È successo qualcosa? Hanno chiamato dalla scuola?» domandò subito con tono preoccupato.
Rimase in ascolto per qualche istante, seduta con la schiena tesa contro il sedile, prima di rilassarsi e sorridere. «Non ne sono sicura. Spero di no, ma per sicurezza se non ti chiamo prima delle due dovrai andare a prenderlo tu e dovrà restare da voi di nuovo, sì.»
Maureen le lanciò un’altra occhiata, curiosa di capire con chi stesse parlando. Era una babysitter? Un’amica?
«Sei un angelo, Cassy. Ma ha ragione tuo marito, torna a dormire, tanto è troppo presto per te, e sappiamo entrambe quanto ci tieni al tuo sonno di bellezza. Saluta Gaspar da parte mia,» scherzò ridacchiando, prima di salutare e chiudere la conversazione.
Nell’abitacolo calò all’improvviso un silenzio che a Maureen sembrò da subito scomodo, tanto che sentì che se anche la collega si fosse ricordata di riaccendere la radio non avrebbe comunque smesso di rimuginare sulle mille domande che al momento le stavano passando per la testa.
«Quindi quanti anni ha di preciso tuo figlio?» chiese quando non riuscì più a trattenersi, ma ritenendosi comunque fortunata che tra le tante che stava trattenendo in seguito a quella chiamata le fosse uscita di bocca la più innocente. Avrebbe comunque voluto che la domanda sembrasse sincera o interessata, com’era suonata in un primo momento nella sua testa; invece tenere tutti quegli argomenti tabù stretti tra le sue grinfie doveva averli caricati di sentimenti indesiderati, anche quando si trattava temi innocenti. Dopotutto perché avrebbe dovuto provare rancore o disgusto per un bimbo? Quello di Tala poi? Eppure il suo tono era davvero stato quasi scontroso...
La collega, come aveva fatto in precedenza, le rivolse uno sguardo un po’ contrariato. «Tre a gennaio, ma lo sapresti se ti fossi degnata di rivolgermi anche solo una parola prima che io mi prendessi il congedo di maternità,» ribatté, quasi acida nei suoi confronti Tala.
Maureen sbuffò. «Ero ferita, okay? Ammetto di non esser stata molto matura al tempo, ma...»
«Non molto matura… Beh, direi che stai semplificando un po’ troppo la situazione. Ti rifiutavi di parlarmi perfino sul posto di lavoro e avevi chiesto a Rex di non essere più la mia partner. Prima di scoprire della gravidanza avevo perfino chiesto al Tenente cosa avrei dovuto fare se avessi voluto iniziare il procedimento per il trasferimento in un altro distretto, tanto la situazione era diventata insostenibile. Era la prima volta in cui riuscivo davvero a capire i colleghi che si lamentavano della tua mancanza di professionalità, IO, che avevo sempre difeso la tua etica lavorativa!» esclamò con voce così concitata che Maureen si chiese se avesse preso respiro tra una parola e l’altra.
Era tentata di accostare l’auto per poter parlare con più calma mentre la guardava, ma non era sicura che fosse una buona idea fermarsi… In realtà forse era perfino grata di avere una scusa per non doverla osservare al momento. Boccheggiò per qualche istante, cercando qualcosa da dire in sua difesa, ma quando non le uscì nulla dalle labbra nei primi secondi, Tala colse la palla al balzo per continuare.
«Quando Rex qualche giorno fa mi ha detto che eri pronta a ricominciare, che se fossi tornata saresti stata professionale, speravo davvero che saresti stata diversa, che fossi pronta a lasciarti quello che era successo alle spalle per tornare a essere se non un’amica, perlomeno la collega di cui potevo fidarmi. E invece mi ritrovo di fronte questa persona piena di rancore ancora bloccata ad anni fa...»
Maureen sentì infine la rabbia che era montata dentro di lei fino a quel momento esplodere e trovò le parole per controbattere senza mai distogliere lo sguardo dalla strada, ancora grata di avere quella distrazione che la obbligava a non fissarla negli occhi mentre finalmente confessava ciò che per così tanto tempo aveva represso.
«Solo perché sono passati anni non significa che le cose si siano sistemate per magia. Ho ancora il diritto di essere arrabbiata e di sentirmi tradita, okay? Hai ferito i miei sentimenti! Lo so che ti sei scusata per non aver messo in chiaro le cose, ma ti è anche solo passato per l’anticamera del cervello che magari ho passato questi anni a pensare solo al lavoro perché ero in assoluta negazione di quello che era successo? Ti è mai venuto in mente che l’unico motivo per cui nessuno dei miei partner è mai resistito a lungo è perché non li volevo? Perché non erano te? Ti avrò anche allontanata appena mi avevi ferita, ma non ho mai smesso di pensare a quanto male mi ha fatto perderti, okay?»
Calò di nuovo il silenzio tra loro per qualche istante e Maureen fissò il traffico, ben consapevole del rossore che le era salito alle guance dovuto non alla rabbia, ma all’imbarazzo dell’ammissione che le era appena uscita di bocca. Non sapeva neppure da dove le fossero venute quelle parole, ma non le avrebbe ritirate perché, anche se non le aveva mai ammesse, suonavano giuste e sincere, seppure estremamente patetiche.
«Non puoi restare fissa su di me per tutta la vita, Ree,» ribatté solo in sussurro Tala.
«Lo so, e sono anche conscia che non sia maturo da parte mia aspettarmi che tu prima o poi torni da me. Il punto è che anche se c’è una piccola parte di me che ancora ci spera, che lo ha fatto per tutto questo tempo mentre mi sentivo tradita e ti portavo rancore, sono anche consapevole che non succederà mai. Devi solo… Avere pazienza, suppongo. Per te è passato molto tempo, e hai trovato una ragione per cui andare avanti, ma è come se per me il tempo si fosse fermato, sopratutto perché non abbiamo mai provato lo stesso tipo di affetto l’una verso l’altra. E non abbiamo neppure chiarito del tutto le acque in questi anni. Quindi, mi dispiace se per me andare avanti è stato più complicato, mi dispiace se sto ancora cercando di sistemare questo casino di cose che provo per te.»
Calò ancora una volta il silenzio e per la prima volta in lunghi minuti Maureen si azzardò a rivolgere lo sguardo verso Tala, la quale la stava osservando con un’espressione rassicurante, seppure forse un po’ malinconica.
«Suppongo dovremo continuare entrambe a sforzarci di essere professionali e concentrarci sul lavoro, allora? Riproveremo a essere amiche se e quando ti sentirai più a tuo agio?» le chiese con un sorriso timido.
Maureen si limitò ad annuire, distogliendo lo sguardo il più in fretta possibile; se c’era una cosa che poteva farle venire gli occhi lucidi all’istante, era vedere quell’espressione abbattuta sul viso di Tala. «Non garantisco che funzionerà sempre, però prometto che farò del mio meglio, okay? Abbi solo un po’ di pazienza...» concluse continuando a guidare.
Era un inizio. Non uno dei migliori, ma dopotutto poteva esserle andata molto peggio.

 
*****

Quando entrarono nella villetta dei Rowe tutto era all’apparenza come lo avevano lasciato; non sembrava che nessuno fosse entrato in casa dopo che ci erano state loro il giorno precedente, ma la consapevolezza che ci fosse un mazzo di chiavi ancora mancante e che Eleanor Vikander fosse una recidiva nell’introdursi senza permesso nelle abitazioni altrui non le rassicurava che la scena del crimine non fosse stata inquinata durante la nottata o che potesse esserlo in futuro. Per questo motivo, Maureen aveva già fatto richiesta che almeno un paio di agenti in borghese fossero appostati a guardia della dimora.
Al momento, comunque, sia lei che Tala erano più occupate a ricontrollare da cima a fondo ogni angolo della casa alla ricerca di qualche indizio del passaggio della Vikander; speravano che la stalker, presa dall’ossessione per la propria ex, avesse lasciato qualche messaggio del suo odio che non fosse il numero consistente di pugnalate sul cadavere del signor Rowe, o che magari avesse raccolto un souvenir con cui ricordare la donna per cui provava ancora un ardente e malato desiderio e avesse così lasciato delle impronte.
Controllarono quindi con particolare attenzione la camera da letto, lo studio da cui si era con tutta probabilità introdotta quando aveva rubato il mazzo di chiavi mancante con cui poi aveva aperto la porta principale la notte dell’omicidio, e lasciarono di nuovo per ultimo il salotto, la vera e propria scena del delitto.
Erano convinte di aver fatto l’ennesimo buco nell’acqua, quando Maureen si abbassò sul pavimento cercando ancora una volta qualche traccia di impronte nel sangue ormai decisamente coagulato che si confondeva quasi con il colore del legno, ancora perplessa dalla precisione con cui sembrava l’assassina fosse riuscita a non pestarlo in nessun punto, quando il suo sguardo venne colto da qualcosa che si intravedeva a malapena nascosto sotto la poltrona proprio lì accanto.
La indicò a Tala, la quale si chinò a sua volta puntando la torcia e aguzzando la vista, prima di girarsi verso di lei con un’espressione stupita, ma soddisfatta.
«Qualcosa di buono?» chiese quindi.
Tala annuì, estrasse il cellulare e scattò una foto, prima di alzarsi e farle segno di aiutarla a spostare la poltrona, facendo attenzione a non pestare nulla. Quando finalmente, con un po’ di sforzo da parte di entrambe, riuscirono a spostarla, Maureen vide, abbandonata a terra, una chiave solitaria con una grossa goccia di sangue ormai secco a macchiarla. A prima vista non potevano vedere se sulla chiave ci fossero o meno delle impronte, ma erano piuttosto sicure che non fosse intento della Vikander lasciarsela alle spalle. Speravano quindi, che, nascoste per il momento alla loro vista, ci fossero almeno delle impronte parziali dell’assassina che potessero piazzarla sul luogo e darle modo di entrare in casa senza bisogno di scassinare l’ingresso principale.
«Bingo...» mormorò, ricevendo un mugugno d’assenso da parte di Tala, che scattò un’altra foto con il cellulare, prima di chinarsi e prendersi cura con molta delicatezza della prova.
«Okay, a questo punto abbiamo un capello e una chiave insanguinata che forse avrà delle impronte a piazzarla sul luogo del delitto. Quelli della scientifica non hanno notato la portafinestra scassinata quando sono stati qui la prima volta, o ci sarebbe stata una menzione nel rapporto preliminare. Dovremmo chiedere loro di passare per vedere se ci sono delle impronte pure lì, giusto per avere una corrispondenza a quelle che potrebbero trovare sulla chiave,» aggiunse Tala elencando il tutto mentre prendeva appunti sul suo solito blocco tascabile.
«Dubito troveranno impronte su quella finestra,» ribatté Maureen scettica. Quando la collega le rivolse un’occhiataccia alzò le mani in segno di resa e proseguì. «Dico solo che la chiave e il capello sembrano errori non calcolati. Non abbiamo trovato né i vestiti insanguinati e neppure l’arma del delitto quando abbiamo cercato nella spazzatura della zona, quindi non era proprio sprovveduta sul come trattare una scena del crimine… Sarà un miracolo se avremo delle impronte anche solo su quella chiave.»
Tala sembrò rifletterci per un attimo, ma poi sospirando aggiunse: «E quando ieri pomeriggio ho letto il rapporto della scientifica non c’era menzione di impronte di persone schedate sulla porta principale. Okay, ammetto che potresti avere ragione, la chiave sotto la poltrona potrebbe essere un errore… Magari le è caduta da una tasca mentre si stava cambiando i vestiti sporchi di sangue? Forse è per questo che ha lasciato la porta socchiusa uscendo? Magari si è accorta in quel momento di averla persa, ma era troppo tardi e ha preferito non rischiare di rientrare a cercarla?»
«Probabile, rischiava anche di inquinare ulteriormente la scena con le impronte delle scarpe appena cambiate, se aveva effettivamente dei vestiti puliti con sé. Comunque, qualsiasi sia stata la dinamica, penso che stavolta non ci siano davvero altre prove fisiche che noi due possiamo tirare fuori da questo posto.» Maureen abbassò lo sguardo sull’orologio che portava al polso, prima di rivolgersi di nuovo alla collega.
Esitò solo per un istante, valutando se fosse o meno una buona idea ciò che stava per fare, poi prese un respiro profondo e decise che l’approccio che aveva avuto fino a quel momento non aveva funzionato e che forse era arrivato il momento di cambiare strategia. «Ti va di andarci a prendere un caffè mentre aspettiamo che sia un orario più consono per andare a suonare ai vicini dei Rowe per chiedere se possiamo avere i filmati delle loro telecamere di sicurezza?» propose.
Per qualche secondo Tala la studiò dubbiosa, e Maureen fu quasi sul punto di correre ai ripari ritirando l’offerta; poi, la collega le rivolse un sorriso timido, stavolta più sincero dell’ultimo che le aveva visto stampato in faccia poco prima in auto.
«Mi sembra un’ottima idea.»
Forse quella cosa dell’essere professionali di nuovo come all’inizio non sarebbe stata così difficile ora che avevano toccato davvero il fondo una volta per tutte…

 
*****

Quando rientrarono al distretto di polizia qualche ora più tardi, Maureen e Tala non ebbero un attimo di pace per il resto del loro turno e, come previsto, furono di nuovo costrette a rimanere fino a ben oltre il previsto.
Si occuparono di richiedere un secondo sopralluogo della scientifica sulla scena del crimine, fecero consegnare al laboratorio le nuove prove richiedendo che a tutte, comprese quelle che sarebbero state eventualmente raccolte nelle ore successive dalla scientifica, venisse data la precedenza rispetto a quelle di altri casi aperti, fecero richiesta di spostare la signora Rowe in un motel e che le fosse assegnato almeno un agente per la sua protezione, perché era ormai ovvio che la poveretta fosse più una vittima che un sospettato e certo non potevano continuare a tenerla al distretto per la sua protezione.
Infine, avevano visionato i video di sorveglianza dei vicini di casa della signora Rowe; avevano così trovato non solo una prova che dimostrava la solidità dell’alibi della moglie della vittima, ma avevano anche quelle che secondo loro erano immagini della Vikander che si incamminava in direzione della scena del crimine con un set di vestiti e uno zaino, e altre di lei che tornava dalla scena con dei vestiti diversi accompagnati dallo stesso identico zaino. Certo, le immagini erano scure e la donna non si vedeva mai in volto, quindi dimostrare che si trattasse davvero di lei sarebbe stato difficile, tuttavia era comunque qualcosa…
Fu comunque abbastanza per convincerle che il procuratore sarebbero riuscito a far ottenere loro un mandato d’arresto nei confronti dell’ex detenuta, soprattutto se i risultati delle analisi del capello fossero arrivati dal laboratorio prima che la richiesta venisse inoltrata la mattina successiva, quindi aggiunsero anche quello alla pila di documenti da compilare.
La quantità di scartoffie che furono costrette a compilare per tutte le richieste che avevano messo in moto solo in quella mattinata, comunque, le costrinse a rimanere in ufficio fino a quando il sole non stava ormai già iniziando a scendere all’orizzonte; avevano quindi, passato a lavoro più tempo di quanto non avessero fatto il giorno precedente, ma erano consapevoli entrambe che era una cosa comune quando c’erano casi delicati come quello dell’omicidio del signor Rowe.
In realtà a San Diego non capitavano neppure così tanti casi di quel genere, Tala sembrava soltanto aver scelto la settimana sbagliata in cui tornare; o forse quella giusta a giudicare da quanto sembrasse felice ed eccitata dal suo lavoro nonostante la stanchezza.
Stavano quasi per andare ognuna per la sua strada in direzione delle rispettive automobili private, quando uno degli agenti che aveva appena cominciato il turno serale uscì di corsa seguito a ruota dalla signora Rowe, che ora indossava dei vestiti puliti che le avevano portato da casa sua.
«Detective Thomas, Detective Hill,» le richiamò a gran voce il poliziotto. Si bloccarono entrambe, girandosi a osservarlo, prima di rivolgersi un’occhiata perplesse. «Ecco, mi hanno assegnato alla protezione della signora Rowe, ma avremmo bisogno di un passaggio fino al motel. Non volevamo dare nell’occhio andandoci con una delle volanti e io non ho un’auto mia...»
Tala e Maureen si fissarono per qualche secondo e quando quest’ultima notò la collega mordicchiarsi il labbro inferiore e abbassare gli occhi sull’orologio che portava al polso, la decisione fu già presa prima ancora che lei potesse razionalizzare ciò che le uscì di bocca.
«Vi ci porto io. Tala ha una famiglia a casa che l’aspetta per la cena, io al massimo ho un frigo vuoto e il menù del ristorante cinese,» scherzò dando una gomitata alla sua ex prima di spingerla appena in direzione del parcheggio, dove sapeva esserci l’orribile monovolume che guidava da quando era diventata mamma.
La collega le sorrise raggiante, quasi soddisfatta dal suo tono scherzoso, ma non canzonatorio, e Maureen si sentì costretta a distogliere lo sguardo per non arrossire. Fece cenno all’agente Ballard e alla signora Rowe di seguirla, poi si girò e a passo svelto andò nella direzione opposta, dove aveva parcheggiato la sua Camaro, il suo gioiellino degli anni ‘70 che aveva ristrutturato con tanto amore nel corso del tempo.
«Non è molto comoda dietro, quindi la signora si siederà davanti con me,» li avvisò, ricevendo in risposta solo un sospiro amareggiato da parte dell’Agente, che però stava comunque fissando con ammirazione la sua auto. Gliela invidiavano tutti al distretto, ed era sicura che l’Agente Ballard si sarebbe vantato di aver avuto il privilegio di fare un giretto sulla sua auto, quando gli unici altri poliziotti che ci erano saliti erano Tala e Rex.
Fece accomodare entrambi, poi salì a sua volta e si mise alla guida, evitando di accendere la radio a tutto volume come faceva di solito, lanciando invece delle occhiate preoccupate verso la signora Rowe, che in quelle ore si era chiusa di nuovo nel suo silenzio di tomba.
«Non è colpa sua, lo sa vero?» mormorò Maureen dopo un po’. Quando non ricevette risposta, proseguì. «Tutti abbiamo i nostri problemi, anche lei ne ha avuti in passato, e ha trovato il modo di affrontarli. Eleanor non ha affrontato i suoi; ha avuto più occasioni di ricevere aiuto, glielo assicuro, ma non ha mai cercato di fermarsi o di cambiare...»
Fece una pausa in cui spostò lo sguardo per un istante sulla donna, che la stava osservando con gli occhi lucidi, eppure sembrava la stesse ascoltando.
«Per esperienza, non ha motivo di sentirsi in colpa di ciò che fa qualcun altro. Lei ha soltanto cercato di continuare ad andare avanti con la sua vita ed Eleanor non l’ha accettato.»
«È una cosa che certe tipi di ex tendono a fare...» s’intromise l’Agente Ballard quasi non badando davvero a ciò che stava dicendo, mentre cercava di scattarsi un selfie dal sedile posteriore -decisamente si sarebbe vantato con i suoi colleghi di quel giretto sulla Camaro.
Maureen percepì un lieve calore salirle sul retro del collo, imbarazzata nel rendersi conto di come il suo comportamento nei confronti di Tala, in un certo senso, fosse stato da ex molto problematica. «Già. Il punto è che certe ex hanno anche problemi un po’ più preoccuparti dell’essere soltanto un po’ appiccicose o del non accettare una rottura...»
Il resto del viaggio fu silenzioso, ma Maureen sperò con tutto il suo cuore che quelle parole, per quanto forse caotiche e con tutta probabilità anche senza capo né coda, l’avessero rincuorata almeno un pochino che davvero non fosse colpa sua se la Vikander l’aveva trovata e aveva ucciso a sangue freddo suo marito.
   
 
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