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Autore: Servallo Curioso    07/07/2009    3 recensioni
Ham è un dio che vive in un pantheon fatto di ruoli assurdi. Lui, comunque, si sente costretto a quel ruolo fatto di studio e ricerca; privo di azione, fama ed esperienza. Non è capace di accettare la sua natura così impulsiva e sognante, all'opposto del suo ruolo: l'archivista che passa l'eternità nelle sue stanze. Conosce gli dei, conosce la storia, conosce qualsiasi cosa scritta fino a quel momento: ma non conosce il brivido di provare quelle avventure tanto sognate sulla propria pelle. Quando l'occasione finalmente si presenta, Ham, capisce di non essere adatto a quel genere di storie: quelle con l'azione, la paura della morte e il fragore delle armi di sfondo. Questa volta, però, non potrà decidere di ritirarsi: è scoppiata la guerra.
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15 – La dea enigmatica

Ben arrivati” ci disse appena messo piede in un grande salone scarsamente illuminato.
Avevamo camminato relativamente poco, circondati da burattini e marionette privi di vita e riversi a terra in pose scomposte.
Il salone ne era pieno. Sulle pareti, per terra o appesi al soffitto c'erano le bambole amate da Kinsis. Tutte diverse: alcune con aspetto aggressivo e armate, altre con l'aria docile e l'aspetto grazioso. Ero intimorito da una simile armata di legno e allo stesso tempo ammiravo ogni dettaglio di quelle opere.
Leggere di loro non era come vederle.
Sul fondo della stanza stava una donna dai corti capelli castani, di una tonalità molto scura, che lavorava su qualche nuovo modello seduta alla sua scrivania. Intorno a lei regnava il disordine: attrezzi, pergamene e parti di burattino stavano ovunque.
Si voltò solo dopo alcuni secondi, posando sul tavolo di vecchio legno la sua lente per i lavori di precisione.
Era una donna minuta e sola.
Cosa vi porta fino a me?” domandò.
Nelunis si fermò raggiunto il centro della stanza, io la imitai.
Dobbiamo chiederti di seguirci, fino al Palazzo: il Grande padre ti vuole”.
Le due dee si scambiarono degli sguardi astiosi. Kinsis però decise di dedicare a me le sue attenzioni, ignorando le parole della ragazza dalla pelle dorata.
Mi osservò accuratamente senza lasciarsi sfuggire un particolare. Lei era una tipa precisa.
Prima di parlare fece una smorfia. “Tu sei quasi uguale all'originale” sospirò.
Un bel lavoro, non c'è che dire: lui però era molto più sveglio e bello”. Sbuffò. “Forse però tu sei ancora giovane”.
Confusione. Cosa aveva detto? Di cosa parlava?
Nelunis non sembrava confusa come lo ero io. Lei non si interessò neppure al senso di quelle parole. “Kinsis, verrai con noi?”
Lei le lanciò un sorrisetto forzato. “Ovviamente no. Mi sono allontanata da quel posto da quando è successo, non tornerò ora”.
Successo cosa?” domandai facendomi avanti.
Lei sembrò compatirmi. Era in qualche modo attratta dalla mia figura e provava pena per il mio animo. “Se solo avessi il tempo potrei raccontartelo; ahimè il tempo non c'è: devo finire queste bambole”.
Nelunis mise mano sul pugnale senza sfoderarlo. “Kinsis, non costringermi a usare la forza”.
Costringerti? Tu godi nel farlo; ti hanno creata così, dopotutto. Sei la giovane donzella dal carattere infuocato”. Era così calma da destare molti sospetti. Aveva la situazione sotto controllo o il tempo passato tra quelle bambole le aveva donato una pazienza e una calma fuori dal comune?
La dea al mio fianco si fece avanti facendomi segno di indietreggiare. Sbuffò provocata in modo così esplicito.
Kinsis continuò, rivolgendosi nuovamente a me. “Mi fido di te, così come ho sempre fatto”. Non riuscivo a seguirla: se quello era il nostro primo incontro come poteva essersi già fidata di me?
Dimmi, Ham, qual'è il ricordo più vecchio che possiedi?”.
Mi sorprese. Iniziai ad andare a ritroso nel tempo: anni, decenni, forse un secolo. Poi terminarono. Non avevo mai fatto una cosa del genere. Nelunis sembrava insofferente.
Un giorno nuvolo: sono nel mio studio che sto per studiare il primo libro preso dall'archivio. Il primo in assoluto”.
Lei sorrise: mi stava conducendo verso una risposta che inconsciamente attendevo.
Sai perché non puoi andare più indietro di così?”
Ero troppo piccolo, non ho una chiara memoria dei primi anni della mia esistenza”. Adesso era ovvia la risposta: lei mi aveva incontrato quando ero appena nato e avevamo fatto qualcosa che l'aveva portata a fidarsi di me. Una nostalgica, pensai.
Sbagliato”. Rispose facendo oscillare il dito indice della mano sinistra. Avevo dato la risposta errata.
Il pugnale scivolò fuori dal fodero ricoprendosi di fiamme. La mano della dea guerriera lo strinse con vigore. “Smettila adesso! Non provare a manipolare la mente di Ham con le tue parole”.
Lei non si stupì, anzi iniziò a ridere soddisfatta. “Perché non fai silenzio, soldatino? Sto discutendo con qualcuno che ha subito fin troppe...”Si interruppe lasciandomi immobile.
In un secondo le lingue di fuoco si abbatterono su di lei che si salvò solo scartando di lato con velocità.
Ho degli ordini da rispettare” commentò la dea con il pugnale per giustificare il suo attacco. “Vuoi venire o no? Ti preannuncio che una risposta negativa sarà presa come un affronto alla stessa divinità che ci ha creato”.
Per favore fai silenzio?” rispose in modo seccato la burattinaia. “So perfettamente che tu sei una che deve mantenere l'ordine, anche usando mezzi poco educati”. Si porto una mano sulla bocca riflettendo. Poi continuò: “Tornando a noi, Ham: tu non puoi ricordare nulla prima di quel giorno, semplicemente perché non esistevi”.
La cosa mi colpì ma non mi sconvolse. Forse ero nato adolescente, senza dover passare la fase dell'indifeso bambino, ma era un male minore. Fu ciò che disse dopo a far vacillare le mie sicurezze.
Il suo sguardo si fece amichevole mentre la dea socchiudeva gli occhi grigi. “O per meglio dire: prima di quel giorno c'era un altro”.
Vuoto e silenzio. Il mio cuore batteva all'impazzata. Un altro: un archivista che non ero io. Dov'era?che fine aveva fatto? La mia testa era piena di domande che non riuscii a pronunciare. Non era il turbamento a far tremare le mie gambe o impastarmi la lingua, no: era la curiosità. Volevo, anzi: pretendevo di sapere la risposta.
Tutto ciò non fu possibile: Nelunis aveva scagliato un altro attacco. La sua spada fatta di fuoco attraversò il corpo della divinità rompendolo. In quel momento mi accorsi che era al pari di tutti gli articoli esposti: una marionetta.
L'oscurità mi aveva confuso, non ero riuscito a delineare bene la sua sagoma dandomi l'immagine di una donna che non c'era. Un siparietto ben montato; degno di questa dea.
Non credere alle sue parole, Ham! Lei vive mettendo dubbi nei cuori altrui” mi rassicurò.
Conosco le caratteristiche di questa dea” risposi, ma il dubbio era già dentro di me.
In silenzio stava strisciando attraverso il mio corpo, come un verme sotto le carni.
La mia attenzione fu però attratta dal movimento che notavo nella penombra: tutte le bambole si muovevano, animate.
Ci attaccarono tutte, senza risparmiare i loro colpi.
Erano soldati perfetti: morivano solo se ne distruggevi il capo Non era importante quante braccia gli avevi tagliato, o quante gambe, o se gli avevi fatto saltare la testa dal collo: la bambola continuava a cercarti. Un incubo di pelle bianche e sguardi vitrei.

Finito quella lotta tornammo alla locanda. Io non avevo ferite, Nelunis neppure. Il corpo l'aveva bruciato per precauzione e io mi ponevo ancora domande.
Rimuginai sulla complicità tra Kinsis e il re reggente, alleati negli esperimenti con il seme demoniaco, e su ciò che aveva detto: nessun documento riportava l'esistenza di un precedente archivista.
Avevo comprato, sulla via del ritorno, un libro a Niel. Era un tomo abbastanza ingombrante che raccontava la storia del continente. Lui ne fu felicissimo e mi ringraziò per tutta la giornata seguente. Nelunis era tornata quella di sempre: sanguigna e concreta. Io non riuscivo a prendere sonno. Non capivo come lei potesse essere tanto tranquilla.
Una sera bussai alla sua porta e lei aprì facendomi entrare.
Cosa succede?” mi chiese scocciata per l'intrusione.
Quei discorsi erano tutte sciocchezze vero? Tu sai benissimo perché ti è stato assegnato il compito di starmi vicino. Tu non devi badare a me, ma a quello che faccio”.
Lei rimase sbalordita. Per una manciata di secondi non si mosse, paralizzata.
Finalmente si decise a rispondermi portandosi una mano tra i capelli. “Ham, io ho un compito: proteggerti. Non so davvero perché il Grande Padre mi abbia dato questa missione, ma io voglio portarla a termine”.
Perché non hai lasciato finire Kinsis?”
Lei sembrò contrariata. “Alla fine ci è riuscita, ce l'ha fatta a suscitare in te qualche domanda priva di logica. Lascia stare, Ham, ho solo evitato che stuzzicasse la tua curiosità oltre. È una bugiarda, fidati di me”.
Mi accontentai di quello. Probabilmente ci ero cascato come un pesce dentro la rete. Era una trappola per far vacillare le mie sicurezze.
Nelunis doveva tornare al Palazzo a dare la notizia del rifiuto di Kinsis, tornando per la successiva ricerca.
La sera precedente chiesi consiglio a Niel; lui aveva già finito il libro e mi stava tormentando con domande assurde. Non mi aspettavo una risposta, ma speravo di tenerlo occupato a lungo. Volli adattare la cosa a lui e a ciò che poteva e doveva sapere.
Niel, ascoltami” lo chiamai attirando la sua attenzione. “Immagina una terra brulla”. Lui annuì. “Ora immagina il primo uomo e immagina la prima casa. L'uomo trova la casa e vi entra; la abita e vive tranquillamente. Pensi sia possibile che qualcun altro prima di lui abbia abitato in quella casa?
Lui ci pensò un attimo e pensai di essermi liberato di quella cantilena, decise però di rispondere. Sembrava aver capito la soluzione e mi stupì.
È un indovinello?”
Sì. Tu pensaci e non parlare finché non troverai la risposta”. Che idea malsana che avevo avuto, pensai, fare una domanda del genere a un bambino. Almeno riuscivo a respirare un po' di pace.

Sì, che ci credo” esclamò dopo un quarto d'ora buono dalla domanda. Era rimasto concentrato per tutto il tempo. Io mi ero steso nel frattempo sul mio lato di letto, cercando di dormire.
Credi cosa?”
Che ci sia stato un altro uomo prima di lui”.
Improvvisamente mi ricordai quel quesito. “Davvero? E perché mai?”
Lui acquistò un'espressione soddisfatta e io gli diedi una pacca sulla spalla per premiarlo. Naturalmente immaginavo che dicesse chissà quale assurdità, ma rimasi in silenzio ad ascoltare. Ma mentre sentivo le sue parole anch'io capii la risposta.
Tu hai detto che l'uomo ha trovato la casa... dunque è logico che ci sia stato qualcuno prima di lui”.
Sgranai gli occhi: ora era chiaro.
Quindi quella casa la deve aver costruita qualcuno, che è venuto prima dell'uomo”.
Lui sorrise sornione vedendo il mio stupore. Fraintese, intuendo che ero così sconvolto poiché non mi aspettavo che lui riuscisse a risolvere l'enigma, la realtà era ben altra. “Hai ragione” commentai.
Arruffai i suoi capelli con affetto.
La mia mente si era ormai fissata sulla nuova domanda. Questa aveva preso il sopravvento sulle altre annientandole.
Dentro la mia testa suonava ormai chiara e di fondamentale importanza. Lo avevo sempre dato per scontato rimanendo attaccato alle parole di quei testi. Fossilizzato sulle definizioni e gli atti descritti.
Ma chi aveva scritto quei libri? Chi aveva documentato tutto ciò?
Caos.
   
 
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