Seconda parte
Elijah
e Antoinette giunsero a New Orleans nel tardo pomeriggio. Sull’aereo, il
vampiro Originale aveva spiegato alla donna ciò che era accaduto e come si
fosse sbagliato nel condannare Tristan senza cercare altre spiegazioni.
“Comprendo
che la tua mente fosse offuscata dal sortilegio di Inadu” aveva detto lei, poco
convinta, “ma il Conte De Martel non potrebbe essere comunque responsabile di
quelle uccisioni?”
“Madame
Angéle mi ha rivelato che omicidi simili sono stati compiuti negli ultimi mesi
anche a Marsiglia e che sono stati assassinati sia umani che lupi mannari. Lei
non sa chi sia responsabile di un tale massacro, ma di sicuro non è opera di
Tristan, che è prigioniero nelle segrete di villa Mikaelson da quasi un anno.
E, a questo proposito, mi domando come abbia potuto non accorgermi del tempo
che passava…”
Antoinette
gli prese una mano, ma questa volta Elijah sembrò infastidito da quel contatto.
“Speravo
che fosse perché eravamo tanto felici insieme” azzardò la vampira.
“Ero
felice, certo, ma questo non mi assolve” replicò l’Originale in tono deciso.
“Non avrei dovuto anteporre per così tanto tempo la mia serenità al bene della
mia famiglia. La nostra sarebbe dovuta essere una bella vacanza di un mese o
poco più, poi avrei dovuto far ritorno a New Orleans… e invece non ci ho
nemmeno pensato, non mi sono mai chiesto in che giorno o in che mese fossimo.”
Antoinette
strinse le labbra, tentando di non lasciar trapelare il suo nervosismo. Adesso
che ricordava, Elijah era pronto a sacrificare la loro vita insieme per tornare
dalla famiglia… e anche per liberare quel maledetto Conte De Martel. Come
avrebbe potuto fare per allontanarlo una volta per tutte da loro?
Arrivati
a New Orleans, Elijah accompagnò Antoinette all’hotel Ritz- Carlton, uno dei
più lussuosi ed eleganti della città, per poi affrettarsi a raggiungere villa
Mikaelson. Il suo cuore era stretto dall’angoscia: da un lato non vedeva l’ora
di arrivare e di liberare Tristan; dall’altro, però, temeva anche ciò che
avrebbe potuto trovare in quella cella…
Si
precipitò nel patio della grande abitazione come una furia, tanto che sia Klaus
sia Freya uscirono dalle loro stanze e si affacciarono dai balconi interni per
vedere che cosa stesse accadendo.
“Elijah?
Ma cosa…” esclamò Klaus, colto alla sprovvista.
“Non
sapevamo che saresti tornato. E’ successo qualcosa?” domandò la sorella,
preoccupata. Raramente aveva visto Elijah in tali condizioni…
“Niklaus,
dobbiamo andare immediatamente a liberare Tristan!” disse, rimandando a più
tardi i saluti e le spiegazioni. “Non è colpevole degli omicidi a New Orleans e
ha sofferto fin troppo in quelle segrete.”
“Beh,
se anche non fosse colpevole di quei delitti, una punizione se la sarebbe
meritata comunque…” iniziò a dire l’ibrido, fermandosi subito quando lo sguardo
del fratello lo incenerì. “Ad ogni modo, da quando la Strix è stata eliminata e
lui è prigioniero, non ci sono stati altri episodi del genere, perciò chi ti
dice che…”
“Non
a New Orleans, ma delitti simili sono stati perpetrati a Marsiglia nei mesi
scorsi, assieme ad un massacro di lupi mannari. E Tristan era imprigionato qui”
lo interruppe Elijah, dirigendosi con passo deciso verso le segrete.
Klaus
seguì il fratello, riflettendo sulle sue parole. Se Tristan era innocente,
l’assassino doveva essere qualcun altro, uno o più vampiri molto più
pericolosi. E se aggrediva anche i lupi mannari… l’ibrido tentò di ricordare
qualcosa del genere avvenuto molti anni prima, ma proprio non riusciva a
riportare alla mente tutti i particolari. Avrebbe dovuto pensarci con calma e
poi elaborare un piano per individuare i colpevoli e colpirli senza pietà,
prima che si rivelassero dei nuovi e terribili nemici per la famiglia
Mikaelson.
Con
l’aiuto del fratello, Elijah distrusse il muro di mattoni dietro il quale era
imprigionato Tristan e si slanciò nella cella, dove il giovane Conte giaceva
pallido e immobile, raggomitolato sul gelido pavimento.
“Tristan,
va tutto bene, sono qui, sono tornato” gli disse, prendendolo tra le braccia e
cercando di scaldarlo.
Dietro
di lui apparve Freya, che aveva portato due sacche di sangue e le porse al
fratello perché nutrisse il giovane. Poi la strega Mikaelson, senza parlare,
prese per un braccio Klaus e lo condusse fuori dalle segrete, intuendo che
Elijah avesse bisogno di restare da solo con Tristan.
Il
vampiro Originale, sempre tenendo il Conte tra le braccia, avvicinò una sacca
di sangue alle sue labbra ma, con suo grande stupore, vide Tristan ritrarsi.
“No…”
mormorò con un filo di voce. “Non voglio…”
Elijah
si sentì raggelare. Perché Tristan rifiutava il nutrimento? Era forse…
possibile che stavolta la terribile prigionia lo avesse fatto impazzire? No,
non poteva essere, non si sarebbe mai potuto perdonare per questo. Eppure…
“Tristan”
insisté, “devi nutrirti, poi starai meglio. Dobbiamo parlare di molte cose,
coraggio, adesso sono con te…”
“No”
ripeté il giovane Conte, cercando debolmente di raggomitolarsi su se stesso.
“Non riportarmi indietro… non voglio tornare indietro…”
Ma di che sta parlando?, si chiese Elijah,
colmo di angoscia. Poi decise: doveva sapere, doveva rendersi conto di cosa
stava dicendo Tristan, anche se avesse voluto dire che aveva perduto la
ragione. Gli posò una mano sulla fronte e si concentrò per entrare nei suoi
pensieri. E fu così che vide… e comprese.
Tristan era seduto
al posto d’onore della grande tavola imbandita alla corte di Marsiglia, vestito
di sete e velluti e con un sorriso sereno e soddisfatto a illuminargli il
volto. Al suo fianco c’erano le due persone che più amava al mondo e che lo
guardavano con infinito affetto: alla sua sinistra c’era Aurora e alla sua
destra… lui, Elijah, abbigliato come un nobile e al centro dell’attenzione di
tutti gli invitati.
“Conte De Martel,
Contessa, Barone Mikaelson, siamo lieti di essere qui oggi per festeggiare con
voi il vostro primo anno di governo” diceva uno degli ospiti. “Marsiglia è
portata a esempio in tutta Europa da quando siete voi a governarla. Questa
corte è divenuta un esempio per la ricchezza, la cultura, la qualità della vita
di tutti gli abitanti. Vogliamo brindare a voi, che il vostro illuminato
governo possa durare a lungo!”
“Sempre e per
sempre” rispondeva Tristan, alzando il calice di vino con un sorriso prima a
Elijah e poi ad Aurora…
Lo
strazio che Elijah provò sembrò spezzargli il cuore, lacrime di dolore e di
pentimento gli scesero silenziose sulle guance e tutto ciò che poté fare fu
stringere ancora più forte il suo piccolo Conte tra le braccia.
“Ti
ho accusato ingiustamente e fatto imprigionare, ti ho condannato e dimenticato
per quasi un anno…e per tutto questo tempo tu hai resistito soltanto perché…
perché nella tua mente eri felice in un tempo lontano… con me, con l’uomo che
ti ha fatto questo!” mormorò con voce rotta. Si sentiva lacerare l’anima, non
aveva provato tanto dolore e rimorso nemmeno dopo aver rinchiuso Tristan nel
container, negli abissi oceanici. No, questo era ancora peggio. Lui aveva
dubitato di Tristan e lo aveva condannato senza appello… ma Tristan non aveva
smesso un secondo di amarlo e di pensare a lui. Anzi, voleva restare in quel
mondo illusorio perché era l’unico in cui potesse essere davvero felice, al suo
fianco, senza abbandoni e senza tradimenti.
“Tristan,
torna indietro” gli disse, stringendolo e accarezzandolo. “Sono qui, adesso,
non ti farò più del male, voglio solo aiutarti. Tristan…”
Il
giovane avrebbe voluto rifiutare ancora il nutrimento, ma l’istinto di
conservazione fu più forte di lui. Avvicinò le labbra alla sacca di sangue che
Elijah gli porgeva e iniziò a bere, riprendendo pian piano vita e colore.
Quando
ebbe vuotato entrambe le sacche di sangue, Elijah lo prese tra le braccia e lo
portò fuori dalla cella, fuori da quelle segrete umide e spaventose, di nuovo
alla luce, all’aria fresca, verso il suo appartamento. Lo portò nella sua
stanza, che non era stata toccata in tutti quei mesi e che attendeva ancora il
suo occupante. Lo depose delicatamente sul letto, accarezzandogli i capelli.
Tristan
si stava lentamente riprendendo. Aprì gli occhi e li fissò su Elijah,
annegandolo ancora una volta nell’azzurro profondo del suo sguardo. Questa
volta, però, c’era un fondo di oscurità e di gelo in tanto azzurro, proprio
come negli abissi oceanici.
“Potrei
dirti che mi dispiace per ciò che ti ho fatto” iniziò a dire Elijah, turbato da
quello sguardo, “ma non sarebbe abbastanza. Ti ho abbandonato ancora una volta
e non è un alibi il fatto che la mia mente fosse sotto un incantesimo di
Inadu.”
“No,
non lo è, infatti” rispose Tristan con freddezza. “Ad ogni modo ne parleremo
più tardi, adesso vorrei che mi lasciassi solo. Desidero fare una doccia e
cambiarmi questi abiti ormai marciti.”
Elijah
fece un passo indietro. L’atteggiamento gelido del giovane Conte lo straziava,
ma si rendeva conto di essersi meritato tutto il suo disprezzo e la sua
freddezza.
“Certo,
è naturale. Fai pure liberamente, io tornerò più tardi” gli disse.
Uscì
dalla sua stanza, ma non riuscì ad allontanarsi dall’appartamento privato della
sua Creatura. Si appoggiò alla porta, attratto in maniera irresistibile dalla
consapevolezza che, dentro, Tristan si stava spogliando e si stava recando in
bagno.
Sapeva
che non avrebbe dovuto pensarci, che adesso aveva Antoinette, che l’amava.
Aveva
liberato Tristan, si sarebbe occupato di lui e si sarebbe fatto perdonare, ma
la persona che voleva al suo fianco era Antoinette, era felice con lei…
Seguendo
un impulso inarrestabile, Elijah riaprì la porta, rientrò nell’appartamento e
richiuse a chiave. Sentì l’acqua scorrere sotto la doccia e si avviò verso il
bagno, liberandosi dei vestiti mentre camminava.
Senza
una parola entrò nel bagno e aprì la porta scorrevole della doccia, mettendosi
sotto il getto dell’acqua e attirando Tristan contro il suo corpo nudo. Erano
trascorsi così tanti mesi… desiderava soltanto sentire di nuovo il tepore di
quella pelle vellutata, il sapore delle labbra morbide, la dolcezza del corpo
elegante di Tristan incollato al suo. Prima che il giovane Conte avesse il
tempo o il modo di protestare, Elijah si impadronì della sua bocca, violandola,
assaporandola a lungo, esplorandola con la lingua e perdendosi in quel sapore
che lo inebriava ancora e sempre. Spinse Tristan contro la parete della doccia,
con la bocca che divorava la sua, lo sollevò e lo prese con passione,
spingendosi nel calore del suo corpo e fondendo assieme le loro carni. Quell’unione
gli parve perfetta, meravigliosa, come se fossero da sempre nati ed esistiti
solo per questo. Si chiese come avesse mai potuto pensare di amare qualcuno che
non fosse lui, come avesse potuto dimenticare che loro si erano creati e
trasformati l’un l’altro per restare uniti in eterno. Lo possedette
ripetutamente come se null’altro fosse reale, come se Antoinette non fosse mai
esistita, come se non ci fosse un nemico da combattere, oscuro e letale. L’unica
realtà che contava era Tristan, era la fusione dei loro corpi e delle loro
anime, era il ritrovare quella parte di sé che gli era mancata per quasi un
anno senza che lui lo sapesse… ma ora comprendeva e ritrovava la sua
completezza.
Perduto
in Tristan e in un amplesso infinito, Elijah riprendeva possesso di sé.
FINE