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Autore: Morghana    21/07/2018    1 recensioni
L'equipaggio del Drago Spaziale è abituato a combattere contro un nemico in carne ed ossa... un nemico fin troppo appartenente al presente e fin troppo materiale. Fino al giorno in cui uno di loro non dovrà combatterne uno di tutt'altro genere.
Può un semplice anello chiudere il cerchio del tempo e fare giustizia di un efferato delitto... dopo cinquecento anni?
Genere: Mistero, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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*

"Amuri, chi mi teni a to cumanni...
Unni mi porti, duci amuri, unni?”


- Palermo, 2 dicembre 2063 – 21:30 -

Il dottor Daimonji e Sakon si guardarono interdetti: mai e poi mai Pete si sarebbe sottratto ai suoi doveri, loro più di chiunque altro lo sapevano... eppure, dopo cena, il capitano aveva chiesto per la prima volta di essere sostituito per il turno di guardia notturno sul Drago e, senza dare spiegazioni, era andato a cambiarsi nella sua cabina.

Un'ora dopo si trovava al volante di una delle auto di servizio, schiacciando l'acceleratore a tavoletta, in direzione di Carini... per non mancare all'appuntamento con Laura.


- Carini, 2 dicembre 2063 – 23:00 - 

Quasi si lasciò sfuggire le chiavi di mano, per la fretta di aprire il portone principale... per il desiderio che aveva di immergersi di nuovo in quell'atmosfera che permeava il castello, in quel senso di familiarità con il luogo ed il momento che aveva il potere di estraniarlo completamente dalla realtà.

Ma, soprattutto, per il desiderio di rivedere Laura.

Man mano che percorreva i corridoi dell'antico maniero, gli sembrava sempre più di essere tornato in un luogo ove aveva già vissuto... e dove aveva lasciato il vero sé stesso.

Nel raggiungere la stanza dove aveva incontrato Laura, pregò che lei si trovasse davvero lì ad attenderlo, temendo per un attimo di averla solo sognata, la sera precedente.

Timore inutile... la prima cosa che vide, aprendo la porta, fu lei.
Laura.

La fissò negli occhi, come a chiederle lumi e guida in quella bolla nella quale si sentiva galleggiare, ma furono quegli stessi occhi a chiudere la porta della ragione e ad aprire quella del cuore: si abbandonò completamente nelle braccia che Laura gli aveva gettato al collo, stringendola a sua volta.

Non ebbe bisogno di cercare le sue labbra... avvicinò il viso al suo e, semplicemente, le trovò, perdendosi in esse.

Un lontano sussurro gli alitò nelle orecchie un nome... una voce femminile, lontana e vicina allo stesso tempo.
Ludovico... finalmente! Finalmente ti rivedo... finalmente saremo insieme... Ludovico...”

Era la voce di Laura?
Ed era con lui che parlava?

Eppure le loro labbra erano fuse insieme, non era possibile che lei avesse detto qualcosa... ma allora perché non gli sembrò assurdo il sentirsi chiamare Ludovico?

Come se quel nome gli fosse sempre appartenuto, nascosto solo dalla patina del tempo.
Ludovico.

Chi era? Cosa era stato per Laura, se lei lo chiamava con quel nome?
Perché era lui che stava chiamando... non un altro.
Lui...

Le ore trascorsero senza che lui se ne rendesse conto.
Ore durante le quali non proferirono parola... non ce n'era bisogno.
Le loro labbra parlavano con i baci.

Le loro anime erano strette in un abbraccio senza fine, al pari dei loro corpi.
Sì... lui l'aveva già incontrata, ormai ne era certo, in quello stesso luogo.
Ma perché non riusciva a ricordare?

Perché?

*

Ormai le stelle cominciavano a spegnersi, nel primo chiarore del sole che stava per sorgere.

Quello che non riusciva ad affievolirsi, sul balcone ove erano usciti, era l'impeto dei loro abbracci, che continuavano a tenerli allacciati... così come il fuoco dei loro baci, che non accennava ad esaurirsi.

“Devo andare... perdonami, Peter. Devo andare...” mormorò Laura, vincendo dolcemente la resistenza delle braccia di Pete, per staccarsi da lui.

“Dimmi quando ti potrò rivedere, Laura... non lasciarmi senza la speranza di rivederti. Ti prego...” sussurrò lui, ancora ansimante per l'intensità dell'ennesimo bacio che li aveva uniti.

Lei non rispose.

Chinò il capo, mentre si sfilava dall'indice sinistro l'anello di rubino che portava.
Glielo porse.

“Tienilo tu per me... a volte gli oggetti segnano il destino delle persone.”
“Che vuoi dire?”
“Torna qui domani sera... e comprenderai.”

Un ultimo sguardo, triste ma colmo di tenerezza, prima di rientrare all'interno nel castello, con quel suo passo leggero, che sembrava non toccare terra.

Con le lacrime agli occhi ed il cuore in gola, Pete tornò sul Drago.

Né il dottor Daimonji né Sakon gli dissero nulla.
Come se sentissero di doverlo lasciare in pace.

*

“Vidu viniri na cavallaria
Chistu è mè patri chi veni pì mia
Tuttu vistutu alla cavallarizza
Chistu è mè patri, chi mi veni ammazzari!”

“Signuri patri, chi vinisti a fari?”
“Signura figghia, ve vegnu a ammazzari!”


- Carini, 3 dicembre 2063 – 22:00 -

Era entrato, per la terza volta, nella stanza dove aveva incontrato Laura... e, per la terza volta, stava provando la stessa sensazione.

La sensazione di essere già stato in quel luogo, nel passato, insieme alla medesima disperazione delle due sere precedenti, nel frugare in ogni angolo della propria mente, senza riuscire a ricordare.

Ma tutto svanì, al vedersi di nuovo Laura dinanzi... non più in jeans e camicetta ma avvolta in una delicatissima camicia da notte, trapunta di merletti e lunga fino ai piedi.

Rimase immobile, credendo di sognare, tale era l'incanto di quella meravigliosa creatura.

“Peter...” fu il dolcissimo richiamo di Laura, in un sussurro.

Senza parlare, lui le si avvicinò, posandole le mani sulle spalle... sentì il pregiato merletto accarezzargli i palmi delle mani, così come gli occhi di Laura accarezzavano il suo volto.

Il tempo sembrò fermarsi, per poi tornare indietro... ad un momento che era rimasto fermo ed imprigionato in quella stanza, quasi incastonato tra quelle pareti, in attesa che qualcuno o qualcosa lo facesse riprendere a scorrere nella giusta direzione.

Qualcuno o qualcosa che riprendesse i fili del passato per riannodarli al presente.

Pete si sentì perdere nello sguardo di Laura, nella sensazione soffice di quei merletti sotto le sue mani... nella consapevolezza di quanto potesse essere morbida la sua pelle, se solo avesse osato sfiorarla.

Le mani di Laura si posarono dolcemente sulle sue... prima di far scivolare via, lungo le spalle, la camicia ed offrire il suo splendido corpo agli occhi di Pete.

In altra occasione il giovane sarebbe rimasto perplesso ed esterrefatto, dinanzi a tanta audacia... ma in quel momento ogni lume di ragione si era spento.
Lasciando brillare i lumi del cuore.

Le prese teneramente le mani tra le sue, posandosele sul collo del giubbotto... invitandola senza parole a spogliarlo, a fare di lui ciò che voleva.

Cosa che Laura fece... stringendosi poi a lui, lasciandosi racchiudere tra le sue braccia e concedendosi alle sue labbra, che la assaporarono ovunque riuscirono a giungere, prima che Pete la sollevasse tra le braccia e la deponesse sul letto.

Passione e tenerezza: ecco cosa videro quelle antiche pareti.
Solo passione e tenerezza infinite.

Non pronunciarono neanche una parola, mentre giacevano su quelle coltri, amandosi con tutto il trasporto che i sentimenti imprimevano ai loro corpi... abbracci dopo abbracci, baci dopo baci, fusi l'uno all'altra con un'intensità tale da sentirsi mancare, non avvertivano null'altro se non il bisogno disperato di appartenersi per sempre.

Il mondo e la realtà vennero chiusi fuori da quella stanza.
Esistevano soltanto loro due.

Soltanto due esseri... che si amavano.

*

Il freddo della notte decembrina sembrava essere totalmente impotente, contro il calore che permeava quel letto... il calore di un uomo e di una donna persi nel reciproco donarsi ed appartenersi.

“Laura... chi ti ha inferto quelle ferite?” mormorò Pete, tenendola stretta a sé, dopo essersi amati.

“Non... non ha importanza, Peter. Non ha importanza...”

Lui la stritolò, quasi, tra le braccia.
“Non è vero... io sono un militare, conosco bene le cicatrici e ciò che le provoca. Sono due pugnalate, quelle che hai ricevuto... al petto ed alla schiena. Chi è stato? Dimmelo, Laura... dimmelo e non avrai più da temere nulla!”

“Appartengono al tempo trascorso, Peter... fanno parte del passato. Qui ed ora, nel presente, non corro più alcun pericolo di essere ferita. Non voglio pensare a ciò che è stato... voglio pensare a te, adesso, in questo momento ed in questo luogo... soltanto a te. Amami, Peter... amami ancora... amami come solo tu sai fare...”

In un istante la bocca di Pete fu sulla sua, imprigionandogliela.
Le sue braccia la strinsero in una morsa.
I loro corpi si fusero di nuovo.

Ancora una volta, il tempo venne cancellato...

Nessuno dei due udì il sottile sibilo del bracciale radio di Pete.
Il sibilo dello scattare della mezzanotte e del cambiamento di data: 4 dicembre 2063.

*

Una folata di vento gelido li colse mentre, dopo ore ed ore, si erano abbandonati al sonno... accompagnata da un furioso scalpitare di zoccoli.

Pete si svegliò e si alzò per richiudere la finestra... e fu allora che vide un manipolo di quattro uomini a cavallo attraversare al galoppo il portone principale e fermarsi nel cortile: lo scintillare delle loro corazze, visibilissime sotto la luce della luna, gli fece comprendere che quello era il seguito di quanto accaduto due sere prima... e lo fece slanciare come una furia a rivestirsi.

Laura, ancora nel letto, lo osservava... con la paura dipinta sul volto.

Riuscì a proferire soltanto una flebile invocazione: “Ora, Peter... ora o mai più! Aiutami, Peter... aiutami! Solo tu puoi farlo...”

“Dovranno uccidere me, prima di arrivare a te!” fu la risposta secca e furente di Pete mentre, per la seconda volta, staccava una spada dalla parete e si preparava a dare battaglia.

Grazie all'istinto ed ai riflessi, riuscì appena in tempo ad evitare una pugnalata a tradimento nella schiena, voltandosi di scatto ed atterrando l'avversario con un fendente alla gola.

Non stette a chiedersi come avessero fatto ad entrare nella stanza senza il minimo rumore, ancor meno si domandò chi fossero quegli uomini, che sembravano sbucati da un dipinto rinascimentale: si preparò ad affrontarli, pronto a farsi ammazzare piuttosto che permettere loro di far del male a Laura.

Grazie al suo addestramento ed alla sua prontezza di riflessi riuscì ad eliminarne altri due, impedendo loro di avvicinarsi al letto... ne rimase uno solo, che sembrava quasi aver atteso di potersi scontrare con lui.

Si fissarono negli occhi, come due leoni pronti a sbranarsi... ed, in quell'istante, Pete si rese conto che quell'uomo era lo stesso con il quale si era scontrato due notti prima.

Bene: avrebbe chiuso i conti con lui una volta per tutte!

Si scagliarono all'unisono l'uno contro l'altro, le loro lame si incrociarono in uno stridore di metallo e diedero il via ad un duello furioso, nel quale Pete fu più volte sul punto di avere la peggio, visto che non era abituato all'uso delle armi bianche... senza contare che le ferite ricevute due sere prima, pur superficiali, gli bruciavano terribilmente.

Un colpo dietro l'altro, fu costretto ad arretrare verso la parete che era dietro di lui.

Il misterioso assalitore fu pronto ad approfittarne, vibrando una micidiale stoccata verso il suo addome... ma la rabbia e la disperazione resero Pete più veloce di lui: con uno scatto fulmineo riuscì ad evitare che quella lama gli affondasse nel ventre, mandandola a spezzarsi contro il muro.

Si rivoltò contro quell'uomo come una belva inferocita, puntandogli la spada alla gola.
“Chi sei? Cosa vuoi da noi? Rispondi, maledetto... rispondi!”

Una voce cavernosa uscì dalla gola di quell'essere.
Che tu sia maledetta, Laura... tu e il tuo amante... che siate maledetti in eterno!”

Pete perse ogni barlume di lucidità: nonostante l'uomo fosse ormai disarmato, salvo il troncone di lama che ancora aveva in mano, gli si avventò contro, trapassandogli il petto con la spada.

Respirò profondamente, ad occhi chiusi, per riacquistare il suo sangue freddo di capitano del Drago Spaziale: si volse dapprima in direzione di Laura per accertarsi che stesse bene, per poi rigirarsi verso il cadavere del nemico... e rimanere a bocca aperta, nel vederlo farsi sempre più evanescente e trasparente, fino a scomparire.

Insieme agli altri tre.

Dinanzi ai suoi occhi rimase soltanto la parete di antichi mattoni di tufo, legati da calce vecchia di secoli ma ancora solidissima.

Fece per chiedersi cosa diavolo stesse succedendo... ma un improvviso senso di completezza lo indusse a lasciare nel limbo quell'interrogativo, come se tutto quello che era appena accaduto non soltanto dovesse accadere, ma dovesse andare esattamente così come era andato.

Come se il cerchio del tempo si fosse chiuso.

Laura si era alzata dal letto e si era nuovamente rivestita della camicia da notte... la luce dell'alba si rifletteva su quel tessuto e sui suoi capelli, dando loro riverberi quasi eterei.
Gli si avvicinò, abbracciandolo.

Pete fece per baciarla, ma lei non gliene diede il tempo.

“Tu vuoi sapere il perché ti ho dato quell'anello... ora te lo dirò.”
“Laura...”
“No, non parlare... non abbiamo molto tempo. Ti prego, ascoltami... ascoltami e credimi!”

Lo scintillìo della veste e della chioma di Laura sembrò illuminare l'intera stanza, mentre lei parlava.

“Mio padre, nei sotterranei di questo castello, praticava di nascosto le arti della stregoneria... e, quando si rese conto che non sarebbe mai riuscito a piegare il mio cuore alla sua volontà, mi mise al dito quell'anello, dopo averlo maledetto. Gli conferì il potere di imprigionare in sé la mia anima, perché io non potessi mai, mai abbandonare questo luogo. Ti prego... distruggilo! Frantumane la pietra e spezzane il cerchio d'oro... solo così sarò libera di andar via. Soltanto così...”

“Vuoi dire che... sarai libera di venire via con me?”
“Sarò libera, Peter... posso dirti solo questo. Sarò libera... se tu acconsentirai a fare quel che ti ho chiesto. Ti prego...”

“No, non mi basta... voglio che tu venga con me, Laura. Voglio che tu sia libera... per amarmi!”
“Peter...”
“Laura, ma non lo capisci? Io ti amo!” fu il grido disperato di Pete, prima di stringerla a sé con tutta la forza che aveva e di affondare le labbra nelle sue.

Rimasero avvinghiati per un attimo interminabile, finché Laura non si sciolse lentamente dal suo abbraccio... fissandolo negli occhi.

“Posso prometterti che... saremo insieme. Non qui e non sul Drago... ma saremo insieme. Te lo prometto, Peter.”
“Laura...”
“Ora devi andare... e devo andare anche io. Vai da Calò... lui ti spiegherà tutto. Mostragli l'anello che ti ho dato e lui ti mostrerà i due ritratti che sono custoditi nella sua casa... e, allora, capirai.”

Pete, accecato dal terrore di perderla, fece per avventarsi su di lei e stringerla di nuovo a sé... ma le sue braccia incontrarono soltanto l'aria.

Trascorse solo un attimo, un attimo di devastante presa di coscienza della realtà... ed un grido lacerante gli squarciò la gola, un grido al confine tra il dolore e la follìa che risvegliò tutti gli echi del castello.

Crollò in ginocchio sul pavimento, con la testa tra le mani, il volto inondato di lacrime, la mente sul punto di cedere alla pazzia.

*

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Il mondo e la realtà vennero chiusi fuori da quella stanza.
Esistevano soltanto loro due.

*


  
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