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Autore: dreamsseason    21/07/2018    0 recensioni
Jess ha appena compiuto 18 anni, ora è libera di andare via dal luogo in cui è cresciuta per vivere la vita che ha sempre desiderato.
Ma non sarà facile dimenticare il passato quando tutto ciò che ti circonda è pronto a ricordartelo.
Come ogni ragazza anche lei ha sempre sognato la felicità che si vede nei film, ma ha capito a sue spese che quella felicità non esiste.
'Quando crediamo di essere felici in realtà il destino si sta solo prendendo gioco di noi.' questo è quello che lei pensa, ma come darle torto. Per essere così giovane ne ha passate tante, e tante ancora ne passerà...
Forse questa è la sua occasione di trovare quel qualcosa, quel qualcuno, che le riporterà la felicità.
Che le farà capire che c'è ancora speranza, che dopo la tempesta c'è sempre il sole.
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- Le serviva solo una spinta.-
- Ma non così forte.-
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Allora che ne dici se ti accompagno a prendere i libri? >> chiese
<< Per me va benissimo. >>

<< Allora, parlami un po’ di te. Ti sei trasferita da fuori? >>Rachel iniziò a farmi delle domande, mentre uscivamo dall’edificio. Erano completamente normale che lo facesse, ma dovevo ammettere che avevo sperato non lo avrebbe fatto.
<< Diciamo che non vivevo proprio a Sydney, piuttosto fuori città direi. >> ok, fin qui non avevo proprio mentito. Era vero che non avevo vissuto a Sydney, non conoscevo niente delle città e poi il collegio era quasi fuori città.
Lei annuì
<< Dimmi qualcosa di te. >> dissi, attraversando la strada davanti la scuola
<< Cosa posso dirti… sono un ragazza normalissima a cui piace leggere e ascoltare la musica. A te piace la musica? >>
<< Si, molto. >>  era una delle poche cose che mi aveva sempre affascinata. Era un’ottima scappatoia dal mondo. Molte, troppe, volte avevo passato intere giornate chiusa in camera mia con le cuffie nelle orecchie cercando di scappare dalla realtà, cercando di immaginare una vita diversa. Perché diciamocelo la vita per un orfana non è facile, per niente. Si vedeva la pietà, la compassione e la tristezza negli occhi di chi ti guardava e io non ne avevo bisogno. Forse era proprio per questo che non volevo mi facessero domande sulla mia vita, non volevo fare pietà a nessuno, né a Britney o Steven, né a Rachel, né a Drew.
E beh, spesso la musica sapeva confortarti, c’erano canzoni che esprimevano esattamente il tuo stato d’animo, cantanti che riuscivano a capirti senza bisogno di conoscerti  e melodie che sapevano portare via tutto il dolore e che riuscivano a darti la forza per rialzarti. La musica arrivava dove nessun’altro  poteva, nelle parti più oscure di tè, quelle che non sai di avere neanche tu.
<< Qual è la tua canzone preferita? O anche un cantante o una band? >>chiese interessata la ragazza accanto a me
<< Oh, in realtà non ho una canzone preferita, e neanche un cantante. Ascolto quello che capita e solitamente scelgo le canzoni in base al mio stato d’animo. >> spiegai
<< Anch’io faccio così il più delle volte! Pensavo di essere l’unica a dire la verità! Ma ad essere sincera c’è una canzone che mi piace molto, non solo il testo, ma anche la melodia. >> disse cercando qualcosa nella sua borsa, per poi tirare fuori il cellulare e le cuffie, porgendomene una.
<< Tieni, ascoltala. >>
Misi la cuffietta nell’orecchio e aspettai che la musica partisse

I walk a lonely road                                                                                                                        Cammino in una strada solitaria
The only one that I have ever known                                                                                         l’unica che ho sempre conosciuto
Don’t know where it goes                                                                                                           non so dove porti
But it’s home to me and I walk alone                                                                                       ma è la mia casa e cammino da solo
I walk this empty street                                                                                                             percorro questa strada vuota
On the Boulevard of Broken Dream                                                                                         nel viale dei sogni spezzati
Where the city sleeps                                                                                                               dove la città dorme
And I’m the only one and I walk alone                                                                                     e io sono l’unico e cammino da solo
I walk alone                                                                                                                                Cammino da solo
I walk alone                                                                                                                                Cammino da solo
My shadow’ the only one that walks beside me                                                                    la mia ombra è l’unica che mi sta vicino
My shallow heart’s the only thing that’s beating                                                                  il mio cuore debole è l’unica cosa che pulsa           
Sometimes I wish someone out there will find me                                                               certe volte desidero che qualcuno la fuori mi trovi
‘Til then I walk alone                                                                                                                 Sino ad allora continuerò a camminare da solo


<< Allora? Ti piace? >> chiese riprendendosi la cuffietta
<< Si  >> mormorai
Quella canzone parlava della mia vita. Ero sempre stata sola e anch’io avevo camminato da sola nel ‘ viale dei sogni spezzati ’. Quella strada immaginaria piena dei sogni che avrei voluto realizzare, ma che non ho mai avuto la possibilità di vivere.
Anch’io a dirla tutta stavo aspettando che qualcuno venisse a camminare con me in quel viale, o magari in  una strada vera, dove i sogni possono realizzarsi. Anch’io stavo aspettando quella persona che mi avrebbe rivoluzionato la vita, e forse era arrivato il momento di ammetterlo anche  a me stessa.
<< Ok. Questa è la libreria dove vado io di solito. >>
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi ero neanche accorta di essere arrivata  davanti la porta di una piccola libreria.
<< Se  mi dai l’elenco dei libri ti segno quelli che devi prendere. La maggior parte sono inutili, non te li fanno neanche usare. >>
Annuii e presi il foglio dalla borsa per poi porgerglielo.
Mentre lei controllava i libri io mi guardai intorno, no sapevo neanche come c’ero arrivata, avevo semplicemente seguito Rachel. Poteva benissimo portarmi in un bosco sperduto, non ci avrei neanche fatto caso, tanto ero immersa nei miei pensieri.
Guardai dall’altra parte della strada e vidi un negozio che mi sembrava di aver già visto. Ci misi qualche secondo a capire.
<< Siamo ad Avenue Road! >>
<< Mh? Ah si. E’ uno dei miei quartieri preferiti. C’è di tutto. >>
<< Non mi ero accorta fossimo venute qui. >> confessai
<< Ti ho vista pensierosa e ho preferito lasciarti un po’ di spazio. >> disse alzando lo sguardo dal foglio << Ok, possiamo entrare. Propongo di andare direttamente dal signore alla cassa così ci sbrighiamo subito. >> suggerì per poi entrare seguita da me.

***
Quando finalmente uscimmo dalla libreria presi il telefono per controllare l’ora.
<< Sono le 11:15. Ci abbiamo messo mezz’ora! chi aveva detto di andare direttamente alla cassa che ci saremmo sbrigate? >> dissi ironica, rimettendo il telfono in tasca
<< Come facevo io a sapere che il solito signore oggi non c’era? No, ma hai visto come camminava qual signore! Mio nonno sa andare molto più veloce! >> scosse la testa ridendo
<< Jess, se vuoi puoi venire da me. Non so se magari sei sola a casa. >>
E ora? Se le avessi detto che ero sola sarebbe saltata fuori la domanda ‘ I tuoi genitori sono a lavoro?’ e io non volevo perdere la mia nuova amica. Non perché le facevo pietà.
<< I miei genitori mi stanno aspettando. >> dissi senza neanche pensarci.
<< Ah, ok. Se vuoi però ti posso accompagnare .>>
<< Non c’è bisogno, abito proprio qui. >> indicai il mio palazzo e nel vedere la sua espressione delusa mi sentii uno schifo. Lei cercava di essere gentile e carina ed io le mentivo e cercavo di allontanarla.
<< Allora, ci vediamo a scuola. >> sorrise timidamente.
<< Si, ci vediamo a scuola. Ciao,Rachel. >> cercai di essere il più amichevole possibile, ma a che serviva ormai?
Mi voltai incamminandomi verso il palazzo. Come sempre avevo rovinato tutto, non mi avrebbe più rivolto la parola.
Il cancello era aperto, perciò entrai ed andai verso il portone. Presi le chiavi ed aprii.
Ma poi, perché non le avevo detto la verità sui miei genitori? Non potevo mica mentire a tutti, prima o poi l’avrebbe scoperto.
Entrai, lasciando il portone aperto, la signora del primo piano stava uscendo, e iniziai a salire le scale.
Ero stata una scema, se le avessi detto che non c’era nessuno ad aspettarmi a casa sarebbe stato meglio, no? Io sarei stata sincera e lei poi avrebbe avuto pietà di me. Era sempre così.
‘ Ma forse lei era diversa. Forse avrebbe apprezzato Jess e non la ragazza orfana. ’
Beh, ormai era troppo tardi per saperlo.
Quando arrivai davanti la porta del mio appartamento presi le chiavi dalla borsa ed aprii. Poggiai la busta con i libri per terra e chiusi la porta.
Sospirai controllando se Clarissa avesse risposto, ma niente.
‘ Sistemo i libri e vado. ’ Pensai
Presi la busta per portarla nella mia camera. La poggia sulla scrivania ed iniziai a sistemare i libri nella libreria, quando qualcuno suonò al campanello.
‘ E ora chi è? Qualche vicino che ha notato la mia presenza? ’
Lasciai stare i libri ed andai verso la porta.
<< Chi è? >> chiesi titubante. Se fosse stato un ladro con cosa mi sarei difesa? La mie tecniche di combattimento non erano così efficaci, io puntavo più sull’astuzia che sulla lotta.
<< Rachel >> rispose affannando la voce dietro la porta
Che?
Aprii immediatamente la porta per ritrovarmi davanti la ragazza con le mani poggiate sulle cosce mentre riprendeva fiato.
<< Che ci fai qui? >>
<< Ti erano caduti questi. >> mi porse una banconota da 20 dollari.
Controllai la tasca posteriore dei jeans, li avevo messi lì.
<< Oh,grazie non mi ero accorta di averli persi. >> dissi vedendo che effettivamente non li avevo.
<< Jess? >> iniziò, rimettendosi diritta << Non sono scema, c’è troppo silenzio perché i tuoi siano a casa. >>
Restai a guardarla per qualche secondo.
<< Entra. >> sospirai facendole spazio per farla passare per poi chiudere la porta
<< Vieni , andiamo in cucina. >>
Una volta che fummo sedute al tavolo non sapevo come dirle quello che dovevo dire.
<< Hey, perché non mi hai semplicemente detto che volevi tornare a casa? Per me sarebbe andato bene. >>
Chiusi gli occhi sospirando e poggiando le braccia sul tavolo
<< Rachel >> iniziai, dovevo dirle la verità << I miei genitori non sono a casa e non ci saranno mai. >> nel dire quelle parole sentii un groppo alla gola
<< Che vuoi dire? >> si accigliò
Aspettai di riuscire a parlare
<< I miei genitori sono morti quando avevo due anni. >> sentii gli occhi pizzicare, era la prima vera volta che lo dicevo ad alta voce e che lo raccontavo a qualcuno fuori dal collegio.
Rachel rimase sorpresa dalle mie parole.
<< Ho vissuto in un collegio fino ad avantieri. Solo all’età di 18 anni si può andare via e appena ne ho avuto l’opportunità sono andata via. Lì la vita non era così piacevole. >> non riuscii a impedire ad una lacrima di uscire, ma anzi mi ero trattenuta fino a quel momento.
<< Jess, perché non me lo hai detto subito? >> chiese dolcemente, prendendomi una mano
<< Non mi va di parlarne in giro, e poi…non volevo provassi pietà per me. >>
<< Io non provo pietà per tè. Non so cosa voglia dire crescere senza l’affetto dei tuoi genitori e non so cosa tu abbia passato, ma ti sono infinitamente grata per avermene parlato. Puoi stare tranquilla, io non me ne andrò. Non ti sbarazzerai di me così facilmente. >> si alzò venendo ad abbracciarmi
<< Grazie, Rachel. Sei la prima persona con cui ne parlo. >> ricambiai l’abbraccio
<< Ne sono onorata. >> sorrise staccandosi << Ma parliamo di cose serie: mi stai dicendo che avantieri hai fatto 18 anni e hai passato la giornata ad impacchettare le tue cose? >>
Le fui davvero grata per aver cambiato argomento, ma soprattutto per non avermi compatito. Forse saremmo diventate davvero buone amiche, e non potevo esserne più felice.
<< Allora ci vediamo domani mattina sotto casa tua >> Rachel stava andando via 
<< D’accordo. A domani allora .>>
<< A domani. >> mi salutò con la mano andando via
Dopo che le avevo raccontato la verità avevamo iniziato a parlare e si era fermata a pranzare. Le avevo detto della mia vita nel collegio, cosa facevamo, di come erano morti i miei genitori e del fatto che non ricordavo niente della mia vita prima del collegio, di Clarissa e di cosa avevo fatto una volta andata via. Dopo mangiato lei mi aveva raccontato della sua di vita: la sua famiglia, i suoi amici e i suoi hobby. Avevo scoperto che aveva un fratello più grande, Neal, e con mia sorpresa che non era la ragazza più popolare della sua scuola. Quella era Cearra, con il suo gruppetto.
Poi ci eravamo organizzate per uscire domani mattina, saremmo andate a fare shopping e poi dovevo andare a casa sua, non avevo scelta.
Tornai in cucina e misi dei bicchieri che erano rimasti sul tavolo nel lavandino per lavarli. Prima però ricontrollai se Clarissa avesse risposto, ma ovviamente non c’erano messaggi.
Sbuffai scrivendone un altro
‘ Clarissa giuro che se non rispondi vengo lì e ti prendo a sberle! ’
Sapeva quanto mi odiavo per averla lasciata lì e ora non rispondeva!
Posai il telefono sul tavolo ed andai ad aprire l’acqua per lavare i bicchieri, ma non usciva acqua.
<< Ma daii! >> continuai a girare la rotella, ma non usciva niente
<< Mi sembrava strano che stesse andando tutto per il verso giusto! >>
Era incredibile! L’avevamo usata fino a due minuti fa e ora non c’era più.
<< Ahh >> sobbalzai quando sentii i piedi bagnarsi
<< Oddio! >> mi allontanai il prima possibile. Usciva acqua da sotto il lavandino.
Corsi nello sgabuzzino per prendere degli stracci da usare per asciugare per terra.
<< E ora? >> aprii lo sportello sotto il lavandino e vidi diversi tubi, ma non sapevo quale fosse quello rotto
Io non avevo la più pallida idea di come si aggiustasse un lavandino rotto, se avessi chiamato Rachel scommetto che avremmo rotto tutto, chi potevo chiamare?
L’unica possibilità era Drew, ma sarebbe stato sicuramente occupato. Era sabato pomeriggio in fin dei conti.
‘Non penso preferisca che gli si allaghi la casa’
Sbuffai prendendo il telefono e cercando il suo numero, odiavo il fatto di non potermela vedere da sola e odiavo ancora di più il fatto di dover dipendere da qualcuno.
Dovetti aspettare solo un paio squilli
<< Pronto? >>
<< Drew, sono Jess. Scusa se ti disturbo è solo che ci sarebbe un problemino. >> dissi guardando il lago che era per terra
<< Tranquilla, che succede? >>
<< Penso si sia rotto un tubo. >>
<< Dieci minuti e arrivo. Non toccare niente. >>
<< Ok. >> riattaccai vedendo che l’acqua continuava ad aumentare.
Dopo dieci minuti sentii suonare alla porta
<< Puntuale come un orologio svizzero. >> dissi vedendo Drew fuori dalla porta e facendolo entrare
<< Non faccio mai aspettare una fanciulla in difficoltà. >>
<< Mi dispiace sul serio di averti fatto venire fin qui. Ma non sapevo veramente cosa fare. >>
<< Hai fatto bene, tranquilla. Cos’è successo? >>
<< Ho aperto il rubinetto, ma non usciva acqua. Poi mi sono accorta che invece usciva, ma dalla parte sbagliata. >> dissi facendolo entrare in cucina
<< Potevi dare una festa in piscina.. >> rimase fermo a guardare il lago, alzando un sopracciglio
<< Spiritoso. Io mi sono spaventata. >>
<< Nello sgabuzzino dovrebbe esserci una cassetta degli attrezzi, puoi prendermela? >>
<< Certo >>
Quando tornai lo trovai sdraiato per terra con la testa dentro lo sportello che avevo aperto prima
<< Ma li non c’era bagnato? >> chiesi portandogli la cassetta
<< C’è un lago, ma intanto lo devo aggiustare. >> rispose prendendo una chiave inglese
Lo lasciai armeggiare per un po’ poi mi abbassai per dare un’occhiata
<< Allora? >>
<< Si è svitato un tubo, niente di grave. Però vieni più vicino, così se capiterà qualche altra volta saprai cosa fare. >>
Mi avvicinai ai tubi e lo vidi stringere un bullone
<< Posso provarci? >> chiesi
<< Certo. >> mi fece prendere la chiave e provai ad allentare il bullone per poi stringerlo di nuovo
<< Secondo me, va stretto ancora. >> dissi ridandogli la chiave inglese
<< Aspetta >> ritornò con la testa sotto i tubi << No, va bene così. >>
<< Se lo dici tu. >>
<< Un gioco da ragazzi, visto? >> si rimise in piedi, per poi richiudere lo sportello
<< Hai tutta la schiena bagnata. >> lo informai
<< Non posso dire di aver caldo. >> scherzò
<< Ora vediamo se funziona. >> allungò la mano e aprì l’acqua. Solo che non uscì neanche questa volta come doveva uscire, ma schizzò completamente addosso a Drew.
Scoppia a ridere, mentre lui cercava di ripararsi con le mani, cosa che non servì a niente.
<< Potresti aiutarmi, eh. >>
<< Si, scusa. >> dissi asciugandomi le lacrime dovute alle  risate e avvicinarmi per aiutarlo, ma era troppo tardi. Si era tolto la maglietta e la stava usando per fermare l’acqua.
<< Ok, forse andava stretto di più. >> ammise
<< Puoi stringerlo tu? Io intanto chiudo l’acqua da qui >>
<< Certo. >> seguii le sue indicazioni, cercando di non guardarlo o sarei diventata rossa come un pomodoro.
<< Fatto. >> lo informai alzandomi
<< Ah >> sospirò << Ora ho tutta la maglia bagnata. >>
‘ Non fa niente. Non giudico mica. ’
<< Puoi stenderla se vuoi. Con il phon non risolveresti molto. >>
<< Se posso, la stendo volentieri. >>  disse sorridendo imbarazzato
<< Dammi, faccio io. Intanto vieni con me ho delle maglie che potrebbero andarti. >> gli feci segno di seguirmi
<< Non credo. Sai, ho minimo due taglie più di te. >> disse seguendomi comunque
<< E a me piacciono le maglie larghe. >> dissi entrando nella mia camera e aprendo l’armadio.
Cercai la maglia nera che un anno mi avevano regalato per il mio compleanno dei ragazzi in collegio. Poteva sembrare un atto dolce, ma non lo era affatto. Lo avevano fatto per prendermi in giro, quegli stronzi. Ma ora servivano a qualcosa.
<< Tieni. Io intanto vado a stenderti questa. >> alzai leggermente la mano con cui tenevo la sua maglia
<< Come mai hai una maglia che è il doppio di te? >>
<< Lunga storia. >> dissi uscendo dalla stanza
Dopo avergli steso la magliette andai in cucina, dove lo trovai appoggiato al lavandino.
<< Se vuoi puoi aspettare che si asciughi, altrimenti te la posso portare domani. >>
<< Se non ti dispiace aspetto. Vorrei chiarire una cosa. >>
<< Cosa? >> chiesi sedendomi al tavolo. La mia maglietta gli stava davvero bene. Era un po’ piccola, ma meglio…
<< Mi dispiace per ieri. Non avrei dovuto chiederti perché non avessi un altro posto dove andare. >> disse sedendosi difronte a me
Sospirai, c’era rimasto davvero male.
<< Drew, non è stata colpa tua. Era lecito che tu lo chiedessi, lo avrei fatto anch’io. >>
Si merita una spiegazione dopo che era venuto fin qui per aggiustarmi il lavandino
<< E’ solo che.. >> m’interruppe
<< No, non devi darmi delle spiegazioni. >>
<< Invece si, perciò fammi parlare. Non avevo altro posto in cui andare perché non ho nessuno a questo mondo. >>
<< Come no? E i tuoi genitori? >>
Sorrisi leggermente alle sue parole. Riuscivo a sembrare una ragazza normale, con una vita tutta rose e fiori allora.
<< Sono morti quando avevo due anni. Fino a un paio di giorni fa ho vissuto in un collegio, poi ho compiuto 18 anni e sono andata via. Ora eccomi qua. >> dissi semplicemente le cose essenziale. Ormai ne avevo parlato anche con Rachel perciò non era la prima volta e avevo imparato a controllare le mie emozioni, ma questo non voleva dire che non mi facesse male parlarne. Gli dovevo una spiegazione e questo era abbastanza.
Drew mi stava fissando, come pensavo ora gli facevo pietà.
<< Non te lo volevo dire per non farti pietà. Odio quando le persone lo fanno. >>
Lui sembrò non ascoltarmi, invece mi prese una mano.
<< Capisco perché non l’hai fatto,ma puoi stare tranquilla io non provo pena per te. Mi dispiace che i tuoi genitori non possano vedere quanto bella sia la loro bambina. >>
Sorrisi << Grazie >>
<< Allora, ti va di vedere un film e magari di mangiare una bella pizza? >> chiese poi sorridendo

 

 

   
 
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