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Autore: Adhara    22/07/2018    1 recensioni
Soltanto una nuova minaccia per il Mondo Magico poteva far riavvicinare l'Auror Potter col suo ex professore di Pozioni. Due uomini del tutto nuovi, vecchi rancori e una strega oscura sono gli ingredienti per una pozione ammaliante e... pericolosa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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15.

Lo aveva trovato il suo vecchio collega alle quattro e mezza, quando era arrivato per iniziare il turno. Era steso a terra davanti alla cella di quella strega oscura arrivata da poco, solo che la cella era spalancata, la strega non c’era e per giunta tutte le altre porte erano chiuse, così che nessuno poteva accorgersi di nulla se non capitando proprio nell’ultima ala del carcere. Nazar, dopo aver appurato che la strega era riuscita in qualche modo a bluffare i sistemi di sicurezza, che ora erano attivi, si era chinato sul collega, scuotendolo per una spalla. Ma Guriy non aveva risposto, e non avrebbe risposto mai più. Non avrebbe mai potuto raccontare della forza invisibile che gli era scivolata come sciroppo nella testa, riempiendogli il cervello di adorazione per Inga, convincendolo che disattivare per cinque minuti i sistemi di sicurezza per lei era la cosa giusta. Come per portarla in infermeria, senza disattivare gli allarmi delle altre celle: solo che Inga non avrebbe trovato barriere all’uscita, e sarebbero potuti fuggire assieme, lontano, dove nessuno li conosceva. Ma poi era arrivata quell’onda d’urto che gli aveva bruciato gli organi interni, lasciandolo a terra come un sacco di patate, solo, sotto gli occhi degli altri carcerati. E loro questo lo avevano raccontato, a spizzichi e bocconi, alle autorità che Nazar era poi corso a chiamare. Su Shemeli cadde una coperta di tristezza e terrore. Le famiglie iniziarono a sbarrare le porte di casa, al calare delle tenebre. La sorella di Guriy vestì il lutto. E il testo della lettera che fu ritrovata nella tasca della divisa del defunto fece il giro del mondo magico.

Ma il pericolo fu presto lontano dal minuscolo centro magico arroccato nella più sperduta campagna bielorussa. Nessuno la vide fuggire, ombra tra le ombre, e i poveri e onesti maghi e streghe furono abbandonati nella paura mentre lei, gli occhi allucinati, le labbra piegate in un sorriso, si allontanava senza soffrire il freddo, né la paura dell’ignoto.

Nessun impiegato ministeriale arrivò alla prigione di Shemeli prima dell’ora di pranzo. Non dissero perché, nonostante il Ministero fosse stato avvertito non appena le autorità locali ebbero appurato che il vecchio Nazar diceva il vero. Nel paesello il tempo sembrava scivolare come melassa mentre, tutt’attorno, il mondo magico aveva già iniziato a tremare al pensiero di una nuova forza oscura.

Inga si nascose. Senza demordere, riuscì ad arrivare ad un bosco molto, molto lontano dalla prigione: aveva le gambe graffiate, era intorpidita dal freddo, e le scarpe che le avevano fornito si erano rotte ormai molto tempo prima, lasciandole grosse abrasioni sulle piante dei piedi. Ma si lasciò cadere a terra solo quando fu del tutto nascosta nel folto di quella macchia solitaria: cadde a faccia in giù e nessuno avrebbe potuto avvertire la risata che prese a scuoterla. Là rimase per un giorno intero: si procacciò del cibo, aggredendo le poche bestiole che abitavano la macchia, principalmente topi muschiati, e restò in attesa di venire scoperta o di averla vinta. Quando poi trascorse la notte e nessuno era venuto, allora Inga si alzò dal giaciglio che si era creata con rami e foglie e abbandonò il suo nascondiglio. Troppo presto, qualcuno avrebbe detto. Ma quel qualcuno certamente non sarebbe stato a conoscenza della pericolosità del veleno di Inga.

 

«Cosa fai qui?»

Harry si voltò: Severus, bardato di un pesante mantello nero bordato in pelliccia, lo scrutava. Si era tirato il cappuccio sulla testa per combattere i fiocchi di neve che continuavano a cadere copiosi.

«Ho bisogno di parlarti» rispose Harry. «È urgente»

«Lo credo bene»

Severus gli girò attorno e andò ad aprire la porta. Senza curarsi di lui entrò e Harry si trovò da solo nella buia bottega del Pozionista. Allora chiuse la porta con un sospiro.

Quando fu entrato nell’appartamento, Harry trovò Severus in cucina: si era liberato del mantello e ora preparava il tea con gesti rapidi e concisi.

«Ti sarai congelato, là fuori» borbottò Harry. L’altro non alzò il viso.

«Ho provato l’ebbrezza di una passeggiata sotto la neve» rispose, «ma come immaginavo, solo i cretini come te possono apprezzare quel freddo»

Harry non poté fare a meno di sorridere davanti all’insulto. Un calore piacevole gli si era sciolto nel petto vedendo Severus, e si sarebbe preso volentieri tutte le frecciatine del mondo pur di godere un po’ della sua vicinanza. Ma il pensiero di ciò che lo aveva portato lì gli ricadde addosso, un masso che rotoli da una scogliera pronto a schiacciare qualunque cosa si frapponga tra lui e la sua meta.

«Inga è fuggita di prigione» disse quindi Harry. Severus continuò a sfaccendare.

«E?» fece, per nulla impressionato.

Harry si mosse sul posto, seccato, trattenendosi. D’altronde se l’era aspettata una risposta del genere, o meglio, una totale mancanza di risposta.

«Il Ministero ha deciso di assegnarti un sigillo di protezione» aggiunse Harry. «Non puoi rifiutarlo o dovrei arrestarti. Inga potrà ancora avvicinartisi, ma non appena entrerà in questo edificio la mia squadra verrà allertata e verremo a prenderla con le mani nella marmellata»

L’Auror aveva abbassato la testa parlando, ad osservare la scatola metallica che racchiudeva il sigillo. Così non vide che Severus si era voltato a guardarlo, un ghigno sulle labbra fini, e che aveva preso a studiare ogni centimetro della sua figura.

«Il Ministero o tu?» chiese a voce bassa il Pozionista.

Harry rabbrividì sentendo quel tono. Lo guardò, finendo per annegare nei suoi occhi neri come pece, e l’istinto ti andare là e baciarlo, infilare le dita nei suoi capelli e stringerlo lo investì, tanto che non si accorse dei passi che mosse verso di lui. Ma poi si fermò.

«Non credo ci sia differenza, il Ministro in carica è la mia migliore amica» si ritrovò quindi ad ammettere. Severus non fece vacillare il sogghigno e fu lui, stavolta, ad avanzare. Si trovarono quindi a pochi passi di distanza e un silenzio elettrico cadde su di loro.

«Se rifiutassi quindi…?» chiese ancora il Pozionista. Ancora quella roca voce gutturale.

Harry non rispose. Non poteva permettersi, infondo, di ammettere che quella era stata una bugia bella e buona. In compenso appoggiò al tavolo la scatolina e annullò la distanza che ancora li separava.

Si parò dinanzi a Severus con forza, con l’espressione di uno che non lo avrebbero fatto indietreggiare nemmeno i cannoni. E Severus si prese il tempo di leggere all’interno delle sue pupille, quei cestini di erba primaverile recisa e mischiata ai fiori di tarassaco, pagliuzze dorate immerse nel verde. Alzò una mano e la pose sulla guancia di Harry. Lui chiuse gli occhi.

Si baciarono con foga stridente, spezzando d’improvviso la tela di lenta seduzione che avevano finora tessuto in quella minuscola frazione di tempo. Le gote ruvide di Harry, il respiro grosso di Severus, le mani che sfioravano, graffiavano, tastavano ovunque. Non fu con grazia che Harry spinse Severus al muro, aprendogli la camicia e mettendogli a nudo il petto pallido, intessuto di muscoli torniti ma timidi e di ossa spigolose. Non si curò di strattonarlo Severus quando lo afferrò per i capelli per baciarlo di nuovo, mordendogli le labbra con desiderio. E quando la bocca di Harry perse la bussola e scivolò sulla grossa cicatrice che un tempo lontano aveva lasciato sul collo di Severus, allora lui ringhiò e lo spinse via solo per poi afferrarlo e trascinarlo oltre la porta della cupa camera da letto, in cui pesanti tende oscuravano la vista sul panorama ghiacciato dei tetti di Notturn Alley. Schioccando l’aria con violenza, cinte furono strappate via dai pantaloni, camicie scivolarono a terra, gemiti si alzarono nell’etere. E furono infine nudi ad amarsi sulle coperte monocromatiche di quel grande letto mentre, in cucina, l’acqua per il tea bolliva, dimenticata.

 

«Ahia, stramaledetto affare…»

«Sempre fini vedo»

«Ah, sta zitto. Oppure provaci tu»

«Oh no, Auror Potter, non mi premetterei mai»

Avvolto nella vestaglia, Severus si allungò a baciargli il collo nudo e Harry sorrise, godendosi pacatamente il momento. Erano trascorse un paio d’ore da quando era arrivato e ora se ne stava in piedi dietro la porta d’ingresso dell’appartamento, in boxer, e stava cercando di installare il sigillo.

Imprecò ancora sottovoce e sentì Severus ridacchiare. Aveva acceso il camino, lui, dopo aver fatto l’amore: quell’inverno rigido lo congelava sino al midollo, Harry lo aveva notato, e accarezzando il suo stomaco piatto si era anche chiesto se forse non era anche a causa della sua magrezza. Ma aveva taciuto, o nulla lo avrebbe salvato da un’accusa di essere uguale a Molly.

Il sigillo alzò uno squittio: Harry allontanò le mani e finalmente l’aggeggio si era incollato al muro. Era simile ad un grosso insetto, ricoperto di un’armatura bronzea che lanciava ombre scure e metalliche sotto il sole.

Sistema di sorveglianza H.S.S. 23. Auror Potter?

Severus, che si era allontanato, si fece di nuovo vicino, incuriosito.

«Sono io» rispose Harry. Si pose le mani ad anfora sui fianchi, fiero come Artur quando era riuscito ad utilizzare il suo primo cacciavite a percussione.

Responsabile individuato. Entrata in funzione: tre – due – uno.

Si alzò un unico, alto bip dal sigillo, poi tutto tacque. Harry ci bussò con un dito, ma non accadde nulla.

«Bene, siamo a posto» disse quindi. Non sembrava molto convinto.

«E quello come farebbe ad evitare che Inga mi ammazzi nel sonno?» chiese Severus con un sopracciglio alzato. Harry lo fulminò con lo sguardo, poi se lo tirò contro e lo baciò profondamente.

«Rileva maghi e streghe oscure» rispose, «e mi manderà la diagnostica di chiunque entri nell’edificio»

Severus scosse piano la testa. Gli posò le mani sul petto.

«Forse non te ne sei accorto, ma siamo a Notturn Alley, qui ne girano parecchi di maghi oscuri»

Harry alzò una risata che per un momento infastidì Severus. Si sentì preso in giro, così strinse le labbra, ma dovette subito desistere perché un altro bacio lo raggiunse.

«Mi spiace deluderti, ma non siete così oscuri come volete farci credere» rispose Harry. Poi la sua espressione s’incupì.

«Non quanto Inga, almeno»

Severus lo vide abbassare gli occhi e sentì le sue braccia forti acuire la stretta sui suoi fianchi. Posò la testa nell’incavo del collo di Harry, beandosi del suo calore. Oh, gli era mancato, eccome se gli era mancato.

«Sono sopravvissuto all’Oscuro Signore» mormorò. «Inga non è certo la cosa peggiore mi sia mai capitata»

«E si da il caso che il tuo ragazzo sia l’Auror più figo in circolazione» sogghignò Harry.

La lieve spallata che lo colpì lo fece ridere.

«Dovrai tornare al Ministero ora»

Severus lo aveva sussurrato, non domandato, e a Harry parve di avvertire una nota di dispiacere nel suo tono. Non capì: non si aspettava quel genere di malinconia, da lui. Però il suo cuore buono rispose automaticamente e una mano salì ad accarezzare i capelli di Severus.

«Devo seguire gli sviluppi, voglio essere preparato a qualsiasi evenienza» rispose.

Le dita di Severus scivolarono lungo la pelle delineata dall’elastico dei suoi boxer. Harry rabbrividì.

«Allora ti va di tornare qui, dopo?» chiese piano il Pozionista. Harry s’irrigidì un istante, sorpreso. Non si sarebbe aspettato nemmeno una proposta del genere.

«Certo che mi va» sorrise quindi. Baciò Severus accanto all’orecchio, attento, ora a non toccargli la cicatrice.

Quando uscì dall’edificio di Notturn Alley non nevicava più, ma il cielo continuava ad essere uno spesso mare di cotone sporco di fuliggine. Si affrettò al Ministero, sperando, in cuor suo, di poter compiere spesso quel tragitto, streghe oscure in agguato a parte. La dimora che Severus si era creato dopo la guerra non era certo il suo genere, però era accogliente: fosca, scura, sì, ma tiepida, piena di angolini che un topo di biblioteca come Severus aveva sicuramente studiato con raziocinio, e poi c’era lui, e a Harry sembrava che tutto fosse meglio, con lui.

Quel pensiero lo agitava. Positivamente, perché si sentiva attratto a tornare indietro da lui come quando, da ragazzo, desiderava tornare al Quidditch. Ma era anche strano, perché infondo non aveva dimenticato che Severus era stato il suo professore di Pozioni. Ma non importava.

La Londra babbana, in quella domenica invernale, era un tripudio di famigliole a passeggio, ragazzi raggruppati agli angoli delle piazze, temerari che sfidavano le altre macchie di neve nei parchi, ma Harry notò anche un certo viavai magico, soprattutto nei dintorni del Ministero. Alcune facce note, giornalisti, giravano senza dare nell’occhio, in attesa come condor, e l’Auror dovette impegnarsi per scivolare via senza essere notato. All’interno del Ministero, infatti, la domenica era già conclusa: Harry entrò nell’Atrio per trovare la scorta del Primo Ministro bielorusso, sei uomini vestiti di nero, ad attendere. Lo guardarono, quando passò, e forse lo riconobbero come chi aveva ucciso Voldemort, ma non fecero nulla se non osservarlo in silenzio, così Harry andò dritto verso l’ufficio di Hermione.

«Ehy, amico»

La voce di Ron arrivò assieme ai suoi passi da corsa, poi una mano fu sulla spalla di Harry ed entrambi si fermarono a pochi passi dalla porta dell’ufficio.

«Sei evaso da casa?» chiese con un sorriso Harry.

Ron scrollò le spalle.

«Te lo ricordi il nostro vicino che alza il gomito, quello che abbiamo trovato due volte riverso nella fontanella per gli uccelli? Ecco, me ne stavo in giardino quando è passato e ha incontrato un’altra vicina, così l’ho sentito che diceva che c’era una frotta di giornalisti che girava per i dintorni»

Harry fece una smorfia.

«Ce ne sono anche qua fuori» annuì.

«Arrivano loro, me ne vado io» soggiunse Ron, «Ma non so se a Hermione farà piacere. Tu? Il sigillo?»

Harry avvertì i sottintesi di quella domanda e senza rendersene conto abbassò la testa, arrossendo un poco.

«L’ho messo poco fa» rispose. Ron, che a sua volta colse il messaggio indiretto nelle parole dell’amico, gli batté una manata di solidarietà sulla spalla.

«Non volevi entrare, vero?» aggiunse poi, indicando la porta dell’ufficio di Hermione. «È col Ministro bulgaro, non l’ho ancora vista»

«Credo sia bielorusso» lo corresse Harry distrattamente. Si passò una mano sul viso, stropicciandoselo.

«Volevo davvero tanto entrare, sì» sospirò. Ron annuì, ma senza dire nulla gli fece segno di seguirlo e lo portò dove sinora lui stesso aveva aspettato. Si era impossessato di un’area visitatori incastrata a pochi passi da lì, nascosta dietro muretti bassi e vasi di fiori.

«Ma tu lo sapevi che di questi cosi ne è pieno il Ministero?» chiese Ron, buttandosi su un divanetto. Al centro di una piccola panca imbottita c’era un tavolino rotondo.

«Credo di non aver mai guardato attentamente questo posto» ammise Harry sedendosi davanti a lui. Non era proprio comodo, quell’angolo: le ginocchia di Harry si strizzarono dietro al rigido profilo del tavolino, mentre Ron doveva stare afflosciato con l’intera superficie in mezzo alle gambe. Si guardarono per un istante in silenzio, poi scoppiarono a ridere. Entrambi sembravano adulti incastrati in una casetta per bambini.

«Ssssh! La Ministra sta conducendo una riunione importante!»

Una strega accigliata passò loro accanto.

«Non mi dire!» rispose Ron, facendo scoppiare una seconda ondata di risa di Harry. La donna lo guardò scioccata, poi se ne andò via veloce.

«Probabilmente quella era una collaboratrice di mia moglie» aggiunse poi Ron scrollando le spalle. «Ne ha un sacco. Impossibile ricordarle tutte»

«Ti sei sempre ricordato tutti i tuoi fratelli» sogghignò Harry.

«No, capita ancora che mi dimentico di contare Percy» rispose Ron, ma sul finire della frase si ridusse a sussurrare per poi zittirsi: la porta dell’ufficio di Hermione si era aperta.

«…e ringraziarvi di tutto. Spero davvero ci rivedremo in situazioni più rosee» disse la voce di lei.

«Ma prego! È mio dovere signora, dovere politico e morale. Io spero potremo averla nel nostro bel Paese presto»

La voce del Primo Ministro bielorusso si fece vicina mentre Hermione lo faceva uscire dall’ufficio. Harry e Ron rimasero zitti, nascosti nell’area visitatori, a osservarsi lungamente, in ascolto.

«Sarà un piacere per me, dopo che questa urgenza sarà terminata»

Sottovoce, Ron borbottò che lui in Croazia non ci sarebbe andato. Harry si ficcò una mano sulla bocca per non ridere.

I due politici si mossero verso l’Atrio, seguiti da chi era rimasto con loro nell’ufficio. Quando furono abbastanza distanti, Harry e Ron si alzarono. Da lontano videro Hermione salutare gli ospiti che se ne sarebbero andati con la Metropolvere di emergenza dedicata solo ai politici di altri Paesi. Dopo qualche minuto, la folla dei collaboratori di Hermione le fu addosso e lei, a grandi passi, fece dietro front, illuminandosi quando vide chi la stava aspettando.

«Ciao!» esclamò avvicinandosi. Schioccò un bacio sulle labbra di Ron prima di afferrarli entrambi per i gomiti e portarseli nell’ufficio: con un gesto di una mano chiuse le porte davanti ai suoi uomini e i tre restarono soli nella sala.

 

 

°Comunicazione di Servizio:

 Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere sapere che una nuova Snarry è apparsa nel mio account. È buffo, giacché io stessa continui a ripetere che sono una novizia della coppia e che scrivere di loro mi pare ancora strano, ma mentre ero in vacanza l’ho trovata in un angolo del PC – una prova prima della stesura de L’Incanto del Sangue di Re’em – e mi è sembrato opportuno darle la possibilità di essere letta. Quindi, se volete darle uno sguardo, ne sarò molto felice!

Inoltre, per me è ufficialmente arrivato quel magico periodo dell’anno in cui mi è possibile viaggiare. Sino ai primi di Settembre quindi organizzerò una schedula di upload per le storie che seguirà intervalli di tempo un po’ più ampi rispetto a quelli mantenuti sinora, per riuscire a lasciarvi qualcosa da leggere anche quando sarò in giro per l’Europa. Ma non sparirò di nuovo, promesso!°  

 

 

  
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