Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Shade Owl    23/07/2018    4 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- No! No, non ci siamo! Regola quei bassi, mi stanno sfondando i timpani!- sbottò David, rivolgendosi a un tecnico sul palco - E qualcuno vuole fare qualcosa per queste dannate luci? Cazzo, gente, tra due ore questo posto sarà strapieno di persone, volete darvi una mossa?-
Orlaith, sconfitta dalla nuova interruzione, abbassò il violino e sbuffò: erano quasi tre ore che provavano le luci, l'impianto audio, gli effetti speciali... ogni volta, David trovava qualcosa su cui mettere bocca, col risultato che non era riuscita a finire nemmeno mezzo assolo.
Tra l'altro, iniziava ad avere un po' di freddo: il sole stava già tramontando ed era quasi totalmente nascosto dagli edifici, causando un drastico calo delle temperature, che sommate ai suoi vestiti la stavano trasformando in un ghiacciolo vivente.
Ma perché un concerto all'aperto, accidenti?
Era previsto bel tempo per tutto il resto della settimana, ma faceva comunque freddo, e lei non indossava abbastanza stoffa: David le aveva fatto preparare dalla costumista una gonna scozzese a mezza coscia, che portava sopra dei semplici collant, e una maglia dalle maniche e il collo a rete. Se non si fosse messa addosso una giacca sarebbe morta di freddo.
- Ma è sempre così?- le chiese il tastierista, abbastanza piano perché David non sentisse.
Si chiamava Ed Carlise, e lo conosceva ormai da due anni. Era un uomo sulla quarantina, dai capelli biondi e lunghi, dall'attaccatura un po' alta, legati in una coda di cavallo, e indossava pressoché sempre un paio di piccoli occhialini neri.
Si erano incontrati per la prima volta durante un evento di musica dal vivo al Plaza, quando lei aveva presentato uno dei suoi ultimi singoli dell'epoca. Per mesi Dave le aveva ripetuto in tutte le lingue che conosceva (anche in spagnolo) quanto avesse dovuto penare per ottenere un ingaggio lì, e di come fosse soddisfatto del proprio lavoro. Ed e il suo gruppo, i Bitter Cake, erano lì come ospiti, e avevano stretto amicizia dopo che l'avevano sentita suonare. Dopo quella volta erano rimasti d'accordo, una volta o l'altra, di suonare insieme in qualche occasione.
L'evento era stato organizzato dal manager dei Bitter, un concerto all'aperto su uno dei tetti di Midtown, e visto che era la prima volta che tornavano in città dopo due anni avevano pensato di ricontattarla per quella famosa collaborazione a cui avevano accennato.
- David? No, certo che no.- rispose - Di norma è più aggressivo coi tecnici. Immagino che sia di buon umore.-
Ed fece una risata sincera, scuotendo la testa.
- Aaah, ragazza mia, i produttori e i manager sono davvero assillanti quando ci si mettono.- decretò - Ma fanno il loro lavoro per lasciarci fare il nostro. Quando avrai l'esperienza che ho io ti renderai conto di quanto sei fortunata ad avere uno come quel Valdéz a seguirti.-
Orlaith sorrise, mettendo il violino sul suo supporto.
- David, io faccio una pausa!- annunciò.
- Eh? Sì, sì, come ti pare...- borbottò lui, chino sul computer dello sfortunato tecnico del suono - No, il problema è qui, vedi? Hai regolato male il gain...-
Mentre il produttore torturava il malcapitato e i Bitter si raccoglievano intorno al proprio manager per discutere di affari, Orlaith si diresse alla postazione bar, dove un uomo e due ragazze pulivano bancone e stoviglie o sistemavano le scorte di alcool.
- 'Sera, tesoro.- la accolse il pelatissimo barman, mentre il suo orecchino ammiccava sotto la luce dei led - Cosa posso offrirti? Un bel whiskey?-
- Cosa ne sai tu del whiskey?- chiese Orlaith, sedendosi allo sgabello più vicino.
- Beh, è il mio lavoro. E seguo il tuo. Secondo wikipedia adori quello irlandese.-
- Mi sa che dovrò fare qualcosa per la privacy...- sorrise lei - No, per ora niente whiskey, prima dei concerti non bevo. Dammi solo una soda.-
L'uomo le strizzò l'occhio e afferrò un bicchiere asciutto, versandoci dentro un'intera bottiglia di soda con ghiaccio e guarnendo il tutto col limone.
- Se ti serve altro chiama. Io sono Clive.- disse il barman, allontanandosi per finire l'inventario.
Orlaith gli vece un cenno di gratitudine e portò il bicchiere alle labbra. La bevanda fredda le ghiacciò lo stomaco, facendole venire un po' di pelle d'oca: era ormai quasi la fine di ottobre, e già pensava al concerto di Halloween (- Samhain, Dave! Si dice Samhain, dannazione!-) che David le aveva organizzato, così da presentare un altro, nuovo singolo su cui stava lavorando e che, finalmente, lui aveva acconsentito a pubblicare.
- Ti diverti?-
La soda le andò di traverso, colta alla sprovvista dalla voce e, soprattutto, dalla mano che le calò improvvisamente sulla spalla. Tossicchiando, si voltò col cuore in gola, e si trovò di fronte la faccia scura e magra di Jayden Allwood, imbacuccato nel suo cappotto grigio. Alle sue spalle, nei pressi della porta, vide McGrath, rigido come al solito, il cappello da autista sotto braccio.
- Tu!- esclamò quando ebbe ripreso fiato - Cosa sei venuto a fare qui?- gli chiese abbassando la voce e cercando David con lo sguardo.
- Cerco di capire che fine hai fatto.- rispose lui, incrociando le braccia - Non mi hai più richiamato.-
- Hai detto di pensarci e di prendere una decisione!-
- Sì, ma credevo che mi avresti dato notizie dopo al massimo una settimana, non dopo un mese. Non ci sentiamo da un pezzo, iniziavo a preoccuparmi.-
- Ah, certo, ti preoccupavi... e la tua rete di superspie?- grugnì Orlaith.
- Non ho una rete di superspie. Ogni tanto mi introduco nel sistema di sorveglianza di casa tua o del tuo studio, tutto qui.-
- Cosa fai?- esclamò scandalizzata lei.
- Devo tenerti d'occhio per proteggerti.- si giustificò lui, senza imbarazzo - Com'è che non ti vedo mai rincasare in compagnia? Eppure fai tardi quasi tutte le sere.-
- Tu... piantala!- sbottò Orlaith, sentendo un certo calore sotto il colletto - Smetti di ficcare il naso, non sono affari tuoi!-
Lui sorrise.
- Scherzavo.- disse - Ad ogni modo, ero davvero preoccupato.- continuò, tornando serio - Come va? Ti ho vista un po' giù di recente.-
- Sono quasi sempre giù.- rispose lei, finendo la soda - Ma ultimamente va un po' meglio. Sto puntando i piedi con David, e forse ha capito che deve allentare un po' la presa.-
- E Vaněk? Si è più fatto vivo?-
- Non direttamente. Sto cercando di evitarlo. Credevo che sorvegliassi sia lui che me.-
- Con Vaněk è più difficile.- rispose, scrollando le spalle - Ha un sistema all'avanguardia, non posso intrufolarmi troppo spesso o troppo a lungo, mi scoprirebbe. Anche usando il Cerchio finirei con...-
- Ehi, ehi, ehi!- esclamò Orlaith, guardandosi attorno preoccupata - Attento, siamo in pubblico!-
Allwood aggrottò la fronte.
- Ho solo detto "Cerchio".- disse - Chi altri oltre noi saprebbe di cosa parliamo?-
In effetti...
- D'accordo, ma comunque non hai paura che scopra la tua presenza qui?-
- Certo. Ma mi ci hai costretto tu.- rispose Allwood - Come mai non ti sei più fatta viva?- ripeté.
Orlaith sospirò.
- Senti... non puoi pretendere che mi comporti come se fosse una situazione normale.- rispose - Ho dovuto digerire parecchio... ancora non so nemmeno cosa sia vero e cosa no.-
- Ma hai sperimentato. Ti ho vista.-
Orlaith non rispose: era vero, aveva fatto altre prove, stavolta meno plateali, rimanendo chiusa in casa. Non era riuscita a fare nulla di eclatante, né era sempre successo qualcosa di particolare.
Tuttavia, nel corso dell'ultimo mese, era riuscita per ben tre volte a ripetere esperienze che di normale avevano ben poco, e in ogni occasione si erano fatte più evidenti e incredibili.
Era cominciato tutto scrivendo un brano che avrebbe suonato per la prima volta quella sera: seguendo l'idea che le aveva dato Allwood, quella di riversare il più possibile le sue emozioni nella musica e di concentrarsi su quello che sentiva mentre suonava, aveva ripensato alla città di New York e a quello che aveva significato per lei, a quello che aveva sentito vivendoci dentro e di quanto si era sentita piccola e sola.
Aveva reso il testo e la musica come se fossero dei talismani con cui farsi forza e risollevarsi. Poi aveva fatto delle prove in casa. E meno male, perché se fosse successo in studio, probabilmente avrebbe scatenato il panico. Quasi certamente il suo.
All'inizio tutto era rimasto normale come sempre, ma mentre suonava erano esplose tre lampadine, cosa che le aveva provocato un piccolo infarto. Successivamente aveva riprovato (dopo aver fatto cambiare le lampadine, ovviamente) e, stavolta, era toccato al lavandino della cucina.
A quel punto aveva rinunciato alle prove in casa, iniziando a dubitare che si trattasse di semplici guasti, e si era spostata a Central Park, trovandosi un punto particolarmente appartato dove nessuno l'avrebbe disturbata, in mezzo agli alberi e al verde, dove poteva fare tutti i danni che voleva.
Sulle prime non era accaduto nulla, e mentre se ne stava seduta a suonare e correggere le note sullo spartito sotto un albero era rimasto tutto uguale. Alla fine, comunque, era successo qualcosa di veramente assurdo.
Passato il timore, si era lasciata andare e si era immersa completamente nell'esecuzione del pezzo, alzandosi in piedi e impegnandosi sul serio. Mentre suonava aveva sentito di nuovo la stessa sensazione di quando era al City Hall Park, la stessa emozione, la stessa sensazione che qualcosa fosse cambiato.
L'aria si era fatta più vitale, il vento si era alzato facendo frusciare le fronde degli alberi.
Poi aveva sentito dei rumori, ma lei, continuando a suonare e a tenere gli occhi chiusi, aveva ignorato tutto finché non era arrivata in fondo al brano. L'unica cosa che riuscì a notare sul serio fu l'improvviso calo della luminosità di quel posto. Quando si era fermata e aveva riaperto gli occhi era rimasta sbalordita.
Gli alberi più vicini erano fioriti. Avevano fatto sbocciare talmente tanti fiori da oscurare parzialmente il sole.
I fiori fuori stagione non potevano dipendere da qualcosa di logico. Era troppo freddo, quegli alberi avevano già cominciato a perdere le foglie.
- Sì, ho fatto dei tentativi.- ammise, tornando al presente - Volevo vedere se avevi ragione.-
- E...?-
- E devo ammettere che... potrei iniziare a credere a quello che hai detto sulla mia musica.- concesse.
- Quindi cosa vuoi fare? Mi aiuterai?-
Orlaith abbassò lo sguardo: c'era un altro motivo per cui non aveva più richiamato Allwood, ovvero la foto di McGrath che lavorava per Vaněk. Era di sessant'anni prima, all'incirca, quando McGrath non era ancora nato. Quindi come poteva comparire in quella foto, pressoché identico a com'era oggi? Forse anche lui, come Allwood, era uno stregone? No, aveva ammesso di essere un umano, un "semplice maggiordomo". Non avrebbe avuto motivo di mentirle, non dopo quanto successo. Quindi cosa c'era sotto?
Non saperlo le dava fastidio, oltre che farle paura.
- Non lo so.- ammise - Tutto è così strano... prometto che ti darò una risposta chiara, ma dammi ancora un paio di giorni.-
Allwood sospirò, sconsolato e stanco.
- Bene. Ma, qualunque cosa tu faccia, non devi più provare a usare le tue abilità da sola.- la avvertì - A parte il fatto che potrebbe vederti qualcuno, può essere pericoloso. Finora ci sono stati effetti innocui, ma...-
- Ehi, stellina!-
La voce di David interruppe la conversazione, richiamando Orlaith al dovere. La ragazza lo guardò, vedendo che spalancava le braccia scocciato: il messaggio era chiaro, "muoviti e torna sul palco".
- Devo andare.- disse, scendendo dallo sgabello - Ho un concerto tra meno di due ore.-
- Resterò nei paraggi.- le disse Allwood mentre passava - Parleremo più tardi.-
Orlaith non disse niente, tornando al proprio posto. Dentro di sé covava il presentimento di essersi ficcata in una situazione impossibile da controllare e, soprattutto, da evitare.
Qualunque cosa avesse deciso, qualsiasi risposta avesse dato a Allwood, dubitava di avere una vera via di uscita.

Stanislav Vaněk seguì con lo sguardo Orlaith Alexander mentre si arrampicava di nuovo sul palcoscenico, pronta a ricominciare con le prove. Sembrava turbata, ma non spaventata o arrabbiata. Di qualsiasi cosa avessero parlato lei e Allwood, i rapporti tra loro dovevano essere relativamente buoni.
Ma quando si erano conosciuti?
- Ehi, barman... un martini.- disse Allwood, richiamandolo con un cenno, sedendosi al posto lasciato libero dalla ragazza.
Vaněk gli rivolse il suo migliore sorriso, abbandonando le bottiglie che stava mettendo via per assecondare la sua richiesta.
- Bella serata, eh?- gli disse in tono amichevole, mentre prendeva un bicchiere adatto - Lei è un amico della signorina?-
- Una specie.- rispose Allwood, senza riconoscerlo.
- Beh, a me piace. Ha talento, sa? L'ha già sentita suonare?-
Allwood annuì senza rispondere, tenendo d'occhio Orlaith che, ripreso in mano il violino, ripeteva il sound-check.
Cosa sai di lei, Allwood? Pensò Vaněk.
Si trattenne dall'aggiungere qualcosa di letale al drink, consapevole che l'avversario se ne sarebbe accorto e lo avrebbe smascherato.
- Se vuole altro chieda pure alle ragazze... io vado un attimo in magazzino!- gridò alla più vicina.
- Okay, Clive!- disse lei.
Vaněk entrò nella parte retrostante del baracchino del bar, dove lo attendeva il vero barman, seduto in un angolo con gli occhi fissi sul muro. Era rimasto catatonico per tutto il tempo, ma alle due ragazze che lo assistevano era sembrato solo una pila di casse.
La mente umana si manipolava con troppa facilità.
Cambiò il proprio aspetto, assumendo le sembianze di un semplice tecnico, e schioccò le dita davanti al naso dell'uomo. Quello si rianimò con un sussulto.
- Cosa... cos'è successo?- borbottò confusamente, alzandosi in piedi.
- Ti sei addormentato.- disse Vaněk - Meglio se torni al lavoro.-
- Eh... sì, certo.- rispose lui, ancora stordito.
Uscì dal magazzino con passo un po' incerto, senza guardarlo due volte.
E ora andiamo a occuparci di quei due... Pensò, andando verso il palcoscenico.
Era rimasto in disparte troppo a lungo. Allwood doveva imparare a stare al proprio posto.
 

Scusate, non ho potuto postare. A casa non ho adsl al momento, e non so quando mi tornerà. In ogni caso, il capitolo è questo.
Ringrazio John Spangler, Old Fashioned, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2 e Queen FalseHeart, che mi stanno seguendo. A presto!

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Shade Owl