La battaglia di neve
-
-
-
Ginny aveva
lasciato le ragazze quando si erano
ritrovate tutte e quattro.
Lei, che non era un prefetto e a cui non piacevano
quelle cose organizzative, si defilò dicendo che andava in
biblioteca. Ma, invece,
andò verso la sala grande: era quasi ora di pranzo.
Incontrò
Harry in uno dei corridoi, ma lui sembrava distratto. Gli disse
qualcosa ma
notò che lui non prestava attenzione. Gli chiese se Ron
fosse al Tiri Vispi.
Rispose di sì. (Ma lei lo sapeva già). Era ancora
distratto.
“Chissà se si ricorderà di portarmi i
tre filtri
d’amore che gli ho chiesto…” disse, con
nonchalance. Harry rispose ancora di
sì. Lei sorrise: era ancora distratto. “Avevo
intenzione di metterne uno nel
succo di zucca di Goldstein, stasera…” Quando
Harry disse ancora ‘Sì’,
ridacchiò.
“E un altro in quello di Neville…”
Harry stava di
nuovo per rispondere affermativamente
quando si fermò e la guardò. Non si ricordava
cosa gli avesse chiesto. Merlino.
Cosa doveva fare con Neville? Lei ridacchiò ancora e lui si
preoccupò. Cosa
aveva detto? Si grattò la testa.
“Scusa Ginny, non ero attento.”
Lei rise forte. “Avevo notato. Cos’è
successo?” Oh.
Niente: era stanco.
“Stamattina quando sono tornato in camera tuo
fratello mi ha subissato di domande. Un sacco di domande stupide. Alla
fine si
sono svegliati anche gli altri e non mi ha più fatto
dormire. Sono
stanchissimo. Ed è colpa tua” spiegò
sorridendo, prendendole la mano e
spostandosi verso un punto buio. “Mi fai sempre
dannare” disse ancora. Si
avvicinò e la baciò.
“Già. Devo ricambiare, no? Un po’ per
uno” precisò
Ginny, ridacchiando.
Dopo qualche altro bacio, Harry si staccò da lei
sospirando. “Andiamo a pranzo?” Ginny
annuì.
***
Aveva iniziato a
nevicare prima di pranzo. Nel primo
pomeriggio, il cortile era coperto da almeno quindici centimetri di
neve e decine
di ragazzini erano nel piazzale davanti all’ingresso a tirare
palle di neve.
Ginny, Camille e Astoria si erano ben coperte ed
erano pronte a uscire per rendere difficile la vittoria ai piccoli
nanerottoli.
Camille rideva divertita mentre si nascondeva con Ginny dietro una
delle
statue.
Una manciata di neve volò poco lontano da loro e la
rossa scappò via con due palle di notevole dimensione.
Tornò ridacchiando
informando l’amica di aver colpito almeno uno degli
avversari. Quando arrivò
anche Astoria, Camille stava preparando altre palle di neve con la
bacchetta.
“Stanno passando quelli del settimo anno” disse la
biondina Serpeverde.
Ginny non se lo fece ripetere due volte: aveva
preparato almeno sei palle. E altre ancora erano vicino a Camille.
Scambiò uno sguardo con l’amica e poi uscirono
tutte
e due insieme, ai lati opposti della statua. La rossa colpì
a caso: un ragazzo
Tassorosso e due Corvonero. (Non sapeva chi fossero, visto che erano
tutti
bardati, ma gli stemmi sui mantelli e i colori delle case parlavano per
loro.)
Ma poi venne colpita da qualcuno, mentre si girava.
Colpita alle spalle! Inciampò e cadde, sempre
ridendo. Un Serpeverde si avvicinò a lei e riconobbe
Derrick, il compagno di
calderone.
“Stai bene?” le chiese e la rossa rise.
“Sì, sì sto bene” rispose,
ancora ridendo.
Lui sospirò e l’aiutò ad alzarsi.
Quattro ragazzini
del terzo anno si avvicinarono carichi di neve e Ginny fece cenno al
Serpeverde
di scappare. Si rifugiarono dietro la statua di prima. Dietro
c’era ancora
Astoria che si strofinava le mani sul viso nel tentativo di scaldarlo.
“Mike!”
Ginny vide le guance della ragazza farsi rosa
acceso.
“Oh, ciao Astoria”, lui rise mentre si scuoteva dal
mantello la neve.
La Serpeverde si girò verso Ginny e lei alzò un
sopracciglio con intenzione: alla tosta Astoria piaceva Mike? Sorrise
compiaciuta. Non era riuscita a farlo mettere con Luna
(perché Luna aveva detto
di no, Mike non sapeva niente dei suoi piani), ma Astoria era
già cotta a puntino.
Si sporse verso il cortile e vide Camille dietro la
fontana. Corse per raggiungerla. Quando si sedette vicino a lei gli
fece notare
i due ragazzi, che non si erano accorti che lei se ne fosse andata.
“Chi è? Non lo riconosco da qui” chiese
la giovane
strega.
“Derrick.”
“Oh. Mike? Allora Astoria potrebbe svenire da un
momento all’altro. È uno dei pochi che non ci
prova con lei. E lei ci muore
dietro” disse e Ginny ghignò.
“Davvero?” Tirò fuori la bacchetta e la
puntò, senza
farsi vedere, verso di loro. Fece cadere dall’alto un
po’ di neve proprio sulla
testa di Astoria. Che rimase di sale, rabbrividì e scosse il
mantello. Derrick
si avvicinò e l’aiutò a far cadere la
neve.
La ragazza si spaventò (o qualcosa di simile, erano
un po’ lontane per capire bene) e fece dei passi indietro, ma
inciampò e cadde
distesa nella neve, fuori dal riparo della statua. Il ragazzo si
avvicinò
ancora, le tese la mano e l’aiutò ad alzarsi, ma
quando videro arrivare altri
ragazzini, Derrick si mise a correre e Astoria, che gli teneva ancora
la mano,
lo seguì.
Ginny e Camille li videro sparire dietro a una delle
siepi. La rossa rimase a bocca aperta e guardò la
Serpeverde.
“Dici che è andata bene?” Camille
alzò le spalle in
risposta.
“Non lo so. Andiamo a vedere?” Il suo sorriso
sembrava un ghigno della miglior specie. Piccola
Serpeverde. Ma Ginny annuì e corsero, fra le palle
di neve che volavano,
fino alla siepe.
Quando si affacciarono videro la Serpeverde che
allungava una mano sul viso del ragazzo e si avvicinava chiudendo gli
occhi.
Quando le loro labbra si sfiorarono, Ginny prese la mano di Camille e
riscapparono via: la battaglia di neve non era ancora finita!
***
Le prefetto del
settimo anno plus (tranne Hermione
che era al Ministero), avevano organizzato una riunione per le ragazze
in meno
di un’ora. Era quasi ora di cena quando finirono e Pansy,
alzandosi dalla sedia
salutò la Abbott e la Patil e uscì dalla stanza
dei prefetti.
Fuori, nel corridoio, poco distante dall’uscita, un
ragazzo era appoggiato al muro in attesa. Pansy lo guardò e
lo riconobbe. Quando
gli passò davanti lo salutò.
“Paciock.”
Il ragazzo alzò lo sguardo da terra e le fece un
cenno del capo. Il rospo del Grifondoro le saltò vicino.
Dovette fare uno
sforzo per non fare un passo indietro. “Oscar II?”
chiese, guardandolo. Paciock
sorrise e scosse la testa.
“No. Cioè sì. Ma non è Oscar
II” rispose lui.
“No?” Pansy volse lo sguardo in basso.
Però sembrava
proprio Oscar II. Vabbè che i rospi sono tutti uguali.
Il ragazzo si chinò a raccogliere il rospo e disse
guardandolo: “È quello che mi hai dato tu. Ma si
chiama Wilma”.
“Wilma!” La Serpeverde si tappò la bocca
con la mano
per coprire una risatina. “Mi spiace. Ti giuro che pensavo
fosse un maschio!”
Lui alzò una spalla. “Va bene comunque. Anzi,
questa
non scappa” disse lui.
“Le femmine scappano meno dei maschi?” chiese lei
sorridendo.
“Non
sempre.”
Tutti e due si girarono verso il ragazzo che
avanzava dal corridoio. “Ciao Ron” lo
salutò Neville. Anche Pansy lo salutò.
Si avvicinò ai due che parlavano a qualche passo
dalla porta della stanza dei prefetti. Aveva visto Pansy ridacchiare.
Ridacchiare con Neville. Il petto gli fece male.
“Tutto bene?” chiese lei.
Quando le fu vicino le circondò la vita con il
braccio in un gesto di possesso e le diede un bacio sulla guancia.
“Ora sì”. E le
sorrise, poi si voltò verso il ragazzo. “Che fai
qui, Neville?”
Pansy
sbuffò e gli diede uno schiaffetto sul
braccio. “Non fare il troll. Sta aspettando la
Abbott”.
Il viso del rosso si fece più disteso. Geloso?
Davvero? Pansy sentì un formicolio nello stomaco. E sorrise.
Paciock divenne
tutto rosso mentre guardava verso la stanza dei prefetti. “E
di cosa
parlavate?”
Lei e il Grifondoro parlarono insieme.
“Di niente” disse lei.
“Del rospo” rispose Paciock.
Vide il Grifondoro spalancare gli occhi sorpreso.
Non aveva raccontato a Ron del rospo.
Ron si fece
più attento. Vide Neville strabuzzare
gli occhi e guardare la ragazza con curiosità. Ehi,
giù gli occhi!
“Quindi?” Il suo tono si fece più
sostenuto.
“Lui non lo sa?” Neville guardò ancora
Pansy con uno
sguardo sorpreso. Merlino, basta! Guardò la Serpeverde che
scosse appena la
testa, alzando le spalle. “La tua ragazza mi ha regalato un
rospo, l’anno
scorso” continuò Neville.
Lei balbettò: “Io non…”
Ron la strinse con la mano che aveva posato prima
sul suo fianco per farla tacere.
“Sei la mia ragazza, non discutere almeno su questo.
Gli hai fatto un regalo?”
Pansy lo
guardò: era la sua ragazza? Oh. Sorrise
inconsapevolmente.
Voleva dire che non aveva regalato il rospo, ma lasciò
stare.
Tossicchiò, ma Paciock intervenne prima che potesse
dire qualunque cosa: “L’anno scorso Carrow uccise
il mio rospo. Apposta. Lei me
ne ha regalato uno per sostituirlo. Solo che pensava fosse un maschio
quando in
realtà è una femmina. Ecco Wilma”. E
gli fece vedere il rospo. Per fortuna
anche il rosso tirò indietro la testa quando glielo mise
troppo vicino.
Ron si voltò verso di lei. “Gli hai regalato un
rospo?” Peccato che non fosse andata così.
“Voi Grifondoro fate sembrare nobile anche un
semplice tentativo di corruzione” sbottò.
“Quelle ragazze avrebbero avuto riparo nella stanza
delle necessità comunque” disse Paciock e lei
alzò le spalle.
“Se me l’avessi detto, mi sarei risparmiata il
rospo”
disse, sospirando.
Sentì Paciock ridere. E vide il rosso sempre più
confuso.
Ma che storia
era? E perché lui non la conosceva?
Ron si fece un sacco di domande. Cosa era successo
l’anno prima? Quando lui non c’era? Poi Neville
venne in suo aiuto e gli
spiegò: “Mi ha regalato il rospo chiedendo se
alcune ragazze Serpeverde
potevano entrare nella stanza delle necessità a nascondersi.
Ti ricordi, quando
vi ho spiegato come abbiamo gestito la stanza delle
necessità per nasconderci
dai Carrow?” Ron annuì. E guardò Pansy,
che abbassò gli occhi.
“Non è stato facile neanche per noi”
ammise,
sottovoce. Poi lei voltò lo sguardo verso la stanza dei
prefetti e disse: “Sta
arrivando la Abbott, andiamo”, lo prese per un braccio e lo
trascinò via.
***
“Dovresti
andare in infermeria.”
Hermione la guardava con rimprovero, mentre
aspettavano in sala comune che arrivasse l’ora di cena.
“È solo un raffreddore!” Ginny
starnutì ancora.
Effettivamente si sentiva un po’ stanca. Ma che
diamine, quella sera ci sarebbe stata una festa e lei voleva andarci
con Harry.
Voleva ballare stretta a lui. Ed era una festa esclusiva, suo fratello
non ci
sarebbe stato, così non avrebbe osservato tutto quello che
faceva e non
l’avrebbe guardata tutto il tempo con lo sguardo truce.
Avrebbe dovuto chiedere a Pansy di tenerlo impegnato
comunque, quella sera, per evitare, pensò sorridendo.
Starnutì ancora e si
soffiò il naso.
Ok, forse avrebbe potuto prendere una pozione
curativa. Mica poteva andare alla festa con il naso che colava, no?
Hermione
continuava a guardarla.
“Puoi darmi qualcosa tu?” chiese alla riccia.
“Non ti darò niente. Non sono un medimago
né
un’infermiera” ribattè Hermione.
Ginny sbuffò. “Come sei
noiosa…” Si guardò intorno:
a chi avrebbe potuto chiedere?
“Mettiti a letto, almeno. Ti porto qualcosa di caldo
dalla cucina e vedrai che domani ti sentirai già
meglio” continuò l’amica
scuotendo la testa come faceva la McGranitt.
Ginny sbuffò ancora. “No, stasera ho da fare con
Harry”.
La riccia fece schioccare la lingua. “Giocare a
palle di neve come i bambini… E sì che sei del
settimo anno!” Hermione si alzò
mentre la rossa sorrideva guardandola allontanarsi verso la scala del
dormitorio femminile.
Raffreddore a parte, era stato un pomeriggio
divertentissimo. Le aveva ricordato un po’ le vacanze di
Natale alla Tana
quando tutti tornavano a casa da scuola. Lei si alleava sempre con
Charlie
perché era uno stratega fantastico e chiunque stesse con lui
vinceva sempre.
Starnutì ancora. Merlino! Vide arrivare Harry
insieme a Ron e unendosi a loro, si incamminarono verso la sala grande.
“Tu sapevi che Pansy aveva regalato un rospo a
Neville?” le chiese Ron. Ginny annuì. Si ricordava
qualcosa del genere.
“Sì. L’anno scorso, giusto? Ma non
ricordo bene…”
Harry la guardò sorridendo. Poi si avvicinò al
suo
orecchio e sussurrò: “È più
di un’ora che va avanti con questa storia…
è geloso”.
E ridacchiò.
“Sei
geloso di Neville?” gli chiese sua sorella con
quella voce nasale dovuta al raffreddore. Se non fosse stato
così pensieroso
l’avrebbe presa in giro di sicuro.
Ron si voltò con sguardo truce verso Harry. Poteva
evitare di farsi ridere dietro?
Sbuffò e sorrise malignamente. “Non dovrei,
giusto.
Se non è geloso Harry…” E
allungò il passo verso la sala grande.
Harry si
immobilizzò. “Che intendeva?” le chiese.
Ginny alzò le spalle. “Non lo so. Penso ti
prendesse
in giro” rispose.
Il moro pensò di dover prestare più attenzione
ma,
in quel momento, lasciò perdere.
“Certo che hai un bel raffreddore” le disse.
Lei sorrise prima di rispondere: “È stato
bellissimo,
oggi. Posso tenermi il raffreddore per qualche giorno, in
compenso”.
Anche Harry sorrise. La circondò con un braccio e le
posò un bacio sulla testa.
“Forse stasera non dovremmo andare…” Non
poté neanche
finire la frase che lei lo interruppe quando capì quello che
voleva dire.
“Non tirarti indietro Potter!
Mi hai promesso un lento e almeno un lento balleremo!”
E sorridendo scappò via anche lei. Harry rimase
lì a
guardarla.
E lì lo trovò Hermione quando scese per andare a
cena.
“Harry,
tutto bene?”
Hermione guardava l’amico che fissava il corridoio
(senza vederlo, ipotizzò).
Lui si girò verso di lei e le rispose:
“Sì, sì”.
Si incamminarono insieme verso la sala grande.
“Com’è andata oggi?” le chiese
lui. Anche se erano andati nello stesso posto,
non si erano visti per niente.
“Oh, bene. Kingsley mi ha fatto una proposta
interessante”
Harry si
voltò verso di lei, bloccandosi. “Riguardo
cosa?”
Cosa le aveva offerto Kingsley? Lui voleva diventare
un Auror e stava facendo tutta quella gavetta al Ministero, non
è che Hermione
aveva trovato la maniera di…
Lei divenne rossa e si guardò intorno prima di
abbassare la voce.
“Per il C.R.E.P.A. ma non dirlo a nessuno, ok?”
Harry sospirò sollevato.
“Certo, non preoccuparti.”
***
Ginny si sedette
vicino a Pansy sulla panca dei Serpeverde.
Salutò anche la Greengrass, Malfoy e Zabini.
“Hai qualcosa da darmi per il raffreddore?” le
chiese e Pansy si girò verso di lei.
“Io?” chiese, stupita.
“Sì, voi Serpeverde non siete dei geni con le
pozioni? Avrete qualcosa! Cosa prendete per il raffreddore?”
chiese rivolta
verso il quartetto.
Tutti e quattro risposero in coro: “Latte caldo e
Firewhisky!” Ginny li guardò uno per uno. Davvero?
Pansy annuì.
“Ok. E se non mi piacesse il latte?” Zabini
ridacchiò.
“Doppio Firewhisky!” E annuì verso
Malfoy, cercando
approvazione. Malfoy non aveva una gran bella faccia, ma lo nascondeva
bene
come al solito.
Vide la Greengrass lanciare uno sguardo a Zabini che
se l’avesse lanciato a lei, Ginny si sarebbe spaventata.
Pansy scosse la testa.
“Non funziona così” dichiarò.
Zabini mise mano sotto al tavolo e quando la riportò
su appoggiò una bottiglia vicino a lei e disse:
“Si può sempre provare”. Alzò una spalla e
ignorò deliberatamente la
bionda vicino a Pansy. Il moro versò in un bicchierone il
liquido ambrato.
Ginny lo guardò: voleva andare alla festa, voleva ballare
con Harry. Lo prese
senza pensarci più e lo bevve tutto d’un fiato.
“Ginny!” La mora le tolse il bicchiere di mano, ma
lei lo aveva quasi finito. “Non così, lo sai. Hai
mangiato almeno qualcosa?”
“Certo” mentì lei. Cosa avrebbe mai
potuto farle?
Era solo un bicchiere. Ok, un bicchiere bello pieno. E bello grosso.
“Sei andata a fare a palle di neve anche tu?” le
chiese e Ginny annuì. Si sentiva già meglio. O
tentava di convincersi? “Anche
Astoria e Camille sono tornate bagnate zuppe. Daphne le ha asciugate
con un
incantesimo quando sono entrate in sala comune”.
La bionda annuì mentre aggiungeva: “Ridevano come
oche. Neanche i primini erano in quello stato!”
La rossa rise. Ma poi immaginò che se avesse pensato
anche lei ad asciugarsi, ora non si sarebbe trovata in quella
situazione.
“Torno al tavolo. Ci vediamo dopo” li
salutò
alzandosi.
Mentre attraversava la sala grande, però, si
sentì
strana.
Prima di arrivare al tavolo dei Grifondoro la rossa
svenne in mezzo alla sala grande. La prima persona che le fu vicino fu
Pansy,
preoccupatissima.
***
“Ma
cosa è successo?”
Ron era entrato in infermeria come una folata di
vento e stava portando scompiglio esattamente alla stessa maniera. Si
scontrò
contro un letto e imprecò. Sua sorella era in fondo
all’infermeria. Aveva perso
tempo con Seamus prima di andare a cena e quando era entrato in sala
grande,
c’era ancora trambusto per quello che era appena successo.
Ma lui non sapeva fosse successo a sua sorella.
Quando Neville l’aveva informato dell’accaduto, si
era alzato e si era precipitato
in infermeria. E ora era lì e voleva vedere Ginny con i suoi
occhi. E magari
staccarle la testa.
Quando arrivò vicino al letto, notò che Harry era
seduto vicino a lei e Hermione e Luna si erano sedute su un letto vuoto
lì
vicino.
“Allora? Che è successo?”
Ginny
sbuffò. Sempre esagerato suo fratello!
“Non è successo niente” disse. Aveva
ancora quella
voce orribile. Sbuffò ancora.
“Tua sorella ha bevuto una pinta di FireWhisky poco
prima di cena. Quando si è alzata dal tavolo è
svenuta” disse Hermione.
“Ma non è vero!” Ginny le
lanciò un’occhiataccia.
“Cosa hai fatto? Ma sei impazzita? E dove diavolo
l’hai preso il Firewhisky?” le chiese Ron, con le
orecchie scarlatte.Lei
sventolò una mano per liquidare la cosa ma Harry al suo
fianco, era ancora
arrabbiato.
“Al tavolo dei Serpeverde, gliel’ha dato
Zabini.”
Harry era
arrabbiato con Ginny: lei
aveva bevuto a stomaco vuoto un bicchiere
da una pinta di Firewhisky ed era svenuta. Lui si era spaventato da
matti
quando l’aveva vista cadere in mezzo alla sala grande, si era
alzato e aveva
fatto cadere i piatti e rotto il bicchiere da tanto si era agitato
quando aveva
spostato tutto per raggiungerla. E ora lei rideva! Ma non si rendeva
conto? Era
stata la Parkinson, che aveva trovato già vicino a lei, gli
aveva spiegato
cos’era successo.
Si pentì di non aver schiantato Zabini il sabato
prima. In quel momento gli avrebbe lanciato un Avada Kedrava. Si
rendeva conto di
avere un tono sostenuto, ma non riusciva a farci niente.
Guardò la sua ragazza
con uno sguardo severo, ma lei non si scompose. Giusto, era abituata
allo
sguardo di Molly.
Ginny gli accarezzò una mano e spiegò:
“Avevano
detto latte caldo e Firewhisky per far passare il raffreddore. Volevo
andare
alla festa stasera. Volevo ballare con te. Ma non mi piace il
latte…” E sorrise
con quel sorriso di scuse che le riusciva così bene e a cui
lui non sapeva
resistere. Sospirò. Sospirò e sorrise.
“Piccola. Abbiamo tempo per ballare” le disse. Si
avvicinò a lei e con la mano avvicinò la sua
testa alle sue labbra.
“Stronzate!
Sei stata un’idiota. Sarebbe potuto
andare peggio!”
Ron vide Hermione annuire in approvazione alle sue
parole. “Da quando frequenti i Serpeverde fai delle cose
stupide!” Era così
carico in quello che stava dicendo che continuò senza
guardare nessuno se non
sua sorella. “Da quando stai con loro, sei cambiata. Metti le
gonne corte, vai
alle feste a farti rimorchiare e ti lasci baciare davanti al portone!
Diventerai come…”
L’espressione sul viso della sorella passò da
sorpreso a incredulo alla fine all’arrabbiato. Ron se ne
accorse e non riuscì a
finire la frase.
Cosa stava dicendo? Perché era così arrabbiato?
Sua
sorella stava bene. Aveva fatto una cazzata. Chi di loro non ne aveva
fatte? E
allora?
Allora ce l’aveva con Neville, con il suo maledetto
rospo. Non riusciva a toglierselo dalla mente. Lui l’anno
scorso non c’era e
sapeva che era giusto così, ma odiava perdersi le cose. E ce
l’aveva con
quell’idiota di Zabini. Perché lui c’era
l’anno prima. E gli anni prima ancora.
Ed era un Serpeverde. E aveva il dormitorio vicino a quello della sua
ragazza. Beh,
e poi aveva dato da bere a sua sorella una pinta di Firewhisky.
Già. Si ce
l’aveva con Zabini per quello. Giusto.
Ma il viso di sua sorella era strano e guardava
dietro di lui. Si girò: Pansy era nel corridoio fra le file
di letti e reggeva
un vassoio.
Pansy aveva in
mano un vassoio con una teiera di
camomilla, biscotti e un boccetto rosso. Lo appoggiò sul
comodino della rossa e
le disse: “Le ho detto che non ti piace il latte caldo,
così mi ha dato la
camomilla. Spero che vada bene lo stesso. Dice di prendere
metà di questo
adesso e l’altra metà fra tre ore”.
Aveva preso in mano il boccetto per spiegarle come
prendere la medicina, ma le sue mani tremavano troppo e lo
appoggiò sperando
che nessuno notasse niente. Si rialzò in tutta la sua (poca)
altezza e si girò
verso gli altri.
“Io vado. Buonanotte”, guardò il rosso e
disse: “Tua
sorella non diventerà mai così, non
preoccuparti”.
Si incamminò verso l’uscita senza guardare in
faccia
nessuno, ma senza inclinare la testa. Cercò di mantenere un
passo neutrale
almeno fino alla porta dell’infermeria. Una volta chiusa alle
sue spalle non ce
la fece più: accelerò il passo finché
non si rese conto di correre.
Così lui pensava che da quando la frequentava, sua
sorella fosse diventata una… una ragazza facile? Non
riuscì neanche a pensarla,
quella parola, la parola che avrebbe usato lui, perché
continuava a ripetersi
‘una come me’. Una parola che aveva sentito
più volte e spesso rivolta proprio a
lei. Una parola che le ricordava la madre. Si asciugò una
lacrima.
Quando fu vicino alla sala grande si scontrò con la
Abbott. “Parkinson, scusa non ti avevo visto” Lei
scosse la testa non riusciva
ancora a parlare.
“Scusami tu, Abbott.”
La ragazza la guardò un attimo prima di inclinare la
testa. “Stai bene?”
“Oh, sì. Sono solo un po’
stanca” rispose la
Serpeverde, non mentendo del tutto.
“Vuoi che chieda a qualcuno di sostituirti per la
ronda?”
La ronda! Se n’era dimenticata! Non voleva andare
alla ronda. Ci sarebbe stato anche lui.
Oh, Salazar che vigliacca. Però sorrise e chiese alla
Habbot: “E riusciresti a
trovare qualcuno in così poco tempo?”
“Certo” rispose la Tassorosso.
Non se lo fece richiedere: la ringraziò e
accettò.
Non passò neanche dalla sala grande a cenare.
Imboccò la strada per i
sotterranei e sparì nel buio. Vigliacca. Vigliacca. E va be.
Mica siamo tutti
salvatori del mondo magico, no?
***
“Ron,
cosa cazzo hai detto?”
Ginny esplose appena la porta dell’infermeria si
chiuse dietro la Serpeverde. “Perché?”
rispose Ron, osservando la porta. Capiva
di aver sbagliato qualcosa. Davvero. L’atteggiamento di Pansy
era stato strano.
Non sapeva bene perché gli avesse detto quelle parole e se
ne fosse andata. Era
arrabbiata perché aveva offeso Zabini? Beh, per Godric,
aveva dato un bicchiere
di Firewhisky a sua sorella che non stava neanche bene! Forse lei
voleva
difendere l’amico?
“Come perché!” continuò la
sorella “L’hai appena
offesa!”
Lui spalancò gli occhi. “Ma cosa dici? Non
l’ho offesa!
E poi perché avrei dovuto?”
“Sei proprio un troll. Hai offeso me e lei e neanche
te ne sei accorto?” gli chiese la sorella, sempre
più incredula.
Ron voltò lo sguardo verso Hermione che lo guardava
in maniera strana e poi verso Harry che aveva la fronte corrucciata.
“Io non ho
offeso nessuno…” Beh, a parte
quell’idiota di Zabini.
“Beh… le tue parole sono state un
po’… e poi quello
che ti ha detto la Parkinson…” disse Hermione. Ma
perché ce l’avevano tutti con
lui?
“Ci hai appena dato della puttane! E lei è stata
fin
troppo gentile a risponderti così. Chissà poi
perché ha difeso me e non ti ha
dato un ceffone!” Ginny parlò sottovoce
perché erano entrati altri ragazzini in
infermeria.
“È più nobile difendere qualcuno a cui
si vuole bene
che se stessi” disse Luna, che non aveva detto niente fino a
quel momento.
Tutti si voltarono verso di lei, ma lei osservava con interesse uno dei
tappi
della sua collana, senza calcolare nessuno.
“Questa battaglia di neve ha fatto un sacco di
vittime!” disse l’infermiera voltandosi verso di
loro con sguardo severo.
Ron si avvicinò a Ginny appena la Chips fu fuori
dalla loro portata e le disse sottovoce: “Non ti ho detto che
sei una puttana”.
“Forse, Ron, non intendevi ma quello che hai
detto…”
Hermione provò a prendere la parola in sua difesa ma la
rossa la interruppe:
“Stronzate. Voleva o non voleva, quello che ha detto era
quello. E Hai offeso
anche lei”.
Ron scosse la testa sconsolato. Aveva dato della
puttana a Pansy? Alla sua ragazza? Ma cos’era, un idiota? A
quanto pareva, sì.
Si voltò verso la porta.
“Vedi di scusarti e fallo entro stasera” gli
intimò
Ginny. Lui annuì senza ascoltare quello che diceva. Doveva
parlarle. Che avesse
capito male? Lui non ce l’aveva con lei.
“Le parlo alla ronda. Ora vado a mangiare”
concluse.
Non gli piaceva che gli dicesse cosa fare con Pansy. Hermione si
alzò e disse
che sarebbe andata con lui. Luna la imitò continuando a
guardare la sua
collana.
“Vengo
anch’io” disse Harry. Si chinò a dare un
bacio a Ginny e le sussurrò: “Dopo torno con il
mantello”.
Ginny annuì e li guardò uscire. Si
voltò verso il
comodino e con la bacchetta scaldò la camomilla. Non le
piaceva la camomilla.
Ma preferì non dirlo e berla ugualmente. Con tutto il casino
che era successo
perché aveva detto che non le piaceva il latte...
Sospirò.
***
“Sei
stato un troll” Hermione annuì alle parole di
Harry.
“Guarda che io non intendevo quello che avete capito
voi. Mi avete capito male” spiegò il rosso,
convinto. Harry tornò alla carica.
“Tutti quanti?” Ron lo vide alzare un sopracciglio
e
sospirò.
“Sono sicuro che Pansy non ha capito male” disse,
senza esserne del tutto convinto.
“Infatti è stata molto affettuosa con te,
prima” lo
prese in giro.
Ok, qualcosa non era andato proprio nel modo giusto,
ma possibile che lei avesse frainteso così tanto?
Guardò Hermione. Aveva
frainteso anche lei. E Luna aveva detto quella cosa strana. Ok, forse
Luna non
era da prendere in considerazione. O forse sì. Merlino.
Mentre imboccavano il corridoio per andare in sala
grande, si imbatterono nel gruppetto Serpeverde: Malfoy, Zabini e la
Greengrass
camminavano in direzione dell’infermeria.
“Zabini” annunciò in tono sostenuto Ron.
Come lo
odiava in quel momento. Era tutta colpa sua. Il moro sorrise
strafottente,
quasi lo sapesse.
“Weasley” ricambiò il finto saluto.
“Cosa fai qui? Mi sembra che tu abbia già tentato
di
uccidere mia sorella, oggi” lo accusò il rosso,
ancora nervoso.
Hermione e Harry
si voltarono verso di lui.
L’espressione del Serpeverde vacillò, ma non
troppo. “Sono venuto apposta per
chiederle scusa. C’è Pansy con lei?”
“No. È da sola” disse Hermione. Zabini
ghignò per
l’informazione, ma il suo viso si trasformò quando
incrociò lo sguardo della
Greengrass.
“Non andrai da lei, Zabini. Le posso portare io le
tue scuse, più tardi.”
Il tono di Harry era severo e duro al punto giusto,
tanto che la bionda Serpeverde gli sorrise. Harry rise quando vide
l’espressione di Zabini.
“Dov’è
Pansy?” chiese Draco dopo aver guardato, per
quello che gli era sembrata mezza giornata, Hermione.
“È uscita un quarto d’ora fa
dall’infermeria” gli
rispose proprio la Grifondoro.
Lui aggrottò la fronte incuriosito ma non disse
niente. “Possiamo tornare tutti in sala grande”
disse Potter e Draco lo vide allargare
le braccia e dondolarle avanti e indietro, per indicare la direzione
del
corridoio: marcava il territorio. Carino,
pensò sarcasticamente. Gli tornò in mente Piton
mentre lo pensava.
Fecero dietrofront e si incamminarono tutti nel
corridoio. Cercò di rimanere indietro vicino a Hermione.
“Tutto bene?” la salutò.
Lei alzò lo sguardo verso di lui e annuì.
“Sì. Oggi
sono stata al Ministero” gli rispose.
“Buon per te” disse lui e riportò lo
sguardo in
avanti.
Poi sentì una mano piccola e calda posarsi sul suo
braccio. Si girò verso di lei alzando un sopracciglio.
“Mi manchi” mormorò la
riccia. Draco pensò di esserselo immaginato. Lei gli stava
chiedendo scusa?
Alla sua maniera? Si guardò intorno velocemente. Gli altri
erano un po’ più
avanti e nel corridoio non c’era nessun’altro.
“Come?” chiese.
Lei sorrise mentre rispondeva. “Oh, non lo
ripeterò”.
Lui sorrise e velocemente le mise una mano dietro la schiena per
sorreggerla e
con l’altra la spinse contro il muro. Finirono sotto una
delle lanterne. Draco
si toccò la bacchetta in tasca e la spense.
“Mi manchi anche tu.”
Hermione
ridacchiò: non voleva chiedergli scusa e
non voleva baciarlo. O almeno, l’aveva pensato
finché non l’aveva visto così
vicino. Finché lui non le aveva rivolto la parola. E
lì non aveva capito più
nulla. Ma ora non vedeva l’ora che lui la baciasse.
Il suo stomaco
brontolò rumorosamente: a pranzo aveva mangiato pochissimo
perché doveva andare
al Ministero e ora aveva posticipato la cena per via di Ginny.
Sentì le guance andare a fuoco e si fece piccola
piccola quando lui la guardò sorridendo.
“Fame?” le chiese. Lei annuì e basta.
Draco la prese per mano e si riavviò verso la sala
grande. Quando entrarono Hannah gli andò incontro e chiese
al biondo: “Malfoy
ho avuto una disdetta, puoi venire alla ronda stasera?”
Hermione gli strinse la mano e lui si voltò verso di
lei. Annuì facendogli capire che lei era in lista per la
ronda e lui accettò.
La Tassorosso lo
ringraziò e se ne andò. Draco portò
Hermione al tavolo dei Serpeverde e le fece cenno di sedersi.
“Vieni tu da noi” gli disse invece lei tirandogli
la
mano. Come?
Si girò verso il tavolo rosso e oro: c’erano
Potter
e Weasley che mangiavano. Non voleva sedersi con loro, ma voleva stare
con
Hermione.
Si sentì molto combattuto; guardò il suo tavolo,
ma
loro avevano già mangiato e non riuscì a
inventarsi una scusa. Ma… Un Malfoy al
tavolo Grifondoro? Davvero?
Hermione lo stava già tirando verso il tavolo. Per
fortuna che molti si erano già alzati. Lei si sedette sulla
panca di fronte a
Potter e Wealsey, che alzarono gli occhi su di lui: Potter fece quel
suo sorriso
strano e gli fece cenno di sedersi davanti a lui. Mentre si sedeva
Weasley
ghignò. Merlino, frequentare Pansy iniziava a dare i suoi
frutti.
“Va là, Malfoy, sei fortunato che non
c’è mia
sorella. Non te lo farebbe mai scordare. Te
l’assicuro” disse ridacchiando e
chinò la testa per tornare a mangiare.
Già: la teppistella. Chissà
come rosicherà quando lo saprà.
Ghignò anche lui.
Vide Wealsey lanciare più volte l’occhio al tavolo
Serpeverde. Si voltò senza farsi vedere, ma non vide Pansy.
Era successo
qualcosa? Ma poi Hermione gli chiese qualcosa e lui non se ne
preoccupò più.
***
Ron non aveva
visto Pansy da nessuna parte: né a
cena, né dopo cena. Aspettò con ansia il momento
di fare la ronda. Iniziava a
pensare che lei fosse offesa. E visto che tutti dicevano che era stato
lui a offendere
le ragazze…
Si passò nervosamente la mano fra i capelli. Ma
dov’era? Pensò di aspettare direttamente nella
sala dei prefetti.
Fu il primo ad arrivare, con largo anticipo. Aspettò
nervosamente e iniziò a compilare la pergamena. La prima che
vide arrivare fu
la Abbott. Aveva guardato l’uscio quando si rese conto che
stava entrando
qualcuno, ma aveva spostato lo sguardo quando si era accorto che non
era la
persona che aspettava.
Poi arrivarono Burrow e la Simmons. Arrivò anche la
Serpeverde
del settimo anno e subito dietro di lei arrivarono Hermione e Malfoy.
Continuò
a guardare la porta: sarebbe arrivata, giusto?
Arrivarono anche Goldstein e altri due Corvonero.
Dieci, erano in dieci. Non si ricordava chi altro ci doveva essere, ma
dieci
era il numero per la ronda. Merlino: lei non c’era. Ma doveva
esserci.
Riprese in mano la pergamena e disse:
“C’è un errore”.
La Abbott gli andò vicino e spiegò: “La
Parkinson
non sta bene, è venuto Malfoy per sostituirla. Cancella il
suo nome, per
cortesia”. Ron alzò gli occhi verso Malfoy e
Hermione. Lei scosse la testa: non
lo sapeva. La vide allungarsi per parlare all’orecchio del
biondo. Lui scosse
la testa e si voltò verso Ron. Con un brutto sguardo, o
così gli sembrò.
Merlino, merlino, merlino.
Ora avrebbe dovuto
aspettare la fine della ronda.
***
Ginny si stava
annoiando. Alcuni dei ragazzini che
erano arrivati prima di cena se n’erano già
andati. Beati loro: quel posto era
noiosissimo.
Dall’altra parte della stanza c’erano due letti
occupati. Ma non vedeva chi c’era perché le tende
dei letti erano tirate. Sentì
qualcuno russare. Che due pluffe. Guardò verso la porta, ma
di Harry ancora
nessuna traccia.
*** Ecco il nuovo capitolo! Spero vi piaccia!!! 😊
*** E perdonate gli errori!