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Autore: ONLYKORINE    25/07/2018    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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 La festa nei sotterranei

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Pansy ciondolava in camera da un sacco di tempo.
Gran bella idea, davvero. Era arrivata nel dormitorio prima di cena e ora era stufa di essere lì. E avrebbe potuto uscire solo l’indomani. Che idea stupida farsi sostituire alla ronda! Almeno avrebbe fatto qualcosa…
Daphne non era tornata e PAnsy sperò che fosse con Blaise. Neanche Millicent era rientrata, ma non ci pensò su troppo: dopo quella bella chiacchierata che avevano avuto qualche giorno prima, avevano preso a ignorarsi. E a lei stava bene.
Aveva sentito dire da alcune ragazze del quinto anno che ci sarebbe stata una festa. Doveva essere una festa un po’ esclusiva, visto che lei non sapeva niente. Pensò di andare a dare un’occhiata. Almeno l’avrebbe distratta dal pensiero del rosso. E poi doveva controllare chi c’era: la riunione per le ragazze ci sarebbe stata il giorno dopo e lei doveva assicurarsi che quella notte non succedesse niente.
Si truccò e si cambiò il vestito. Quando uscì in corridoio, seguì due ragazze del quinto che parlottavano fra loro. Neanche si accorsero di lei: uscirono dalla sala comune e girarono a destra. Quando ebbero girato la terza volta capì dove stavano andando. Non le piacque tanto, saperlo. Era già stata in quella stanza, anni prima. Si fermò senza accorgersene. Merlino. Si guardò intorno: le ragazze erano sparite.
Si incamminò lo stesso e arrivò al locale della festa, notando di aver indovinato il luogo, ma senza esserne contenta. Almeno avevano insonorizzato la stanza: dal corridoio, infatti, non si sentiva la musica.  
Sulla porta c’era Rowie. Ancora Merlino. Il ragazzo alzò un sopracciglio quando la vide e ghignò. “Parkinson” disse, strafottente.
“Rowie” lo salutò lei.
“Mi spiace non puoi entrare. È una festa riservata” disse, con un po’ di arroganza.
“Ah, sì? Riservata a chi?” chiese e buttò un occhio dentro la stanza: erano quasi tutti Serpeverde, ma non tutti. Ma tutti erano maledettamente giovani. C’erano anche ragazzini dei primi anni.
Non vide Blaise né Daphne. Non vide neanche Millicent. Sperò che ci fosse qualcuno del settimo anno a controllare.
Quando vide passare Astoria, si preoccupò. Astoria? Ma allora c’era anche Camille! “Oh, riservata ai Serpeverde” rispose Rowie dopo averla squadrata con uno sguardo lascivo.

E sì che il suo non era un vestito di quelli che metteva di solito alle feste, visto che non voleva attirare l’attenzione. Quel ragazzino non aveva visto niente. Rise di lui.
“E io ti sembro un Tassorosso? Comunque ho visto due ragazzine Corvonero. Proprio là. Cos’è perdi i colpi? Non hanno neanche la gonna corta. Come ti hanno corrotto? Ti hanno fatto vedere le caviglie?” lo prese in giro lei.
Lui divenne rosso e disse qualcosa, ma lei lo ignorò, studiando il modo per entrare a vedere cosa stesse succedendo.
“Non potrei farti entrare, ma se sarai carina con me…” Rowie lasciò in sospeso la frase apposta. Pansy stava ancora guardando la stanza. Si girò verso di lui e lo guardò male.
“Vuoi che ti schianti ancora? Comunque non voglio entrare, mi piace stare qui” mentì lei.
“Come?” chiese lui sorpreso.
“Sì, immagino che fra poco, dopo che mi avranno visto, qui sulla porta, in bella vista, si faranno tutti qualche domanda. Ricordi? Sono un prefetto. E sono il prefetto più vecchio. Potrei smontarti questa festa in dieci minuti” mentì. Allungò la mano e la fece roteare davanti a sé. Lo sguardo del ragazzo vacillò.
Sperò che l’idiota ci credesse. Lei non avrebbe potuto fare niente. Ma lui non lo sapeva. E Pansy era bravissima a bluffare. Ghignò.
“Ok entra” disse, con un gesto della mano. Oh. Era stato così facile?
“Davvero? Come sei gentile” disse, melliflua.
Fece qualche passo avanti e poi si voltò di nuovo verso di lui, quando vide che le un ragazzino dietro di lei gli aveva allungato qualcosa nella mano.
Pansy si chinò un po’ in avanti perché si era seduto e trafficava con una scatola di legno mentre entravano altri due ragazzini. Lo vide allungare lo sguardo nella sua scollatura, ma lo lasciò fare.
“Che scopo ha questa festa? Fate pagare gli alcolici?” gli chiese.
Rowie non rispose subito, così gli mise un dito sotto il mento e lo obbligò ad alzare lo sguardo. “Quindi?” insistette.
Lui scosse le spalle. “Sì, una cosa così, farsi pagare gli alcolici e l’entrata. E proporre giochi alcolici... ci ha detto Nott di farlo, daremo a lui il denaro e…”
Quando sentì quel nome la ragazza si irrigidì. Ma l’idiota non se ne accorse, per fortuna.
“Oh, e Nott è qui?” chiese e si guardò intorno mentre lui continuava a guardarle dentro il vestito.
Rowie scosse ancora la testa, confuso. “No, è andato via con una” rispose. Merlino. Una ragazza? O una ragazzina?
“Una chi?” gli chiese, preoccupata.
 “La Bulstrode” rispose il ragazzo. Per Salazar, Millicent!

 

Si voltò verso la stanza piena di ragazzini e tirò fuori la bacchetta. In un angolo, in un cerchio di persone sedute per terra, vide Camille e Astoria: chiacchieravano con altri. No e no. Guastafeste.
Al centro dei ragazzi vide una bottiglia girare. Si sentì male. Aveva partecipato a feste per tutti gli anni di Hogwarts. Era davvero una ragazza facile. E ora, invece, era una guastafeste. Ma doveva farlo. Soprattutto se era stato Nott a organizzare la festa.
Fece su di sé un incantesimo Muffliatio e ne lanciò uno Assordante nella stanza: un rumore potentissimo uscì dalla bacchetta, spaventando tutti i ragazzini.
Presero tutti a correre verso l’uscita.
Rowie cercò di fermarli, così Pansy gli lanciò uno schiantesimo, mentre con un altro incantesimo allargava la porta d’uscita. In meno di dieci minuti la stanza fu vuota.
Fece finire gli incantesimi e si guardò intorno: era rimasto solo Rowie, svenuto. Oh, aveva ragione. Dieci minuti e avrebbe potuto far finire la festa. Sorrise. Sperò che nessuno si fosse fatto male scappando. Andò a controllare il ragazzo per terra. Era ancora svenuto, ma stava bene.
Puntò la bacchetta alla sua testa e disse: “Obliviate”. Se non si fosse ricordato cos'era successo, non avrebbe potuto raccontarlo a nessuno.
Vide vicino a lui la cassetta di legno. La raccolse e l’aprì: era piena di monete. L’incasso della serata? Si voltò e andò verso il bancone del bar. Sapeva esattamente dove guardare, pensò un po’ tristemente mentre si chinava sulla sinistra, sotto tutte le bottiglie.
Raccolse l’altra cassetta e la vuotò nella borsetta come aveva fatto con la prima. Uscì dalla porta chiudendosela alle spalle. Tornò sui suoi passi e vide l’entrata della sala comune presa d’assalto dai ragazzi della festa.
Cercò con lo sguardo sua sorella e Astoria. Loro la videro e Camille abbassò lo sguardo quando i loro occhi si incrociarono. Aspettò che tutti entrassero e quando il corridoio fu di nuovo libero, andò a cercare Millicent. Dove avrebbe potuto portarla Nott?
Girovagò un po’. Era ancora presto, effettivamente. Forse era appena iniziata la ronda. Non li trovò da nessuna parte. Aveva cercato in tutti i posti che conosceva nei sotterranei. Dopo un’ora decise di tornare in dormitorio. Magari non era successo niente e Millicent era a letto.
Come entrò in sala comune notò solo le luci più basse del solito, ma non c’era nessuno. Doveva aver spaventato abbastanza i ragazzi visto che si erano rifugiati nei dormitori. Si avviò verso il suo corridoio quando sentì una risatina. Si girò: da dov’era non vedeva niente.
Alla risatina se ne unì un’altra. Si avvicinò a uno dei divani in fondo, quello girato vicino al corridoio dei ragazzi e lì, sdraiati, c’erano Millicent e Nott che pomiciavano. Merlino.
“Parkinson!” esclamò lui sorpreso, ghignando.

 

***

 

Harry entrò in infermeria dopo cena, senza indossare il mantello.
Ginny sorrise e lui le andò incontro e si sedette sul suo letto. “Non hai il mantello?” sussurrò lei quando la baciò.
“Sì, sì, che ce l’ho. Ma pensavo di usarlo dopo. Adesso sono in visita finché posso restare” spiegò e lei annuì. Si spostò per farlo sdraiare di fianco a lei e Harry la baciò ancora.
“Ehi! Potreste avere un po’ di rispetto. Non siete mica soli!”
Tutti e due alzarono la testa verso uno dei letti con le tende tirate. Harry si alzò e andò a tirare la tenda, scoprendo chi aveva parlato: Harper. Stupendo. Il Serpeverde li guardò con un sorriso strafottente.
“Harper” sputò il suo nome Ginny.
“Già, visto che fortuna ritrovarci qui insieme? Appena Potter se ne va potresti venire a trovarmi” continuò ghignando.
Doveva essere lì per il raffreddore anche lui, pensò Ginny, notando la voce nasale. Lei, che aveva già preso la medicina qualche ora prima e si sentiva molto meglio, alzò un sopracciglio. “Che voce sexy, Harper. Eri tu che russavi?” gli chiese con tono sarcastico.
Lui si sorprese e non riuscì a ribattere niente. Harry rise e tornò vicino a lei. Harper sbuffò. In quel momento anche l’altra tenda si aprì.
“Weasley, anche tu qui?” disse il ragazzo che c’era dietro.
Ginny sorrise. “Derrick!” Il ragazzo fece un cenno del capo a Harry che ricambiò con una strana espressione.

 

Ad Harry la situazione non piacque molto. Finché c’era l’idiota, andava bene. Ma Derrick (detto con il tono che aveva usato Ginny) non andava bene. No, no. Non l’avrebbe lasciata lì con Derrick.
“Harry ti ricordi di Derrick? Te ne ho parlato quando siamo andati in Galles” gli chiese la rossa e lui annuì distrattamente.
Poi si girò verso di lei e sussurrò: “Quello che doveva uscire con Luna?”
Lei annuì ma poi disse sottovoce: “Ma Luna non ha voluto neanche conoscerlo”.
Oh. No, no. Ancora no. “Anche tu reduce dalla battaglia di neve?” le chiese il ragazzo Serpeverde.
“Già. Ci siamo divertiti, eh?” gli rispose Ginny. Ok. Basta. Si risedette sul letto vicino alla ragazza e le portò una mano dietro la schiena in un gesto possessivo, senza darlo a vedere. Lei stava ancora chiacchierando del pomeriggio Derrick, però aveva iniziato a chiamarlo Mike. Oh, sembrava che si fossero divertiti, mentre lui era al ministero a lavorare. Ginny, Camille, Astoria e… Mike.
Ginny ridacchiava mentre raccontava di questo o di quello, anche se ogni tanto si ricordava di lui e gli posava la mano sulla gamba per richiamare la sua attenzione quando raccontava qualcosa di divertente. Rise anche quando raccontò di essere caduta nella neve.
Oh, c’era da dire che mentre raccontava era bellissima, come sempre. Ed era sua. Le sorrise nonostante quello che sentiva dentro. Quando lei prese fiato e rimase zitta, si girò verso di lui con uno sguardo così dolce, si dimenticò tutto, mentre le spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

 

Madama Chips entrò in infermeria dalla porta del suo ufficio.
“Adesso l’orario delle visite è finito. Questi ragazzi devono riposare” disse e fece cenno a Harry di andare fuori.
Il Grifondoro annuì e si alzò dal letto, baciò Ginny sulla testa e le diede la buonanotte. Si avviò verso la porta e quando uscì la lasciò aperta. Tornò indietro quasi subito protetto dal mantello. Sentì Ginny dire ai ragazzi che era stanca e tirare la tenda con la bacchetta per garantirsi un po’ di privacy.
Passò da dietro il letto; fu molto bravo, secondo lui. Appena si tolse il mantello, la rossa gli sorrise. Si sedette sul letto, dov’era prima.
“Rimani con me?” chiese lei.
“Sì, tutta la notte.”

 

Harry le aveva detto che sarebbe rimasto con lei tutta la notte. Avrebbero dormito vicino, fino al mattino. Sorrise. Si spostò sul letto per fargli di nuovo posto e sussurrò ancora: “Tieni vicino il mantello”. Lui annuì e la baciò.
In quel momento la tenda venne tirata per metà, scoprendoli, e Harper fece capolino dietro.
“Potter! Come hai fatto?” esclamò, stupito di verderlo.
“Harper, idiota cosa fai?” iniziò Ginny, ma il Serpeverde chiamò a gran voce la Chips che arrivò quasi subito.

 

Harry fece appena in tempo a nascondersi dietro la tenda ancora tirata di fianco al letto e a gettarsi addosso il mantello. L’infermiera arrivò con uno scalpiccìo veloce e si fermò vicino a Harper.
“Signor Harper, cosa sta facendo fuori dal suo letto?” gli chiese. Aveva le mani sui fianchi e guardava il ragazzo con un cipiglio severo.
Harper ghignò e disse: “Loro mi davano fastidio”, indicando Ginny. La Chips si voltò verso di lei inarcando un sopracciglio.
“Chi?” domandò ancora.
“Loro. La Wealsey e Potter” rispose con arroganza.
“Potter è uscito prima” dichiarò la Chips e lo guardò stranita, come se fosse pazzo.
Lui ghignò ancora. “No no, è tornato dentro. È lì, dietro alla tenda”.

 

Harry sentì l’infermiera arrivare e fece un passo indietro. Non c’era tanto spazio. Sperò di non farsi beccare e trattenne il respiro.
Madama Chips spostò la tenda e lui la vide guardare nella sua direzione. Come ogni volta, ogni maledettissima volta, pensò che il mantello per qualche motivo non funzionasse e chiuse gli occhi.

Coraggiosissimo, si lodò sarcastico.
“Qui non c’è nessuno, signor Harper.”
Anche se era lontano, Harry sentì Ginny sospirare. Si girò e vide l’infermiera girarsi verso Harper che guardava nella sua direzione con gli occhi sbarrati.
“Ma era lì. Appena dietro la tenda. L’ho visto. Deve essere lì” si giustificò il Serpeverde.
Mentre si muoveva furtivo, il moro notò Derrick, ancora seduto sul letto che guardava la scena incuriosito.

 

Ginny ridacchiò e trasformò la risata in qualche colpo di tosse. “È vero Madama Chips. Harry è tornato”.
Harry la guardò spalancando gli occhi; non si ricordò che lei non poteva vederlo. Ma cosa stava dicendo? Voleva che lo scoprisse?
La ragazza prese la tazza sul comodino e disse: “Ho trasfigurato Harry in questa tazza, così che potesse stare con me per tutta la notte”. E guardò la tazzina con sguardo adorante.

 

“Oh, non ci creda, Madama Chips.”
Questa volta aveva parlato Derrick. “Faccio Trasfigurazione con quella ragazza da sette anni e non ci riuscirebbe neanche se volesse. Se quella tazza fosse veramente Harry Potter, avrebbe ancora gli occhiali, si fidi di me!” Fece un sorriso strafottente e Harry vide Ginny guardarlo male. “Potter è uscito dieci minuti fa, quando glielo ha detto lei” continuò lui indicando la porta.
L’infermiera lo guardò e annuì, poi si girò verso Harper e sgridò il Serpeverde dicendogli di tornare a letto, altrimenti gli avrebbe dato una pozione soporifera.
Harper non disse più niente, guardò male Ginny e tornò verso il suo letto. Madama Chips se ne andò dicendo che avrebbe spento le lanterne entro poco. Harper tirò la tenda e si mise a letto.
Ginny guardò Derrick con riconoscenza e mimò ‘Grazie’ sulle labbra. Lui fece un cenno nella sua direzione, lanciò un’occhiata dove era Harry e tirò la sua tenda con la bacchetta.

 

“Non ti ha visto” sussurrò a Harry quando le tornò vicino.
Lui non disse che invece il Serpeverde l’aveva visto: se n’era accorto quando si era nascosto dietro l’altro pezzo di tenda. Forse aveva visto anche il mantello. Di quello non era sicuro. Annuì senza dire niente e si sdraiò vicino a lei. Ginny appoggiò il viso su di lui e chiuse gli occhi.
“Buonanotte.”
“Buonanotte, piccola” le rispose, le accarezzò la testa e la baciò sulla fronte.
Dopo poco si addormentarono.

 

***

 

Hermione e Draco fecero la ronda insieme.
Avevano il corridoio del primo piano, ma non furono molto professionali, secondo Hermione. Continuavano a fermarsi a baciarsi in ogni angolo buio e Draco si premurò di spegnere parecchie lanterne al loro passaggio. Lei sorrideva. Per tutta la sera non aveva ripensato a quello per cui avevano discusso. Discusso… poi… non è che avessero discusso.
Lei ci aveva pensato parecchio. Alla fine, pensava di aver sbagliato lei. Pensava… beh, lo diceva Ginny e lo aveva accennato Harry. Draco era libero di fare quello che voleva, questo lo ammetteva anche Hermione. Quello che lei non riusciva a far capire ai suoi amici era che lei non voleva a tutti costi andare con lui ad Azkaban, voleva solo che lui glielo avesse detto. Ma era così difficile? Capiva che forse lui doveva chiudere i conti in sospeso con suo padre, però… però poteva dirglielo, no? Lei lo avrebbe aiutato. Magari sarebbe riuscita a fargli avere un colloquio prima se fosse stata lei a chiederlo, no? Però Ginny diceva che se lo avesse saputo avrebbe preteso di fare come voleva lei e non come voleva Draco. Ma davvero? Lei era veramente così? No. Non lo era. O forse sì? Forse solo quando il suo modo di agire sarebbe stato più giusto di quello di qualcun altro. Sospirò.
“Tutto bene?” le chiese lui alzando un sopracciglio. Lei sorrise ancora. “Ti ho detto cosa sono andata a fare al Ministero quella volta che ti ho visto?” buttò lì.
Lui si fermò. “Quando?”
“Quando sei andato al Ministero. Tu forse non lo sai, ma non me l’ha detto tua mamma che ci sei andato. Io… Io ti ho visto perché c’ero anch’io” parlò velocemente, un po’ per non interrompersi e un po’ per vedere la sua reazione.

 

Hermione era andata al Ministero il giorno che c’era andato anche lui? E perché non lo sapeva?
“No. Non sapevo che ci saresti andata” disse e lei annuì.
“Non te l’avevo detto” precisò.
“Perché?” Lei lo guardò con un sorriso strafottente. Ok se l’era cercata.
“Perché è una cosa mia” continuò, però lo disse con un tono strano. “E mi piacerebbe parlartene.”
Lui, che non si era ancora mosso, annuì stranito. “Oh. Ok”.
“Però è una cosa che potrebbe non piacerti oppure potresti ridere di me” ammise.
“E cosa dovrei fare, quindi?” Lei gli prese la mano mentre lo tirava per finire il corridoio.
“Potresti ascoltarmi fino alla fine senza dire niente” propose Hermione e lui annuì.
Quando lei parlò del gruppo che aveva fondato per i diritti degli elfi, Draco si ricordò qualcosa: sapeva di aver già sentito parlare del C.R.E.P.A., ma non era sicuro del come, dove e quando. Così ascoltò fino alla fine senza dire niente.
Era una stupidata. Lei voleva dare dei diritti agli elfi. Merlino, neanche gli elfi volevano quei diritti che elencava lei! Avrebbe voluto anche permettere agli elfi di usare la bacchetta. Draco non seppe bene cosa dire o anche pensare. Quando alla fine lei disse che il Ministro le aveva proposto un piccolo lavoro all’ufficio regolazione e controllo creature magiche, lei sorrideva così tanto che lui non ebbe il coraggio di dirle niente.
Così, la fece voltare verso di sé e le appoggiò le mani sulla schiena, guardandola in faccia. “Sei il futuro Ministro della Magia. Potrai fare…” Venne interrotto da una porta che si apriva.

 

Si voltarono tutti e due verso l’infermeria: Harry era uscito dalla porta e li aveva visti. Li salutò con la mano e si coprì con il mantello dell’invisibilità. Poi videro la porta chiudersi.
“Ma…” iniziò Hermione. “Cosa fa?”
“Torna dentro dalla Weasley” le disse Draco con un tono strano.
Lo guardò in faccia e notò che per lui era una cosa scontata. Ma… non poteva! Non era una cosa giusta! Cosa pensava di fare? Rimanere in infermeria tutta la notte? Vide il biondo sorridere divertito.
“Fammi indovinare: è una cosa che non si fa?” Lei sentì le guance in fiamme. No, che non si faceva! Santo Godric! Lui continuò a ridere, guardandola divertito. Hermione sbuffò.
“Dai, finiamo la ronda e torniamo su alla stanza dei prefetti” disse un po’ stizzita, trascinandolo per il corridoio.
Draco rise ancora.

 

Riuscirono a finire la ronda, con Hermione che sbottava nervosa a ogni aula.
Draco, invece, continuava a sorridere: lei era adorabile quando si innervosiva così. Non riusciva proprio a non sorridere, guardandola.
Quando tornarono nella stanza dei prefetti c’erano solo la Abbott e Weasley che scriveva la pergamena. Aspettarono che ebbe finito e tutti insieme uscirono dalla stanza.
Davanti a loro la Abbott e Hermione chiacchieravano di qualcosa che avevano organizzato per il giorno dopo, mentre Weasley rallentò il passo. Quando si fermò, Draco sospirò e si girò verso di lui: capiva che qualcosa non andava. Non aveva nessuna voglia di chiederglielo, ma era in debito col rosso, così si armò di santa pazienza e chiese senza farsi sentire dalle ragazze: “Che succede, Weasley?”

 

Ron guardò Malfoy: lui avrebbe potuto aiutarlo.
“Mi fai entrare nei sotterranei?” chiese, velocemente. Il Serpeverde alzò un sopracciglio.
“È successo qualcosa con Pansy?” domandò, senza rispondere alla sua domanda.
“Una cosa così” liquidò lui la questione. Non voleva parlarne con il biondo. Voleva solo vedere lei. “Mi fai entrare o devo trovare un’altra maniera?”

 

Draco lo guardò: sembrava nervoso. Perfetto. Ma si ricordò ancora di avere  quel conto in sospeso con il Grifondoro e annuì.
“Ok. Ti faccio entrare in sala comune” concluse. Al resto ci avrebbe pensato da solo.
Vide il rosso annuire: sarebbero stati pari. E non avrebbe avuto più debiti.

 

Hermione vide i ragazzi parlare, salutò Hannah che si avviò al corridoio delle cucine da sola e tornò verso di loro.
“Che succede?” chiese.
“Vado con Malfoy nei sotterranei” rispose Ron e lei annuì.
“Ti accompagniamo alla torre” propose Draco.
“Non serve”, appoggiò una mano sul braccio del ragazzo e gli lanciò uno sguardo complice. “Portalo giù” aggiunse. Draco alzò un sopracciglio incuriosito e lei lo spinse un po’. “Su andate. O lei andrà a letto!”

 

Draco vide Weasley fare una faccia strana: sorrise. Anche lui sapeva che Pansy non dormiva? Annuì a Hermione, si chinò a baciarla e si salutarono.
Poi si incamminò con il rosso verso i sotterranei.

 

***

 

“Parkinson, che piacere” disse Nott con tono lascivo.
Pansy pensò che avesse bevuto. Guardò anche Millicent: anche lei doveva aver bevuto. Le aveva dato qualcosa? Pensava che la ragazza non provasse neanche simpatia per Nott. Farsi rimorchiare poi…
“Avete bevuto?” chiese. Loro ridacchiarono. Sì, avevano bevuto decisamente. “Dai, Millie, andiamo in camera” disse allungando una mano.
Lei si ritrasse guardandola male. Il suo sguardo fece male. Tanto. Più delle parole dell’altra volta. “Cos’è sei gelosa che sia con me?”
Pansy sgranò gli occhi. Gelosa di Nott? Doveva aver bevuto parecchio. “No, Millie, penso solo che tu abbia bevuto troppo. Dovresti venire in camera con me”.
Lei fece un sorriso tirato “No, grazie” rispose, come se fosse schifata.
Lui rise sguaiato. “Visto Parkinson? Non sono tutte noiose come te!” Nott le lanciò uno sguardo provocatorio mentre palpava il seno di Millicent. Merlino.
“Oh, sì, da quando è venuta sua sorella, è diventata parecchio noiosa.”
Ora notava che l’amica aveva strascicato le parole: doveva farla alzare da quel divano. Subito.
Pansy fece il giro del sofà e si immobilizzò quando lui disse: “Oh, hai una sorella? È bella? E me la presenti?” Il suo sguardo si fece di nuovo viscido e un brivido le scosse le spalle. Lasciò perdere: era meglio non far sapere i punti deboli ai nemici. Se si fosse infuriata, lui avrebbe saputo dove colpirla la prossima volta.
Fu solo contenta che non avesse collegato lei e Camille.

 

“Oh, loro sono sempre belle…”
Millicent non si rese conto di aver parlato e di averlo detto davvero. Le sembrava di aver bevuto solo due o tre drink, ma in quel momento non ne fu sicura. Si sentiva un po’ confusa. Quando lui la palpeggiò ancora davanti a Pansy non le piacque. Per niente. Sembrava lo facesse apposta per dar fastidio alla sua amica.
La guardò, ma la mora continuava a guardare lei. “Vieni Millicent, andiamo in camera” le disse ancora e allungò una mano verso di lei.
Si mise seduta e fece per prenderle la mano, quando Nott la tirò di nuovo indietro. “Ah no. È con me, stasera” dichiarò, con tono sostenuto.
Millicent sorrise: un ragazzo che teneva a lei? Sarebbe stato il primo ma faceva comunque piacere.
“Nott, lasciala stare”. Pansy si chinò per prenderle la mano, ma lui la spinse appena. “Non toccarmi!” La Serpeverde aveva uno sguardo di fuoco. Millie glielo aveva visto poche volte, ma faceva paura. Sentì il ragazzo che la teneva stretta irrigidirsi. Aveva spaventato anche lui. Ma poi lo sentì ridere.
“Lei vuole stare con me. Vero?” disse e la ragazza si girò verso di lui, ma Nott non aspettava veramente una risposta. Si sentì intrappolata. Lo sguardo di lui non le piaceva e avrebbe voluto andarsene da lì. Si alzò in piedi.
“Forse…” Nott la stava guardando malissimo.
“Forse niente! Tu stai con me, stasera. Dovresti ringraziarmi. Sai quante ne avrei potute avere più belle di te?”

 

Pansy vide il viso di Millicent irrigidirsi e per un attimo sembrò sobrissima.
“Ringraziarti?” Prese la sua mano e tentò di tirarla verso il dormitorio. Nott avrebbe potuto dire qualcosa di cattivo, cattivo e offensivo. Lo sapeva. Non voleva che lei sentisse. La ragazza castana scansò la mano dalla sua. Lui ghignò.
“Certo. Ma ti sei vista allo specchio? Sembri uno snaso! Chi ti sco…”
Pansy spalancò gli occhi quando vide l’amica tirar fuori la bacchetta. Una luce rossa uscì dalla bacchetta mentre lanciava lo schiantesimo. Nott si impaurì ma l’incantesimo non lo colpì: la ragazza non aveva mirato giusto. Anche lui tirò fuori la bacchetta ma fu lento e impacciato, anche per colpa dell’alcool. Una bacchetta in mano a un ubriaco era pericolosissima.
Pansy impugnò la bacchetta e disse: “Petrificus totalus”, in direzione del ragazzo, che ricadde immobile sul divano. Con noncuranza mise via la bacchetta, sotto gli occhi sbarrati dell’amica, la prese per mano e disse: “Adesso andiamo in camera, ok?”

 

Millicent annuì con le lacrime agli occhi: si vergognava.
Aveva creduto a tutte le belle parole di Nott. Le aveva detto che aveva sempre pensato che fosse carina ma di non averci mai provato perché convinto di non essere alla sua altezza. Che idiota! C’era cascata con tutto il mantello!
Pansy le circondò le spalle con il braccio; erano alte uguali. Avvicinò la testa verso di lei. “È un troll. Non credere a quello che ha detto. A lui piace mortificare le altre persone. Lo fa sentire superiore, distruggerti. È una persona crudele. Non dare mai ascolto a quello che dice. E non bere mai qualcosa che ti offre lui, capito?” Millicent annuì silenziosamente. Sembrava che lei sapesse di cosa stesse parlando. Si meravigliò. La perfetta Pansy aveva passato brutti momenti? Brutti momenti come lei?
“Grazie, per non avermi lasciato con lui.”
La mora si staccò da lei per aprire la porta della camera e quando si voltò, sorrise. “Non lo avrei mai fatto” dichiarò, seria. Millie le bloccò la mano, prima che si posasse sulla maniglia.
“Avresti avuto tutte le ragioni, dopo quello che ti ho detto” ammise.
Pansy sussurrò: “Nessuno si merita uno così”.
“Scusami per l’altra volta”. Aveva le lacrime agli occhi. L’amica le fece un cenno con il capo.
Quando entrarono in camera scoprirono che era vuota. Millicent si spogliò per mettersi il pigiama. Sapeva di non essere bella. Non aveva tutte le forme al posto giusto come Daphne o Pansy o come le altre. Non era magra e le sue gambe non erano belle da vedere sotto la divisa. La divisa poi, le stava malissimo. Sembrava davvero uno Snaso, ma non aveva mai sbattuto contro uno come Nott, che glielo dicesse in faccia.
Per fortuna era arrivata Pansy. La guardò mentre si infilava il pigiama, l’amica non si era ancora spogliata. Millie pensava che per lei fosse tutto facile: tanti soldi, tanta bellezza, tanta popolarità, tanti ragazzi ed era una purosangue. E invece… Niente di tutto questo ti garantiva la felicità probabilmente pensò, guardando il viso di Pansy. Sembrava triste. Inconsolabile. Per un attimo ebbe il timore che piangesse. Ma non l’aveva mai vista piangere. Ogni tanto, quando riceveva le lettere da sua madre, diventava pensierosa o a volte si arrabbiava in maniera nervosa, ma fino a ora niente l’aveva abbattuta. Ora però sembrava più tranquilla, forse perchè non riceveva più lettere dalla madre.
Per forza, stupida, sua madre era ad Azkaban!

 

Pansy si sedette sul letto. Avrebbe voluto dormire. Per giorni. Settimane. Mesi. Millicent la ringraziò ancora e poi si addormentò. Sentì il suo respiro regolare.
Dopo dieci minuti la porta si aprì ancora e tornò Daphne. Una Daphne con le guance rosse e un sorriso ebete sul viso. “Oh. Daphne, qualcuno è stato baciato stasera?” Sapeva quanto l’amica fosse timida. Era una delle poche. E sorrise di gioia a vedere che arrossiva ancora di più dopo le sue parole.
Le fece cenno con la mano di sedersi sul letto di fianco a lei e si fece raccontare tutto, mentre si preparavano per la notte. Dopo tanti sospiri e tanti “Oh, Pansy!”, Daphne le aveva raccontato tutto, quando sentirono un inconfondibile rumore venire dal corridoio: acqua.
No! Ma cos’altro doveva succedere ancora quella sera? Aprirono la porta (per fortuna notarono che furono le uniche ad aprirla) e guardarono la scena. Videro passare Nott nella corrente e lo videro sparire oltre il muro. Sospirò: andava bene così. Chissà cosa voleva fare quell’idiota. Non sarebbe neanche andata a controllarlo. Stava per richiudere la porta quando sentì la risata di Draco nel silenzio. Normalmente non l’avrebbe sentita se non fosse stata un’ora così tarda e silenziosa.
Merlino, Draco! Aveva usato Nott per chiamarla? Come aveva fatto con i ragazzini? Pensò di non andare in sala comune, ma poi pensò a come stesse Draco da quando aveva litigato con la Granger, così si incamminò controvoglia nel corridoio, sbuffando.
Quando si rese conto di essere in camicia da notte, appellò la vestaglia e cercò di infilarsela mentre raggiungeva la sala comune. Quando finì il corridoio, non solo non si era infilata la vestaglia, ma oltre a Draco, si trovò di fronte il rosso Grifondoro.
Oh, Merlino che serata!

 

***

 

Quando i ragazzi si erano incamminati verso i sotterranei non si dissero niente per almeno tre piani. Il silenzio era imbarazzante, così Ron provò a dire: “Vi siete chiariti, tu e Hermione?”
Il biondo lo guardò di sottecchi. “Tu sai del C.R.E.P.A.?” rispose lui.
Ron sospirò rumorosamente. “Oh, auguri. È una mattata di Hermione. Non è che noi ne siamo proprio entusiasti…” si interruppe e il Serpeverde annuì, capendo quello che voleva dire.
Non lo invidiava proprio. Fecero altri passi in silenzio, poi Malfoy pensò di ricambiare il favore.
“E voi? È successo qualcosa?”
Ron prese tempo e si infilò le mani in tasca. “Sembra… che io abbia offeso Pansy. Cioè, lo dicono loro” disse, indicando la torre con il capo “Ma forse lo pensa anche lei… io... non intendevo… sembra che io non sia molto bravo con le parole…” E si zittì: non voleva dire nient’altro.
Se avesse parlato ancora avrebbe detto a Malfoy quanto fosse geloso e non voleva far sapere all’ex della sua ragazza quanto lo fosse. E quanto fosse stupido.

 

Draco non disse niente, ma si fermò e Weasley fu costretto a fermarsi con lui. “Io tengo a Pansy. Lei è mia amica…” si interruppe per guardare da un’altra parte, improvvisamente a disagio.
“Anche Hermione è mia amica. So cosa vuoi dire” disse il rosso e Draco annuì. 
“Perfetto.”
E ripresero a camminare serenamente, come se avessero fatto una lunga chiacchierata rivelatrice.

 

“A volte è difficile. Mi sembra di muovermi in un labirinto di vetro insieme a un drago: penso sempre di fare la cosa sbagliata, che in verità è quella giusta e quando mi sento convinto di quello che faccio, faccio una cazzata” spiegò Ron, con sincerità. Non lo aveva detto a nessuno: Harry era il ragazzo che faceva sempre la cosa giusta, non lo avrebbe mai capito. Con sua sorpresa, invece, Malfoy annuì.
“A chi lo dici” ammise il biondo. Ron lo guardò, sorpreso di avere qualcosa in comune con lui.
Arrivarono nei sotterranei e passarono la porta scorrevole. In sala comune la luce era più bassa dell’ultima volta che c’era stato, ma non se ne stupì troppo.
“Mandiamo un gufo di pergamena?” propose quando il biondo si fermò davanti a un corridoio, informandolo che era il corridoio delle ragazze e loro non potevano oltrepassarlo.
Malfoy stava per rispondere quando videro alzarsi da uno dei divani in fondo, un ragazzo: Nott. Aveva una brutta faccia.
Il biondo imprecò sottovoce.

 

Merlino, Nott! Draco non immaginava di incontrarlo lì. E dopo tutte le cose che gli aveva detto per strappargli le informazioni sulle pozioni, non ci voleva proprio.
Guardò Weasley, che guardò Nott con uno sguardo di odio. Probabilmente Pansy gli aveva raccontato di Nott. Perché lui sapeva che c’era qualcosa, anche se non era a conoscenza di niente. Si voltò verso di lui e gli disse sottovoce: “Qualsiasi cosa io dica, reggimi il gioco, e non prestare troppa attenzione a ciò che dice lui, io potrei… avergli raccontato cose strane. Ok?” Vide Weasley guardarlo stranito e alzare un sopracciglio, ma alla fine annuì.
Nott li vide, si avvicinò e ghignò. “Come sei entrato, Weasley?”
Il suo tono era un po’ pomposo e le parole strascicate, come se avesse bevuto o fosse molto stanco. “L’ho portato io”.
Draco disse la prima cosa che gli venne in mente. “Sei qui per vedere la Parkinson? La sua stanza è di là. Vai pure”. Nott ghignò indicando il corridoio del dormitorio delle ragazze, probabilmente sperando che il rosso venisse investito dal fiume. Ma loro non si mossero. Draco sperò che lui si incamminasse verso i dormitori maschili, ma invece si avvicinò ancora di più a loro. Aveva una gran brutta faccia.
“Tu che fai qui?” chiese allora Draco, spostandosi con Weasley di lato. Nott camminò ancora nella loro direzione.
“Oh, solite cose…” Il viso del Serpeverde si inasprì mentre scrollava le spalle.
“Una ragazza?” chiese Draco e lui ghignò, rispondendo: “A dir la verità, due”.
Draco si guardò intorno: erano soli.
“E dove sono?” Il moro scosse la testa.
“Andate. Se dici loro la verità, si arrabbiano.”
“E la pozione?”
“Ce l’ho in camera. Ne vuoi un po’?”
Draco annuì, sperando così di portarsi via il ragazzo. Fece un cenno a Weasley e si incamminò verso Nott. Improvvisamente, Nott scelse di cambiare strada e si avvicinò al rosso, con un’andatura traballante. Girò intorno ai divani e si trovò di fronte al corridoio del dormitorio femminile.
“Forse dovrebbe comprarne un po’ anche lui” disse al compagno di casa intendendo il Grifondoro, che guardò in direzione di Draco. Riuscì a non far capire dallo sguardo che sapeva di cosa stessero parlando, ma il biondo pensò che Nott avesse bevuto abbastanza da non accorgersi di niente.

 

“E perché dovrei comprarne anch’io?” chiese Ron.
Era curioso di sapere di cosa stessero parlando, ma cercò di non darlo a vedere. Nott rise un po’ volgarmente.
“Perché la Parkinson è acida come una vecchia zitella. Se te la scopassi un po’ di più forse sarebbe meno…” Ron non ci vide più. Tirò fuori la bacchetta e fece un passo in avanti. Sentì Malfoy dietro di lui imprecare e questo lo bloccò.
Non lanciò a Nott nessun incantesimo, non fece in tempo perché il ragazzo si spaventò comunque e facendo un passo indietro inciampò e cadde sul sedere sul pavimento. Cadde proprio sull’entrata del corridoio.
Ron sentì Malfoy tirarlo indietro per un braccio. In quel momento, dall’alto cadde una cascata d’acqua che si riversò lungo il corridoio e corse via nel buio, portandosi via Nott.

 

Draco vide Weasley con gli occhi spalancati.
“Io non ho fatto niente” disse lui e Draco annuì. Quando si sentì lo sciabordio dell’acqua contro il muro, rise. Rise forte.
“No, ma hai fatto un gran bel lavoro. Adesso arriverà” spiegò.
Il rosso si voltò e chiese: “Chi?”
“Stai a vedere” rispose lui, enigmatico.
“Di che pozione parlava?” chiese ancora Weasley.
“Nott ha ideato una pozione che fa disinibire le ragazze. La usa per portarsele a letto e, da quel che ho capito, la vende qui a scuola” spiegò e Weasley fece una faccia seria.
Ma poi sentirono dei rumori dal corridoio e non ne parlarono più.

 

Ron sentì una voce borbottante venire dal corridoio e uno scalpiccio veloce.
“Per Salazar, Dra, quante volte ti ho detto che… oh!” Pansy stava arrivando e si fermò prima della fine del corridoio, vedendoli.
Ron sorrise senza accorgersene.

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*** Grazie ancora a chi continua a leggere!!!!
   
 
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