La festa nei sotterranei
-
-
Pansy ciondolava
in camera da un sacco di tempo.
Gran bella idea, davvero. Era arrivata nel dormitorio
prima di cena e ora era stufa di essere lì. E avrebbe potuto
uscire solo
l’indomani. Che idea stupida farsi sostituire alla ronda!
Almeno avrebbe fatto
qualcosa…
Daphne non era tornata e PAnsy sperò che fosse con
Blaise. Neanche Millicent era rientrata, ma non ci pensò su
troppo: dopo quella
bella chiacchierata che avevano
avuto
qualche giorno prima, avevano preso a ignorarsi. E a lei stava bene.
Aveva sentito dire da alcune ragazze del quinto anno
che ci sarebbe stata una festa. Doveva essere una festa un
po’ esclusiva, visto
che lei non sapeva niente. Pensò di andare a dare
un’occhiata. Almeno l’avrebbe
distratta dal pensiero del rosso. E poi doveva controllare chi
c’era: la
riunione per le ragazze ci sarebbe stata il giorno dopo e lei doveva
assicurarsi che quella notte non succedesse niente.
Si truccò e si cambiò il vestito. Quando
uscì in
corridoio, seguì due ragazze del quinto che parlottavano fra
loro. Neanche si
accorsero di lei: uscirono dalla sala comune e girarono a destra.
Quando ebbero
girato la terza volta capì dove stavano andando. Non le
piacque tanto, saperlo.
Era già stata in quella stanza, anni prima. Si
fermò senza accorgersene.
Merlino. Si guardò intorno: le ragazze erano sparite.
Si incamminò lo stesso e arrivò al locale della
festa, notando di aver indovinato il luogo, ma senza esserne contenta.
Almeno avevano
insonorizzato la stanza: dal corridoio, infatti, non si sentiva la
musica.
Sulla porta c’era Rowie. Ancora Merlino. Il ragazzo
alzò un sopracciglio quando la vide e ghignò.
“Parkinson” disse, strafottente.
“Rowie” lo salutò lei.
“Mi spiace non puoi entrare. È una festa
riservata” disse,
con un po’ di arroganza.
“Ah, sì? Riservata a chi?” chiese e
buttò un occhio
dentro la stanza: erano quasi tutti Serpeverde, ma non tutti. Ma tutti
erano
maledettamente giovani. C’erano anche ragazzini dei primi
anni.
Non vide Blaise né Daphne. Non vide neanche
Millicent. Sperò che ci fosse qualcuno del settimo anno a
controllare.
Quando vide passare Astoria, si preoccupò. Astoria?
Ma allora c’era anche Camille! “Oh, riservata ai
Serpeverde” rispose Rowie dopo
averla squadrata con uno sguardo lascivo.
E sì
che il suo non era un vestito di quelli che
metteva di solito alle feste, visto che non voleva attirare
l’attenzione. Quel
ragazzino non aveva visto niente. Rise di lui.
“E io ti sembro un Tassorosso? Comunque ho visto due
ragazzine Corvonero. Proprio là. Cos’è
perdi i colpi? Non hanno neanche la
gonna corta. Come ti hanno corrotto? Ti hanno fatto vedere le
caviglie?” lo
prese in giro lei.
Lui divenne rosso e disse qualcosa, ma lei lo
ignorò, studiando il modo per entrare a vedere cosa stesse
succedendo.
“Non potrei farti entrare, ma se sarai carina con
me…”
Rowie lasciò in sospeso la frase apposta. Pansy stava ancora
guardando la
stanza. Si girò verso di lui e lo guardò male.
“Vuoi che ti schianti ancora? Comunque non voglio
entrare, mi piace stare qui” mentì lei.
“Come?” chiese lui sorpreso.
“Sì, immagino che fra poco, dopo che mi avranno
visto, qui sulla porta, in bella vista, si faranno tutti qualche
domanda. Ricordi?
Sono un prefetto. E sono il prefetto più vecchio. Potrei
smontarti questa festa
in dieci minuti” mentì. Allungò la mano
e la fece roteare davanti a sé. Lo
sguardo del ragazzo vacillò.
Sperò che l’idiota ci credesse. Lei non avrebbe
potuto fare niente. Ma lui non lo sapeva. E Pansy era bravissima a
bluffare.
Ghignò.
“Ok entra” disse, con un gesto della mano. Oh. Era
stato così facile?
“Davvero? Come sei gentile” disse, melliflua.
Fece qualche passo avanti e poi si voltò di nuovo
verso di lui, quando vide che le un ragazzino dietro di lei gli aveva
allungato
qualcosa nella mano.
Pansy si chinò un po’ in avanti perché
si era seduto
e trafficava con una scatola di legno mentre entravano altri due
ragazzini. Lo
vide allungare lo sguardo nella sua scollatura, ma lo lasciò
fare.
“Che scopo ha questa festa? Fate pagare gli
alcolici?” gli chiese.
Rowie non rispose subito, così gli mise un dito
sotto il mento e lo obbligò ad alzare lo sguardo.
“Quindi?” insistette.
Lui scosse le spalle. “Sì, una cosa
così, farsi
pagare gli alcolici e l’entrata. E proporre giochi
alcolici... ci ha detto Nott
di farlo, daremo a lui il denaro e…”
Quando sentì quel nome la ragazza si irrigidì. Ma
l’idiota non se ne accorse, per fortuna.
“Oh, e Nott è qui?” chiese e si
guardò intorno
mentre lui continuava a guardarle dentro il vestito.
Rowie scosse ancora la testa, confuso. “No, è
andato
via con una” rispose. Merlino. Una ragazza? O una ragazzina?
“Una chi?” gli chiese, preoccupata.
“La
Bulstrode”
rispose il ragazzo. Per Salazar, Millicent!
Si
voltò verso la stanza piena di ragazzini e tirò
fuori la bacchetta. In un angolo, in un cerchio di persone sedute per
terra,
vide Camille e Astoria: chiacchieravano con altri. No e no. Guastafeste.
Al centro dei ragazzi vide una bottiglia girare. Si
sentì male. Aveva partecipato a feste per tutti gli anni di
Hogwarts. Era
davvero una ragazza facile. E ora, invece, era una guastafeste. Ma
doveva
farlo. Soprattutto se era stato Nott a organizzare la festa.
Fece su di sé un incantesimo Muffliatio e ne
lanciò
uno Assordante nella stanza: un rumore potentissimo uscì
dalla bacchetta,
spaventando tutti i ragazzini.
Presero tutti a correre verso l’uscita.
Rowie cercò di fermarli, così Pansy gli
lanciò uno
schiantesimo, mentre con un altro incantesimo allargava la porta
d’uscita. In
meno di dieci minuti la stanza fu vuota.
Fece finire gli incantesimi e si guardò intorno: era
rimasto solo Rowie, svenuto. Oh, aveva ragione. Dieci minuti e avrebbe
potuto
far finire la festa. Sorrise. Sperò che nessuno si fosse
fatto male scappando.
Andò a controllare il ragazzo per terra. Era ancora svenuto,
ma stava bene.
Puntò la bacchetta alla sua testa e disse:
“Obliviate”. Se non si fosse ricordato cos'era
successo, non avrebbe
potuto raccontarlo a nessuno.
Vide vicino a lui la cassetta di legno. La raccolse
e l’aprì: era piena di monete. L’incasso
della serata? Si voltò e andò verso il
bancone del bar. Sapeva esattamente dove guardare, pensò un
po’ tristemente
mentre si chinava sulla sinistra, sotto tutte le bottiglie.
Raccolse l’altra cassetta e la vuotò nella
borsetta
come aveva fatto con la prima. Uscì dalla porta
chiudendosela alle spalle.
Tornò sui suoi passi e vide l’entrata della sala
comune presa d’assalto dai ragazzi
della festa.
Cercò con lo sguardo sua sorella e Astoria. Loro la
videro e Camille abbassò lo sguardo quando i loro occhi si
incrociarono.
Aspettò che tutti entrassero e quando il corridoio fu di
nuovo libero, andò a
cercare Millicent. Dove avrebbe potuto portarla Nott?
Girovagò un po’. Era ancora presto,
effettivamente.
Forse era appena iniziata la ronda. Non li trovò da nessuna
parte. Aveva
cercato in tutti i posti che conosceva nei sotterranei. Dopo
un’ora decise di
tornare in dormitorio. Magari non era successo niente e Millicent era a
letto.
Come entrò in sala comune notò solo le luci
più
basse del solito, ma non c’era nessuno. Doveva aver
spaventato abbastanza i
ragazzi visto che si erano rifugiati nei dormitori. Si avviò
verso il suo
corridoio quando sentì una risatina. Si girò: da
dov’era non vedeva niente.
Alla risatina se ne unì un’altra. Si
avvicinò a uno
dei divani in fondo, quello girato vicino al corridoio dei ragazzi e
lì, sdraiati,
c’erano Millicent e Nott che pomiciavano. Merlino.
“Parkinson!” esclamò lui sorpreso,
ghignando.
***
Harry
entrò in infermeria dopo cena, senza indossare
il mantello.
Ginny sorrise e lui le andò incontro e si sedette
sul suo letto. “Non hai il mantello?”
sussurrò lei quando la baciò.
“Sì, sì, che ce l’ho. Ma
pensavo di usarlo dopo.
Adesso sono in visita finché posso restare”
spiegò e lei annuì. Si spostò per
farlo
sdraiare di fianco a lei e Harry la baciò ancora.
“Ehi! Potreste avere un po’ di rispetto. Non siete
mica soli!”
Tutti e due alzarono la testa verso uno dei letti
con le tende tirate. Harry si alzò e andò a
tirare la tenda, scoprendo chi
aveva parlato: Harper. Stupendo. Il Serpeverde li guardò con
un sorriso strafottente.
“Harper” sputò il suo nome Ginny.
“Già, visto che fortuna ritrovarci qui insieme?
Appena Potter se ne va potresti venire a trovarmi”
continuò ghignando.
Doveva essere lì per il raffreddore anche lui,
pensò
Ginny, notando la voce nasale. Lei, che aveva già preso la
medicina qualche ora
prima e si sentiva molto meglio, alzò un sopracciglio.
“Che voce sexy, Harper.
Eri tu che russavi?” gli chiese con tono sarcastico.
Lui si sorprese e non riuscì a ribattere niente.
Harry rise e tornò vicino a lei. Harper sbuffò.
In quel momento anche l’altra
tenda si aprì.
“Weasley, anche tu qui?” disse il ragazzo che
c’era
dietro.
Ginny sorrise. “Derrick!” Il ragazzo fece un cenno
del capo a Harry che ricambiò con una strana espressione.
Ad Harry la
situazione non piacque molto. Finché
c’era l’idiota, andava bene. Ma Derrick
(detto
con il tono che aveva usato Ginny) non andava bene. No, no. Non
l’avrebbe
lasciata lì con Derrick.
“Harry ti ricordi di Derrick? Te ne ho parlato
quando siamo andati in Galles” gli chiese la rossa e lui
annuì distrattamente.
Poi si girò verso di lei e sussurrò:
“Quello che
doveva uscire con Luna?”
Lei annuì ma poi disse sottovoce: “Ma Luna non ha
voluto neanche conoscerlo”.
Oh. No, no. Ancora no. “Anche tu reduce dalla
battaglia di neve?” le chiese il ragazzo Serpeverde.
“Già. Ci siamo divertiti, eh?” gli
rispose Ginny.
Ok. Basta. Si risedette sul letto vicino alla ragazza e le
portò una mano
dietro la schiena in un gesto possessivo, senza darlo a vedere. Lei
stava
ancora chiacchierando del pomeriggio Derrick, però aveva
iniziato a chiamarlo Mike. Oh,
sembrava che si fossero
divertiti, mentre lui era al ministero a lavorare. Ginny, Camille,
Astoria e… Mike.
Ginny ridacchiava mentre raccontava di questo o di
quello, anche se ogni tanto si ricordava di lui e gli posava la mano
sulla
gamba per richiamare la sua attenzione quando raccontava qualcosa di
divertente. Rise anche quando raccontò di essere caduta
nella neve.
Oh, c’era da dire che mentre raccontava era
bellissima, come sempre. Ed era sua. Le sorrise nonostante quello che
sentiva dentro.
Quando lei prese fiato e rimase zitta, si girò verso di lui
con uno sguardo
così dolce, si dimenticò tutto, mentre le
spostava una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Madama Chips
entrò in infermeria dalla porta del suo
ufficio.
“Adesso l’orario delle visite è finito.
Questi
ragazzi devono riposare” disse e fece cenno a Harry di andare
fuori.
Il Grifondoro annuì e si alzò dal letto,
baciò Ginny
sulla testa e le diede la buonanotte. Si avviò verso la
porta e quando uscì la
lasciò aperta. Tornò indietro quasi subito
protetto dal mantello. Sentì Ginny
dire ai ragazzi che era stanca e tirare la tenda con la bacchetta per
garantirsi un po’ di privacy.
Passò da dietro il letto; fu molto bravo, secondo
lui. Appena si tolse il mantello, la rossa gli sorrise. Si sedette sul
letto,
dov’era prima.
“Rimani con me?” chiese lei.
“Sì, tutta la notte.”
Harry le aveva
detto che sarebbe rimasto con lei
tutta la notte. Avrebbero dormito vicino, fino al mattino. Sorrise. Si
spostò
sul letto per fargli di nuovo posto e sussurrò ancora:
“Tieni vicino il
mantello”. Lui annuì e la baciò.
In quel momento la tenda venne tirata per metà,
scoprendoli, e Harper fece capolino dietro.
“Potter! Come hai fatto?” esclamò,
stupito di
verderlo.
“Harper, idiota cosa fai?” iniziò Ginny,
ma il Serpeverde
chiamò a gran voce la Chips che arrivò quasi
subito.
Harry fece
appena in tempo a nascondersi dietro la tenda
ancora tirata di fianco al letto e a gettarsi addosso il mantello.
L’infermiera
arrivò con uno scalpiccìo veloce e si
fermò vicino a Harper.
“Signor Harper, cosa sta facendo fuori dal suo
letto?” gli chiese. Aveva le mani sui fianchi e guardava il
ragazzo con un
cipiglio severo.
Harper ghignò e disse: “Loro mi davano
fastidio”,
indicando Ginny. La Chips si voltò verso di lei inarcando un
sopracciglio.
“Chi?” domandò ancora.
“Loro. La Wealsey e Potter” rispose con arroganza.
“Potter è uscito prima”
dichiarò la Chips e lo
guardò stranita, come se fosse pazzo.
Lui ghignò ancora. “No no, è tornato
dentro. È lì,
dietro alla tenda”.
Harry
sentì l’infermiera arrivare e fece un passo
indietro. Non c’era tanto spazio. Sperò di non
farsi beccare e trattenne il
respiro.
Madama Chips spostò la tenda e lui la vide guardare
nella sua direzione. Come ogni volta, ogni maledettissima volta,
pensò che il
mantello per qualche motivo non funzionasse e chiuse gli occhi.
Coraggiosissimo, si
lodò
sarcastico.
“Qui non c’è nessuno, signor
Harper.”
Anche se era lontano, Harry sentì Ginny sospirare. Si
girò e vide l’infermiera girarsi verso Harper che
guardava nella sua direzione
con gli occhi sbarrati.
“Ma era lì. Appena dietro la tenda. L’ho
visto. Deve
essere lì” si giustificò il Serpeverde.
Mentre si muoveva furtivo, il moro notò Derrick,
ancora seduto sul letto che guardava la scena incuriosito.
Ginny
ridacchiò e trasformò la risata in qualche
colpo di tosse. “È vero Madama Chips. Harry
è tornato”.
Harry la guardò spalancando gli occhi; non si
ricordò che lei non poteva vederlo. Ma cosa stava dicendo?
Voleva che lo
scoprisse?
La ragazza prese la tazza sul comodino e disse: “Ho
trasfigurato Harry in questa tazza, così che potesse stare
con me per tutta la
notte”. E guardò la tazzina con sguardo adorante.
“Oh,
non ci creda, Madama Chips.”
Questa volta aveva parlato Derrick. “Faccio
Trasfigurazione con quella ragazza da sette anni e non ci riuscirebbe
neanche
se volesse. Se quella tazza fosse veramente Harry Potter, avrebbe
ancora gli
occhiali, si fidi di me!” Fece un sorriso strafottente e
Harry vide Ginny
guardarlo male. “Potter è uscito dieci minuti fa,
quando glielo ha detto lei” continuò
lui indicando la porta.
L’infermiera lo guardò e annuì, poi si
girò verso
Harper e sgridò il Serpeverde dicendogli di tornare a letto,
altrimenti gli
avrebbe dato una pozione soporifera.
Harper non disse più niente, guardò male Ginny e
tornò verso il suo letto. Madama Chips se ne andò
dicendo che avrebbe spento le
lanterne entro poco. Harper tirò la tenda e si mise a letto.
Ginny guardò Derrick con riconoscenza e mimò
‘Grazie’
sulle labbra. Lui fece un cenno nella sua direzione, lanciò
un’occhiata dove
era Harry e tirò la sua tenda con la bacchetta.
“Non
ti ha visto” sussurrò a Harry quando le
tornò
vicino.
Lui non disse che invece il Serpeverde l’aveva
visto: se n’era accorto quando si era nascosto dietro
l’altro pezzo di tenda.
Forse aveva visto anche il mantello. Di quello non era sicuro.
Annuì senza dire
niente e si sdraiò vicino a lei. Ginny appoggiò
il viso su di lui e chiuse gli
occhi.
“Buonanotte.”
“Buonanotte, piccola” le rispose, le
accarezzò la testa
e la baciò sulla fronte.
Dopo poco si addormentarono.
***
Hermione e Draco
fecero la ronda insieme.
Avevano il corridoio del primo piano, ma non furono
molto professionali, secondo Hermione. Continuavano a fermarsi a
baciarsi in
ogni angolo buio e Draco si premurò di spegnere parecchie
lanterne al loro
passaggio. Lei sorrideva. Per tutta la sera non aveva ripensato a
quello per cui
avevano discusso. Discusso… poi… non è
che avessero discusso.
Lei ci aveva pensato parecchio. Alla fine, pensava
di aver sbagliato lei. Pensava… beh, lo diceva Ginny e lo
aveva accennato
Harry. Draco era libero di fare quello che voleva, questo lo ammetteva
anche
Hermione. Quello che lei non riusciva a far capire ai suoi amici era
che lei
non voleva a tutti costi andare con lui ad Azkaban, voleva solo che lui
glielo
avesse detto. Ma era così difficile? Capiva che forse lui
doveva chiudere i
conti in sospeso con suo padre, però…
però poteva dirglielo, no? Lei lo avrebbe
aiutato. Magari sarebbe riuscita a fargli avere un colloquio prima se
fosse
stata lei a chiederlo, no? Però Ginny diceva che se lo
avesse saputo avrebbe
preteso di fare come voleva lei e non come voleva Draco. Ma davvero?
Lei era
veramente così? No. Non lo era. O forse sì? Forse
solo quando il suo modo di
agire sarebbe stato più giusto di quello di qualcun altro.
Sospirò.
“Tutto bene?” le chiese lui alzando un
sopracciglio.
Lei sorrise ancora. “Ti ho detto cosa sono andata a fare al
Ministero quella volta
che ti ho visto?” buttò lì.
Lui si fermò. “Quando?”
“Quando sei andato al Ministero. Tu forse non lo
sai, ma non me l’ha detto tua mamma che ci sei andato.
Io… Io ti ho visto
perché c’ero anch’io”
parlò velocemente, un po’ per non interrompersi e
un po’
per vedere la sua reazione.
Hermione era
andata al Ministero il giorno che c’era
andato anche lui? E perché non lo sapeva?
“No. Non sapevo che ci saresti andata” disse e lei
annuì.
“Non te l’avevo detto” precisò.
“Perché?” Lei lo guardò con
un sorriso strafottente.
Ok se l’era cercata.
“Perché è una cosa mia”
continuò, però lo disse con
un tono strano. “E mi piacerebbe parlartene.”
Lui, che non si era ancora mosso, annuì stranito.
“Oh.
Ok”.
“Però è una cosa che potrebbe non
piacerti oppure
potresti ridere di me” ammise.
“E cosa dovrei fare, quindi?” Lei gli prese la mano
mentre lo tirava per finire il corridoio.
“Potresti ascoltarmi fino alla fine senza dire
niente” propose Hermione e lui annuì.
Quando lei parlò del gruppo che aveva fondato per i
diritti degli elfi, Draco si ricordò qualcosa: sapeva di
aver già sentito
parlare del C.R.E.P.A., ma non era sicuro del come, dove e quando.
Così ascoltò
fino alla fine senza dire niente.
Era una stupidata. Lei voleva dare dei diritti agli
elfi. Merlino, neanche gli elfi volevano quei diritti che elencava lei!
Avrebbe
voluto anche permettere agli elfi di usare la bacchetta. Draco non
seppe bene
cosa dire o anche pensare. Quando alla fine lei disse che il Ministro
le aveva
proposto un piccolo lavoro all’ufficio regolazione e
controllo creature
magiche, lei sorrideva così tanto che lui non ebbe il
coraggio di dirle niente.
Così, la fece voltare verso di sé e le
appoggiò le
mani sulla schiena, guardandola in faccia. “Sei il futuro
Ministro della Magia.
Potrai fare…” Venne interrotto da una porta che si
apriva.
Si voltarono
tutti e due verso l’infermeria: Harry
era uscito dalla porta e li aveva visti. Li salutò con la
mano e si coprì con
il mantello dell’invisibilità. Poi videro la porta
chiudersi.
“Ma…” iniziò Hermione.
“Cosa fa?”
“Torna dentro dalla Weasley” le disse Draco con un
tono strano.
Lo guardò in faccia e notò che per lui era una
cosa
scontata. Ma… non poteva! Non era una cosa giusta! Cosa
pensava di fare?
Rimanere in infermeria tutta la notte? Vide il biondo sorridere
divertito.
“Fammi indovinare: è una cosa che non si
fa?” Lei
sentì le guance in fiamme. No, che non si faceva! Santo
Godric! Lui continuò a
ridere, guardandola divertito. Hermione sbuffò.
“Dai, finiamo la ronda e torniamo su alla stanza dei
prefetti” disse un po’ stizzita, trascinandolo per
il corridoio.
Draco rise ancora.
Riuscirono a
finire la ronda, con Hermione che
sbottava nervosa a ogni aula.
Draco, invece, continuava a sorridere: lei era
adorabile quando si innervosiva così. Non riusciva proprio a
non sorridere,
guardandola.
Quando tornarono nella stanza dei prefetti c’erano
solo la Abbott e Weasley che scriveva la pergamena. Aspettarono che
ebbe finito
e tutti insieme uscirono dalla stanza.
Davanti a loro la Abbott e Hermione chiacchieravano
di qualcosa che avevano organizzato per il giorno dopo, mentre Weasley
rallentò
il passo. Quando si fermò, Draco sospirò e si
girò verso di lui: capiva che
qualcosa non andava. Non aveva nessuna voglia di chiederglielo, ma era
in
debito col rosso, così si armò di santa pazienza
e chiese senza farsi sentire
dalle ragazze: “Che succede, Weasley?”
Ron
guardò Malfoy: lui avrebbe potuto aiutarlo.
“Mi fai entrare nei sotterranei?” chiese,
velocemente. Il Serpeverde alzò un sopracciglio.
“È successo qualcosa con Pansy?”
domandò, senza
rispondere alla sua domanda.
“Una cosa così” liquidò lui
la questione. Non voleva
parlarne con il biondo. Voleva solo vedere lei. “Mi fai
entrare o devo trovare
un’altra maniera?”
Draco lo
guardò: sembrava nervoso. Perfetto. Ma si
ricordò ancora di avere quel
conto in sospeso
con il Grifondoro e annuì.
“Ok. Ti faccio entrare in sala comune” concluse. Al
resto ci avrebbe pensato da solo.
Vide il rosso annuire: sarebbero stati pari. E non
avrebbe avuto più debiti.
Hermione vide i
ragazzi parlare, salutò Hannah che
si avviò al corridoio delle cucine da sola e
tornò verso di loro.
“Che succede?” chiese.
“Vado con Malfoy nei sotterranei” rispose Ron e lei
annuì.
“Ti accompagniamo alla torre” propose Draco.
“Non serve”, appoggiò una mano sul
braccio del
ragazzo e gli lanciò uno sguardo complice.
“Portalo giù” aggiunse. Draco
alzò
un sopracciglio incuriosito e lei lo spinse un po’.
“Su andate. O lei andrà a
letto!”
Draco vide
Weasley fare una faccia strana: sorrise.
Anche lui sapeva che Pansy non dormiva? Annuì a Hermione, si
chinò a baciarla e
si salutarono.
Poi si incamminò con il rosso verso i sotterranei.
***
“Parkinson,
che piacere” disse Nott con tono
lascivo.
Pansy pensò che avesse bevuto. Guardò anche
Millicent: anche lei doveva aver bevuto. Le aveva dato qualcosa?
Pensava che la
ragazza non provasse neanche simpatia per Nott. Farsi rimorchiare
poi…
“Avete bevuto?” chiese. Loro ridacchiarono.
Sì, avevano
bevuto decisamente. “Dai, Millie, andiamo in
camera” disse allungando una mano.
Lei si ritrasse guardandola male. Il suo sguardo
fece male. Tanto. Più delle parole dell’altra
volta. “Cos’è sei gelosa che sia
con me?”
Pansy sgranò gli occhi. Gelosa di Nott? Doveva aver
bevuto parecchio. “No, Millie, penso solo che tu abbia bevuto
troppo. Dovresti
venire in camera con me”.
Lei fece un sorriso tirato “No, grazie” rispose,
come se fosse schifata.
Lui rise sguaiato. “Visto Parkinson? Non sono tutte
noiose come te!” Nott le lanciò uno sguardo
provocatorio mentre palpava il seno
di Millicent. Merlino.
“Oh, sì, da quando è venuta sua
sorella, è diventata
parecchio noiosa.”
Ora notava che l’amica aveva strascicato le parole:
doveva farla alzare da quel divano. Subito.
Pansy fece il giro del sofà e si immobilizzò
quando
lui disse: “Oh, hai una sorella? È bella? E me la
presenti?” Il suo sguardo si
fece di nuovo viscido e un brivido le scosse le spalle.
Lasciò perdere: era
meglio non far sapere i punti deboli ai nemici. Se si fosse infuriata,
lui
avrebbe saputo dove colpirla la prossima volta.
Fu solo contenta che non avesse collegato lei e
Camille.
“Oh,
loro sono sempre belle…”
Millicent non si rese conto di aver parlato e di
averlo detto davvero. Le sembrava di aver bevuto solo due o tre drink,
ma in
quel momento non ne fu sicura. Si sentiva un po’ confusa.
Quando lui la palpeggiò
ancora davanti a Pansy non le piacque. Per niente. Sembrava lo facesse
apposta
per dar fastidio alla sua amica.
La guardò, ma la mora continuava a guardare lei.
“Vieni Millicent, andiamo in camera” le disse
ancora e allungò una mano verso
di lei.
Si mise seduta e fece per prenderle la mano, quando
Nott la tirò di nuovo indietro. “Ah no.
È con me, stasera” dichiarò, con tono
sostenuto.
Millicent sorrise: un ragazzo che teneva a lei? Sarebbe
stato il primo ma faceva comunque piacere.
“Nott, lasciala stare”. Pansy si chinò
per prenderle
la mano, ma lui la spinse appena. “Non toccarmi!”
La Serpeverde aveva uno
sguardo di fuoco. Millie glielo aveva visto poche volte, ma faceva
paura. Sentì
il ragazzo che la teneva stretta irrigidirsi. Aveva spaventato anche
lui. Ma
poi lo sentì ridere.
“Lei vuole stare con me. Vero?” disse e la ragazza
si girò verso di lui, ma Nott non aspettava veramente una
risposta. Si sentì
intrappolata. Lo sguardo di lui non le piaceva e avrebbe voluto
andarsene da lì.
Si alzò in piedi.
“Forse…” Nott la stava guardando
malissimo.
“Forse niente! Tu stai con me, stasera. Dovresti
ringraziarmi. Sai quante ne avrei potute avere più belle di
te?”
Pansy vide il
viso di Millicent irrigidirsi e per un
attimo sembrò sobrissima.
“Ringraziarti?” Prese la sua mano e
tentò di tirarla
verso il dormitorio. Nott avrebbe potuto dire qualcosa di cattivo,
cattivo e
offensivo. Lo sapeva. Non voleva che lei sentisse. La ragazza castana
scansò la
mano dalla sua. Lui ghignò.
“Certo. Ma ti sei vista allo specchio? Sembri uno
snaso! Chi ti sco…”
Pansy spalancò gli occhi quando vide l’amica tirar
fuori la bacchetta. Una luce rossa uscì dalla bacchetta
mentre lanciava lo
schiantesimo. Nott si impaurì ma l’incantesimo non
lo colpì: la ragazza non
aveva mirato giusto. Anche lui tirò fuori la bacchetta ma fu
lento e
impacciato, anche per colpa dell’alcool. Una bacchetta in
mano a un ubriaco era
pericolosissima.
Pansy impugnò la bacchetta e disse: “Petrificus
totalus”, in direzione del ragazzo, che ricadde immobile sul
divano. Con
noncuranza mise via la bacchetta, sotto gli occhi sbarrati
dell’amica, la prese
per mano e disse: “Adesso andiamo in camera, ok?”
Millicent
annuì con le lacrime agli occhi: si
vergognava.
Aveva creduto a tutte le belle parole di Nott. Le
aveva detto che aveva sempre pensato che fosse carina ma di non averci
mai
provato perché convinto di non essere alla sua altezza. Che
idiota! C’era
cascata con tutto il mantello!
Pansy le circondò le spalle con il braccio; erano
alte uguali. Avvicinò la testa verso di lei.
“È un troll. Non credere a quello
che ha detto. A lui piace mortificare le altre persone. Lo fa sentire
superiore, distruggerti. È una persona crudele. Non dare mai
ascolto a quello
che dice. E non bere mai qualcosa che ti offre lui, capito?”
Millicent annuì
silenziosamente. Sembrava che lei sapesse di cosa stesse parlando. Si
meravigliò. La perfetta Pansy aveva passato brutti momenti?
Brutti momenti come
lei?
“Grazie, per non avermi lasciato con lui.”
La mora si staccò da lei per aprire la porta della
camera e quando si voltò, sorrise. “Non lo avrei
mai fatto” dichiarò, seria. Millie
le bloccò la mano, prima che si posasse sulla maniglia.
“Avresti avuto tutte le ragioni, dopo quello che ti ho
detto” ammise.
Pansy sussurrò: “Nessuno si merita uno
così”.
“Scusami per l’altra volta”. Aveva le
lacrime agli
occhi. L’amica le fece un cenno con il capo.
Quando entrarono in camera scoprirono che era vuota.
Millicent si spogliò per mettersi il pigiama. Sapeva di non
essere bella. Non
aveva tutte le forme al posto giusto come Daphne o Pansy o come le
altre. Non
era magra e le sue gambe non erano belle da vedere sotto la divisa. La
divisa
poi, le stava malissimo. Sembrava davvero uno Snaso, ma non aveva mai
sbattuto
contro uno come Nott, che glielo dicesse in faccia.
Per fortuna era arrivata Pansy. La guardò mentre si
infilava il pigiama, l’amica non si era ancora spogliata.
Millie pensava che
per lei fosse tutto facile: tanti soldi, tanta bellezza, tanta
popolarità,
tanti ragazzi ed era una purosangue. E invece… Niente di
tutto questo ti
garantiva la felicità probabilmente pensò,
guardando il viso di Pansy. Sembrava
triste. Inconsolabile. Per un attimo ebbe il timore che piangesse. Ma
non
l’aveva mai vista piangere. Ogni tanto, quando riceveva le
lettere da sua
madre, diventava pensierosa o a volte si arrabbiava in maniera nervosa,
ma fino
a ora niente l’aveva abbattuta. Ora però sembrava
più tranquilla, forse perchè
non riceveva più lettere dalla madre.
Per forza, stupida, sua madre era ad Azkaban!
Pansy si sedette
sul letto. Avrebbe voluto dormire.
Per giorni. Settimane. Mesi. Millicent la ringraziò ancora e
poi si addormentò.
Sentì il suo respiro regolare.
Dopo dieci minuti la porta si aprì ancora e tornò
Daphne. Una Daphne con le guance rosse e un sorriso ebete sul viso.
“Oh.
Daphne, qualcuno è stato baciato stasera?” Sapeva
quanto l’amica fosse timida.
Era una delle poche. E sorrise di gioia a vedere che arrossiva ancora
di più
dopo le sue parole.
Le fece cenno con la mano di sedersi sul letto di
fianco a lei e si fece raccontare tutto, mentre si preparavano per la
notte. Dopo
tanti sospiri e tanti “Oh, Pansy!”, Daphne le aveva
raccontato tutto, quando
sentirono un inconfondibile rumore venire dal corridoio: acqua.
No! Ma cos’altro doveva succedere ancora quella
sera? Aprirono la porta (per fortuna notarono che furono le uniche ad
aprirla)
e guardarono la scena. Videro passare Nott nella corrente e lo videro
sparire
oltre il muro. Sospirò: andava bene così.
Chissà cosa voleva fare quell’idiota.
Non sarebbe neanche andata a controllarlo. Stava per richiudere la
porta quando
sentì la risata di Draco nel silenzio. Normalmente non
l’avrebbe sentita se non
fosse stata un’ora così tarda e silenziosa.
Merlino, Draco! Aveva usato Nott per chiamarla? Come
aveva fatto con i ragazzini? Pensò di non andare in sala
comune, ma poi pensò a
come stesse Draco da quando aveva litigato con la Granger,
così si incamminò
controvoglia nel corridoio, sbuffando.
Quando si rese conto di essere in camicia da notte,
appellò la vestaglia e cercò di infilarsela
mentre raggiungeva la sala comune.
Quando finì il corridoio, non solo non si era infilata la
vestaglia, ma oltre a
Draco, si trovò di fronte il rosso Grifondoro.
Oh, Merlino che serata!
***
Quando i ragazzi
si erano incamminati verso i
sotterranei non si dissero niente per almeno tre piani. Il silenzio era
imbarazzante, così Ron provò a dire:
“Vi siete chiariti, tu e Hermione?”
Il biondo lo guardò di sottecchi. “Tu sai del
C.R.E.P.A.?” rispose lui.
Ron sospirò rumorosamente. “Oh, auguri.
È una
mattata di Hermione. Non è che noi ne siamo proprio
entusiasti…” si interruppe
e il Serpeverde annuì, capendo quello che voleva dire.
Non lo invidiava proprio. Fecero altri passi in
silenzio, poi Malfoy pensò di ricambiare il favore.
“E voi? È successo qualcosa?”
Ron prese tempo e si infilò le mani in tasca.
“Sembra… che io abbia offeso Pansy.
Cioè, lo dicono loro” disse, indicando la torre
con il capo “Ma forse lo pensa anche lei… io...
non intendevo… sembra che io
non sia molto bravo con le parole…” E si
zittì: non voleva dire nient’altro.
Se avesse parlato ancora avrebbe detto a Malfoy quanto
fosse geloso e non voleva far sapere all’ex della sua ragazza
quanto lo fosse.
E quanto fosse stupido.
Draco non disse
niente, ma si fermò e Weasley fu
costretto a fermarsi con lui. “Io tengo a Pansy. Lei
è mia amica…” si
interruppe per guardare da un’altra parte, improvvisamente a
disagio.
“Anche
Hermione è mia amica. So cosa vuoi dire” disse il
rosso e Draco annuì.
“Perfetto.”
E ripresero a camminare serenamente, come se
avessero fatto una lunga chiacchierata rivelatrice.
“A
volte è difficile. Mi sembra di muovermi in un labirinto
di vetro insieme a un drago: penso sempre di fare la cosa sbagliata,
che in
verità è quella giusta e quando mi sento convinto
di quello che faccio, faccio
una cazzata” spiegò Ron, con sincerità.
Non lo aveva detto a nessuno: Harry era
il ragazzo che faceva sempre la cosa giusta, non lo avrebbe mai capito.
Con sua
sorpresa, invece, Malfoy annuì.
“A chi lo dici” ammise il biondo. Ron lo
guardò,
sorpreso di avere qualcosa in comune con lui.
Arrivarono nei sotterranei e passarono la porta
scorrevole. In sala comune la luce era più bassa
dell’ultima volta che c’era
stato, ma non se ne stupì troppo.
“Mandiamo un gufo di pergamena?” propose quando il
biondo si fermò davanti a un corridoio, informandolo che era
il corridoio delle
ragazze e loro non potevano oltrepassarlo.
Malfoy stava per rispondere quando videro alzarsi da
uno dei divani in fondo, un ragazzo: Nott. Aveva una brutta faccia.
Il biondo imprecò sottovoce.
Merlino, Nott!
Draco non immaginava di incontrarlo
lì. E dopo tutte le cose che gli aveva detto per strappargli
le informazioni
sulle pozioni, non ci voleva proprio.
Guardò Weasley, che guardò Nott con uno sguardo
di
odio. Probabilmente Pansy gli aveva raccontato di Nott.
Perché lui sapeva che
c’era qualcosa, anche se non era a conoscenza di niente. Si
voltò verso di lui
e gli disse sottovoce: “Qualsiasi cosa io dica, reggimi il
gioco, e non
prestare troppa attenzione a ciò che dice lui, io
potrei… avergli raccontato
cose strane. Ok?” Vide Weasley guardarlo stranito e alzare un
sopracciglio, ma
alla fine annuì.
Nott li vide, si avvicinò e ghignò.
“Come sei
entrato, Weasley?”
Il suo tono era un po’ pomposo e le parole
strascicate, come se avesse bevuto o fosse molto stanco.
“L’ho portato io”.
Draco disse la prima cosa che gli venne in mente. “Sei
qui per vedere la Parkinson? La sua stanza è di
là. Vai pure”. Nott ghignò
indicando il corridoio del dormitorio delle ragazze, probabilmente
sperando che
il rosso venisse investito dal fiume. Ma loro non si mossero. Draco
sperò che
lui si incamminasse verso i dormitori maschili, ma invece si
avvicinò ancora di
più a loro. Aveva una gran brutta faccia.
“Tu che fai qui?” chiese allora Draco, spostandosi
con Weasley di lato. Nott camminò ancora nella loro
direzione.
“Oh, solite cose…” Il viso del
Serpeverde si inasprì
mentre scrollava le spalle.
“Una ragazza?” chiese Draco e lui
ghignò,
rispondendo: “A dir la verità, due”.
Draco si guardò intorno: erano
soli.
“E dove sono?” Il moro scosse la testa.
“Andate. Se dici loro la verità, si
arrabbiano.”
“E la pozione?”
“Ce l’ho in camera. Ne vuoi un
po’?”
Draco annuì, sperando così di portarsi via il
ragazzo. Fece un cenno a Weasley e si incamminò verso Nott.
Improvvisamente,
Nott scelse di cambiare strada e si avvicinò al rosso, con
un’andatura
traballante. Girò intorno ai divani e si trovò di
fronte al corridoio del
dormitorio femminile.
“Forse dovrebbe comprarne un po’ anche
lui” disse al
compagno di casa intendendo il Grifondoro, che guardò in
direzione di Draco.
Riuscì a non far capire dallo sguardo che sapeva di cosa
stessero parlando, ma
il biondo pensò che Nott avesse bevuto abbastanza da non
accorgersi di niente.
“E
perché dovrei comprarne anch’io?” chiese
Ron.
Era curioso di sapere di cosa stessero parlando, ma
cercò di non darlo a vedere. Nott rise un po’
volgarmente.
“Perché la Parkinson è acida come una
vecchia
zitella. Se te la scopassi un po’ di più forse
sarebbe meno…” Ron non ci vide
più. Tirò fuori la bacchetta e fece un passo in
avanti. Sentì Malfoy dietro di
lui imprecare e questo lo bloccò.
Non lanciò a Nott nessun incantesimo, non fece in
tempo perché il ragazzo si spaventò comunque e
facendo un passo indietro
inciampò e cadde sul sedere sul pavimento. Cadde proprio
sull’entrata del corridoio.
Ron sentì Malfoy tirarlo indietro per un braccio. In
quel momento, dall’alto cadde una cascata d’acqua
che si riversò lungo il
corridoio e corse via nel buio, portandosi via Nott.
Draco vide
Weasley con gli occhi spalancati.
“Io non ho fatto niente” disse lui e Draco
annuì. Quando
si sentì lo sciabordio dell’acqua contro il muro,
rise. Rise forte.
“No, ma hai fatto un gran bel lavoro. Adesso
arriverà” spiegò.
Il rosso si voltò e chiese: “Chi?”
“Stai a vedere” rispose lui, enigmatico.
“Di che pozione parlava?” chiese ancora Weasley.
“Nott ha ideato una pozione che fa disinibire le
ragazze. La usa per portarsele a letto e, da quel che ho capito, la
vende qui a
scuola” spiegò e Weasley fece una faccia seria.
Ma poi sentirono dei rumori dal corridoio e non ne
parlarono più.
Ron
sentì una voce borbottante venire dal corridoio
e uno scalpiccio veloce.
“Per Salazar, Dra, quante volte ti ho detto che…
oh!”
Pansy stava arrivando e si fermò prima della fine del
corridoio, vedendoli.
Ron sorrise senza accorgersene.
-
-
-