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Autore: InuAraXHaikyuu    24/07/2018    6 recensioni
[Azumane Asahi/Nishinoya Yuu] [Sawamura Daichi/Michimiya Yui]
Forse non tutti sanno che Ennoshita nel tempo libero si diletta a girare film, coinvolgendo tutti i compagni di squadra (e a volte anche membri di altre scuole).
E se decidesse di girare una commedia romantica rifacendosi a un famoso successo hollywoodiano?
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L’ultima settimana di vacanza, un set cinematografico, equivoci e rivelazioni. E uno stormo di corvi allo sbaraglio. Insomma, caos assicurato!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Daichi Sawamura, Un po' tutti, Yui Michimiya, Yuu Nishinoya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E’ la fine del film! (…e un nuovo inizio!)
 
Domenica
 
 
“Posso…?”
 
“Oh, scusa! Ma certo, Yachi”
 
La ragazza sembrava in difficoltà, tesa sulle punte dei piedi con una spugnetta in una mano e la valigetta del make-up nell’altra.
Asahi si abbassò di scatto e si mise alla sua altezza, regalandole un sorriso di scuse, uno di quei suoi sorrisi dolci, insicuri; e che tuttavia strappano il fiato.
E a Nishinoya fu strappato il fiato, ovviamente. E un altro brandello di cuore.
 
Yachi passò la spugnetta sul viso di Asahi, con attenzione.
 
Era l’ultimo giorno di riprese, il sole era alto e Nishinoya si sentiva uno schifo.
Intorno a lui si respirava una certa tensione e ognuno aveva il suo da fare: chi sistemava i fari, chi la fonica, chi gli oggetti di scena; Ennoshita parlava ormai solo per monosillabi. Era l’ultimo giorno e ancora diverse scene dovevano essere girate. Tutto doveva filare liscio.
 
Ma Nishinoya non riusciva a fare altro che pensare alla sera prima, ad Asahi e Michimiya abbracciati sulla veranda, al suo strano dialogo con Asahi, a quella sensazione di amaro alla bocca dello stomaco che non se ne era andata per tutta la notte. Una notte in cui Asahi non era mai tornato in camera, una notte che aveva regalato a Nishinoya un paio di segni scuri sotto agli occhi.
 
In quel momento, Nishinoya aveva tra le braccia un groviglio di cavi; Tanaka glieli aveva chiesti tipo cinque minuti prima, ma lui non sembrava intenzionato a muoversi da lì.
Se ne rimase fermo a guardare Asahi con un’espressione corrucciata.
 
Quella mattina, Asahi non aveva fatto colazione con loro ed era apparso sul set solo quando gli altri avevano già cominciato a predisporre ogni cosa.
Era evidente che Asahi avesse fatto il possibile per rendersi presentabile: aveva i capelli ancora umidi per la doccia ed era profumato.
O almeno doveva esserlo. Quel suo profumo di bagnoschiuma al cocco e pelle abbronzata. (Sempre che la pelle abbronzata avesse un profumo…).
Concentrati, Noya.
Insomma, Asahi doveva aver fatto il possibile per camuffare il fatto che avesse passato la notte in bianco, ma Nishinoya sapeva bene che Asahi non aveva dormito sul proprio futon.
(Il futon accanto al suo, volendo essere puntigliosi).
E al suo occhio attento – perché Nishinoya gli sapeva leggere dentro meglio di chiunque altro - Asahi appariva nervoso, sfuggente, cupo. Sul punto di… di “esplodere come una pentola a pressione”? Oddio, forse non era l’esempio giusto. Non nel caso di Asahi. Una pentola a pressione forse era qualcosa di troppo estremo. Magari più come… “una pentola a pressione che minaccia di esplodere e poi finisce per implodere su se stessa”. Ecco, qualcosa del genere.
In ogni caso era lampante che qualcosa non quadrava.
Da quando era arrivato, Asahi non aveva rivolto a Nishinoya neanche una parola. Non una sola parola. A stento l’aveva anche solo degnato di uno sguardo. Era forse arrabbiato con lui? Ma perché poi?
Decisamente qualcosa non quadrava.
E poi… (oh cazzo, possibile che ci pensasse solo in quel momento?!), dove aveva passato la notte Asahi? Con una ragazza, forse?!
Nishinoya si voltò freneticamente a guardare Michimiya, distante da lui non più di una decina di metri, scrutando il suo volto in cerca di qualche indizio. La risatina candida della ragazza, in risposta a qualcosa che le aveva detto Ennoshita, fu come un colpo di spugna sulla lavagna dei propri dubbi.
No. Non Michimiya. Non quella notte, almeno.
 
Nishinoya trattenne il respiro.
Che la ragazza che piaceva ad Asahi fosse davvero Yachi-san?
 
Poco lontano, Yachi iniziò a picchiettare la spugnetta sulla fronte di Asahi, sui suoi zigomi, lungo il collo, addirittura sulle spalle, che sporgevano abbronzate dalla scollatura ampia e irregolare della t-shirt.
Nishinoya si mordicchiò un labbro. Cazzo, se Asahi era bello. Anche con il volto segnato e quella rughetta severa tra gli occhi accigliati. La sua pelle brillò scura, sotto la luce del sole, in un modo dannatamente sexy.
 
“E’ olio di mandorle”, spiegò Yachi, ritirando leggermente la mano, “Serve per simulare il sudore…”
 
“I-il sudore?!”
 
Lei annuì, con una risatina. “La scena che stiamo per girare si colloca immediatamente dopo quella della partita e si deve vedere che hai faticato parecchio…”
 
“Ma io… Io sto già sudando tantissimo, Yachi-san! Oh beh, no scusa, non volevo dire… cioè… E’ davvero disgustoso, scusa!…” Asahi arrossì miseramente.
 
Nishinoya trasalì. Allora era vero?! Doveva essere geloso anche di Yachi, adesso?
 
"Oh, ma quest’olio è più brillante del tuo sudore… cioè, non volevo sminuire il tuo sudore, Asahi-san! Cioè, il tuo sudore va benissimo… Oddio, non è quello che volevo dire… Oh, scusa, Azumane-senpai! Scusa, scusa!”
 
“No, scusa tu!”
 
Ok, no. Decisamente no.
 
“Yachi-saan!”
 
Nishinoya sentì la voce a tutto volume di Hinata interrompere quell’assurdo scambio ansioso-depressivo.
 
“Sì, Hinata, che c’è?”
 
“Hai la pelle rossissima! Io credo che tu ti sia ustionata!”
 
Era talmente concentrato su Asahi, che Nishinoya non se n’era accorto. Ma era vero: contro la magliettina bianca, il collo e le braccia di Yachi sembravano fosforescenti. E non era certo per l’agitazione.
 
“Aaaah! E’ vero!”, si allarmò Yachi, esaminandosi le braccia. “In effetti sentivo bruciare… Dev’essere stato tutto questo sole. Non sono abituata!! Ahia…”, si lamentò poi, tastando un punto particolarmente arrossato alla base del collo.
 
“Fa male?”, si avvicinò Hinata.
 
“Un po’… Dovrò metterci della crema solare. Ce l’ho qui, da qualche parte… Ah, eccola!”, disse Yachi trionfante, tirando fuori un tubetto dalla valigetta del make-up.
 
“Posso… posso fare io”, disse Hinata, senza guardarla; e non era una domanda.
 
Yachi arrossì, in modo evidente questa volta, su tutto il viso, come un’eruzione cutanea.
E arrossì anche Hinata.
 
Ah, cavolo. Ah. Ok. Allora, no. Non c’era motivo che Nishinoya fosse geloso della piccola Yachi. Definitivamente.
 
“Lascia che ci pensi io”, intervenne Kyoko-san, togliendo di mano la crema a Yachi e sorridendole materna, senza accorgersi della delusione di Hinata, che balbettava: “Sh-Shimizu-senpai…”, né del leggero disagio della stessa Yachi, immediatamente sostituito dall’autentico stupore che una dea del suo calibro si occupasse di una ragazzetta imbranata come lei.
 
Nishinoya sorrise, davanti a quella scenetta: Kyoko-san aveva sempre una gran classe.
Ancora col sorriso sulle labbra si voltò a guardare Asahi. E fu allora che si accorse che Asahi stava a sua volta guardando lui. E come i loro occhi si incontrarono, Asahi sussultò e ritirò lo sguardo.
Possibile?
A dispetto del cuore che iniziò a battergli rapido in petto, una sensazione di freddo lo investì di colpo e Nishinoya rimase immobile a scrutare la nuca di Asahi.
Forse si era sbagliato.
Ma poi Asahi si voltò nuovamente verso di lui, incerto. E nella frazione di secondo in cui si resero conto del fatto che si stavano indiscutibilmente cercando l’un l’altro, distolsero entrambi lo sguardo, come scottati.
No. Nishinoya non si era sbagliato.
 
 
 
***
 
 
 
Cosa stava succedendo?
 
Sugawara si guardò intorno, allarmato.
Ennoshita aveva dato cinque minuti di pausa tra una scena e l’altra e lui aveva preso l’iniziativa di distribuire succhi di frutta, così che ognuno restasse idratato e non avesse cali di zuccheri.
Solo che sembravano tutti impazziti.
Ok che era l’ultimo giorno di riprese e il ritmo era serrato, ma l’aria che si respirava intorno a lui aveva qualcosa di paradossale. Non c’era uno solo di loro che si comportasse in modo normale. Altro che cali di zuccheri.
 
Daichi era di umore nero. Quel testardo... Era convinto di aver sentito la sera prima Michimiya dire ad Asahi di essere innamorata di lui. Michimiya innamorata di Asahi. Che assurdità. Era evidente che si trattava solo di un grande …
 
“Passami un succo, Suga, per favore”, gli si avvicinò il capitano, con voce grave e occhi bassi.
 
“Daichi, come te lo devo dire? E’ evidente che si tratta solo di un grande equivoco!”
 
“Sì, come vuoi”, rispose poco convinto, allontanandosi con in mano un succo alla pera.
 
“Noya-san, sei davvero uno schifo stamattina”
 
La voce di Tanaka fece voltare Sugawara automaticamente verso Nishinoya.
Era vero. Persino il loro libero – il loro libero energico e iperattivo in modo innaturale - non sembrava in gran forma quella mattina.
 
“Grazie di cuore, Ryuu, tu sì che sei un amico”
 
I suoi occhi erano ancora più grandi del solito, la sua pelle più pallida, i suoi lineamenti più affilati: Nishinoya era un fascio di nervi.
 
“Quando vuoi!”, Tanaka gli fece l’occhiolino.
 
Poi Suga lo vide avvicinarsi e afferrare dalle sue mani due succhi alla ciliegia, per lanciarne uno a Nishinoya, che lo prese senza dire una parola.
Ok.
Nishinoya taciturno era tutto un nuovo livello di anormalità.
 
C’era decisamente qualcosa che non andava, quella mattina.
 
Suga si voltò disarmato.
Poco distante da lui era seduta Michimiya. La ragazza stava guardando fisso nel vuoto, e intanto si torturava le mani. Di colpo si alzò. Poi si rimise a sedere. Si passò una mano tra i capelli. Scosse la testa.
 
Che cosa. Stava. Succedendo.
 
Suga osò avvicinarsi e si chinò verso di lei. “Michimiya?”
 
“Eh?! Cosa??”, saltò su la ragazza.
 
“Scusa, non volevo spaventarti! E’ che mi sembri un po’ agitata... Ti senti bene? Forse è meglio se bevi qualcosa”, le sorrise comprensivo (anche se non ci stava capendo nulla), e le porse un succo alla pesca.
 
“Oddio, no! Potrei vomitare! Grazie comunque”, rise lei, nervosamente.
 
Anche Suga si mise a ridere, meccanicamente, continuando a non capirci nulla.
 
 “Suga-san… mi dai un succo, per favore?”
 
No. Non anche lui, vi prego.
Suga si voltò lentamente e abbassò lo sguardo, quel tanto che gli bastò per incrociare due occhi da cane bastonato.
 
“Hi-Hinata? C’è qualcosa che non va?”
 
“No… Niente…”, biascicò il ragazzo con un muso lungo.
 
Ok, Suga, respira.
“Qualunque cosa… si sistemerà”, tentò di incoraggiarlo, senza sapere bene che altro dirgli.
 
“Sì, lo so”, rispose Hinata, premendo svogliatamente la cannuccia nel cartone del succo d’arancia.
 
Suga rimase pietrificato a guardare il suo kohai più vitale andarsene strascicando i piedi nella ghiaia.
 
Okaaaay. Qualcosa gli era decisamente sfuggito.
Ed era una sensazione del tutto nuova: a Suga non sfuggiva mai nulla.
 
Si guardò intorno esasperato. Dalla parte opposta rispetto a lui, seduto su un muretto, Asahi se ne stava piegato con gli avambracci sulle ginocchia, i capelli leggermente in disordine e un’aria da bello e dannato. Sembrava distrutto, afflitto, soggiogato. Tutti aggettivi tipici di Asahi, ma con una nota di disperazione in più rispetto al solito.
Che diamine…?!
Suga attraversò lo spazio che li separava a grandi falcate e si buttò a sedere accanto ad Asahi.
 
“Si può sapere che diamine sta succedendo?!”
 
“C-cosa?”, sussultò Asahi, colto di sorpresa.
 
“Insomma, Asahi! Deve pur esserci qualcosa! Siete tutti strani stamattina!”, si sfogò, facendo un gesto frustrato in direzione del resto dei compagni.
 
“E io come faccio a saperlo?”, rispose Asahi, con occhi da cerbiatto.
 
“Non lo so…”, si sgonfiò Suga,  porgendogli un succo alla mela. “Tu sei il protagonista…”, provò a spiegarsi, anche se non aveva alcun senso.
 
“Come se avesse importanza”, borbottò Asahi, prendendo il succo distrattamente.
 
Suga rimase fermo a guardarlo, gli occhi stretti. “E a te cosa sta succedendo?”, chiese quindi, inquisitorio e preoccupato allo stesso tempo. “Una qualche crisi di autostima?”
 
“No, no…”, si affrettò a rispondere Asahi, con una risatina nervosa, “Credo solo di essere un po’ stanco”
 
Suga soppesò quella risposta. “Mmm… Sarebbe anche comprensibile”, disse poi, dandogli una pacca sulla spalla. “Però… così stanco da non accorgerti di niente?”, sembrò rimproverarlo con un mezzo sorriso.
 
Asahi alzò gli occhi su di lui. “Di cosa?”
 
“… che a Daichi piace Michimiya”
 
Asahi sgranò gli occhi e tutta la tensione si vaporizzò all’istante.
“Dici davvero?! Ma è fantastico! Sì, perché a lei… a lei piace lui!… Lo sapevi? Ma allora è fatta!” Asahi sembrava in preda a un’eccitazione quasi infantile.
 
“Asahi!”, ridacchiò Suga, scrollando la testa, “Non capisci proprio niente”
 
“Cos’è che non capisco?...”, gli domandò il ragazzo con una sincerità adorabile.
 
“Daichi pensa che Michimiya piaccia a te”
 
Asahi spalancò la bocca. “C-cosa?! A me? E perché mai io dovrei…? Oddio, no! No no no no no!”
 
Suga scoppiò a ridere. E stava per spiegargli di come quel bietolone di Daichi avesse frainteso tutto e credesse che sì, tra Michimiya e Asahi ci fosse del tenero, quando vide quest’ultimo spostare improvvisamente lo sguardo e rabbuiarsi di colpo.
Suga si voltò automaticamente a guardare nella stessa direzione e quello che vide gli spiegò molte cose.
 
“Nishinoya-kun! Sei così carino! Ti metterei in borsetta e ti porterei a casa!”
 
Poco lontano da loro, Nishinoya era circondato dalle ragazze. Doveva aver detto o fatto qualcosa per farle ridere, perché sembravano tutte di buon umore. E a parlare doveva essere stata Sasaki Chizuru: faceva luce, tanto era rossa in volto.
 
“Vero, Chizuru-chan? Yuu è un ragazzo meeeeraviglioso!”, rincarò la dose la sorella di Tanaka, col suo solito entusiasmo, arruffando i capelli di Nishinoya.
 
Da parte sua, il ragazzo non fece altro che ridere a un volume altissimo. Troppo alto persino per i suoi standard. Era in imbarazzo. Chiaramente in imbarazzo. O almeno era chiaro per Suga, che cominciò finalmente a capire almeno una delle cose che stavano succedendo.
 
E a quel punto Suga vide anche quello che successe in quel preciso momento. Non si perse un solo dettaglio.
 
Nishinoya si accorse che Asahi lo stava guardando, smise di ridere, sembrò dimenticarsi in un sol colpo di Saeko, di Sasaki e del resto delle sue interlocutrici e fece un paio di passi verso Asahi.
Asahi, accanto a lui, inspirò rumorosamente e si irrigidì di colpo, scattò in piedi, fece un rapido gesto di saluto in direzione di Nishinoya, biascicò un incomprensibile: “Suga, scusami”, e si allontanò di gran carriera.
Nishinoya abbassò lo sguardo, visibilmente demoralizzato.
 
Suga provò una grande pena per lui. E anche per Asahi.
“No, non capisci proprio niente…”, mormorò, anche se l’Asso non poteva più sentirlo.
 
Sorbendo rumorosamente con la cannuccia il proprio succo all’ananas, Suga cominciò a temere per quell’ultimo giorno di riprese. Sperò con tutto il cuore che Ennoshita mantenesse il proprio sangue freddo e fosse in grado di evitare che anche una sola di quelle pericolose mine in campo esplodesse rovinosamente.
 
 
 
***
 
 
 
“Nishinoya! Ho bisogno di te, vieni qui, per favore”
 
La voce di Ennoshita lo richiamò alla realtà.
“Eccomi!”, rispose lui, cercando di mantenere il tono fermo e facendosi largo tra gli altri.
 
Stavano per girare l’ultima inquadratura dell’ultima  scena, la scena d’amore che due giorni prima (erano passati soltanto due giorni?!) Nishinoya aveva aiutato Asahi a ripassare, loro due soli, in quella stanza; quella stessa stanza che in quel momento era stata trasformata in set cinematografico, e che brulicava di persone, ognuna con un compito ben preciso.
 
“Per favore, ragazzi, facciamo un po’ meno confusione”, chiese il regista, facendosi aria col cappello e massaggiandosi una tempia. “So bene che siamo tutti allo stremo: è l’ultima inquadratura e non vediamo l’ora di festeggiare la fine del film… ma proprio per questo ho bisogno della massima concentrazione fino all’ultimo. A questa scena tengo particolarmente. Come ho già spiegato ad alcuni di voi, è una scena centrale nel film, una scena molto delicata. Non avrei voluto girarla l’ultimo giorno, ma bisognava dare la priorità alle riprese esterne, nel caso il bel tempo ci abbandonasse. Bene, eccoci qui. Narita, Kinoshita! Mentre voi sistemate la camera per il controcampo e mentre tu, Tanaka, sistemi la scenografia di conseguenza, io ho bisogno di dare un’occhiata alle luci. Noya, vieni un momento”
 
 Nel coro generale di “Sì!”, Nishinoya si avvicinò senza dire niente.
 
“Yachi, mi dicevi che c’è bisogno di più luce, qui?”
 
“S-sì, Ennoshita-san!”, rispose la ragazza, mettendosi sull’attenti e corrugando la fronte, gli occhi fissi sulla scena, “La luce è già molto buona, c’è una luminosità soffusa che rende bene il momento: è sera e siamo nella stanza di Johnny. Ma… ci vorrebbe un po’ più di luce sul volto di Asahi-san”
 
Asahi-san.
Nishinoya alzò gli occhi su di lui: se ne stava al centro della stanza, nella posizione che gli aveva detto di prendere il regista per concordare con Yachi quali fari utilizzare e con che angolazione. Teneva gli occhi bassi, le braccia incrociate tra loro, le spalle chiuse in avanti. Al centro della loro attenzione e così lontano dal volerlo essere.
 
“Concordo. In fondo Asahi è il protagonista di questa scena. Voglio che il suo viso sia illuminato ad arte”
 
Era già un’ora che filmavano quella scena: avevano girato l’inquadratura larga e l’inquadratura del campo di Michimiya.
Nishinoya si era perso entrambe: per risparmiare tempo Ennoshita  gli aveva chiesto di smontare il set sulla location precedente, mentre le riprese proseguivano senza pause; una volta finito si era presentato sul nuovo set e si era ritrovato dietro a tutti gli altri, la visuale completamente coperta. E in qualche modo si era sentito sollevato. Si era potuto risparmiare lo scambio di battute tra Asahi e Michimiya, e soprattutto quella fitta pungente in fondo allo stomaco (o forse era il cuore?).
 
A quel punto, però, Nishinoya era stato richiamato accanto al regista (maledetto Chikara!) e sapeva bene cosa si stavano apprestando a girare. L’ultima fondamentale inquadratura: il controcampo di Asahi.
 
“Nel tuo controcampo”, disse Ennoshita, prendendo da parte Asahi, che si ostinava a non alzare lo sguardo, “ciò che conta è il tuo primo piano. Perciò, Asahi-san, sentiti libero di lasciar uscire tutte le emozioni che senti arrivare. Ci penserà Noya a seguirti con il pannello riflettente, così che il tuo volto sia sempre ben illuminato. Giusto, Noya?”
 
Nishinoya annuì, anche lui con gli occhi bassi. E annuì pure Asahi, senza dire niente.
Ennoshita guardò l’uno e guardò l’altro e alla fine sospirò, rinunciando a comprendere cosa stesse succedendo.
 
“Oh, e in questa inquadratura”, aggiunse con voce più alta, così che tutti potessero sentirlo, “gireremo finalmente il bacio tra Johnny e Baby. Perciò, Asahi, Michimiya… vorrei che il bacio fosse il più sentito possibile”
 
Nel delirio di urletti, di applausi, di ‘Uuuuh!’ e di ‘Aaaaah!’ che riempirono goliardicamente la stanza, Nishinoya sentì tutto il sangue abbandonargli le guance. Neanche si accorse che Yachi gli aveva messo il pannello riflettente in mano e gli stava spiegando dove direzionarlo.
 
“Ragazzi, ragazzi!”, li richiamò all’ordine Ennoshita, “Insomma! Un po’ di professionalità…”
 
Solo allora Nishinoya si rese conto che né Asahi né Michimiya avevano detto una parola e che anzi sembravano tutti e due impalliditi. Probabilmente per quanto un sentimento sia vero e reciproco, mostrarlo in pubblico non è certo la cosa più facile del mondo.
 
“Allora, siete tutti pronti?”
 
Ci fu un grido all’unisono e poi un silenzio elettrizzato.
 
“Bene! Asahi, Michimiya, mettetevi in posizione. La scena comincia subito dopo che Baby è entrata: Johnny ha attraversato la stanza ed è andato ad aprire la porta scorrevole che dà sul giardino. E ora siete qui, perfetto. Asahi, cerca di tenere il viso sempre a favore della telecamera. Guarda, come punto di riferimento… prendi Nishinoya”
 
Asahi sussultò. Nishinoya deglutì. Perfetto.
 
“Ai vostri posti!”
 
Eccolo lì, in prima fila.
 
“Ciak!”
 
Tornato né più né meno che al punto di partenza.
 
“Motore!”
 
Con lo stesso cazzo di pannello riflettente in mano.
 
“Partito!”
 
E Asahi lì, davanti a lui. (Lui, che doveva addirittura fargli da punto di riferimento).
 
“Azione!”
 
Come la scena ebbe inizio, Nishinoya osò sollevare finalmente gli occhi su Asahi. E allora vide che Asahi lo stava guardando. Un momento brevissimo e carico di tensione.
 
Poi Michimiya parlò, Asahi distolse lo sguardo da lui e la scena cominciò davvero.
 
“Mi dispiace per come ti ha trattato mio padre” , incominciò la ragazza.
 
 “No, tuo padre è stato grande! Sì, proprio grandePer come ha salvato Penny, per come…
 
Mentre Asahi rispondeva a Michimiya, Nishinoya si concesse di indugiare sul suo viso. Sulla mandibola serrata, sulle occhiaie profonde che gli scurivano lo sguardo.
 
Sì, ma non doveva trattarti in quel modo. In realtà ce l'aveva con me. Johnny, sono qui perché mio padre
 
No, no! Lui l'ha salvata...”
Fu allora che Nishinoya si accorse del nodo che Asahi aveva in gola.
“…Io non avrei potuto fare niente…”
Della sua respirazione alta.
“Niente”
Degli occhi lucidi.
“Ecco perché mi considerano ‘niente’”
Avrebbe potuto ingannare gli altri, ma non lui: Asahi era sconvolto, lo era per davvero.
“…perché sono ‘niente’”
 
La voce di Asahi cadde dentro di lui, con un tonfo. Asahi stava male in quel momento e stava male anche lui. Nishinoya si sentì inspiegabilemente la causa di quel malessere, e avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non potè fare altro che continuare a guardarlo negli occhi, vedere che stava male e stare zitto.
 
No, non è vero questo!”, urlò Michimiya.  “Tu sei tutto invece!
 
E Nishinoya si ricordò di quando, soltanto quarantotto ore prima, su quella battuta lui avesse afferrato Asahi per le spalle e avesse cercato i suoi occhi. Allora Nishinoya si era sentito confuso, febbricitante, esaltato.
 
 
“Tu non sai che cos’è la vita per un tipo come me”
In quel momento, invece, Nishinoya si sentì solo tanto impotente.
 
E mentre Asahi proseguiva, spiegando che prima le donne lo ricoprivano di soldi mentre in quel momento era nella merda fino al collo, Nishinoya sorrise tristemente al ricordo delle loro prove, del copione in mano, dell’imbarazzo di Asahi, e di come lui lo avesse spronato con il suo solito entusiasmo.
 
E intanto la voce di Asahi parve voler aumentare il volume, ma alle sue orecchie sembrò solo rompersi sempre più.
 
Toccò a Michimiya: “No, non è così! Non può ess-”
 
“Stop! Stop stop stop… Scusate ragazzi! La batteria ci ha abbandonato…”
 
Lo stop improvviso di Ennoshita fu come il fischio dell’arbitro dopo una giocata cruciale. Una giocata cruciale e un punto perso.
 
Nishinoya fu nuovamente conscio di essere circondato da altre persone, e non solo in mezzo a un set cinematografico, come non era mai solo in mezzo al campo di pallavolo; in quel momento come durante una partita, i suoi compagni si stavano organizzando per andare avanti.
Perché un punto perso è soltanto un punto. Ma la partita continua.
 
E come dopo aver perso un punto e prima di ricominciare a giocare, Nishinoya sentì il bisogno di smorzare la tensione e pompare gli animi. Così fece l’unica cosa di cui era capace. Scoppiò in una risata sgangherata e diede una pacca sulla spalla di Ryuu, poco distante, per poi uscirsene con un “Don’t mind, don’t mind!” a pieni polmoni.
 
Ryuu, neanche a dirlo, stava per urlare fomentato, ma lo scappellotto di Ennoshita sulla nuca lo bloccò sul nascere.
Prendendo in mano la telecamera a cui Yamaguchi aveva cambiato la batteria, Chikara diede anche a lui un’occhiata infastidita: “Noya, per favore! Quanto sei chiassoso!”
 
Un momento…
 
“Ricominciamo!”
 
Chiassoso.
 
“Ciak!”
 
Un. Momento.
 
“Motore!”
 
Nishinoya si bloccò con il pannello riflettente alto tra le mani.
 
Se avesse potuto descrivere l’attimo in cui il suo cervello andò in tilt, il ragazzo avrebbe usato una lista di onomatopee a caso. Sding Sdeng Bum Bang! Oppure avrebbe paragonato l’intero processo alla sfilza di bip-bip elettronici di un computer impazzito, o magari, se fosse stato più raffinato, al suono indistinto di un’orchestra che sta accordando i propri strumenti prima di una sinfonia.
 
“Azione!”
 
Sding Sdeng Bum Bang!
 
In un attimo tutto gli fu chiaro.
Come aveva fatto a non pensarci?
 
Nessuno al mondo era più chiassoso di lui.
 
Michimiya cominciò con la sua prima battuta, ma fu Asahi che Nishinoya si voltò velocemente a guardare.
 
“No, non è così! Non può essere così, Johnny. Non è possibile!”
 
Asahi che sembrava avere un peso sul cuore. Asahi che respirava a fatica.
 
Asahi che alzò gli occhi su di lui prima di dire…
“Non ho mai conosciuto una persona come te”
… Incurante che fosse Michimiya la sua interlocutrice.
“Tu pensi di poter cambiare il mondo! Se vedi qualcuno che sta soffrendo, tu intervieni e…”
 
E Nishinoya si sentì chiamato prepotentemente in causa.
Michimiya indubbiamente rispose alla battuta di Asahi, ma lui non riuscì a sentire nulla di quello che disse. L’unica cosa che sentiva era il proprio battito frenetico. L’unica cosa che vedeva erano gli occhi pieni di lacrime di Asahi fissi nei suoi.
 
E la voce di Asahi gli rimbombò in testa: “Tu non hai paura di niente, hai coraggio per ogni cosa…”
Come se tutti fossero spariti, tranne loro due.
Come se stesse soffocando e perdendo il controllo. Perché il suo respiro si accordò con quello di Asahi. Come in campo. E Nishinoya realizzò che Asahi era sul punto di perdere il controllo.
 
“Stop!”
 
La voce di Ennoshita fu come una schiacciata in pieno volto.
Ancora una volta furono costretti a tornare violentemente alla realtà: Nishinoya trasalì e Asahi abbassò di colpo il capo, come sorpreso a fare qualcosa di vergognoso.
 
“Scusate. Scusami, Asahi-san, non avrei voluto interromperti. Era tutto molto buono quello che stavi facendo. Davvero. Ho apprezzato il modo in cui hai reso questo dialogo intenso e carico di dolore. Bravo. Hai saputo mostrarci un lato profondo di Johnny. Però ho dovuto fermarti perché non stavi guardando Michimiya esattamente negli occhi. Non so, in  camera c’era qualcosa che non mi quadrava. Possiamo rifarla?”
 
Nishinoya sentì il respiro bloccarsi in gola. Certo che Asahi-san non stava guardando Michimiya esattamente negli occhi. Non la stava guardando affatto. Stava guardando lui!
 
Asahi fu incapace di sollevare lo sguardo o dire anche solo “Sì”. Annuì brevemente col capo e tirò su col naso.
 
“Azumane… tutto bene?”, chiese timidamente Michimiya, posandogli una mano sulla spalla e cercando il suo sguardo.
 
Asahi annuì ancora, sul punto di piangere, e a Nishinoya sembrò che il proprio cuore fosse strizzato in una morsa.
 
“Quant’è bravo Asahi-san”, mormorò Yachi.
 
“Sì, è davvero figo!”, le fece eco Hinata, carico di ammirazione.
 
“Ssh! Scemo, non vedi che Asahi-san sta cercando di concentrarsi?”, sussurrò Kageyama, chiudendo il discorso.
 
No. Asahi non si stava concentrando. O almeno, non per la scena.
Probabilmente si stava concentrando per trattenere le lacrime, per non lasciare che il suo cuore andasse in pezzi prima della fine delle riprese.
 
Nishinoya avrebbe voluto intercettare il suo sguardo, parlargli…
 
“Azione!”
 
Ma la scena ricominciò. E lui non potè dire niente. Potè solo restarsene lì a guardare, mentre riprendevano da qualche battuta prima.
 
E parola dopo parola, Nishinoya colse tutto lo sforzo di Asahi per non scoppiare, per non scappare via da lì, per non girarsi a guardare lui che se ne stava immobile con quel ridicolo pannello in mano.
 
Nishinoya avrebbe solo voluto urlare. E correre da lui. Stringerlo. Dirgli che andava tutto bene. E poi chiedergli… (anche solo supporlo sembrava assurdo, eppure…) …chiedergli se fosse vero… se Asahi si fosse riferito a lui quando aveva detto che il suo tipo era basso e chiassoso. Se fosse Nishinoya la persona per cui Asahi provava qualcosa.
 
 
Tu non hai paura di niente, hai coraggio per ogni cosa…”, riprese Asahi, e quella frase era rivolta a lui.
 
Ma la verità era un’altra.
 
Io? Ma se ho paura di tutto?! Di tutto!”
Le parole di Michimiya arrivarono al momento giusto per dare voce ai suoi pensieri.
Nishinoya aveva paura. Mica era un supereroe. Anzi.
Io ho paura di quello che sono…”
Aveva avuto paura di dire ad Asahi ciò che provava. Di baciarlo. Lì, in quella stessa stanza, quando ne aveva avuto l’occasione.
“… di quello che faccio…”
 E anche quando aveva deciso di agire e di dirgli ogni cosa, si era fermato, perché aveva avuto paura di ciò che avevano visto i suoi occhi e sentito le sue orecchie. Aveva avuto paura di perdere Asahi.
E soprattutto ho paura che se uscirò da questa stanza non riuscirò più a provare quello che sto provando adesso!”
Lo stava perdendo anche in quell’istante, perché alla fine era arrivato. Dannazione. Era arrivato il momento del bacio.
Adesso… che sono qui con te”, concluse Michimiya.
 
Asahi le si avvicinò lentamente.
Nishinoya trattenne il fiato.
Asahi le posò una mano sul volto.
Nishinoya sentì il sangue cessare di scorrere.
Asahi si abbassò verso di lei.
 
E a quel punto Nishinoya fece uno scatto in avanti, senza pensarci, come uno spasmo fisico.
Poi si bloccò di colpo.
Che cazzo stava facendo?
 
Fu solo questione di un attimo, ma Asahi lo percepì e si bloccò a sua volta.
Sembrò esitare per qualche istante.
Qualche istante in cui il tempo si fermò, per Nishinoya.
E poi anche Asahi scattò, risoluto. Mise entrambe le mani sul volto di Michimiya, la attirò a sé, e la baciò.
 
Nishinoya serrò gli occhi. Non voleva guardare.
 
“STOOOP!”
 
Li aveva ancora stretti, quando Ennoshita lanciò il cappello in aria, gridando: “Era perfetta! Perfetta! Ragazzi, complimenti a tutti: fine del film!”
 
Ci fu un applauso generale. Tanaka si buttò addosso ad Ennoshita, che aveva le lacrime agli occhi. Hinata saltò fin quasi a toccare il soffitto. Suga stappò uno spumante, spuntato da chissà dove.
 
“Suga?! Che cosa stai facendo?! Ci sono dei minorenni, qui!”, tuonò il capitano.
 
“Andiamo, Daichi! Cosa sarà mai un litro di spumante diviso tra più di quindici persone?”
 
“Un momento, un momento! Attenzione a non bagnare l’attrezzatura! Vi prego di metterla via, prima!”, si raccomandò Ennoshita, divincolandosi dall’abbraccio di Narita e Kinoshita.
 
E mentre Yamaguchi si affrettò a metter via la telecamera, mentre Tsukishima ripiegò pigramente i cavi e Hinata gareggiò con Kageyama a chi per primo metteva a posto i faretti, Nishinoya era rimasto di sasso. In mezzo alla stanza, tutti gli passavano accanto, troppo di fretta per notare quanto fosse smarrito.
 
Ma dov’era finito Asahi?
 
Nishinoya si guardò finalmente intorno. E quando si rese conto che Asahi era sparito, ritornò di colpo in sé.
 
Asahi-san.
 
Doveva trovarlo.
 
Asahi-san.
 
Parlargli.
 
Asahi-san.
 
E in mezzo a quel casino, si mosse per andarlo a cercare. Fece lo slalom tra chi stava mettendo velocemente in ordine, chi esultava per la fine delle riprese, chi sistemava tavoli e sedie. Nel via vai di persone che facevano avanti e indietro, Nishinoya uscì dalla porta scorrevole in veranda.
 
“Ce l’abbiamo fatta! Yeee! Ce l’abbiamo fatta!”, ridevano Hinata e Yachi, saltellando sul posto uno di fronte all’altra.
 
Persino Kyoko-san sorrideva soddisfatta. In mano alle ragazze erano spuntati vassoi di stuzzichini e dolcetti. Qualcuno aveva messo della musica. L’euforia e il volume erano al massimo.
 
Asahi-san.
 
Ma Nishinoya non poteva restare, doveva trovarlo.
Perché sì, aveva avuto paura. Ma aveva deciso di non averne più.
 
Si ritrovò un bicchiere di plastica in mano, con due dita di spumante, e lo mandò giù tutto d’un fiato.
 
Perché avere paura è solo uno spreco di tempo.
 
Con l’adrenalina e lo stomaco vuoto, lo spumante gli andò dritto alla testa e Nishinoya fu ancora più determinato a trovare Asahi.
 
Asahi-san!
 
Si ritrovò su per la leggera collina che portava al laghetto, con il venticello della sera contro la pelle calda e la luna a guidare i suoi passi. Gli schiamazzi si fecero sempre più lontani, fino a diventare un brusìo indistinto. E nel silenzio della campagna, dei grilli e delle stelle, sentì un tonfo. Poi un altro. E un altro ancora, a intervalli regolari.
Nishinoya si fermò.
Il laghetto non era lontano, bastavano un paio di minuti e l’avrebbe raggiunto. Ma lui ripiegò a sinistra. E andò dritto verso il campetto in terra battuta.
Avrebbe riconosciuto quei tonfi fino in capo al mondo.
 
Quando sbucò dal cespuglio, la sua supposizione fu confermata.
Asahi se ne stava in fondo al campo, con lo sguardo affilato e col fiato corto. Dall’altra parte della rete una palla stava rotolando, finchè non si arrestò.
 
Asahi non si era accorto di lui.
 
Nishinoya lo vide piegarsi sotto la rete e recuperare la palla. Lo vide rimettersi in posizione e fissare un punto davanti a sé. Lo vide inspirare, flettere le ginocchia, lanciare la palla sopra di sè. E lo vide darsi una spinta verso l’alto, come se stesso spiccando il volo.
 
A quel punto le proprie gambe si mossero da sole, e Nishinoya si ritrovò dall’altro lato della rete a ricevere la palla un istante dopo che Asahi l’aveva schiacciata.
 
La potenza del colpo dell’Asso si smorzò nella ricezione del libero.
Perché la Karasuno sapeva il fatto suo.
E perché Nishinoya era l’unico in grado di ricevere la battute di Asahi.
 
La palla cadde poco lontano e fu subito dimenticata, perchè Asahi lo guardò come se avesse visto un fantasma.
“Nishinoya”
 
Nishinoya si sentì improvvisamente in difficoltà sotto quello sguardo.
Ma sarebbe andato in fondo a quella storia.
Costi quel che costi.
 
“Asahi-san…”
 
Nishinoya fece un passo verso la rete che li divideva.
Asahi rimase fermo. Il suo sguardo non vacillò. Rimase alto, fisso su di lui.
Nishinoya non vi lesse più né stupore né paura, ma qualcosa di simile all’orgoglio, alla determinazione. Qualcosa di eroico, a suo modo. E se Asahi era eroico, lui non poteva essere da meno.
Così Nishinoya ruppe il silenzio.
 
“Questo tuo tipo basso e chiassoso…”
 
“Mmmh…”
 
“… non è una ragazza?”
 
Nella luce della luna, Nishinoya vide le pupille di Asahi dilatarsi, sentì il suo respiro bloccarsi.
“No. Non è una ragazza”
 
E le proprie guance infiammarsi, a quell’ammissione.
 
Il tempo si fermò, ogni cosa rimase sospesa.
Finchè Nishinoya non fece un altro breve passo verso la rete.
 
“Quindi non è Michimiya?”
 
Aveva bisogno di conferme. Perché se era vero ciò che a quel punto sembrava, e nessuno dei due se ne era accorto prima, c’era davvero bisogno di parlare chiaramente.
 
“Michimiya?!”
La faccia di Asahi parlò da sola. Lo smarrimento fu subito soppiantato da un’espressione sorpresa e addirittura vagamente infastidita. Asahi sembrò dimenticarsi di tutto l’imbarazzo della situazione. Iniziò a gesticolare. Semplicemente sembrò punto sul vivo.
“Ma perché tutti pensano… No!... Danno per scontato che mi piaccia Michimiya?!”, si difese come da un’accusa. “Neanche mi piacciono, le ragazze!”
 
“Cosa…?”
 
Asahi si bloccò di colpo.
 
Allora era vero.
A Nishinoya mancò l’aria.
I suoi occhi, a quel punto, dovevano ormai essere fuori dalle orbite.
 
“Q-quindi ti piacciono…?”
 
“N-non lo so…”, tagliò corto Asahi, abbassando lo sguardo e sforzandosi di andare avanti, senza inciampare sulle parole, perché sembrava importante ciò che stava per dire.  “Ma una cosa la so: che lui… questo tipo basso e chiassoso… è il mio tipo. E del resto…”, alzò brevemente i suoi occhi color terra bruciata su di lui, “Non è che ho mai avuto troppo interesse in qualcun altro” Deglutì. “O altra”
 
Nishinoya avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non trovò altre parole se non la sola che sembrava avere un senso per lui: “Asahi-san”
Fu un soffio, quasi un sospiro.
 
Asahi alzò colpevole gli occhi su di lui, in attesa.
 
Poi Nishinoya disse la cosa più intelligente - o quantomeno l’unica- che gli passò per la testa.
“… Tu mi trovi basso?”
 
E tutta la tensione, tutto l’imbarazzo, tutta la vergogna, si sciolsero nella risatina di Asahi, che colse a tradimento persino lui.
 
“Noya… tu sei basso”
 
“Ehi!”, grugnì Nishinoya, contrariato. Ma i versi strozzati di Asahi erano contagiosi, e finì per mettersi a ridere anche lui.
 
Quando la risata scemò, l’aria si era alleggerita.
 
“Asahi-san”
E Nishinoya pensò fosse il momento giusto per fare ancora un passo in avanti, piegarsi e oltrepassare la rete.
“Perché prima… sul set… durante la scena… hai dato di matto?”
 
Ormai a pochi passi da lui, Asahi sembrò incapace di rispondere.
 
Nishinoya continuò, la voce insistente e allo stesso tempo morbida come una carezza.
“Pensavi che non me ne accorgessi?”
 
Asahi continuò a non dire niente, gli occhi lucidi piantati nei suoi.
 
Nishinoya fece un altro passo verso di lui.
“Volevi dirmi qualcosa, vero?”
Ma non diede ad Asahi nemmeno il tempo di rispondere.
“No, perché… Voglio dirtela io una cosa. Tu mi piaci, Asahi-san. Mi piaci un casino”
 
Ce l’aveva fatta. L’aveva detto ad alta voce.
 
Ma Asahi non reagì esattamente come Nishinoya si era immaginato.
Lo guardò sinceramente confuso. Stralunato. Sconvolto. Sotto shock, a dirla tutta; come se Nishinoya avesse detto un’eresia, come se tutto Asahi si aspettasse meno che quella dichiarazione.
“M-ma i-io… Io sono io…!”, boccheggiò.
 
“Lo vedo”, gli sorrise Nishinoya di rimando, un po’ confuso a sua volta.
 
Asahi sembrò non capire. “N-no, voglio dire… sono… sono un ragazzo…!”
 
A questo punto Nishinoya rise di gusto, facendo un gesto ampio verso di lui. “Non credo ci siano mai stati dubbi al riguardo!”
 
“No, Noya, non capisci… A te piace Shimizu! Cioè… pensavo che… Le ragazze! A te piacciono le ragazze! Le trovi carine e… Pe-pensavo che ti piacesse Shimizu… Non ti piace Shimizu?”
 
Nishinoya volle godersi per qualche istante quell’espressione smarrita e vagamente speranzosa. Semplicemente adorabile.
 
“Kyoko-san è bellissima, Asahi, non si discute. E per me rimarrà per sempre una dea. Ma, voglio dire… che figura ci avrei fatto se, invece che intorno a lei, avvessi ronzato in quel modo intorno a te?”
Nishinoya arrossì di fronte alla sfrontatezza delle sue stesse parole, ma si rincuorò nel vedere Asahi registrare l’informazione, visualizzare evidentemente quell’assurdo scenario e arrossire brutalmente a sua volta.
“Però non è che l’ho capito troppo tempo fa”, si affrettò a rassicurarlo Nishinoya.
E si rese presto conto di essersi infilato in un campo minato.  “Cioè… ciò che provo, lo provo da tanto, ma-”
 
“Da quando?” Asahi sembrò ritrovare un po’ di coraggio.
 
“Oh cavolo, è una buona domanda”, rispose Nishinoya, guardando Asahi, con onestà. (Asahi che sembrava dannatamente determinato). Nishinoya si passò una mano tra i capelli e si grattò la nuca. “Me lo sono chiesto anch’io… Da sempre, credo. Ma vederti con Michimiya in questi giorni mi ha… sì, credo che mi abbia aiutato a capirlo più chiaramente”, sorrise infine, impunito.
 
“Michimiya? Ancora! Ma perché…? Non capisco…”
 
“Sì, insomma, andiamo, Asahi-san! Eri sempre con lei e sembravate così vicini, e vi intendevate a un primo sguardo… e poi avevate quelle scene così… oooh! Uaaaah!! E tu non eri per niente in imbarazzo! Voglio dire… tu! E lei era tutta sorrisi… e tu eri così… uuuf ! E così… uooooh!”
Oddio! Stava parlando come Hinata!
 
Asahi spalancò gli occhi, sinceramente stupito.
“M-ma… siamo amici! E’ normale - no? -, sentirsi a proprio agio con un’amica…”
 
“Un’amica?”, gli fece eco Nishinoya.
 
“Sì. Cioè… se mi fosse piaciuta – piaciuta davvero - allora sì che sarei stato in imbarazzo accanto a lei… invece… con lei è così facile parlare… Mi ha confidato che le piace Daichi e…”
 
“Daichi…”
 
“Sì… E ho provato a consigliarla… E poi… beh… è stato così facile parlarle di… sì… di quello che provo per te”
 
Oh.
 
All’improvviso tutti i tasselli trovarono un posto e il discorso che lui la sera prima aveva origliato tra Asahi e Michimiya assunse un senso del tutto diverso.
 
“Vo-voglio dire…”, balbettò Asahi, in preda all’agitazione, “… non avrei mai creduto che sarei riuscito a dirlo a qualcuno… e lei è stata così solidale… Suga e Daichi credo che mi prenderebbero in giro fino alla morte…”
 
“Ma no…”
 
“Insomma, ha iniziato a dirmi che se volevo, potevo riuscirci… a dirlo anche a te, intendo… tanto che… ahahah… mi sento così stupido, ora! …Tanto che mi ha convinto a dirlo ad alta voce, come se tu fossi lì… Dire quanto mi piaci, intendo”
 
Asahi cessò di blaterare, ed era sicuramente il suo turno di dire qualcosa, ma Nishinoya era rimasto senza parole.
Rimase a guardare Asahi, senza saper cosa dire e col cuore a mille.
 
Asahi che, il cuore a mille pure lui, deglutì e fece il suo primo passo verso di lui, il primo passo da quando si erano incontrati.
“Quello che provo per te… a-anch’io lo provo da sempre. Da quando ti ho visto giocare la prima volta. Il modo in cui, dopo esserti buttato a terra, hai preso la palla e hai alzato gli occhi su di me... Non… Credo di non aver mai visto degli occhi così”
 
Gli occhi in questione si allargarono a dismisura.
“E da allora hai aspettato tutto questo tempo?! Oh cazzo! Asahi-saaan!”
 
“Non è stato facile!”, si difese Asahi. “Tu sembravi interessato solo alle ragazze!...”
 
“Ma perché le ragazze sono bellissime, Asahi, questo è un dato oggettivo! Mi piacciono le ragazze, ok. E poi mi piaci tu. E mi piaci molto più di qualunque ragazza. E Kyoko-san è e rimarrà per sempre lassù, per me, te l’ho detto. Ma tu, beh… non c’è storia. Mi piaci molto più di lei”
Nishinoya si sentiva senza fiato. Era senza fiato.
 
Anche Asahi sembrava fare fatica a respirare.
“I-io…? Ma come può essere che uno come me piaccia a… uno come te?”, mormorò a fil di voce.
 
“ ‘Uno come te’ ?”
 
“Noya… tu sei così figo e io invece…”
 
“Non voglio nemmeno sentirle delle stronzate simili!”, lo zittì Nishinoya, avvicinandosi ancora a lui. “Asahi-san! E’ vero, io sono un gran figo”, ammiccò, facendosi poi serio di colpo, “E pensi che potresti piacermi se non lo fossi anche tu?! Oh cazzo, Asahi, ma ti sei visto?! Sei… sei meraviglioso! Altro che figo! Sotto ogni aspetto… Io… oh! E’ così frustrante doverlo dire ad alta voce… Mi piace tutto di te. Tutto! Come sei, come finisci per agitarti per le cose più stupide e come poi però sai farti forza, come mi guardi, come schiacci, come ridi… e poi… sei così sexy!”
 
“S-sexy?!”
 
“Ahahah, sì! Non sai cosa ti farei!”
 
“E-eh?!”
 
“Ah ah! Asahi-san! Pensi… pensi che sia stato facile per me, prima, vederti baciare Michimiya a quel modo?”
 
Di tutte le cose che Nishinoya gli aveva riversato addosso come una cascata, Asahi decise di rispondere a quella.
“Non l’ho fatto”, disse d’istinto.
 
Nishinoya lo guardò interrogativo.
 
“Non l’ho baciata per davvero”, confessò Asahi, “Ho seguito gli insegnamenti di Ennoshita: era un ‘bacio teatrale’”
 
“Oh”
Quel bastardo di Chikara. Devo ricordarmi di ringraziarlo.
“Asahi-san”
 
“Sì?”
 
“Sei… sei mai stato baciato? Davvero, intendo”
 
Asahi fece segno di no, timidamente.
 
“Perché io no, mai”, continuò Nishinoya, prendendogli una mano, gli occhi incollati a quelli di lui, come in trance.
 
“Davvero?”, sussurrò Asahi.
 
Nishinoya annuì. “E vorrei…”
Ma non riuscì ad andare avanti. Sollevò invece la mano di Asahi all’altezza del viso e vi posò un bacio, sulle dita.
 
Asahi rabbrividì. “C-cos’è che vorresti…?”
 
“Oh, andiamo, Asahi!”, ridacchiò Nishinoya.
 
“N-non so se ho capito… Ho paura di fraintendere di nuovo e… e rovinare tutto”
 
In tutta risposta Nishinoya chiuse gli occhi e strusciò la propria guancia contro il palmo della mano di Asahi, beandosi di quel tocco, caldo, gentile.
Poi riaprì gli occhi e lo sfidò.
“No, credo che tu abbia capito…”
Asahi si avvicinò impercettibilmente a lui, come ipnotizzato. Si morse un labbro e deglutì, e da quella breve distanza, Nishinoya vide chiaramente il suo pomo d’Adamo scendere e risalire.
Era troppo anche per lui.
“Però, se proprio devo spiegartelo…”
 
Ma Nishinoya non spiegò proprio nulla. Non con le parole, almeno. Perché lui era un uomo d’azione.
 
Afferrò Asahi per la maglietta.
Lo strattonò verso di sé.
Chiuse gli occhi.
E lo baciò.
 
E a quel punto tutta la sua sicurezza evaporò.
 
Perché tutto si era aspettato, Nishinoya, meno che un’ondata di calore lo investisse a tradimento. Nell’attimo in cui le sue labbra entrarono a contatto con quelle di Asahi – più calde e più morbide di quello che avrebbe pensato – si sentì stordire a tal punto che percepì di colpo le ginocchia cedere, le dita formicolare e il cervello andargli in corto circuito.
 
E aveva ancora le mani aggrappate alla maglietta di Asahi, incapaci di muoversi da lì, quando sentì quelle di Asahi prendergli il volto, ferme e gentili allo stesso tempo.
Forti, sicure.
Più sicure di quello che Nishinoya avrebbe immaginato.
 
E solo questo pensiero bastò a tramortirlo. Questo pensiero e il sapore della bocca di Asahi che si apriva sulla sua. Questo pensiero e l’odore di Asahi che gli riempiva le narici.
Una nuova ondata di calore si propagò violenta dentro di lui, infiammandolo in un modo inaspettato, come se Nishinoya stesse rosolando a fuoco lento sulla brace e minacciasse allo stesso tempo di esplodere ogni secondo che passava.
 
Il mondo girava intorno a loro a una velocità assurda.
 
Nessuno dei due avrebbe saputo dire chi stava facendo cosa e perché.
Non c’erano domande né risposte.
Solo un desiderio bruciante di conoscersi, scoprirsi, assaporarsi.
E agirono d’istinto, perché era la cosa che sapevano fare meglio, in quel momento come durante una partita.
 
Ogni bacio rispetto al precedente si fece più caldo, più intenso, più urgente.
 
Come sempre, un solo respiro per entrambi. Affannato, questa volta. In un modo totalmente diverso da quello in campo, quando il gioco si fa difficile e la stanchezza si fa sentire.
 
Si staccarono nello stesso momento, senza fiato entrambi.
 
Asahi lo guardò intontito, le palpebre socchiuse, il petto che si sollevava e si abbassava senza tregua.
 
Nishinoya si passò la lingua sulle labbra. Sapevano di spumante e di Asahi.
“Pe-perché…”, ansimò, “Perché non l’abbiamo fatto prima??”
Infilò le dita tra i capelli di Asahi, raccolti disordinatamente sulla nuca, e non si sentì ridicolo ad aggiungere: “Baciarci, voglio dire”
 
Asahi scosse la testa e dalle labbra gli uscì una risatina tremante.
 
E poi, senza aggiungere altro, sotto la luce della luna, si fiondò di nuovo a baciare Nishinoya, ancora e ancora.
 
 
 
***
 
 
 
Si erano baciati. Si erano baciati davvero.
Asahi e Michimiya si erano baciati davanti a lui, e Daichi non aveva potuto fare nulla per fermarli.
Gli occhi gli bruciavano, fissi nel vuoto. Doveva essersi dimenticato di sbatterli da quando Ennoshita aveva dato lo stop e fu un bene che proprio in quel momento Suga tirò fuori quella bottiglia di spumante, perché lui trovò la scusa per ricomporsi e si aggrappò con le unghie e con i denti al suo ruolo di capitano e di “adulto responsabile” in mezzo a quello stormo di corvi allo sbaraglio.
 
“Suga?! Che cosa stai facendo?! Ci sono dei minorenni, qui!” Quella voce era davvero la sua?
 
“Andiamo, Daichi! Cosa sarà mai un litro di spumante diviso tra più di quindici persone?”
 
Anche la risposta di Suga gli sembrò lontana.
Daichi, come un automa, lo seguì in veranda per controllare che la situazione non degenerasse.
Nella mente continuava a vedere Asahi prendere Michimiya e baciarla, nelle orecchie continuava a sentire la voce di Michimiya, straziante.
(“Tu sei tutto invece!”).
Eppure, proprio prima di pronunciare quella battuta, qualcosa di strano era successo, qualcosa fuori ogni tipo di logica, qualcosa che Daichi non riusciva a definire: Michimiya aveva posato gli occhi su di lui per un breve istante. Lui! O se lo era sognato, forse?
Per un attimo valutò se chiedere a Ennoshita di dare un’occhiata al girato. No, no. Cosa vado a pensare? Poi si ricordò che si trattava del controcampo di Asahi: Michimiya non era presente nell’inquadratura. Impossibile verificare se stesse guardando Asahi o… lui.
Si stupì del suo stesso ragionamento, Daichi, quando tutto si sentiva, in quel momento, meno che logico e razionale: avrebbe solo voluto gridare e correre da lei e dirle… dirle cosa? Era ridicolo.
(“Io? Ma se ho paura di tutto?! Di tutto!”).
Eppure l’aveva guardato, in quel momento. Michimiya l’aveva guardato e in quella frazione di secondo gli era sembrava disperata.
(“Io ho paura di quello che sono, di quello che faccio…”).
E non che non fosse brava a recitare, ma… aveva guardato lui. Aveva voluto dirgli qualcosa? Ma poi, che cosa? O era stato un caso?
(“E soprattutto ho paura che se uscirò da questa stanza non riuscirò più a provare quello che sto provando adesso! Adesso… che sono qui con te”).
Daichi sospirò. Era lui che si stava facendo dei film. Non c’era motivo che Michimiya non stesse più che bene, in quel momento. Anzi, probabilmente stava alla grande, visto che Asahi l’aveva baciata in modo tanto appassionato. Ed era certamente lì da qualche parte a condividere con le amiche la propria gioia.
 
Si guardò in giro per cercarla, ma non la trovò.
C’era un gran via vai. Qualcuno aveva acceso della musica. Hinata e Yachi vociavano come bambini. Ahiara e Sasaki ridevano. Persino Shimizu si era unita a loro. Ma di Michimiya nemmeno l’ombra.
 
Poi fu distratto da qualcosa che gli sembrò fuori posto, qualcosa sfuggito al suo controllo.
 
“Al tuo film, Chikara!”, sentì brindare Tanaka.
 
E quelle cos’erano?!
Prese Suga per una manica. “Quelle cosa sono?!”
 
“Andiamo, Daichi, non fare il moralista! Sono solo un paio di birre, anche piuttosto leggere... non c’è niente di male. Nessuno deve guidare, stasera”
 
In giro c’erano già diverse bottiglie vuote. Ma quando avevano avuto il tempo di berle?!
 
“Dai-san, ne vuoi una?” Tanaka arrivò proprio nel momento meno opportuno e non vide in tempo Sugawara fargli segno di dileguarsi al più presto.
 
“Chi le ha portate?”, lo braccò Daichi.
 
“Ehm… io, Dai-san… Le ho, ehm… ahahah!...fatte portare da mia sorella dal ristorante in cui lavora! Ma in fondo… si tratta solo di qualche birretta, no? Nessuno di noi ha intenzione di fare pazzie!”
 
Oltre ogni aspettativa, Daichi lo lasciò andare, prese la birra e ne ingollò un sorso senza dire niente.
Tanaka – che non se lo fece ripetere due volte e si tolse dai piedi – aveva ragione. Erano normali adolescenti, in fondo, l’indomani non ci sarebbe stata nessuna partita importante da giocare e lui aveva solo bisogno di darsi una calmata.
 
“Ehi, così si fa!”, ammiccò Suga, ributtandosi nella mischia.
La musica era alta e l’aria calda contro la pelle. A quanto pareva quell’atmosfera era pane per i suoi denti.
 
Non per quelli di Daichi, però, che tornò a guardarsi intorno.
 
“Dov’è Michimiya?”, chiese al gruppo delle ragazze.
 
La risata morì sulle labbra di Ahiara. “Oddio, non è con te?”
 
“No…”, le rispose lui, titubante.
 
Sasaki e Ahiara si scambiarono un’occhiata.
Daichi si sentì improvvisamente fuori posto.
 
“Vuoi dire che è per la scommessa?”, disse in un soffio Sasaki all’amica.
 
“No, dai, non credo… Vuoi dire?” Persino Ahiara sembrava preoccupata.
 
“Volete dirmi cosa sta succedendo?”, le interruppe Daichi, con la gola secca.
 
“Al lago!”, disse poi Ahiara, spostando gli occhi su di lui, “Penso che Yui si trovi al lago in questo momento. Andiamo a cercarla!”
 
“Vado io”, la bloccò Daichi. E qualcosa nel suo gesto e nella sua voce la convinse a non seguirlo.
 
 
 
 
Daichi era già in direzione del lago. La luna era alta in cielo, e i suoi passi veloci.
 
Come, “al lago”? Che cosa significa, “al lago”? Che diamine ci fa Michimiya da sola al lago”?!
 
E fu allora che Daichi la vide:a piedi nudi sulla ghiaia della riva, bianchissima nel riverbero dell’acqua.
Si stava sfilando il vestitino a fiori che aveva durante le riprese dell’ultima scena e questo bastò perché lui non fosse più in grado di mettere insieme una parola con l’altra.
Il vestitino scivolò a terra e Michimiya guardò davanti a sé, coperta da nient’altro che quello che sembrava un costume da bagno a due pezzi. Ma non era un costume da bagno, per niente: si trattava di un reggiseno e di una mutandina grigio chiaro, di cotone. Ok, sì, niente di sofisticato, praticamente un costume da bagno. Eppure…
 
La ragazza inspirò e fece un passo verso l’acqua.
 
“Michimiya!” Finalmente Daichi aveva ritrovato la parola.
 
“Sa-Sawamura! Che ci fai qui?”
 
Tu che ci fai qui! A quest’ora della notte, da sola! P-prenderai freddo!”
 
Dopo la sorpresa iniziale, Michimiya cominciò a ridere. Di quella risata fresca e contagiosa che Daichi non si sarebbe mai stancato di ascoltare.
“Oddio, lo so, lo so che sono una scema… e vederti qui, adesso, con quella faccia, me ne dà l’enneeeeesima conferma!”
C’era qualcosa di strano nel modo in cui Michimiya biascicava e allungava le parole…
“Ma ho fatto una scommessa!”
 
“Una scommessa?”
 
“Puoi giurarci! Una di quelle che devi mantenere o ne va del tuo onooore!”
 
“Con chi hai fatto questa scommessa?”
 
“Con le ragazze. Ma che c’entra ora?”
 
“Le ragazze non sono qui, e sono pure più preoccupate di me. Dai, vèstiti, andiamo”
 
“Ma non significa niente! La scommessa è stata fatta e io deeeevo onorarla, te l’ho dett- Come, sei preoccupato? Sei preoccupato per me?”
 
“Mi pare evidente”, sorrise Daichi, per la prima volta da quando si erano visti. Fece qualche passo verso di lei.
 
“Ah, beh…”, farfugliò Michimiya, mettendosi una piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio. “La… la scommessa! Non posso andarmene da qui prima di essermi buttata nel lago”
 
“Che cosa?!” Poche erano le cose in grado di sconvolgere Sawamura Daichi; quella fu una di queste. “Cosa significa che devi buttarti nel lago? Ora? Di notte?!”
 
“Tu non capisci”, si imbronciò Michimiya. “All’inizio della settimana ho fatto questa scommessa: se non riesco a dire ciò che provo al… al ragazzo che mi piace… mi butto nel lagooo!”, concluse, impettita e col viso in fiamme.
 
Daichi restò a fissarla senza espressione, come tramortito da una pallonata alla nuca.
Diamine.
“Beh, ma come? Tu… ci sei riuscita, no?”
L’immagine di Michimiya tra le braccia di Asahi era marchiata a fuoco nella sua mente; le parole con cui la ragazza aveva confessato il proprio amore gli bruciavano ancora nelle orecchie.
 
“No. Direi di no”, disse Michimiya, perplessa. “Non credo che… ehm… questo ragazzo… mi abbia mai guardato in quel senso”, aggiunse poi con uno sguardo demoralizzato.
 
Diamine.
Michimiya doveva averlo dimenticato…
Daichi si passò frustrato una mano tra i capelli.
Ironia della sorte che dovesse essere proprio lui a ricordarglielo.
“Quanto hai bevuto?”, mormorò con una punta di esasperazione.
 
“N-non tanto!”, reagì lei, scandalizzata. “Dai, lascia che mi butti”, aggiunse poi con fermezza, come per scrollarsi di dosso un seccatore, come una cosa che doveva fare e non c’erano altre possibilità da prendere in considerazione.
Mise un piede in acqua.
 
“Michimiya Yui! Fermati subito! È pericoloso”, la voce di lui arrivò forte, imperiosa.
 
La risposta di lei fu immediata: “No!”
Era sempre stata testarda, Michimiya. Lo stava guardando con le guance rosse e gli occhi accesi. Era decisa a buttarsi.
 
“Così mi costringi a seguirti”, sentenziò Daichi, come se fosse la conseguenza più naturale a quella situazione.
 
E poi iniziò a spogliarsi senza troppe cerimonie.
Michimiya sgranò gli occhi e deglutì.
Daichi si sfilò la maglietta in un gesto brusco.
Michimiya inizò ad indietreggiare affondando i piedi nella fanghiglia del lago.
A quel punto a Daichi non restò che togliersi le scarpe senza preoccuparsi di slacciarle e abbassarsi i pantaloncini. Rimase in boxer. Un paio di boxer neri, attillati come un costume.
 
Quando risucchiò aria nei polmoni, Michimiya rabbrividì violentemente e scoprì di essere indietreggiata a tal punto da ritrovarsi con l’acqua già all’altezza del petto.
 
Daichi non le diede nemmeno il tempo di realizzarlo. In quattro falcate le fu accanto nell’acqua gelida, senza batter ciglio.
 
“Dai, ti sei buttata. Ora esci che prendi freddo”
La prese per un braccio e lei lo guardò con occhi indecifrabili, senza muoversi di un millimetro.
Daichi si raddolcì. “E poi ti ricordi male, glielo hai detto”
 
“Cosa?”, lo scrutò sospettosa.
 
“Che ti piace”
 
“No, ti dico”, ridacchiò di nuovo, rassegnata, “Lo saprò!”
 
Tanto valeva stare al gioco. La sbornia sarebbe comunque passata e lei si sarebbe di nuovo ricordata che aveva detto ad Asahi di essere innamorata di lui e che… dannazione… che si erano abbracciati, e avevano riso assieme e tutto il resto.
“Oh beh… Allora è proprio uno stupido! Gli farò un bel discorsetto che si ricorderà per un po’!”
 
“Ma… di chi stai parlando?”, lo apostrofò Michimiya, con un sorriso confuso sulle labbra.
 
“Come di chi? Di quel bietolone di Asahi”
 
Michimiya guardò Daichi un attimo senza capire, e poi si passò una mano sulla fronte, chiuse gli occhi e rilasciò una risatina rassegnata.
“Oddio, devo davvero aver bevuto più di quanto potessi reggere, perché non capisco… non capisco proprio che cosa c’entra Azumane adesso! Ma poi…”, aggiunse con tono scherzoso, e vacillò appena nell’acqua, e lui le si avvicinò ancora, “…poi mi devi spiegare perché sei sempre così duro con lui! E’ così dolce...”
 
“Perché è un idiota a lasciarsi sfuggire una come te”, la zittì Daichi, e si rese conto di avere il fiatone alla fine di quelle parole.
 
“Una come… me?”, annaspò Michimiya a fil di voce.
 
“Sì, insomma, una ragazza sincera, intelligente, e che… è praticamete tutto quello che un ragazzo può desiderare…! Con cui parlare e ridere e giocare a pallavolo… e con un sorriso talmente contagioso… e… e degli occhi che fanno luce quando ti guardano!… E… sì. Asahi è davvero un idiota”
La guardò solo in quel momento, il viso bollente, e una mano imbarazzata sul collo.
 
“Un attimo…”, disse lei con voce strozzata, guardandolo come se stesse avendo un’epifania. “Tu… tu pensi… tu pensi che mi piaccia Azumane?!”
 
“Perché, non è così?”
 
Lei scrollò il capo con forza, senza esitazione alcuna, senza staccare gli occhi da quelli di lui.
 
“M-ma come…? No, non può essere… Vi ho, sì… Lui ti piace… Non può che essere così… Vi ho visti ieri sera, sulla veranda, mentre gli dicevi… Michimiya, tu gli hai detto che eri innamorata di lui e poi vi siete abbracciati…”, blaterò insicuro, come se fosse stato lui ad aver bevuto troppo.
 
“Oddio… Oddio! Sì, cioè… No!” Michimiya fiondò il viso tra le mani. Sembrava fuori di sé dalla vergogna. “Oddio, oddio oddio! Tu hai capito che…”
Poi sollevò di nuovo la testa e gli urlò a pochi centimetri dal volto, smuovendo l’acqua tra di loro: “No! No! Non hai capito proprio niente!”
 
“Eh?”
 
“No, voglio dire… Oddio! Non era a lui che ho detto quella frase! Oddio, sì, per dirgliela gliel’ho detta, ma non era rivolta a lui… Io… Azumane è così carino e mi ascolta con tanta pazienta… e io mi confido con lui con una tale facilità… e… beh, lo so che può sembrare assurdo, ma mi stavo esercitando con lui!”
 
“Eser-esercitando?”
 
“Sì! Voglio dire… a dirlo ad alta voce! A dire che… A dire quelle parole… ad alta voce, fingendo di essere davanti… cavolo… di essere davanti al ragazzo che mi piace”, concluse, nascondendosi di nuovo tra le mani.
 
“E… non è lui?”, mormorò Daichi, che stava mettendo insieme i pezzi.
 
Michimiya lo spiò da dietro le dita. “No…”
 
Daichi sentì la testa girargli.
“No, aspetta… ma prima però Asahi aveva detto… sì… di amarti”
 
“Oh cavolo, Sawamura! Ma che diamine ci facevi lì, poi? A-anche lui si stava esercitando per dirlo a…”
 
“…Nishinoya” La realizzazione lo colpì come una vittoria insperata. Come l’ultimo punto dell’ultimo set portato miracolosamente a segno.
 
Michimiya annuì debolmente.
 
“Oh cavolo…”, fece lui.
 
Michimiya annuì più forte e le sfuggì di gola un lamento strozzato.
 
“Oh cavolo!”, ripetè Daichi non riuscendo a mettere insieme altre parole.
 
“Già!”, gli fece eco Michimiya.
 
Daichi si voltò quindi verso di lei, fuori di sé. Non era finita.
La afferrò per le spalle e lei sussultò.
“E… e il bacio allora?” Doveva sapere.
 
“Quale bacio?”
 
“Quello appassionato che Asahi ti ha dato poco fa sul set…”
 
“Ma… ma…”
Stava boccheggiando. Michimiya Yui stava boccheggiando e lui era appeso a quelle sillabe, che rantolavano fuori dalla sua bocca incredula. Finchè non presero forma e senso nelle parole che Michimiya quasi gli urlò in faccia: “Ma quale bacio appassionato?! Era completamente finto!”
Finto…
“Sawamura!”
 
Lo stava guardando contrariata, ma lui non potè fermare il sorriso che gli si aprì sulle labbra.
“Finto…”
 
Si voltò verso di lei con uno sguardo da ebete. La presa con cui l’aveva afferrata si allentò, con una mano risalì lungo il braccio della ragazza, l’altra si trovò a cingerle le spalle.
 
Michimiya rabbrividì a quel tocco, sussultò, deglutì, e a lui parve di vedere ogni cosa al rallentatore.
“Sawamura…?”
 
Era lì, tra le sue braccia, vicina a lui come lo era stata solo due giorni prima, lì, nella stessa acqua di quello stesso lago.
 
“…Sì?”, la voce glì uscì bassa.
 
Michimiya lo guardò come se stesse valutando se giocarsi il tutto per tutto.
E dovette aver preso una decisione, perché qualcosa le balenò negli occhi.
“… Non… non credevo che tu fossi geloso”
 
“Ah no?”
 
“Credevo che avessi solo belle qualità…”
 
“Io ho solo belle qualità…”
 
Daichi si rese conto di quanto il suo viso fosse vicino a quello di lei, di quanto quelle labbra socchiuse fossero vicine alle sue.
 
Si avvicinò ancora come se fosse la cosa più naturale del mondo, l’unica rimasta da fare.
Ma non poteva osare troppo, no. Il cuore in gola glielo impedì. In fondo era un uomo prudente, lui, in campo e fuori. Bisognava tastare il terreno.
E il bacio che Daichi le diede, si posò sulla guancia di Michimiya, poco distante dalla sua bocca.
Ma bastò ad annebbiargli la mente.
Daichi riaprì con timore gli occhi su quelli di lei.
 
Michimiya lo stava guardando col fiato sospeso. E poi fece qualcosa di impensabile: ricambiò quel bacio con la stessa dolcezza, con la stessa misurata trepidazione, a pochi millimetri dalle sue labbra.
 
Daichi si sentì trasportare in un vortice. Eppure era indiscutibilmente fermo, immobile, con Michimiya tra le braccia, la pelle nuda e bagnata di lei sotto le dita ruvide.
 
In fondo andava ancora bene, non c’era nulla di male… O no?
 
Daichi si avvicinò ancora e le sue labbra si posarono questa volta all’angolo di quelle di lei.
No, non c’era nulla di male, due amici possono baciarsi così, senza che significhi nulla…
 
Lei non aspettò a lungo prima di avventurarsi a imitarlo.
 
Non significa nulla, è solo una dimostrazione di affetto, e di confidenza e di…
 
Di qualcos’altro, ebbe appena il tempo di pensare Daichi prima di zittire il flusso dei propri pensieri, chiudere gli occhi e baciarla. Per davvero, questa volta.
 
Perso nella sensazione delle labbra di Michimiya tra le sue, Daichi dimenticò di trovarsi in acqua, di notte, con addosso solo un misero paio di boxer. Sentì Michimiya abbandonarsi lui.
In quel momento dimenticò il suo stesso nome.
 
“Dai…chi…” Fu lei a ricordarglielo, sospirando tra un bacio e l’altro.
 
E a quello di lei si mescolò anche il sospiro di lui, mentre l’abbraccio si fece più stretto e il desiderio di sentirla contro il proprio petto più urgente.
La sentì tremare. Una scossa breve, violenta.
 
Daichi si staccò appena. “Ehi… Hai freddo?”
 
“Per niente”, gli sorrise lei, mettendogli le braccia intorno al collo e riprendendo da dove aveva lasciato, testarda.
 
E un tremito lo sentì anche lui, su per la spina dorsale, altrettanto violento, inaspettatamente bruciante.
 
Le dita di lui si infilarono tra i capelli di lei. Quelle di lei si spinsero ad accarezzargli la nuca e Daichi si sentì sciogliere a quel tocco. E stava per sciogliersi davvero e varcare il limite di ciò che fino a quel momento aveva conosciuto di sé e di lei, quando… aprì gli occhi di scatto.
“No… un momento”
E si odiò per questo. Perché Michimiya lo guardò senza capire, senza osare chiedergli se fosse stata lei a fare qualcosa di sbagliato. Perché lui si stava allontanando da lei, e anche se aveva ancora il fiato corto e le labbra bagnate, agli occhi di lei sembrò improvvisamente lontano anni luce, tirato via da qualcosa che sembrava attanagliarlo in modo atroce.
“Scusa io non… non dovevo… Tu… tu sei… ehm… ubriaca e domani ti pentirai di… di tutto questo… e poi c’è…” Daichi crollò su se stesso. “C’è questo tizio che ti piace…”
 
Nel silenzio che si tese tra di loro, si sentì solo lo sciabordìo lieve dell’acqua contro i loro corpi.
 
E poi la voce di Michimiya, sottile. “Non ci credo…”
 
“Cosa?”, sussurrò lui, alzando uno sguardo mesto su di lei. Le sembrò stupita. Sinceramente.
 
“Ancora non hai capito? Sei tu questo tizio. Sawamura… Sei tu il ragazzo che mi piace!”
 
Quando la spalla di Tanaka impattò contro il suo viso durante la partita contro la Wakutani, il colpo fu meno forte.
 
Stordito.
 
La dichiarazione di Michimiya l’aveva lasciato stordito e senza parole.
 
Non che la ragazza avesse intenzione di lasciarlo rispondere.
“E poi… ubriaca, dici? Benissimo! Non ci si fa una doccia gelata in questi casi? Presto fatto!” E Michimiya si lasciò andare all’indietro nell’acqua del lago sotto gli occhi sbigottiti di Daichi.
Risalì un attimo dopo, tossendo e ridendo, tremante e con i capelli grondanti.
“Sono sobria! Sono sobria, te l’assicuro!”, stridette a voce alta.
Poi si passò una mano sugli occhi per asciugarli come meglio potè. Li riaprì, rossi e determinati. “O comunque abbastanza per ricordarmi che sono innamorata di te… tipo… da sempre! Perché ti giuro, ti giuro che ci ho pensato un milione di volte, ma davvero non lo so!... Non me lo ricordo quando hai cominciato a piacermi… se alle medie, quando trascorrevamo i pomeriggi al parco a passarci la palla, o al liceo, quando ti ho visto per la prima volta nei corridoi della scuola con la nuova divisa oppure… oppure ogni volta che mi rimproveri per qualcosa… o quando sorridi in quel modo che neanche te lo immagini quello che mi fa… o… o…”
 
Il tocco inaspettato delle mani di Daichi sul suo viso ebbe il potere di placarla di colpo.
 
Calmo, molto più calmo di lei, era a un soffio dalle sue labbra.
“Michimiya. Stai andando in iperventilazione. Cerca di riprendere fiato”
Il bacio che le diede, ironia della sorte, le tolse il poco fiato che le era rimasto.
 
Sì. Anch’io lo sono. Innamorato di te.
E no. Non lo so quando hai cominciato a piacermi in questo modo.
 
Quando si staccarono, l’unica cosa che la voce rotta di Daichi riuscì a formulare fu: “Direi che, con questo, la scommessa l’hai vinta... Forse è il caso di uscire dall’acqua”
E senza aggiungere altro, prese per mano Michimiya, che si fece trascinare a riva in silenzio.
 
Una volta arrivati, Daichi raccolse la propria maglietta da terra.
Si girò verso di lei.
Le prese un braccio.
Appallottolò la maglietta e iniziò ad asciugarla.
 
E a dispetto della tranquillità che sperava di trasmettere, a dispetto dei movimenti lenti e misurati, Daichi si sforzò di calmare il respiro e sperò che sotto la luce fredda della luna non si notasse il rossore sulle sue guance. Quello – evidente - sul viso di Michimiya, che lo guardava con occhi grandi e si mordeva un labbro, non aiutava davvero.
 
Senza che nessuno dei due dicesse una parola, la maglietta fu passata sulle spalle, fregata contro la schiena, tamponata alla base del collo.
Alcune goccioline  scivolarono impertinenti nella scollatura di quel semplice, innocuo, normalissimo reggiseno in jersey, leggermente imbottito e zuppo oltre ogni limite.
Daichi deglutì. Fu lei questa volta a prendergli il viso con una mano, passarla tra i suoi capelli bagnati, fermarsi sulla nuca. E tirarlo a sé.
 
Ciò che provarono fu come un’esplosione, uno scoppio improvviso, che rimbombò nei loro petti e si propagò nell’aria, ronzando nelle loro orecchie.
 
Enorme fu lo stupore, per entrambi, quando, riaprendo gli occhi, videro che l’esplosione non era metaforica ma reale. E tutta la situazione assunse una sfumatura divertente, quasi grottesca, leggermente imbarazzante.
Poco distante in linea d’aria, appena dietro la collinetta che separava il lago dalla casa di Hinata, qualcuno stava facendo esplodere dei fuochi d’artificio.
 
“I… i ragazzi devono avere…”
 
“Sì…”, fece lei a fil di voce.
 
E mentre la luce giallina, rossastra e violacea brillava nei loro occhi e colorava i loro volti, Daichi e Michimiya scoppiarono a ridere, l’uno tra le braccia dell’altra, come se avessero vinto la scommessa più importante della loro vita, come due che sono rimasti amici senza più esserlo.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
“Uoohhh! I fuochi!!! Quei bastardi non ci hanno aspettato!”
 
“Perché avrebbero dovuto?”, rise Asahi, di una risatina roca e vibrante.
 
L’esplosione di colori li aveva colti ancora in piedi, nello stesso punto dove erano rimasti fino a quel momento, pigiati l’uno contro l’altro, i capelli da tutte le parti, i visi accaldati e il senso del tempo e dello spazio ormai un lontano ricordo.
 
“Vieni, godiamoci almeno lo spettacolo”, se ne uscì Nishinoya, prendendo Asahi per una mano e tirandoselo dietro verso la salitina erbosa ai margini del campetto.
 
Sedersi.
Aveva bisogno di sedersi.
Perché i fuochi sarebbero stati più belli.
E sì, anche perché cominciava a girargli davvero troppo la testa.
 
Sicuro.
Si sentì sicuro di sé, Nishinoya, quando, dopo essersi buttato a terra, fece segno ad Asahi di mettersi accanto a lui, picchiettando il palmo della mano sul prato.
 
Ma quando Asahi si abbassò per sedersi, Nishinoya perse di colpo tutta quella sicurezza. E si sentì senza speranza. Perché quel modo dolce e un po’ goffo con cui Asahi gli rivolse uno dei suoi sorrisi – al diavolo! -, era più bello di mille fuochi d’artificio e divenne prontamente per lui l’unico spettacolo che aveva voglia di godersi.
Quello e la reazione di Asahi quando Nishinoya gli fu improvvisamente addosso.
Quello e i versi che uscirono dalla gola di Asahi quando Nishinoya lo baciò come se volesse divorarselo.
Perché – cazzo!-, Asahi-san provava lo stesso che Nishinoya provava per lui, e Nishinoya ancora non poteva crederci.
Asahi-san...
Aveva avuto il coraggio di parlargli e l’aveva baciato.
Asahi-san!
Lo stava ancora baciando!
E a lui girava terribilmente la testa.
 
Senza lo sforzo di dover stare in piedi, Nishinoya si lasciò andare del tutto.
Così doveva sentirsi un Garigari-kun, pensò Nishinoya, sentendosi sciogliere contro le labbra di Asahi, brucianti tra le sue; no, di più: un Garigari-kun sotto il sole d’agosto, pensò ancora, mentre si sentiva squagliare contro il corpo di Asahi, tremante sotto le sue mani.
 
E quando Asahi, seduto tra le sue gambe, fece scorrere le dita lungo la sua schiena, Nishinoya si sentì accendere in un modo del tutto nuovo.
Quando Asahi lo attirò a sé e i loro bacini si scontrarono, Nishinoya sentì una scarica elettrica friggergli il cervello e ogni rimasuglio di buon senso rimasto.
 
Rolling Thunder!, ebbe appena il tempo di formulare nella sua testa Nishinoya. Quello che stiamo facendo è il corrispettivo del Rolling Thunder... In un contesto del tutto diverso, ovviamente.
 
E anche se quel pensiero non aveva alcun senso, a Nishinoya parve una rivelazione epica.
 
E anche se forse erano un po’ imbranati e non fu fluido il movimento con cui Nishinoya tirò via le mani da sotto la maglietta di Asahi per infilarle tra i suoi capelli e tirarli leggermente, né fu calcolato il modo in cui Asahi scese a capofitto sul suo viso, scontrando il suo naso contro quello di Nishinoya, per poi finire a mordicchiargli il labbro inferiore… beh, sì, anche se forse erano un po’ imbranati, a nessuno dei due importava più di tanto.
 
Perché ogni bacio era più urgente del precedente.
Perché si sentivano entrambi esaltati dalla novità di ogni gesto, dalla potenza di ogni sensazione.
Perché era innegabile la naturalezza con cui Asahi si stava rilassando contro Nishinoya.
Perché era perfetto il modo in cui il corpo Nishinoya si incastrava con quello di Asahi, come se fossero fatti per stare l’uno tra le braccia dell’altro. Nonostante la differenza di statura, di età, di carattere. Nonostante ci avessero messo una vita per dichiararsi l’un l’altro.
 
“Fo-forse dovremmo raggiungere gli altri…”, disse Asahi, scostandosi appena, il fiato corto.
 
Col cavolo!
Nishinoya fece scorrere le mani dietro la schiena di Asahi, intrecciò le dita tra loro e lo strattonò verso di sé, senza troppe cerimonie.
“Naah… Non credo gliene freghi molto agli altri di noi in questo momento…”
 
“Mmmmh…”, gli sorrise Asahi.
 
E Nishinoya contemplò quel sorriso per qualche istante.
“Vittoria”, sussurrò quindi, senza staccare gli occhi da lui.
 
“Vittoria…?”
 
“Abbiamo finito il film… e abbiamo vinto! Mi pare evidente, no?”, gli spiegò Nishinoya, con gli occhi che brillavano.
 
“No-Non credo che funzioni così… oddio, magari se Ennoshita decidesse di partecipare a qualche festival…”
 
“Oh andiamo, Asahi-san!”, sbottò Nishinoya, lasciando andare il capo all’indietro, frustrato e divertito allo stesso tempo.
 
Asahi scoppiò a ridere.
Lo stava forse prendendo in giro?
“Sì, scusa…”
 
E la risata si fermò sulle sue labbra, dove Asahi posò un bacio leggero.
Nishinoya non rispose immediatamente a quel bacio.
Si guardò per bene Asahi, lì, tra le sue braccia e si sentì il più grande dei vincitori.
Perché il ragazzo che stava tenendo stretto valeva più di mille vittorie, più della coppa del torneo primaverile della prefettura di Miyagi. E per lui quelle vittorie e quella coppa erano tutto.
 
Basta! Stava diventando troppo melenso, seppur nella propria testa!
 
“E comunque, finire proprio con quella scena… con la scena del vostro bacio (anche se era finto)… è stata una vera crudeltà”, concluse Nishinoya, chiudendo gli occhi e pensando di mettere fine, con quella piccola lamentela, a tutto il discorso, e riprendere quindi da dove avevano lasciato.
 
Ma Asahi non glielo permise. “Quella scena è l’ultima che abbiamo girato, ma… non è l’ultima del film”, precisò.
 
Nishinoya, gli occhi a mezz’asta, lo guardò senza capire. Non era neanche sicuro di aver sentito la frase per intero, tanto il cuore gli martellava nelle orecchie.
 
“Lo sai, vero?”, lo incalzò Asahi.
 
Davvero Asahi voleva che lui rispondesse qualcosa?
 
“Ah, sì sì, lo so”, tagliò corto Nishinoya senza staccare gli occhi dalle labbra di Asahi e avvicinandosi lentamente, come se non riuscisse a starne lontano troppo a lungo.
E sì, lo baciò, come se non potesse fare altrimenti, come la cosa più inevitabile della terra. “Ma non ricordo qual è questa famosa ultima scena”, aggiunse quindi, distrattamente.
 
“Questo perché tu non leggi i copioni”
 
Ma allora lo faceva apposta?!
“Oh, Asahi-saaan!!”
 
Asahi rise ancora e gli stampò un piccolo bacio di consolazione sulle labbra imbronciate.
Sì, lo stava definitivamente prendendo in giro.
 
“Non ti ricordi? L’abbiamo girata uno dei primi giorni, tutti assieme… C’era pure Takeda-sensei… E’ il momento in cui Johnny, durante la festa di fine estate, presenta a tutti questa persona meravigliosa che ha avuto la fortuna di incontrare e che l’ha aiutato… ed è diventata così importante per lui… e dice che ha un così grande talento nella pallavolo... E dice anche che…”
Arrossì, Asahi, ma non distolse lo sguardo. Continuò a guardare Nishinoya negli occhi. “… che grazie a lei ha capito che tipo di persona vuole diventare lui stesso”
 
Alle sue parole seguì un silenzio rapito.
 
Un silenzio che durò qualcosa di più dell’autonomia di tre quarti di secondo in cui Nishinoya riusciva di solito a stare zitto.
 
Ma poi Nishinoya chiuse la bocca e si riebbe.
“L’ho capito anch’io… cazzo, se l’ho capito!”
 
E a quel punto Asahi non provò neanche per un attimo a frenare l’impeto con cui Nishinoya si gettò su di lui, anzi, lo strinse a sua volta nel più euforico degli abbracci.
 
Perché Asahi era tra le braccia di Nishinoya e Nishinoya tra le braccia di Asahi.
 
E non contava nient’altro.
 
 
 
 ***
 
 
 
 
Davanti a casa di Hinata, la musica suonava a tutto volume e i fuochi d’artificio impazzavano alti in cielo.
 
Galvanizzati dalla fine del film, dalla serata estiva e, sì, anche da qualche sorso di spumante e di birra, tutti festeggiavano a gran voce, programmando di partecipare a prestigiosi festival cinematografici, sognando ricchi premi, prefigurandosi addirittura la conquista di Hollywood.
 
E nell’esaltazione generale, si inneggiò alla squadra, a Tokyo e ai nazionali.
 
I corvi avevano messo in campo le loro forze ed erano arrivati alla fine del film.
E, in modo diverso ma altrettanto tenace, avrebbero messo le loro forze anche sul campo del palazzo dello sport di Tokyo, avrebbero battuto la Nekoma e sarebbero arrivati alla fine dei nazionali.
 
L’avrebbero fatto.
 
Ma intanto, poco distanti da lì, quattro persone stavano festeggiando – a modo loro… - quello che aveva tutta l’aria di essere un nuovo inizio.
 
 
 
---
 

Ciao a tutti! 

Eccoci arrivati alla fine di questa storia, in perfetto clima estivo!

Sarei molto curiosa di sapere cosa ne pensate… sia dei personaggi che della trama o dei dialoghi. Scrivo di cose che mi piacciono, ma mi piace pensare di poter crescere e migliorare in generale grazie ai vostri consigli. 

Mi ha divertito molto scrivere questa storia e per quanto non abbia avuto troppo seguito (forse sia la AsaNoya che la DaiYui  sono considerate coppie un po' scontate…) ho ancora qualche idea per Asahi e Nishinoya in futuro.

Per chi avesse ancora qualche dubbio su questa storia, mi faccio avanti a fare un paio di precisazioni, che non ho avuto modo di far chiarire ai personaggi (dopo tutte queste chiacchiere e chiarimenti temevo che nuovi "spiegoni" avrebbero appesantito troppo il tutto!):

- Quando, alla fine del capitolo precedente, Daichi fa riferimento alla sintonia che Asahi aveva in campo, sottintende, chiaramente, la sintonia con Michimiya. Da parte sua Asahi fraintende e suppone che Daichi si riferisca a Nishinoya. Ecco perché arrossisce. E perché si crea l'equivoco.

- Chi si stesse poi domandando ancora dove diavolo Asahi abbia passato la notte… la risposta è molto semplice: fuori, vagando tra la veranda e il giardino, cercando di calmarsi e trovandosi invece a buttarsi sempre più giù e a farsi mille paranoie da bravo ansioso-depressivo quale è.

 

Ringrazio i numerosi lettori silenziosi (come sempre siete i benvenuti a lasciare anche solo una riga per farmi sapere cosa ne pensate! ;-)),  e ringrazio le splendide persone che hanno messo questa storia tra le seguite, le ricordate e addirittura le preferite. 

Ma soprattutto ringrazio infinitamente AsahiAceAzumane,  Annadidi e Lady Snape per aver trovato il tempo di dirmi la loro! Quest'ultimo capitolo è dedicato in particolare a voi!

E un grazie speciale va a PuccaChan_Traduce per avermi iniziato al mondo delle fanfiction di Haikyuu!!

Un grande abbraccio e… alla prossima!

InuAra(XHaykuu!!)

 

P.S. Mi trovate anche su AO3!

https://archiveofourown.org/users/InuAraXHaikuu/pseuds/InuAraXHaikuu

   
 
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