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Autore: _Fire    25/07/2018    1 recensioni
Kala Dandekar ha sempre voluto diventare una ballerina, e il suo sogno comincia a realizzarsi quando le viene offerto un posto nella Staatsballett Berlin, la compagnia di danza più importante della Germania.
Le sue giornate trascorrono tranquille, finché la sua routine non viene interrotta dall'incontro con Wolfgang Bogdanow, il nuovo pianista.
I due cominciano a creare un rapporto, ma all'inizio nessuno dei due può immaginare quanto cambieranno l'una la vita dell'altro...
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kala Dandekar, Wolfgang Bogdanow
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kala si guardò nello specchio, pensierosa. Voleva prepararsi per l'appuntamento con Wolfgang, ma sapeva che probabilmente qualsiasi trucco si sarebbe rovinato durante le prove.
Sbuffò, optando per qualcosa di semplice: un velo di blush sulle guance, mascara, e un po' di matita – pregando che non si sciogliesse.
Infilò il vestito da mettere nella borsa: se lo sarebbe messo dopo la lezione, ora doveva tenere la tuta.
Era emozionata all'idea di quell'uscita. Non era il primo appuntamento della sua vita, ma ci teneva particolarmente. Aveva sperato che Wolfgang le chiedesse di uscire, e ora che l'aveva fatto voleva che andasse tutto bene.
Non voleva farsi illusioni, ma doveva ammettere che nel profondo desiderava veramente che lei e Wolfgang non si fermassero al primo appuntamento.
Concentrati prima su stasera, si disse, al poi ci penserai dopo.
«Cominciavo a pensare che non saresti venuta, mi stavo preoccupando» le disse Wolfgang, quando entrò nell'aula.
Kala guardò l'orologio: tra la preparazione e i suoi soliti mille pensieri, non era arrivata in anticipo come al solito, ma appena cinque minuti prima dell'inizio della lezione.
«Prendila come una vendetta per il giorno in cui sei sparito» buttò lì lei, alzando le spalle.
Wolfgang le sorrise. Quella ragazza trovava sempre il modo di sorprenderlo. «Va bene, ora siamo pari» sollevò le mani, e poi ne porse una verso di lei, alzandosi in piedi dietro il pianoforte.
Kala finse di guardarlo con sospetto, e poi la strinse. Fu come prendere la scossa.
«Signor Bogdanow, è un piacere vederla con una camicia, finalmente!» esclamò Nacho Duato, facendo spaventare entrambi. Lui era sempre elegante, e gli piaceva quando lo erano anche tutti coloro che si trovavano nella sua Accademia.
«Grazie, credo» rispose Wolfgang un po' imbarazzato, passandosi una mano dietro la nuca.
Sentì immediatamente lo sguardo di Kala su di sé, che scendeva dagli occhi in giù. La maggior parte del tempo stava seduto dietro al pianoforte, quindi Kala approfittò di quel frangente. Riflettendoci era vero, di solito indossava sempre T-shirts – per lo più nere – mentre ora portava una camicia celeste, perfettamente abbinata ai suoi occhi.
Wolfgang notò che lo guardò finché non si risedette e sorrise: lui tenne gli occhi su di lei per tutte le prove, quindi erano pari anche in questo caso.

Kala e Wolfgang aspettarono che tutti uscissero la sala, fingendo di star facendo cose diverse, per non far capire che uscivano insieme. Non volevano farlo sapere a tutti, e Kala soprattutto non a Rajan.
Kala entrò nel piccolo bagno dell'aula, si cambiò, si ravviò i capelli e uscì poco dopo.
Wolfgang aveva appena finito di mettere gli spartiti nella valigetta, e si girò giusto in tempo per vedere Kala pronta.
La ragazza indossava un vestito lungo fino al ginocchio, di colore turchese, con una sfumatura viola sulla parte superiore. Aveva i capelli tutti messi da un lato, riuniti in una grande ciocca ondulata.
Wolfgang dischiuse le labbra, ma non gli venne subito in mente un complimento adeguato. «Sei bellissima» riuscì a dire.
Kala sorrise e spostò lo sguardo verso il basso per un attimo. Lui la raggiunse in due lunghe falcate e le prese la mano. «Andiamo?»
«Volentieri.»
Uscirono dall'Accademia guardandosi alle spalle, ridendo.

Wolfgang aveva scelto un ristorante non troppo distante, che non fosse né esageratamente lussuoso – non voleva risultare esagerato – ma comunque di tutto rispetto.
Quando erano quasi arrivati colse lo sguardo di Kala di nuovo su di sé.
Kala aveva avuto poche occasioni per guardarlo bene in piedi, e doveva ammettere che visto nel complesso Wolfgang era ancora più bello.
«Pensavo mi avessi guardato abbastanza prima della lezione» la provocò lui, continuando a camminare, ma voltandosi nella sua direzione.
«Non ho guardato.»
«Sì» ribatté lui, annuendo, con quel suo sorriso malizioso. «Hai guardato prima e stai guardando adesso.»
Kala distolse subito lo sguardo. «Non è vero.»
Il sorriso di Wolfgang si allargò, però non aggiunse altro, limitandosi ad ammiccare.
«Entriamo, dai» disse lei, arrossendo, accelerando il passo verso il ristorante.
Si accomodarono al tavolo che Wolfgang aveva prenotato e ordinarono. Lui chiese il vino che gli aveva consigliato Felix.
«Brindo all'arrivare in anticipo.»
Kala sembrò d'accordo e sorrise. «Cin» rispose, avvicinando il bicchiere al suo.
Dopo le tipiche frasi di circostanza – è bello qui, si sta bene, buono questo piatto – cominciarono a parlare in maniera piacevole, liberamente, anche perché non c'era nessuna lezione che stava per iniziare ed avevano tutto il tempo per loro.
Wolfgang le chiese di più su come era arrivata a Berlino, Kala gli parlò della scuola di danza, dell'India, della sua famiglia.
«E sulla tua famiglia che mi dici?»
A Wolfgang quasi andò il boccone di traverso. Era una domanda normalissima, peccato che la sua famiglia era l'argomento peggiore di cui parlare. Avrebbe potuto inventarsi qualsiasi scusa, ma decise di dire la verità – una specie, almeno. «I miei genitori sono morti» disse, laconico. «Mio padre era uno stronzo, non dispiacerti» aggiunse, vedendo l'espressione dispiaciuta di Kala.
«Non hai nessun altro?»
«Ci sarebbero mio zio e mio cugino, però...»
«Sono stronzi anche loro?» azzardò Kala, facendo ridere Wolfgang, per il modo in cui aveva pronunciato stronzi, abbassando la voce.
«Hai colto nel segno» annuì lui. Non era mai riuscito a pensare alla sua famiglia senza infuriarsi, ma la presenza di Kala riuscì a tenere a freno il rancore che sorgeva in lui. «L'unica persona che ritengo famiglia è il mio migliore amico, Felix. Ci conosciamo fin da piccoli e ormai è come se fosse mio fratello.»
«Dovresti presentarmelo, una volta» disse Kala, sorridendo.
«Penso che gli piaceresti. Ma ti direbbe sicuramente che sei troppo per me» rise. «Forse non avrebbe neanche tutti i torti.»
Kala gli toccò la mano sul tavolo. «Lascia che sia io a deciderlo.»
Quella era la conferma che era vero.
Spostarono la conversazione su argomenti più leggeri, l'Accademia, il pianoforte, la danza…. e il tempo passò in un battito di ciglia.
«Ti accompagno all'Accademia» disse Wolfgang. «Non accetto un no come risposta» precisò, prima che Kala potesse rifiutare. Non voleva farla tornare da sola, e comunque ogni occasione era buona per trascorrere un po' di tempo in più con lei.
Continuarono a parlare, passando da un argomento all'altro, come se si leggessero nel pensiero.
«Quando rientriamo dopo la chiusura delle porte vengono ad aprirci, quindi ci salutiamo qui» spiegò Kala, una volta arrivati alle scale che precedevano l'ingresso dell'Accademia.
Kala aveva già salito due scalini, lui era al livello della strada, quindi avevano più o meno la stessa altezza.
Wolfgang guardò le sue labbra. Voleva baciarla.
Non correre.
«Ci vediamo lunedì» disse Kala, esitando, come se si aspettasse qualcosa o fosse indecisa su cosa fare. Alla fine, si avvicinò e gli sfiorò la guancia con le labbra, poi si voltò e proseguì per le scale.
Wolfgang salì quattro scalini con due passi, in modo da trovarsi di fronte a lei, e la baciò ad un centimetro dalla bocca. «A lunedì.»
«Devi sempre avere l'ultima parola, eh?» sussurrò lei, sorridendo.
«Sempre» rispose, facendole l'occhiolino prima di scendere le scale e avviarsi nel buio della sera, felice come non si sentiva da tempo.
Kala lo guardò finché poté, poi entrò in Accademia, ma il suo pensiero rimase con Wolfgang.

 

+

 

Wolfgang entrò in Accademia sorridendo. Il giorno precedente si era occupato di alcuni affari con Felix per trovare un secondo compratore per i diamanti, ma aveva comunque trovato il tempo di scrivere qualche messaggio a Kala.
«Ehi» lo salutò lei, sbucando da dietro l'angolo come se lui l'avesse chiamata con il pensiero.
«Ora ci incontriamo ancor prima di arrivare in aula?» scherzò lui.
«Magari se uscissimo di nuovo potremmo cominciare ad arrivare un meno in anticipo.»
Kala usò un tono ironico, ma intendeva davvero quello che aveva detto. Se tra lei e Wolfgang poteva cominciare qualcosa, non vedeva perché non cogliere l'occasione.
«Non riesci a stare lontana da me, eh?»
Lei gli mollò un leggero pugno sul braccio.
«La cosa è reciproca, se ti consola» le sussurrò Wolfgang, ed era sincero. «Ti va di andare ad un bar domani sera? Ci sarà anche Felix, magari te lo presento.»
«Mi piace l'idea» rispose lei. Se Wolfgang voleva anche presentarla al suo migliore amico voleva dire che la considerava una qualsiasi.
«Si fa anche il karaoke» continuò lui, mentre entravano nell'aula e sistemavano le loro cose. «Potremmo replicare il nostro duetto di What's going on.»
Lei ridacchiò. «Vedremo.»
Wolfgang cominciò a suonare qualche nota della canzone, e Kala si sedette accanto a lui, osservando i suoi movimenti. Le sue mani avevano dei graffi sulle nocche, come se venissero usate per lavori duri. Era strano come delle mani così riuscissero a muoversi in maniera veloce e aggraziata e produrre musica.
«Vuoi provare?» chiese lui, cogliendo il suo sguardo.
«Non ho mai toccato uno strumento.»
Wolfgang le mise una mano sui tasti. «Fai quello che faccio io.»
Kala riuscì ad azzeccare qualche nota; ovviamente non riusciva a mantenere il ritmo esatto di Wolfgang, ma fu comunque divertente.
Ad un certo punto le loro mani si scontrarono, giunte a metà della tastiera. Wolfgang prese la sua e ne accarezzò il dorso con il pollice.
Nonostante il loro aspetto, le sue mani avevano un tocco molto dolce.
«Per ricambiare dovrei insegnarti qualche passo di danza.»
«Sto bene così» rise lui.
«Stai perdendo una grande occasione» disse lei, alzandosi e avviandosi verso il centro dell'aula, sempre tenendogli la mano.
«Preferisco guardare te» rispose lui, lasciandola andare.
Lui tornò alla sua musica, e lei cominciò a ballare, riproducendo – all'inizio senza neanche pensarci – la coreografia che aveva eseguita quando Nacho l'aveva notata. Si sentì come in due posti contemporaneamente: su quel palco a Mumbai e nell'Accademia a Berlino, con Wolfgang che suonava.

 

Wolfgang riferì a Felix della sua proposta a Kala per il loro secondo appuntamento. «Te l'ho detto per raccomandarti di comportanti bene e di non trovare nessuna ragazza per me, va bene?»
«Ho capito, Wolfie. Se tu sei felice, lo sono anche io – nel vero senso della parola, visto che potrò tenere tutte le ragazze per me» rise Felix, meritandosi un leggero colpo dietro la nuca da parte di Wolfgang. «Parlando seriamente» riprese Felix. «sono contento di conoscere Kala. Voglio vedere la faccia della ragazza con cui ti sei fermato ad un bacio sulla guancia.»
Wolfgang lo colpì di nuovo. «Sapevo che tu non potevi parlare seriamente.»
Felix ricevette un messaggio sul cellulare. «Ora lo farò» disse, dopo averlo letto. Sembrava preoccupato, quindi Wolfgang rimase in silenzio. «Ancora niente compratore per l'altra metà dei diamanti.»
«Allora cerchiamo di trovarlo in fretta» ribatté. Voleva liberarsi di quei diamanti – e soprattutto di tutti i problemi che potevano portare – il prima possibile.
«Sergei e Steiner ti hanno detto qualcosa?»
«Per ora no. Ma con quei due non si sa mai quando potrebbero farsi vivi.»
«Stronzi» commentò Felix, e Wolfgang non poté che essere d'accordo. Tra l'altro quella parola gli riportò alla mente il modo in cui l'aveva detto Kala, e sorrise.
«Amico, se sorridi al pensiero di quei due mi fai preoccupare.»
«Ma ti pare.»
«Giusto, è sempre lei. Sono sempre più curioso di conoscerla.»
Felix trovava molto divertente punzecchiarlo riguardo a Kala, e si era giustificato dicendo:
«Scusa, quando mi ricapita di vederti così preso da una ragazza?»

 

Kala e Wolfgang arrivarono insieme al bar, e Wolfgang fu felice di vedere Felix fuori ad aspettarli, visto che gli aveva raccomandato di non fare tardi.
«Facciamo le presentazioni prima di entrare» bisbigliò a Kala, mentre si avvicinavano.
Felix li guardava con un sorriso a trentadue denti. Salutò velocemente Wolfgang, mentre Kala rimase un po' più indietro a guardarli.
Fino a quel momento aveva sentito solo parlare di Felix, ma capì subito, alla prima occhiata, quanto quel ragazzo fosse importante per Wolfgang e viceversa. Sperò di piacergli, probabilmente Wolfgang avrebbe tenuto conto della sua opinione.

Felix le si mise di fronte e la squadrò; lei si sentì un po' in imbarazzo ma non abbassò mai lo sguardo, e lui sorrise. «Felix Berner» si presentò, allungando la mano. «Tu devi essere la famosa ballerina.»
Lei gliela strinse e ricambiò il sorriso. «Kala Dandekar. È un vero piacere conoscerti.»
«Sì, anche per me. Entriamo?»
Wolfgang prese la mano di Kala e seguirono Felix.
Kala non aveva frequentato molti locali da quando si era trasferita a Berlino, quindi non sapeva bene come comportarsi, ma guardando Wolfgang si tranquillizzò un po'.
«Non ti lascio qui in mezzo da sola» le sussurrò lui, baciandola sulla guancia.
«Iscriviamoci al karaoke» propose Kala.
Wolfgang rise. «Mi hai preso sul serio allora.»
Kala alzò le spalle e gli fece l'occhiolino, mentre scriveva i loro nomi sulla lista.
«È forte» gli disse Felix all'orecchio.
Wolfgang la guardò e non poté che concordare. «Lo è.»
Cantare con Kala di nuovo fu ancora più divertente della prima volta, avendo i microfoni e lo schermo con le parole. Non importava a nessuno dei due quanta gente ci fosse, perché era come se ci fossero solo loro, che guardavano uno negli occhi dell'altro.
Quando scesero dal palco, circondati da applausi e ridendo, Felix li aspettava al bancone con due drink freschi per loro.
«Avrete la gola secca dopo aver urlat – volevo dire cantato per cinque minuti» li prese in giro.
«Sei solo invidioso» ribatté Wolfgang, prendendo un bicchiere e passandone uno a Kala.
Provarono a sedersi vicini, ma Felix li separò e si sedette in mezzo.
«Kala» cominciò, voltandosi verso la ragazza. «voglio sapere qualcosa su di te. Wolfgang non mi presta più la stessa attenzione, come fai a farlo pensare sempre a te?»
Wolfgang rise. Felix lo stava prendendo palesemente in giro, ma non aveva tutti i torti sul fatto che Kala fosse spesso nei suoi pensieri.

 

+

 

«Scusa il ritardo» le disse Wolfgang, entrando in aula.
«Ritardo» ripeté lei, mimando le virgolette e ridacchiando.
Wolfgang era comunque arrivato cinque minuti prima della lezione, ma di solito si vedevano con più largo anticipo.
«Comunque me lo aspettavo, penso che tu ti sia dovuto prendere cura di Felix» continuò lei, cercando di essere seria, anche se non poté fare a meno di sorridere al ricordo delle condizioni di Felix la sera precedente.
«Hai indovinato» annuì lui. «Anche se non mi andava molto di aiutarlo, dopo che ci aveva interrotti.»
Kala gli si avvicinò e gli appoggiò le mani sulle spalle. «Sabato voglio portarti io in un posto. È un ristorante indiano non troppo lontano da qui. Quando ero appena arrivata e non conoscevo niente e nessuno di questa città, lì mi sentivo un po' vicina a casa.»
Wolfgang le sorrise e le accarezzò la guancia con la mano. Gli faceva davvero piacere che Kala volesse condividere con lui un posto che era stato importante per lei, anche privato in un certo senso. «Ne sarei onorato.»


«Forse è perché non ci sono mai stato, ma un po' mi sembra di essere in India» disse Wolfgang, mentre si guardava intorno nel ristorante dove era appena entrato. Pur essendo di Berlino non lo conosceva, e fu una scoperta piacevole.
Kala gli sorrise. «Diciamo che soprattutto l'odore è molto simile.»
Si sedettero e Wolfgang chiese a Kala di ordinare anche per lui.
«Sorprendimi» le disse, e fu contento di averlo fatto perché gli arrivò un piatto a base di pollo leggermente piccante veramente buonissimo. «Tu lo sai cucinare?»
«Mio padre ha un ristorante, quindi direi di sì.»
«Un punto in più per te» rise lui. «Lo mangiavi spesso a casa?»
«La mia famiglia lo mangiava sempre soprattutto durante il festival
Lui le rivolse uno sguardo interrogativo. Era alquanto ignorante sulla cultura indiana, ma era sinceramente interessato. Gli piaceva sentire Kala parlare dell'India, delle sue tradizioni, e conoscere un mondo così distante dal suo.
«Beh, allora, ci andavo fin da piccola– »
La suoneria di Wolfgang la interruppe. Lui attaccò subito, senza neanche vedere chi fosse. «Sicuramente quello che stavi per dirmi è più interessante» si giustificò, rispondendo al suo sguardo interrogativo. Era la verità, anche se un'altra ragione era che voleva godersi quei momenti con Kala senza i problemi che lo accompagnavano di solito.
«Okay» riprese lei, cominciando a raccontare della volta in cui si era quasi persa tra la folla.
Il cellulare di Wolfgang squillò di nuovo, al che lui tolse la suoneria.
«Scusa, continua» disse a Kala.
La ragazza non sembrò convinta ma proseguì il racconto, solo che un minuto dopo il telefono di Wolfang vibrò due volte.
«Vedo cosa vuole e poi lo spengo» assicurò lui, con tutta l'intenzione di farlo davvero, almeno finché non lesse il nome del mittente: Sergei.

Wolfgang, devo parlarti. Sono fuori, conosci la mia macchina.

So che sei qui.

Proprio in quel momento arrivò un altro messaggio.

E so con chi sei.

A Wolfgang non interessavano le minacce contro di lui, ma se si parlava di Kala era tutto un altro discorso.
Si alzò di scatto. «Torno subito.»
«Wolfgang!» lo chiamò lei. «Ma dove vai?»
Lui continuò a camminare. Doveva essere sicuro che Sergei si allontanasse.
Wolfgang raggiunse con veloci falcate la macchina di Sergei. L'avrebbe volentieri fatta saltare in aria.
Quando fu abbastanza vicino, si abbassò il finestrino.
«Wolfgang» lo salutò suo zio.
«Cosa vuoi?»
«Vai di fretta?»
Wolfgang strinse i pugni, cercando di trattenersi, anche se diventava più difficile ogni secondo che passava. Già non lo entusiasmava normalmente vedere la faccia di cazzo di suo zio, figuriamoci ora.
«Ho capito, non è il momento giusto» disse Sergei, con una calma che non gli apparteneva. «Ti aspetto domani alle sei a casa mia, vedi di non tardare.»
Prima che Wolfgang potesse dire qualsiasi cosa, la macchina sfrecciò via.
Perfetto, pensò lui, il giorno dopo si sarebbe perso anche la lezione, per di più una delle ultime prima dello spettacolo.
Tornò dentro, dove Kala lo aspettava a braccia conserte.
«Pensavo non saresti tornato» sussurrò.
Lui voleva rispondere con una delle sue battute, ma lo sguardo sul volto della ragazza gli fece cambiare idea. «Mi dispiace.»
Kala scosse la testa. «Non voglio che ti scusi, voglio che mi dici che sta succedendo.»
Ora fu Wolfgang a scuotere la testa. «Che ne dici piuttosto se ordiniamo un bel dessert?»
«Non ho fame.»
Lui sospirò. «Pago il conto e ti accompagno in Accademia.»
Quando Wolfgang si fu allontanato, Kala chiuse gli occhi e si passò le mani sul viso. Sin dall'inizio aveva avuto l'impressione che Wolfgang nascondesse qualcosa, ma credeva che ora che c'era qualcosa tra di loro le avrebbe parlato. E invece niente.
Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso. Wolfgang provò a dire qualcosa, ma le sue parole si perdevano nell'aria della notte.
«Suppongo che non ti vedrò domani» disse Kala, quando arrivarono davanti alle scale dell'Accademia. «A chiunque ti abbia chiamato non sarà bastato stasera.»
Wolfgang avrebbe potuto sorprendersi perché lei l'aveva capito, ma ormai aveva imparato che Kala era troppo intelligente per non arrivarci.
«Hai ragione.»
«Non vuoi aggiungere niente?» Kala fece una specie di risata esasperata.
«Kala...»
Lei lo fermò. «Pensaci. Spero che la prossima volta che ti vedrò sarai pronto a dirmi qualcosa.»
Wolfgang abbassò lo sguardo. Kala non poteva sapere quanto avrebbe voluto parlare con lei – lei, che tra tutti sembrava capirlo così bene – ma meno sapeva, più era al sicuro.
Lei lo guardò dritto negli occhi, con tutta la sua determinazione, e prima di entrare in Accademia gli disse: «Io voglio conoscere tutto di te, Wolfgang. Non ho paura.»
Tu no, pensò Wolfgang, ma io sì.

 

+

 

Wolfgang arrivò a casa della zio puntuale, anche se avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto – nello specifico, nell'aula dell'Accademia con Kala.
Scosse la testa. Non poteva permettersi di pensare a lei in quel momento.
L'accoglienza non fu delle più calorose: fu scortato da uno degli uomini di Sergei in salotto, dove l'uomo lo aspettava con indosso una specie di orribile vestaglia bianca e oro.
«Wolfgang.»
A quanto pare chiamarlo per nome era il suo saluto. «Zio» rispose lui, freddo.
«Ho un problema, ma devi sapere che i miei problemi diventano spesso i problemi di altre persone» esordì Sergei, indicando a Wolfgang il divano.
Controvoglia, lui si sedette.
Suo zio cominciò a parlare del furto dei diamanti – che Steiner teneva d'occhio da tempo – e nel frattempo lui cercò di mantenere un'espressione neutrale. Non doveva tradirsi per nessuna ragione, quindi rimase in silenzio, impassibile, come se non sapesse niente di niente.
«Ci sono poche cose più spiacevoli di dover sentire mio figlio piagnucolare.» disse Sergei, e per una volta Wolfgang concordava con lui, anche se gli venivano in mente altre cose spiacevoli quanto quella, ad esempio stare lì.
Sergei gli si avvicinò, mettendosi dietro lo schienale del divano. Wolfgang lo guardava con la coda dell'occhio, sentendo forte la puzza del suo sigaro.
«La cassaforte è stata scassinata, ed era una S&D, lo stesso modello che ha fottuto tuo padre» continuò Sergei, e Wolfgang girò la testa per guardarlo meglio, mostrando sorpresa e addirittura ammirazione per chi ci era riuscito.
«L'ironia sarebbe se il figlio mandasse a puttane la propria vita scassinando la cassaforte che il padre non è riuscito a scassinare, non credi?»
Wolfgang annuì, fingendosi convinto. «Non sono stupido come mio padre» affermò, e questa era la prima cosa vera che diceva allo zio. Pensava di averlo ampiamente dimostrato. A quel punto, si alzò e si avviò verso l'uscita: lui e Sergei non avevano più niente da dirsi.
«Dovresti ricordare sempre chi sei» concluse lo zio.
Le sue parole non ebbero l'effetto sperato su Wolfgang. «Ci penso tutti i giorni» ribatté, e se ne andò.
Ci pensava soprattutto nell'ultimo periodo, da quando aveva conosciuto Kala. Pensava non solo a chi era, ma anche a chi voleva essere… magari con lei.

 

Wolfgang tornò a casa e riferì la sua conversazione con Sergei a Felix.
Il suo amico non sembrò preoccuparsene e per scaricare la tensione lo trascinò in un bar dove, dopo un paio di drink, cominciarono a fare il verso a Sergei.
«Ci sono poche cose più spiacevoli di dover sentire mio figlio piagnucolare» imitò Wolfgang, facendo ridere Felix di nuovo.
All'inizio si era preoccupato abbastanza per quell'incontro, anche per il modo in cui Sergei lo aveva avvicinato, ma ora si sentiva un po' rassicurato, e la reazione di Felix lo confermava. Sergei non aveva nulla di concreto su di loro – per ora, almeno.
Ad un certo punto, però, Felix nominò i diamanti, e lui sobbalzò.
«Non pronunciare più quella parola» lo zittì. «Sergei non è stupido. Ci spia.»
«Saremmo già morti se Sergei sapesse qualcosa. Avrà fatto le stesse domande che ha fatto a te anche ad altri, voleva solo capire se tu sapevi qualcosa.»
Wolfgang si calmò, ma non del tutto. «Attieniti al piano» raccomandò all'amico, chiudendo il discorso.
«Capito» annuì Felix, e il secondo dopo riprese a fare il verso a Sergei.
Stavolta fu lui a ridere. Sperò di poter mantenere quello stato d'animo anche con Kala, quando l'avrebbe vista alle ultime prove prima dello spettacolo.
Quando Sergei l'aveva raggiunto al ristorante aveva avuto davvero paura per lei: ovviamente un po' di preoccupazione rimaneva ancora, ma meno rispetto a prima. Non voleva lasciare Kala – probabilmente era egoista da parte sua, perché sotto alcuni aspetti sarebbe stata meglio senza di lui, ma non ci riusciva. Era come se una forza più grande di loro lo spingesse verso di lei. 
Per una volta voleva concedersi l'opportunità di portare avanti ciò che aveva cominciato a costruire con la ragazza migliore che avesse mai conosciuto.
Almeno finché lei fosse stata al sicuro, che era la cosa più importante per lui.

 

+

 

«Ciao» la salutò Wolfgang, timidamente come non aveva mai fatto. Dal suo punto di vista, aveva solo fatto quello che doveva nei giorni precedenti, ma a Kala la sua assenza era sembrata ingiustificata.
O meglio, lei sapeva che un motivo c'era, e anche uno valido: quello che la faceva arrabbiare era che Wolfgang non glielo dicesse. Aveva capito fin dal loro primo incontro che lui nascondeva qualcosa, e quell'aura di mistero l'aveva affascinata. Sperava che con il tempo Wolfgang si sarebbe aperto con lei, eppure ancora non era successo – certo, le aveva parlato un po' della sua famiglia, dei suoi amici…. ma continuava ad avere un segreto, ne era convinta. E pensava veramente quello che gli aveva detto l'ultima volta che si erano visti: non aveva paura di conoscerlo. Anzi, la sua paura era non conoscerlo. Visto che la sua intenzione era quella di costruire qualcosa con Wolfgang…
«Ciao» rispose Kala, cercando il suo sguardo. «Hai pensato alle mie parole?»
Wolfgang sospirò. Da un lato avrebbe voluto dire la verità a Kala, perché lei se lo meritava, ma dall'altro temeva di metterla in pericolo. Una piccola parte di lui poi, anche se non voleva ammetterlo, temeva che lei l'avrebbe lasciato se avesse saputo tutta la verità su di lui.
«Nella macchina c'era mio zio» cominciò, cauto. «Voleva vedermi, per questo ho saltato la lezione.»
Kala fissò gli occhi nei suoi e rimase in silenzio. A Wolfgang venne quasi da sorridere: certo che quella ragazza era determinata.
«Problemi di famiglia. Mio zio e mio cugino cercano di tirarmi in mezzo, ma non voglio avere niente a che fare con loro» spiegò, semplificando la questione a grandi linee ed omettendo il problema principale, il furto dei diamanti.
«Mi ricordo di loro» annuì Kala, poi abbassò la voce. «Gli stronzi
Pronunciò di nuovo la parola come al loro primo appuntamento, e Wolfgang rise, scaricando un po' di tensione. «Esatto.»
«Wolfgang» disse lei, tornando seria. «Sai che non sono stupida, vero?»
«Sei la persona meno stupida che abbia conosciuto.»
Lei sorrise per il complimento, senza però lasciarsi distrarre. «Quando ti ho conosciuto ho pensato che fossi un mistero. Più andiamo avanti e più voglio risolverlo» disse, mentre gli si metteva davanti. «Per il momento mi farò bastare questo, anche perché devo pensare allo spettacolo. Ma voglio che tu mi prometta che quando sarai pronto mi dirai di più.»
«Lo prometto» sussurrò lui, ed era la prima promessa a cui avrebbe voluto tener fede. Magari quando i diamanti fossero spariti…
«Bene» sorrise Kala, allungando una mano verso di lui.
Wolfgang la strinse, poi la fece volteggiare sulla pista, finché non dovette sedersi per suonare.
«Spero che siate carichi» esclamò Nacho Duato. «Questo weekend c'è lo spettacolo, quindi per queste prove fate finta di essere sul palcoscenico!»
Wolfgang ringraziò mentalmente il direttore, perché Kala ballò anche meglio del solito.

 

Tornò a casa abbastanza allegro. Disse a Felix che il sabato c'era lo spettacolo e non sarebbe mancato per nulla al mondo.
«Mi stai ascoltando?» chiese, quando si accorse che Felix sembrava avere la testa da un'altra parte.
«Ho sentito Abraham» fece lui, senza sbilanciarsi.
«Allora?» lo incalzò Wolfgang, avvicinandosi.
Felix gli mise le mani ai lati della faccia, con un sorriso a trentadue denti. «Se li prenderà lui gli altri diamanti!»
Lui sorrise. Finalmente.
«Saremo ricchissimi, cazzo!» continuò Felix, sempre più contento.
«Proprio per questo...» Wolfgang colse la palla al balzo. «Quando l'affare sarà chiuso, pensavo di prendermi una pausa da tutto questo.»
Ci pensava da un po', ma dopo la sua conversazione di Kala e la buona notizia, pensò che questo fosse il momento migliore.
Felix ammiccò, probabilmente intuendo i suoi pensieri come faceva spesso. «Per un po' potrò fare a meno di te» gli disse, mettendogli una mano sulla spalla. «Mentre nuoterò nei miei soldi!» esclamò, e riprese a ridere.
Wolfgang non poté che lasciarsi contagiare dalla sua allegria.
Che le cose stessero andando nel verso giusto?

 

+

 

La grande sera era arrivata.
Kala si guardò per la millesima volta allo specchio, per assicurarsi che fosse tutto al suo posto. Quella sera si sarebbe esibita per la prima volta su un grande palco, con il resto della Staatsballett, per di più come prima ballerina.
Per l'occasione i suoi genitori e sua sorella avevano deciso di venire dall'India. Mentre lei si preparava loro erano andati in giro per la città, e si sarebbero rivisti al teatro.
Sentì bussare alla sua porta e andò ad aprire.
Oltre a Nacho e alle sue compagne, solo due persone sapevano il numero della sua stanza: Rajan e…
«Wolfgang!» esclamò lei.
«Sorpresa» rispose lui, sorridendo. «Purtroppo ho dimenticato i fiori.»
«Non ti smentisci mai» lo prese in giro Kala.
«In compenso ti accompagno io al teatro.»
«Grazie del pensiero, ma c'è anche la mia famiglia...»
«In macchina c'è spazio per tutti» disse Wolfgang, alzando le spalle.
«Questo è anche meglio dei fiori» gli assicurò lei, sorridendo. Un po' temeva che Wolfgang si sarebbe agitato alla parola genitori, invece sembrava abbastanza tranquillo.
Dal canto suo, Wolfgang pensava che non ci fossero familiari peggiori dei suoi, quindi…
Kala fece per guardarsi un'ultima volta allo specchio, ma Wolfgang la interruppe.
«Sei bellissima.»
Le sue guance si colorarono leggermente di rosso, poi chiuse la porta dietro di sé, finalmente convinta. «Andiamo.»
«Ah» aggiunse Wolfgang, mentre scendevano le scale dell'Accademia a braccetto. «Volevo dirti che non suonerò stasera. Nacho ha un'orchestra pronta, quindi sarò tra il pubblico.»
«È un peccato» disse Kala, anche perché ormai si era abituata a Wolfgang dietro al pianoforte.
«Almeno potrò concentrarmi di più su di te» ribatté lui, facendole l'occhiolino.

«Aspetta un attimo» gli sussurrò Kala quando furono fuori, indicando con un cenno della testa i suoi familiari. «Ci vediamo alla macchina.»
Wolfgang la guardò mentre si allontanava, pensando che quello che aveva detto prima era vero: Kala era bellissima.
Kala salutò i suoi genitori e sua sorella con un abbraccio, e spiegò che qualcuno li avrebbe accompagnati. Non sapeva come definire Wolfgang: pianista era troppo freddo, amico era riduttivo...
Ci pensò per tutto il tragitto fino alla macchina. Lei e Wolfgang erano usciti insieme più volte, quindi poteva dire con certezza che si frequentavano. Questo lo rendeva automaticamente il suo ragazzo o dovevano parlarne prima?
Alla fine, quando si trovarono di fronte a lui, scelse la cautela. Anche se era abbastanza convinta di ciò che voleva, lei e Wolfgang avrebbero definito la loro relazione in un altro momento.
«Lui è Wolfgang, un mio caro amico» finì per dire, ottenendo da parte del diretto interessato un'occhiata prima confusa e poi maliziosa. «Wolfgang, loro sono mia madre, mio padre e mia sorella Daya.»
«È un piacere» disse lui, sorridendo. Kala rifletté che sembrava un bravo ragazzo più del solito – contribuivano anche la giacca e la cravatta che sostituivano i suoi tipici vestiti di pelle.
Dopo aver stretto la mano a tutti e tre, Wolfgang aprì le portiere dell'auto. «Prego.»
I suoi genitori e Daya si sistemarono dietro, Kala si sedette davanti accanto a lui.
«Grazie» gli mimò con le labbra. Apprezzava davvero quello che Wolfgang stava facendo, non solo per il gesto in sé di accompagnare tutti, ma per come si stava comportando in generale con la sua famiglia. Le fece quasi dimenticare cosa poteva nascondere.
«Di niente.»
«Wolfgang» lo chiamò Daya, pronunciando il suo nome con un forte accento indiano, più di quello di Kala, che quasi lo fece ridere.
«Sì?»
«Dopo lo spettacolo di andrebbe di venire a cena con noi?» propose, facendo sussultare Kala. Pensò che sua sorella voleva scoprire se loro due erano davvero solo amici – Daya aveva sempre avuto un certo intuito per queste cose. «Magari ci consigli un ristorante tipico di Berlino.»
Kala guardò Wolfgang, aspettando la sua risposta. Sapeva che il ragazzo non si apriva spesso e non amava uscire con persone nuove…
I pensieri di Kala erano verissimi, e avevano attraversato la mente dello stesso Wolfgang. D'altra parte, però, si sentiva già in colpa per aver mentito a Kala, ora non voleva darle un altro dispiacere…
Per di più quella sera Felix aveva appuntamento con Abraham per concludere l'acquisto della seconda metà dei diamanti, e se avesse avuto bisogno di lui? Però era anche possibile che facesse tutto mentre lo spettacolo era in corso, così dopo Wolfgang non avrebbe avuto impegni.
«Sicuramente ve ne consiglierò uno. Se riesco a liberarmi da un impegno, verrò con voi» rispose, rimanendo sul sicuro.
Kala accettò la sua risposta, anche se voleva sapere di quale impegno parlasse Wolfgang. C'entrava con l'uomo che lo aveva chiamato mentre erano al ristorante?
Wolfgang rimase in silenzio per il resto del tragitto; Kala invece rispondeva alle varie domande dei suoi familiari, anche se lei stessa avrebbe voluto fare delle domande a Wolfgang.

 

Una volta entrati nel teatro, data la presenza dei genitori di Kala, Wolfgang si limitò a stringerle una spalla con la mano, prima che lei raggiungesse il resto della compagnia dietro le quinte.
Lui accompagnò la famiglia di Kala alle prime file – riservate agli eventuali parenti dei ballerini – e poi scelse per sé un posto un po' più isolato.
Quando tutti si sedettero e furono chiuse le porte del teatro, Nacho Duato salì sul palco, accolto da grandi applausi.
Ringraziò tutti i presenti e poi introdusse lo spettacolo. «Quest'anno abbiamo avuto degli ottimi nuovi acquisti, quindi ho deciso di dargli l'opportunità di brillare nel nostro famoso spettacolo di primavera. Buona visione!»
Altri applausi, finché si aprì il sipario. Le luci inizialmente erano spente, e si vedevano solo i contorni delle figure dei ballerini: Wolfgang trovò subito Kala, anche perché dalle prove sapeva già dove era posizionata.
Quando le luci cominciarono ad azionarsi, sulla platea calò il silenzio, e nell'aria cominciarono a sentirsi solo i suoni degli strumenti musicali.
Lo spettacolo si apriva con tutti i ballerini che danzavano, prima uomini e donne divisi, poi insieme. Dopo quella prima parte, c'erano varie coreografie ideate da Nacho – solo donne, solo uomini, coppie – poi un assolo di Kala, al termine del quale gli altri ballerini si univano a lei sul palco per la breve scena finale. Era uno spettacolo che comprendeva danze diverse, per tutti i gusti, ma Nacho era riuscito a creare un filo conduttore che desse a tutto coerenza e coesione.
Su quel palco c’erano una trentina di ballerini, ma Wolfgang aveva occhi solo per Kala. Era come se su quel palco ci fosse solo lei, circondata da una specie di luce che sommergeva tutti gli altri.
Riusciva a fargli piacere persino i passi con Rajan, in cui lui la stringeva e la sollevava.
Se gli avessero detto che gli sarebbe piaciuto uno spettacolo di danza, non ci avrebbe mai creduto; infatti, pur avendo accettato un lavoro alla Staatsballett non era mai stato un grande fan del ballo. Contro le sue aspettative, invece, il tempo passò abbastanza velocemente e non gli dispiacquero neanche le parti più noiose.
Ovviamente la parte che preferiva, sin dalle prove, era l'assolo di Kala: la ragazza l'aveva appena finito quando Wolfgang sentì il suo cellulare vibrare nella tasca. Aveva tolto la suoneria, ma non l’aveva spento perché aspettava notizie da Felix.
Applaudì, poi si chinò sul sedile e rispose.
«Felix?» disse, parlando a voce più bassa possibile.
«Dobbiamo andarcene» fece lui, con un tono spaventato che Wolfgang aveva sentito davvero poche volte da parte sua. Questo lo allarmò.
«Che è successo?» 
«Non lo so– non è successo niente, ed è il niente che mi preoccupa, amico!» Ora Felix sembrava esasperato.
«Hai incontrato Abraham?» domandò, per capire il motivo del comportamento di Felix.
«Ci ho provato.»
«Non è venuto?»
«No. Perciò ho chiamato, ma niente. Allora sono andato al suo negozio: era chiuso, andato– aspetta, bussano alla porta»
Wolfgang approfittò di quel momento per applaudire, visto che era lo spettacolo era finito. I ballerini si presero per mano e cominciarono a fare qualche inchino, finché non salì sul palco Nacho. Wolfgang ne aveva abbastanza dei suoi discorsi, e tornò al telefono.
«Siamo chiusi!» disse Felix. Capì che non era ancora a casa, ma al suo negozio di serrature.
«Per favore» sentì dire ad una voce femminile. Felix non aveva mai saputo resistere ad una bella ragazza, quindi Wolfgang immaginò che avrebbe aperto alla fine.
Poi sentì un rumore fortissimo. Qualcosa che si rompeva?
«Felix?» lo chiamò.
«Steiner» mormorò l'amico, con un filo di voce, come se pronunciare quel nome gli procurasse uno sforzo inimmaginabile.
«Felix?»
Silenzio.

«Felix!»
O uno sparo?
La vista gli si annebbiò. Spense il telefono e si alzò, pronto ad andare al negozio. Quando arrivò davanti all'uscita del teatro notò con la coda dell'occhio Kala: lo stava guardando. I loro sguardi si incrociarono per un secondo, poi Wolfgang chiuse la porta dietro di sé e corse verso il parcheggio. Cominciò a chiamare un'ambulanza nel frattempo, e diede l'indirizzo, pensando che magari sarebbero arrivati prima di lui.
Mentre girava la chiave nella portiera della macchina, sentì dei passi dietro di lui. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi fosse.
«Wolfgang!» gridò Kala. «Ma dove vai?»
Lui salì in macchina. «Mi dispiace» le disse, e poi partì a tutta velocità.

 







 

* Nella storia, le vicende che riguardano Wolfgang e Felix nella prima stagione di Sense8 sono mantenute uguali, solo che Wolfgang non è un sensate e invece di stare al negozio di serrature lavora come pianista.
Le compagnie di danza esistono davvero, così come Nacho Duato, ma non so se esita un'Accademia o se diano borse di studio, quella è una mia invenzione. 
   
 
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