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Autore: Be_Yourself    25/07/2018    1 recensioni
Anno 2018: due gemelle caratterialmente diverse che non fanno altro che battibeccare, un pomeriggio di studio in biblioteca, uno strano manoscritto dalle pagine troppo vecchie ma tuttavia ancora perfettamente intatte. Saranno questi gli elementi per l'inizio di un'avventura inattesa attraverso il tempo, alla scoperta di sé stessi e di una realtà persa nella leggenda.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Galvano, Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Note autrice
Ed eccoci qui con un nuovo capitolo di questa storia nata dall'unione di due menti un po' folli, la mia e quella della mia carissima collaboratrice Merlin_Colin_Emrys. In realtà la storia avrebbe dovuto pubblicarla lei, ma ha avuto problemi con l'editor di efp e quindi ecco che tutta la gloria me la prendo io. Che peccato! xD
Volevo scusarmi con voi cari lettori, avrei voluto aggiornare prima (e la sua parte di lavoro la mia socia l'aveva fatta) ma causa esami non ho avuto proprio tempo.
Ringraziamo tutti quelli che leggono e che inseriscono la storia in qualche categoria. Un grazie speciale va a AmeliaRose che è stata così gentile da lasciarci una recensione.
Un saluto anche alla nostra cara amica Sunny9719 che ci sostiene e condivide i nostri scleri :D
Buona lettura!
Ps: nel racconto ci saranno dei riferimenti a elementi di serie TV e videogiochi, leggete le note finali per delle delucidazioni.


 
Capitolo 2
 
Sarah
Sarah fu la prima a svegliarsi, sentendo del terreno umido sotto le dita. Mormorò un "Uhn" di dolore mentre apriva gli occhi e si sollevava puntellandosi su un gomito, la testa le girava e sentiva male alla gamba come se avesse fatto una caduta memorabile. Ci mise un po a mettere a fuoco ciò che la circondava, ma quando notò gli alberi alti e la fitta vegetazione si sentì ancora più stordita e confusa. «Eh?, come abbiamo fatto a finire in un bosco?» mormorò tra se e se.
Di fronte a lei Honey se ne stava beatamente addormentata «Honey, Honey, svegliati» la chiamò scuotendola per una spalla, nella voce una nota d'ansia.
«Ancora cinque minuti...» mormorò la sorella girandosi su un fianco.
Ancora cinque minuti, sul serio? Ma non si accorgeva di avere la faccia su delle foglie secche? «Honey, per l'amor del cielo svegliati! Non siamo più in biblioteca siamo... in un bosco» le urlò la gemella, trovando assurdo pronunciare le ultime parole. Ottenne però il risultato sperato: la ragazza aprì gli occhi di botto e si guardò intorno spaesata.
Nel frattempo, Sarah si era alzata e aveva cercato di togliersi fango e foglie il più possibile dai vestiti.
«E io che pensavo tu stessi scherzando» commentò l'altra, prendendo la mano della gemella per alzarsi a sua volta «Che razza di posto è questo? E come abbiamo fatto a finirci?»
«È la domanda da un milione di dollari» le rispose la sorella mentre apriva la sua borsa per prendere dalla tasca interna il cellulare; attivò il GPS nel tentativo di capire tramite le mappe dove fossero, ma la linea non voleva saperne di funzionare. «Fantastico, veramente fantastico» Sarah spense rabbiosamente il cellulare, per poi lanciarlo dentro la borsa.
«È quasi il tramonto, mi gira la testa, siamo in un bosco e non ricordiamo come ci siamo arrivate» disse Honey con fare pensoso ma tuttavia tranquillo «dimmi una cosa, i caffè che abbiamo bevuto dove diavolo li hai presi? Da Tom il Brucaliffo per caso?»
Sarah la guardò come se fosse uscita di senno «Di cosa diavolo stai parlando e chi è Tom il Brucaliffo? Hai forse battuto la testa?»
«È lo spacciatore di dolcetti alla Marijuana dell'università. Tutti lo conoscono» rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Sarah avrebbe voluto prenderla a schiaffi per una serie di ragioni, ma si trattenne «Rimanderemo il discorso sul perché tu conosca un tizio del genere ad un altro momento, ora vedi se per caso hai una mappa cartacea, una bussola o qualcosa che ci aiuti a capire dove siamo. Non vedo strade e non sento neppure il rumore delle auto, inizio ad essere un po' in ansia»
«Abbiamo solo giocato insieme ai videogames qualche volta» rispose Honey facendo un gesto vago con la mano, per poi inginocchiarsi per cercare nella propria borsa borsa «Dunque... Ipod, cuffie, PSP, l'occorrente per le sigarette, acqua, dolcetti... No, niente che possa aiutarci a uscire da questo casino».
«Ha di tutto in quella borsa ma mai qualcosa che serva davvero...Perché mi tocca avere una gemella scema? Perché?» Sarah alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
«Per tutti gli dei, non essere sempre così melodrammatica» ribatté Honey alzandosi da terra con un saltello e dandole una pacca sulla spalla «Non è nemmeno notte, quindi non dobbiamo esserci allontanate chissà quanto dall'università. Camminiamo in una direzione finché non troviamo segni di civiltà... o il segnale GPS».
Sarah sospirò e annuì. Non avevano altra scelta.


Honey
Camminavano in quel fitto bosco da almeno mezz'ora, seguendo un sentiero sterrato che speravano le avrebbe portate da qualche parte, tuttavia la vegetazione ancora non accennava a diradarsi e gli unici suoni che si udivano erano i tipici rumori di un bosco: non il suono di un clacson o la voce di una persona, solo il fruscio delle foglie smosse dal vento o da qualche animale.
Nel guardare l'azzurro del cielo tingersi sempre più d'arancione una certa ansia cominciò a farsi strada in lei, insieme ad una sensazione che non sapeva definire. Sentiva come se ci fosse qualcosa di completamente sbagliato in quella situazione, come se tutti i suoi sensi le urlassero che loro due non dovevano trovarsi lì, che non era naturale.
Un suono la distrasse dai suoi pensieri «Hai sentito?» domandò alla sorella per essere certa di non esserselo immaginata.
«Sì, sembrano cavalli».
Entrambe si fermarono ad ascoltare meglio ed in effetti il suono di nitriti e lo scalpiccio di zoccoli si fecero sempre più vicini, in aggiunta a diverse voci maschili. «Grazie al cielo, altre forme di vita senzienti» mormorò con un certo sollievo Honey, sollievo che svanì presto quando dall'interno del bosco spuntò un piccolo gruppo di uomini a cavallo interamente vestiti come cavalieri medievali, con le cotte di maglia perfettamente lucidate e dei lunghi mantelli rossi su cui spiccava lo stemma dorato di un drago. «Siamo forse finite nel mezzo di una fiera medievale?» disse forse un po' troppo ad alta voce, perché attirò l'attenzione del gruppo di ragazzi, che le guardarono con sospetto.
Uno di loro scese da avallo e gli si avvicinò con aria poco amichevole «Ehi voi, chi siete e che ci fate qui?» domandò guardandole da capo a piedi come se fossero delle aliene venute da un altro mondo.
Nessuna delle due parlò. Honey osservò a sua volta il ragazzo, attentamente, con la stessa aria stralunata che aveva quest'ultimo: folti capelli castani abbastanza lunghi e occhi dello stesso colore, un accenno di barba sul volto a conferirgli un che di selvaggio, in contrapposizione con il portamento fiero da vero cavaliere medievale.
«Ve lo ripeto: chi siete e cosa ci fate qui? E vi prego di darmi una risposta» domandò di nuovo il ragazzo con aria spazientita, la mano già pronta sull'elsa della spada come se si preparasse a fronteggiare una minaccia.
«Ehm... esattamente dov'è qui?».
«Non prendetevi gioco di me, signorina. Siete a Camelot, al cospetto dei più valorosi cavalieri del regno».
Nel sentire il tono con cui il ragazzo pronunciò quelle parole Honey non riuscì ad impedirsi di sbuffare una risata di scherno «Camelot? Cavalieri? Certo, e io sono la Maga Magò».
A quelle parole l'altro sfoderò la spada con una rapidità impressionante e la puntò dritta contro il petto della ragazza «Una maga? Sei qui per conto di Morgana? Ti conviene parlare».
Honey osservò la spada puntata contro di lei per alcuni secondi, pensando che il tizio di fronte a lei o era completamente suonato o aveva preso fin troppo a cuore la parte del cavaliere. Posò due dita sul piatto della lama «Tesoro, sei carino ma ci siamo appena conosciuti, non ti sembra un po' presto per sfoderare le armi?» disse posando due dita sul piatto della lama: il metallo era freddo ma di ottima fattura, lei di armi se ne intendeva, nella sua camera ne aveva un'intera collezione.
La confusione attraversò gli occhi castani del giovane «Mi prendi in giro?».
Da derisoria l'espressione di Honey divenne esasperata «E tu invece fai sul serio? Ma sei davvero fuori di-» non riuscì a terminare la frase perché Sarah aveva prontamente provveduto a tapparle la bocca per evitare che dicesse altre cavolate.
«Dovete scusarla, purtroppo prima ha battuto la testa e al momento è un po' confusa, non sa quello che dice» iniziò a dire con tono innocente, guadagnandosi un'occhiataccia dalla sorella «Ci siamo perse, non abbiamo idea di dove siamo ma possiamo assicurarvi che non vogliamo fare del male a nessuno».
«La tua amica ha detto di essere una maga, in questo regno la magia è bandita e chi la pratica è punito con la morte».
«Ma che problemi avete tu e i tuoi amici?» bofonchiò Honey, ma purtroppo – o per fortuna – tutto ciò che gli altri sentirono furono soltanto dei mormorii indistinti da dietro la mano di Sarah che ancora le tappava la bocca.
«No, quello era solo... un modo di dire» cercò di salvare la situazione l'altra «Io comunque sono Sarah, e lei è la mia sorella gemella Honey. Non abbiamo cattive intenzioni».
«Gwaine» era stato un ragazzo alto e muscoloso a parlare – anche lui vestito da cavaliere – richiamando l'attenzione del castano «Forse dovremmo portarle al castello, poi sarà Arthur a decidere cosa fare di loro, anche se a me non sembrano una minaccia. Certo sono vestite in modo bizzarro, ma forse sono solo delle straniere».
«A te mai niente sembra una minaccia, Percival, hai in cuore troppo buono».
Nel sentire quello scambio di battute Honey lanciò uno sguardo confuso alla sorella, leggendo in quegli occhi identici ai suoi la medesima sorpresa e confusione. Gwaine? Arthur? Percival? E poi erano loro ad essere vestite in modo bizzarro?
«Che fossimo davvero...» sussurrò Sarah togliendo finalmente la mano dalla bocca della sorella
«Impossibile!» fu la sua sentenza, pronunciata più per il rifiuto di tutta quella situazione che per la realtà dei fatti, eppure dentro di sé lo aveva saputo fin dall'inizio che c'era qualcosa di strano in quel posto.
Alla fine decisero di andare con i cavalieri al castello, non che avessero molta scelta dopotutto, sia perché i cavalieri non le avrebbero sicuramente lasciate andare, sia perché forse era la loro unica speranza di capirci qualcosa.
Erano ormai gli ultimi morenti raggi di sole ad illuminare il cielo quando arrivarono in vista di un'imponente fortezza dalle alte mura di pietra, con una gran quantità di torri e vessilli rossi e dorati che si agitavano al vento.
Honey quasi svenne, shockata da quella vista «Non è possibile» mormorò cominciando a scavare nella propria borsa in cerca di qualcosa.
«Ehi va tutto bene? Sei impallidita» le domandò Sarah con tono apprensivo.
Lei non rispose, continuò a cercare nella borsa finché non trovò il manoscritto che aveva preso in biblioteca, e che si era ritrovata accanto al suo risveglio in quel bosco – che ora sospettava in realtà essere la leggendaria foresta di Ashetir. In una delle prime pagine trovò quel che cercava: un disegno di quella che era stata Camelot ai tempi di re Arthur, opera anch'esso, come l'intero manoscritto, di quel misterioso Emrys. «Oh per la triplice dea, quella è Camelot».


Sarah 
«Che cosa? Siamo a Camelot? È uno scherzo?» bisbigliò con tono altamente allarmato ad Honey.
«Non è uno scherzo, i disegni e il racconto corrispondono a dove siamo ora» l'altra glieli indicò sul manoscritto.
La ragazza si sentiva frastornata da quella rivelazione. Camelot...Loro due avevano sempre sognato, da piccole, di andarci. Il sogno si era avverato per davvero.
Fece una risatina, aveva sempre trovato il modus operandi del Destino molto strano da capire.
Alzò lo sguardo verso il castello, ancora incredula; un conto era studiare i castelli sui manuali di Storia dell'arte, ma vederli da vicino...Un'esperienza che la catapultava in altre epoche ma restava sempre con il corpo nel ventunesimo secolo.
In quel caso, essa era amplificata al cento per cento.
Sarah avrebbe voluto urlare per la gioia ma si trattenne, per non creare altri allarmi ai Cavalieri.
«Honey, ti prego, ti prego, ci stanno portando da Re Arthur, non sparare cavolate. Dobbiamo tenere un profilo basso il più possibile» bisbigliò nuovamente alla gemella.
Honey le lanciò uno sguardo bieco «Quando mai sparo cavolate?»
La ragazza sospirò rassegnata, evitando volutamente di rammentare alla sorella che poco prima stava per farsi ammazzare da un cavaliere.
Il cavaliere che la sorella aveva definito "selvaggio", Gwaine, le condusse in una grande sala dove sedeva – su un grande trono in legno – un giovane uomo dai capelli biondi e gli occhi di un intenso blu. Sarah suppose si trattasse di Re Arthur, sebbene indossasse degli abiti semplici e non avesse nessuna corona sul capo.
«Mio signore, abbiamo trovato queste due straniere nella foresta di Ashetir. Una di loro ha parlato di magia, ma l'altra afferma che non sono delle streghe ma che si sono soltanto perse. Ho pensato sarebbe stato meglio lasciare a voi il giudizio» disse Gwaine prima di allontanarsi da loro di qualche passo.
Arthur le osservò con aria guardinga per diversi istanti prima di parlare «Chi siete?» chiese perentorio.
«Mio Signore, il mio nome è Sarah e questa è la mia gemella, Honey» disse facendo un breve inchino
«Bene, Sarah, avete un aspetto bizzarro, è chiaro che non siete di qua, ma siete almeno umane? I vostri capelli hanno dei colori innaturali».
«Q-questi? Sono solo... colorati, da dove veniamo noi è una cosa normale da fare».
«E da dove venite?»
«Da Tyrosh» rispose repentinamente Honey, guadagnandosi un'occhiataccia dalla gemella. Come le era venuto in mente un nome così tanto ridicolo?
«Tyrosh, avete detto? È un nome che non mi è familiare» Arthur aggrottò le sopracciglia.
«Oh questo perché Tyrosh è parecchio lontano da qui» Sarah cercò di mostrarsi sicura il più possibile ma dentro di sé era terrorizzata e sollevata allo stesso tempo. La sorella aveva trovato una via di fuga.
Il sovrano si alzò dallo scranno e si avvicinò alle due, osservando con attenzione la maglietta di Honey, su cui era stampato il simbolo di un drago. «cosa significa quel simbolo?».
Sarah lanciò un'altra occhiata, questa volta furtiva, alla sorella e le vide negli occhi la luce che stava a significare che l'altra voleva ammazzare Arthur seduta istante, evidentemente non le piaceva il modo in cui la stava osservando. Colta da un'illuminazione, si affrettò a riprendere la parola prima che Honey potesse combinare qualche guaio con il suo temperamento aggressivo «È il simbolo della nostra casata, noi siamo delle principesse» mentì spudoratamente, sperando di risultare convincente, e per marcare ancora di più la cosa cercò di assumere una postura fiera.
Arthur si massaggiò il mento con fare pensoso, osservandole ancora «Principesse, eh? In effetti i vostri modi non sembravano quelli di due semplici popolane. E qual è il nome della vostra casata?».
Quella domanda la mandò nel panico, ma ci pensò Honey a salvare la situazione «Stormcloack» rispose con convinzione, l'aria ancor più fiera e arrogante del solito «Siamo Sarah e Honey Stormcloack, principesse del regno di Tyrosh».
Sarah iniziò a sudare freddo. Aveva capito che molto probabilmente la sorella stava raccattando nomi da qualcuno dei suoi amati videogiochi o libri fantasy, ma non credeva potessero risultare davvero convincenti.
Evidentemente si sbagliava, perché Arthur non sembrò avere il minimo dubbio sulla veridicità di quelle parole. «E cosa ci fate qui a Camelot?».
«Ci siamo perse!» esclamarono entrambe, in coro. A quel punto, coordinate come se si fossero messe d'accordo in precedenza sulla storia da raccontare, e che invece stavano inventando sul momento, spiegarono ad Arthur come fossero arrivate lì. Tra una nave naufragata per disgrazia le cui uniche sopravvissute erano loro due, e un viaggio attraverso terre inospitali e fitte foreste, riuscirono a convincere il sovrano, che decise di ospitarle come si conviene a due persone del loro rango.
Nei momenti in cui era la sorella a parlare, lo sguardo di Sarah andava quasi inconsapevolmente ad incrociare quello di un giovane dai capelli corvini e dagli occhi di un azzurro splendente. Se ne stava in disparte, come in attesa di qualcosa, forse di qualche ordine visti gli abiti da servitore che indossava. Ricambiava con una certa timidezza gli sguardi della ragazza, regalandole dei piccoli sorrisi, per poi arrossire ed abbassare lo sguardo con una sorta di forzata reverenzialità.
Ma quei brevi sorrisi fecero perdere qualche battito al cuore di Sarah.


Honey
La giovane se ne stava seduta a gambe incrociate su uno dei due letti a baldacchino che occupavano metà dell'enorme stanza fatta preparare appositamente per loro, grande quanto un appartamento del loro tempo. Aveva abbandonato gli stivaletti sul pavimento ed aveva tolto la maglia restando con soltanto il reggiseno sportivo nero e grigio a coprire le proprie grazie.
«Tutta questa situazione non ti sembra strana?» domandò alla sorella mentre sfogliava distrattamente il libro di Emrys, in cerca di qualcosa che potesse aiutarle a far luce su quella faccenda «Insomma come possiamo essere davvero a Camelot? È assurdo».
«Non so come, ma ci siamo» rispose Sarah sospirando e buttandosi sul proprio letto «E poi dovresti saperlo tu, insomma sei druida, magie e cose del genere non sono di vostra competenza?».
«Certo, nel periodo tra il solstizio di primavera e Beltaine la prima cosa che impariamo sono i viaggi nel tempo» rispose acida Honey. Odiava quando qualcuno tirava in ballo il suo essere druida come qualcosa che avrebbe dovuto automaticamente farle avere conoscenze su ogni cosa sovrannaturale o magica. Una volta una sua compagna di università le aveva chiesto se era in grado di tramutare l'acqua in vino, e da quel momento aveva preferito tenere per sé le proprie scelte religiose, per non dover essere costretta a dare spiegazioni a tipi del genere.
Arrivò alle pagine che aveva letto fino a poche ore prima, ma quando fece per andare oltre il libro le si chiuse tra le mani come se avesse vita propria, con uno sbuffo di polvere che la colpì in pieno viso facendola starnutire.
«Ok, questo è strano» disse Sarah.
«Soltanto questo?» rispose sarcastica Honey mentre prendeva un fazzoletto per soffiarsi il naso.
In quel momento qualcuno bussò alla porta della camera, e – ottenuto il permesso di entrare – il ragazzo dai capelli corvini che era anche nella sala del trono fece il suo ingresso nella stanza, portando tra le braccia quelli che sembravano degli abiti di ottima fattura.
«Scusate il disturbo, il principe Arthur mi ha incaricato di-» si bloccò di colpo arrossendo quando i suoi occhi si posarono su Honey, ancora mezza nuda. «MA NON SIETE VESTITA!» urlò girandosi immediatamente di spalle.
La ragazza alzò gli occhi al cielo ed afferrò nuovamente la propria maglia, sarebbe stato divertente vedere quel ragazzo su una spiaggia nudista del ventunesimo secolo «Non farti venire un infarto, ragazzino, le mie grazie sono di nuovo al sicuro» disse una volta infilata la maglietta.
«Scusala, mia sorella a volte non ha il senso della misura» si affrettò a dire Sarah lanciandole un'occhiataccia «Stavi dicendo?».
«S-si. Ecco, il principe Arthur mi ha chiesto di dirvi che avrebbe piacere di cenare con voi due stasera, e mi ha chiesto di consegnarvi questi visto che i vostri abiti sono andati persi in mare e quelli che indossate sono visibilmente rovinati» disse il giovane ancora un po' imbarazzato.
Honey si trattenne dal dire che i suoi jeans strappati non erano affatto rovinati ma piuttosto una moda da dove venivano loro, si limitò a ringraziare il ragazzo mentre prendeva gli abiti che lui teneva tra le mani e li posava sul letto, fissando con sospetto le lunghe gonne corredate di sottane. Improvvisamente un pensiero le attraversò la mente ripensando alle parole del giovane «Aspetta un attimo, hai detto principe Arthur? Ma non è re?».
L'espressione gioviale sul volto del ragazzo lasciò il posto ad una più triste «No, non ancora. Suo padre è vivo, ma non è più molto in sé da quando... beh, la sua figliastra lo ha tradito cercando di usurpare il trono, così è Arthur ad occuparsi di tutto».
Morgana. Pensò Honey ricordando quanto letto nel libro, capendo come mai poco prima si fosse chiuso da solo: erano finite nell'ultimo periodo di cui lei aveva letto, e non poteva andare oltre per non rischiare che la conoscenza di alcuni avvenimenti le desse la tentazione di cambiarli. Tuttavia non disse nulla, si limitò ad annuire tornando ad osservare i vari abiti, cercando di sceglierne qualcuno che le facesse meno schifo tra tutti quei veli color pastello.
«Beh, se avete bisogno di me non esitate a chiamarmi, io sono Merlin, il servitore personale del principe. Ora manderò qualcuno che vi aiuti a vestirvi».
«Oh non è necessario, possiamo tranquillamente vestirci da sole, da dove veniamo noi è così che funziona» rispose prontamente Sarah, mentre i pensieri di Honey stavano elaborando ben altre cose.
«Hai detto Merlin? Tu sei quel Merlin? Il mago?» urlò quasi, non potendo credere alle proprie orecchie. Eppure ora che guardava meglio quel ragazzino tutto tornava: i capelli corvini, gli occhi azzurri, il fisico allampanato. Era tutto come aveva letto nel libro trovato in biblioteca.
«Cosa? No, nient'affatto. La magia è proibita qui a Camelot» si affrettò a rispondere il servitore, ma a Honey non sfuggì l'ansia nel suo sguardo.
«Non mentire» gli disse guardandolo intensamente, con tono quasi minaccioso «da dove veniamo noi tutti conoscono la leggendaria sto- profezia di re Arthur e Merlin il mago, destinati a costruire il regno di Albion».
Lo sguardo stralunato che Merlin lanciò prima a lei e poi a Sarah aveva un che di comico «Voi come fate a conoscere la profezia? Solo le creature magiche o i druidi le conoscono».
«Beh, lei è una druida» rispose Sarah indicando la sorella e lanciandole uno sguardo allarmato come a dire “in che razza di guaio ci stai cacciando?”.
«Ma senza poteri» si affrettò ad aggiungere a quel punto, perché la preoccupazione della sorella non era del tutto infondata «da dove veniamo noi la magia non esiste, sono solo storie da raccontare ai bambini, a metà tra favola e leggenda. In effetti siamo abbastanza sorprese di vedere che al mondo c'è ancora un posto in cui esiste la magia».
«Non lo direte a nessuno, vero?» domandò Merlin.
Honey sorrise rassicurante «No di certo, non preoccuparti» disse. dopotutto non aveva la minima intenzione di far giustiziare una delle due facce della medaglia... figuriamoci quella che era probabilmente la più importante.

Il calice d'argento era freddo contro le labbra, e il vino al suo interno aveva un gusto forte ed aspro che a lei non dispiaceva. Sua sorella evidentemente era di tutt'altro avviso, perché dopo averlo brevemente annusato le lanciò uno sguardo allarmato, come a domandarle se fosse o meno educato chiedere della semplice acqua dato che lei non beveva.
«Questo vino è davvero delizioso» disse Honey mentre posava il calice, facendo attenzione che la manica dell'abito non finisse nel piatto con il cibo – alla fine ne aveva scelto uno viola senza troppi fronzoli, con lo scollo a barca e le maniche ampie – e regalò un dolce sorriso ad Arthur «Spero non vi offenderete se mia sorella non lo assaggia, ma purtroppo non è sua abitudine bere vino».
Arthur sorrise a sua volta «Nessun problema» rispose mentre ordinava a Merlin di portare dell'acqua e un calice pulito per Sarah.
Durante questa operazione a Honey non sfuggì lo scambio di sguardi e timidi sorrisi tra il servo e sua sorella, e per un istante si domandò se dovesse preoccuparsi, ma poi le venne in mente che sua sorella era troppo responsabile, sicuramente non si sarebbe mai presa una cotta per qualcuno vissuto oltre mille anni prima di loro.
«Sono lieto di vedere che avete gradito gli abiti che vi ho mandato, vi donano molto» disse Arthur guardando prima l'una e poi l'altra. Lui era a capotavola e le due sorelle sedevano l'una di fronte all'altra. «Spero che anche l'alloggio sia adeguato».
«Siete molto gentile, principe. Vi ringraziamo per la vostra ospitalità» rispose Sarah «Gli abiti sono davvero bellissimi e l'alloggio è perfetto» aggiunse poi, lisciando qualche invisibile piega sulla gonna del proprio abito verde smeraldo.
«Bene, sono lieto di sentirlo. Ma ora raccontatemi un po' di voi, sono curioso di conoscere le usanze del vostro regno. Ad esempio, come mai vi colorate i capelli in questo modo così insolito?».
Le ragazze si guardarono negli occhi allarmate. «Beh, perché questi colori rappresentano... » cominciò a dire Honey.
«La nostra... casata...» tentò di terminare Sarah.
Arthur lanciò loro uno sguardo scettico, probabilmente ricordando i colori del simbolo che Honey aveva spacciato per quello della loro casata: un drago argentato su sfondo nero.
«Beh non proprio» si affrettò infatti ad aggiungere questa «rappresentano i vari ranghi all'interno di una casata. Lei ad esempio è l'erede al trono» iniziava davvero a pentirsi di non aver semplicemente detto che i capelli erano colorati secondo i loro gusti personali, ma si trovavano in un epoca in cui ogni cosa aveva una sua specifica simbologia, specialmente tra le alte cariche, quindi forse era meglio recitare a dovere la parte delle principesse. Si rese conto troppo tardi che la cosa continuava a non avere un senso visto che sua sorella aveva i capelli blu.
«Blu? Non era il nero il colore della vostra casata?» domandò infatti il principe, senza perdere la sua espressione scettica.
«No... cioè sì, ma il colore ufficiale della nostra casata è il blu» in effetti le divise degli Stormcloack, i ribelli del suo gioco preferito, erano azzurre «Il nero è...».
«È il colore del nostro esercito» rispose prontamente Sarah «di cui mia sorella è il comandante».
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo, sorridendo per la sintonia che stavano dimostrando da quando erano arrivate lì, una sintonia che credevano di aver perso ormai da tempo, da quando l'adolescenza aveva visto i loro caratteri separati da un abisso. Simili nell'aspetto, erano state separate dai loro modi di fare e di pensare.
«Una donna erede al trono e un'altra comandante dell'esercito?» domandò con una certa sorpresa Arthur, ma senza derisione, sembrava più che altro compiaciuto.
«Da dove veniamo noi non è una cosa tanto strana» si affrettò comunque a rispondere Honey «Per accedere a determinate cariche non conta il sesso o l'estrazione sociale...»
«...ma soltanto il merito individuale» terminò Sarah.
Il principe alternò per qualche secondo lo sguardo dall'una all'altra «Finite sempre le frasi l'una dell'altra?» domandò ridacchiando.
Entrambe sorrisero «È così che funziona tra gemelle» risposero in coro.

NOTE FINALI
- Tyrosh è una città presente nella saga del Trono di Spade, i suoi abitanti hanno l'usanza di tingersi la barba ed i capelli con colori stravaganti.
- Il simbolo che Honey ha sulla maglietta è quello del suo videogioco preferito, ed è questo qui: Skyrim.
- Il nome "Stormcloack" (Manto della Tempesta in italiano) è preso dal suddetto videogioco, anche se in realtà non è il nome di una casata ma di un gruppo di ribelli.



 
  
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