La festa dei Serpeverde
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Hermione
continuava a guardare Draco. Non riusciva a
smettere. Ci provava. Riusciva a concentrarsi sui compiti ma poi, dopo
cinque
minuti, perdeva l’attenzione e tornava a guardarlo.
“Mi consumi, così, Granger”
disse lui con uno sguardo malizioso, posandole una mano
sul ginocchio. Lei sobbalzò e sorrise. Quando la chiamava
così, con quel tono,
si sentiva sciogliere.
“Oh, Malfoy,
come sei presuntuoso. Pensi di esserci solo tu?”
mormorò lei alzando un
sopracciglio. Lui rise. Quella risata che riservava solo a lei. Si
avvicinò un
po’ di più e quando fu solo alla sua portata di
orecchio le disse: “Mi stai
dicendo che guardi anche qualcun altro con quello sguardo
voglioso?”
Hermione sentì le guance andare a fuoco. “Io non
ho…”
“No? Quindi non pensavi di saltarmi addosso appena
la Pince si fosse voltata?” Tutti e due si girarono verso la
bibliotecaria, che
osservava la sala da sopra i suoi occhiali da lettura. Quando si
voltò verso di
loro e li scoprì a guardarla alzò un
sopracciglio.
Loro ridacchiarono e si girarono per non farsi sgridare.
Draco tolse la mano dal suo ginocchio. Hermione ebbe
l’impressione di aver
perso un polmone nel petto. Ma poi il ragazzo portò la mano
sulla sua fronte e
le sistemò una ciocca di capelli.
Draco divenne
serio. “Mi vuoi chiedere qualcosa?”
Sapeva che lei voleva sapere di Azkaban. Aveva visto
quando quella mattina era arrivato un gufo e gli aveva lasciato la
busta con lo
stemma del Ministero. Non avevano risolto la cosa. Semplicemente non ne
avevano
più parlato.
“No” disse lei velocemente e spostando di nuovo
l’attenzione sulla pergamena.
No? Davvero?
“Non
vuoi chiedermi se andrò ad Azkaban?” le chiese
lui.
Hermione mentì.“No”. Lei moriva dalla
voglia di
sapere. Ma non glielo avrebbe mai chiesto. MAI.
“No?”
“Sei diventato sordo?” adesso si stava scaldando.
Perché lui insisteva tanto? Non gli aveva rotto le pluffe,
non aveva più
sollevato l’argomento. Cosa voleva adesso? Lo
guardò di sottecchi: aveva un
viso strano. E se invece… “A meno che…
tu non voglia parlarmene lo stesso”.
Draco la guardò e i suoi occhi erano un po’ persi.
Le fece tenerezza. Lo rivide al sesto anno, quando lo incontrava in
biblioteca
per caso e lui la guardava con quello sguardo, subito prima di ghignare
o
offenderla se c’erano gli altri. Adesso sapeva cosa
significava. Adesso.
Gli accarezzò la guancia e chiese: “Vuoi parlarne
tu
con me?” Lui sospirò e si guardò
intorno. Annuì.
“Ma non qui”. Annuì anche lei. Si
alzarono e
lasciarono la biblioteca.
***
Pansy
aprì la busta che il gufo le aveva consegnato
quella mattina. Sulla busta c’era lo stemma del Ministero.
Aveva deciso di
aprirla in un momento che fosse stata sola e non c’era ancora
riuscita: le
lezioni del mattino, il pranzo e poi Camille che aveva bisogno di aiuto
per i
compiti.
Appena rimase sola, la tirò fuori e
l’aprì. La lesse
velocemente, radunò le sue cose e si alzò dal
tavolo della biblioteca, quello
vicino alla finestra che dava sulle serre, protetto dagli scaffali e
dove aveva
iniziato a rifugiarsi da quando non voleva incontrare alcune
persone. Si affrettò a uscire dalla biblioteca e
si
incamminò verso l’ufficio della McGranitt.
Quando lo raggiunse, bussò alla porta e aspettò.
Poco dopo la porta si aprì magicamente ma, prima che potesse
entrare, un
ragazzo uscì dall’ufficio.
Ron si
scontrò con Pansy appena fuori dall’ufficio
della McGranitt.
Si fermò e per un attimo non seppe cosa dire. Si
sentì colpevole. Come se lei lo avesse beccato a fare
qualcosa di sbagliato.
Non era un segno, vero? Le fece un cenno con il capo e se ne
andò velocemente. Che codardo.
Complimenti! Pensò.
Quando si rese conto di essere scappato via, si
diede una manata sulla fronte. Non avrebbe dovuto. Non aveva fatto
niente di
male, in fin dei conti.
Pansy si
girò a guardare il rosso che si allontanava.
Oh, quindi non si salutavano neanche più? Abbassò
gli occhi. Eh va beh. Avrebbe
superato anche questa. Presto, sperò.
“Venga avanti signorina Parkinson.”
Si girò verso la porta aperta e, sospirando,
entrò.
Si sedette sulla sedia al di qua della scrivania e disse:
“Buonasera, ho
ricevuto queste lettere dal Ministero e quindi sono a
chiedere…” Mostrò le
lettere ricevute con il sigillo del Ministero e spiegò alla
McGranitt di aver
due appuntamenti.
“Sono molto vicini questi appuntamenti… e sono
giornate di scuola” iniziò la McGranitt.
“Sì, effettivamente anch’io
l’avevo pensato. Ma
sembra che il Ministero non sia propenso a trattare per queste
cose…” disse
seccata la moretta. La McGranitt alzò un sopracciglio con
uno sguardo severo e
Pansy ricambiò la sua occhiata con uno degli sguardi
più altezzosi che faceva
senza accorgersene. Era un po’ nervosa per il fatto di aver
incontrato il rosso
in corridoio e che lui fosse scappato senza salutarla. C’era
rimasta così male
che non si accorse di essere un pochino ‘fredda’. O
forse sarebbe meglio dire
glaciale. E se fosse stata lì, sua madre sarebbe stata fiera
del suo
atteggiamento. Ma appunto, lei non si rese conto di niente.
“È strano” dichiarò la
preside, quasi
sovrappensiero.
“Cosa, che il Ministero assegni appuntamenti senza
considerare gli impegni delle persone? Può essere. Sa, da
quando hanno deciso
di cambiare la gestione di tutto, effettivamente sono un po’
in confusione. E
in ritardo. Ha visto? Questo appuntamento doveva essere mesi
fa…” E fece un
sorrisino di circostanza indicando una delle pergamene. Al diavolo
anche il
Ministero. Al diavolo la McGranitt se le avesse detto di no.
“No, intendevo strano che… Oh, lasciamo stare.
Quindi vuole due giorni liberi, giusto?” La Serpeverde
esultò internamente. Sperò
che non si notasse troppo e sorrise veramente.
“E per questo ho bisogno anche del permesso per
Camille” continuò, indicando la stessa pergamena
di prima.
“La signorina Lemaire? È minorenne.”
“Ma è anche casa sua. Camille è mia
sorella, ne ha
diritto anche lei. E poi io ho la sua tutela, se vuole posso firmarle
io il
permesso” disse di nuovo alzando il sopracciglio.
La McGranitt fece una cosa che la spiazzò perché
totalmente incongruente: sorrise. Pansy fu così spaesata che
perse tutte le sue
espressioni e rimase con la bocca aperta.
“Certo, signorina Parkinson. E poi sono un martedì
e
un giovedì. Sicuramente riuscirà a recuperare le
lezioni in breve tempo. Il
martedì abbiamo trasfigurazione insieme, sono sicura che per
la lezione successiva
avrà già recuperato tutto. Mi sembra abbastanza
matura da riuscire a gestire la
cosa senza troppi problemi.”
Le parlò ancora di alcune cose e quando alla fine
firmò
due pergamene e le disse di portarle a Lumacorno, lei, ancora
incredula, le
prese velocemente e uscì dall’ufficio sorridendo.
Minerva
sorrideva di quel sorriso solo poche volte.
L’ultima era stata quando aveva visto quel mago orribile
cadere sotto la
bacchetta di Harry Potter. Era contenta. Stavolta non sapeva bene
perché. Ma
pensava ancora che la situazione fosse strana. Anche se non aveva dato
voce al
suo pensiero.
Nel giro di mezz’ora due studenti le avevano chiesto
dei permessi per uscire dalla scuola nello stesso giorno. Due studenti
che non
si erano neanche salutati quando si erano incontrati sulla porta.
Mah…
Prese delle pergamene e lesse gli appunti. Avrebbe
dovuto organizzare qualcosa per il giorno di ricorrenza della
battaglia.
Sospirò. Era importante e andava fatto bene. Scrisse una
pergamena agli
artigiani per la realizzazione del monumento con i nomi dei caduti che
avrebbero
inaugurato quel giorno e l’affidò al gufo che
aveva alle spalle.
***
“Quindi?”
erano andati sulla torre di astronomia. Ma
c’era freddissimo.
Hermione si strinse addosso il mantello, si sedette
su una sporgenza del bastione e aspettò che lui parlasse.
Draco si accese una
sigaretta. Si prese tutto il tempo necessario per pensare e poi, dopo
la terza
boccata e dopo aver soffiato via il fumo disse: “Mi hanno
dato appuntamento per
Azkaban a fine mese”.
Lei annuì senza dire niente. Non sapeva bene se
doveva aspettare che lui parlasse di nuovo o se doveva fare qualche
domanda.
Così stette zitta.
Lui aspirò ancora e sbuffò il fumo.
Draco non sapeva
cosa dire. Sperava che parlasse
lei. Lui le aveva detto quello che aveva saputo quella mattina. Aveva
voluto
dirglielo subito, ma ora non sapeva cos’altro fare.
Voleva che lei andasse con lui? Non lo sapeva. E lei
gli avrebbe chiesto di andare con lui? Sarebbe stato più
facile. Sarebbe stato
meglio. Avrebbe preferito non doverglielo chiedere. Anche
perché non aveva
ancora deciso.
La guardò. Lei non gli disse niente. Non gli chiese
niente, ma si alzò da dove era seduta e si
avvicinò a lui, prendendogli la mano
e stringendola forte.
“Penso
che te l’avrei detto, sai?” Lei annuì
anche
se non ne era per niente convinta.
“Ginny diceva che dovevo lasciarti stare. Che dovevi
essere libero di fare quello che volevi. Mi sono resa conto che aveva
ragione”,
sorrise e disse ancora: “Strano, eh?”
“Beh, ogni tanto qualche cosa giusta l’azzecca la
teppistella. Non ti aveva detto di provarci con me?” Il suo
sorriso, sotto la
luna quasi piena era strafottente e meraviglioso.
Hermione rise. “Sì, quello stupido sei stato tu.
Ti
stavi lasciando scappare una come me!”
“Mi stavo lasciando scappare te”. Buttò
la
sigaretta, la tirò verso di sè e la
baciò. “Mia madre sa di te” disse ancora.
Non sapeva bene cosa lui intendesse, ma cercò di
capirlo senza bisogno di chiederlo. “Davvero?”
chiese con un finto tono neutro.
“Mi ha detto di stare attento.”
“In che senso?”
“Oh, non lo so.”
Hermione poteva immaginare qualcosa, invece. Poteva
essere qualcosa in mezzo fra ‘non metterla incinta che devi
sposare una
purosangue’ e ‘non farti rompere il
cuore’. E sapendo quanto Narcissa amasse il
figlio…
“Lei mi dice sempre di stare attento.”
“Perché
ci
tiene a te. Sei suo figlio. È normale.”
“Ha solo me, adesso.”
“E quindi?”
“Non voglio deluderla. Ma non voglio neanche fare
sempre come vuole lei.”
“Tu diglielo.”
“Ci proverò.”
Stettero in
silenzio per un po’. Lui l’abbracciò
senza dire niente. Era bellissimo anche così.
Poi lei disse: “Non ci andare da solo,
però”.
“Come?”
“Non andare ad Azkaban da solo. Vai con tua madre,
con Zabini, con la Parkinson, con chi vuoi, ma non andarci da solo. Per
favore.”
Draco annuì e basta. Perché avrebbe dovuto
andarci
con Pansy? Lei odiava suo padre e suo padre non la vedeva di buon
occhio.
Probabilmente se si fosse presentato con lei suo padre avrebbe avuto un
mezzo
attacco e l’altro mezzo glielo avrebbe lanciato Pansy con la
bacchetta. Non era
il caso. Però sorrise all’idea.
“Non voglio che incontri mio padre.”
“Chi?”
“Tu”. Lei si girò verso di lui.
“Non ti ho detto di portare me. Ho solo
detto…”
“Volevo spiegarti…”
“Non c’è bisogno. Va bene
così. È una cosa che devi
gestirti da solo. Ti ho detto che ho capito.”
“Io
invece ho detto che voglio spiegarti!” Draco
aveva alzato la voce.
“Ehi, non alzare la voce con me.”
“Ok. Io volevo dire… Pansy pensa che tu possa aver
capito male…” si interruppe quando lei lo
guardò.
Oh, cosa pensava la Parkinson che lei non aveva
capito? Si stava innervosendo, ma sperò che non si notasse.
“Lei dice che tu
potresti pensare che non voglio che tu venga con me per paura che mio
padre
sappia di noi”. Fece una pausa lunghissima.
Ok. La Parkinson aveva ragione. Lei aveva pensato
che fosse proprio per quello. Che lui non volesse far sapere a Lucius
di loro.
Che si vergognasse di lei. La sanguesporco.
E quindi non era quello il motivo? E allora qual era? Non voleva
chiedere ma
sentì la sua voce sussurrare: “E
invece…?”
“E invece adesso apri bene le orecchie, ok? Io non
mi vergogno di te. Non mi interessa quello che pensa mio padre, se non
per il
fatto che ho paura che lui possa dirti qualcosa di brutto. Che possa
offenderti
o peggio. Io non voglio che tu subisca cose brutte, soprattutto dai
miei. E a
quanto pare, mia madre è già riuscita a mettermi
in cattiva luce, quindi vorrei
tenerti lontano almeno da lui. Io ho paura. Ho paura che se venissi con
me tu
possa pensare che io un giorno diventerò come lui o che mio
padre possa dirti
qualcosa su di me per cui tu poi possa odiarmi. Ho paura di perderti.
Perché
io… io…” Hermione divenne rossa, ma per
fortuna non si sarebbe notato tanto, lì
fuori al buio.
“Ho capito” disse, interrompendolo. “Ho
capito. Va
bene. So che non…”
“MERLINO!”
quasi gridò. Possibile che quella ragazza
dovesse parlare anche nei momenti più importanti?
Hermione si
interruppe quando lui gridò.
“Ma non stai mai zitta? Già non riesco a parlare,
se
poi non mi fai finire… Allora…
dicevo…” Le si mise davanti e le
circondò i
fianchi con le mani. “Io ho paura di perderti,
perché ti amo. E non so proprio
cosa farei senza di te”. Sospirò rumorosamente.
“Ecco adesso l’ho detto e puoi
continuare con le tue tiritere!” Hermione spalancò
la bocca. Lui aveva appena
detto che l’amava? Gli prese il viso fra le mani e lo
baciò sulla bocca. Si
staccò da lui quel tanto che bastava per dirgli:
“Anch’io ti amo”, tornò
a baciarlo.
Draco sorrise
sulle sue labbra e la strinse di più.
Quando si staccarono, dopo svariati minuti, lui guardò
l’orologio.
Lei lo osservò e disse: “Mi sa che ci siamo persi
la
cena”.
***
Quel sabato sera
Ron si stava annoiando. Sapeva che
c’era una festa nella sala comune dei Serpeverde, ma stavolta
non aveva proprio
voglia di andarci. Era sicuro che lei sarebbe stata lì e lui
non sarebbe
riuscito a far finta di niente.
Il suo stomaco si contorceva così tanto che aveva
anche fatto fatica a mangiare e per lui era una cosa totalmente nuova.
Entrò in camera e vide Dean e Seamus che giocavano a
carte con una bottiglia di Firewhisky. “Cosa fate
qui?” Dean sospirò e lanciò
una carta.
“Seamus è appena stato scaricato da
Lavanda.”
“Ehi!” Seamus gli diede una gomitata.
“Beh, che c’è? È
vero!” L’amico fece una faccia
strana. Ron lo guardò. Ma Seamus non riusciva a guardarlo.
“Hai ancora problemi con me?” chiese Ron un
po’
nervoso. Seamus scosse la testa.
“Mi becca male. Tu sei… un suo ex.”
Ron, nonostante tutto, riusciva a capire quello che
intendeva. Harry aveva lo stesso problema con Dean e lui lo aveva con
Malfoy.
Merlino, lui era geloso anche di alcuni con cui Pansy non era neanche
stata! La
porta si aprì ed entrò Neville. Ecco, appunto.
“Anche noi ci siamo lasciati” disse Ron per
solidarietà.
Dean sospirò. “Lo avevamo capito. Quello che non
sappiamo è chi è che ti ha lasciato”.
Ah. Ok. Loro non lo sapevano?
Effettivamente non lo aveva raccontato a nessuno. E Pansy non era come
Lavanda
che sbandierava il suo possesso in ogni corridoio, aula o anfratto del
castello. Però Neville sapeva. Il rosso lanciò
un’occhiata a Neville, ma lui
spostò lo sguardo da lui e guardò Seamus.
“Vi siete lasciati, tu e Lavanda?” gli chiese
sedendosi sul letto.
“Già.”
“Io ho litigato con Hannah” disse ancora Neville
sconsolato.
“Dean? Tu niente da dire?”
“Io non sto con nessuna”. Il moro alzò
le spalle.
“Però…” inziò
Seamus.
“Però?” chiese Ron.
“Oh, ho chiesto a una ragazza di venire a una festa
con me, ma ci andava con un altro…”
“La festa dai Serpeverde?” chiese Neville. Il moro
annuì. E va che bel quartetto. Malgrado tutto, Ron sorrise.
“E quella da dove
viene?” chiese indicando la bottiglia.
Dean sorrise mentre spostava le carte. “Seamus ha
fatto amicizia con un elfo della scuola. Ce la siamo fatta
portare.”
Grandi. “Allora, visto che siamo quattro sfigati,
fatti portare altre tre bottiglie, così almeno ci
divertiamo”. A Seamus piacque
la cosa. Chiamò l’elfo, che si scoprì
poi essere un’elfa, e si
fece portare un sacco di cose, sistemarono tutto sul
pavimento e si sedettero tutti e quattro in cerchio.
Quando Harry
entrò in camera venne accolto con un
grido simultaneo che neanche la tribuna del Quidditch avrebbe potuto
competere.
“Ma siete qui? Vi cerco da almeno tre quarti
d’ora!”
disse un po’ sbuffando.
“Ti sei lasciato con Ginny?” chiese Dean. Harry lo
guardò male. Doveva aver bevuto.
“No. Perché?”
“È la serata degli sfigati in amore, non puoi
stare
qui, allora!” continuò il moro, alzando un
bicchiere. Harry rise.
“Perché sei da solo?” chiese Neville.
“Serata fra ragazze” disse alzando le spalle.
“Beh, allora sei un po’ sfigato anche tu, stasera.
Puoi sederti” continuò Dean. Harry rise ancora e
si sedette sul tappeto con
loro. Ron fece apparire un bicchiere.
“Prego, si serva pure, signor Potter”. Anche Ron
era
abbastanza brillo.
Dopo
un’ora e altri tre viaggi dell’elfa, erano
tutti ubriachi. “Chi era la ragazza che ti ha dato picche,
Dean?” chiese Ron.
“La Jones” rispose il moro alzando una spalla. Non
sembrava troppo dispiaciuto. Dean giocava con le noccioline, le
lanciava e le
prendeva al volo in bocca. Quasi tutte.
“Lancia qui, Dean” disse Seamus. Dean gli
lanciò
quattro noccioline insieme e lui non riuscì a prenderne
neanche una.
Ridacchiarono tutti.
Neville, che non
aveva mai bevuto così tanto in vita
sua, si sdraiò sul pavimento, con le braccia aperte.
Guardava il soffitto, oh,
come si stava bene. Finché rimaneva sdraiato stava bene.
Wilma saltò vicino a
lui.
“Oh, guarda Ron, c’è il rospo di
Neville”. Harry
ridacchiò. Ron gli lanciò il cuscino
più vicino.
“Idiota!”
“Ce l’hai ancora con Wilma?” chiese
Neville,
appoggiandosi ai gomiti.
“Perché ce l’hai con Wilma?”
domandò Dean.
Ron
alzò le spalle. Non voleva raccontare niente.
“Oh,
Merlino io non bevo più!”
Neville adesso si era sdraiato di nuovo per terra e
Ron, che evidentemente ce l’aveva ancora con il rospo, chiese
all’amico:
“Perché hai litigato con la Abbott?”
“Non lo so.”
“Che
vuol dire che non lo sai?” chiese Harry. Anche
lui si sentiva un po’ instabile.
“Oh, io mi sono distratto mentre lei mi raccontava
qualcosa e sembra che io non abbia risposto esattamente quello che
dovevo
rispondere quando lei mi ha fatto una domanda”. Harry
annuì. Era riuscito a
capire il discorso un po’ confuso di Neville
perché capitava anche a lui.
Harry
spostò con il piede il rospo vicino a Ron,
senza farsi vedere da Neville. Ron sbuffò e il moro
ridacchiò.
Ron si voltò verso Neville e gli chiese a bruciapelo:
“Neville, è vero che hai baciato Ginny?”
Neville divenne improvvisamente rosso
sulle guance. Guardò da sotto le ciglia prima Ron e poi
Harry che lo guardava
con gli occhi spalancati e un brutto sguardo.
Dean si sistemò meglio. “E quando è
successo?” chiese.
Neville era sempre più imbarazzato.
“Quindi?” lo
inerrogò Harry. Si voltò nel frattempo verso Ron
e lui ghignò.
“Ehm… è successo tempo
fa…”
“Quando?” chiese ancora Harry.
“Dopo il ballo del ceppo. Io… lei…
giuro Harry, solo
quella volta!”
Harry sospirò. Quattro anni prima. Lui al ballo
c’era andato con la Patil. Si girò verso Ron, per
lanciargli un’occhiata di
fuoco. Ma il rosso ridacchiò. Deficiente. Ecco
perché diceva che doveva essere
geloso, lui probabilmente lo sapeva già.
Ghignò anche Harry. “Te lo ricordi il ballo del
ceppo, Ron? Ti ricordi con chi ci sei andato? Sei riuscito a baciarla,
dopo?” E
ammiccò.
Seamus si voltò verso il rosso. “Con chi eri
andato?”
“Con Padma, la sorella di Calì. Lei è
scappata via
con un altro. Ma neanche Harry ha baciato la sua compagna, eh,
Harry?” lui non
gli rispose.
Dean sospirò pesantemente. “Invece Seamus
è riuscito
a baciare Padma…”
Seamus alzò un sopracciglio. “Ma è
stato due anni fa!
Che c’è sei geloso?” Per la prima volta
a Dean sparì il sorriso. C’era rimasto
male davvero.
“Comunque pensavo fosse Calì” disse
alzando una
spalla.
Ron ridacchiò. “Davvero? E Lavanda lo
sa?” Lavanda e
Calì si vantavano di essere migliori amiche,
chissà come l’avrebbe presa.
Seamus lo guardò male. “Se non glielo ha detto
Padma…”
Harry si raddrizzò. “No, aspetta, Padma lo sa? Che
pensavi fosse Calì?” Seamus fece una smorfia.
“Oh, sì. Quando l’ho chiamata
Calì mi ha dato una
cinquina sulla guancia. È stato lì che ho
scoperto che non era lei”.
Harry ridacchiò. Anche Neville ridacchiò. Quando
rise anche Ron, Seamus rise anche lui. Dean guardava tutti malissimo.
Ma dopo poco
rise anche lui.
“Siete tutti ubriachi. E stronzi”. Alzò
il
bicchierino che aveva ancora in mano e con l’indice teso li
indicò tutti.
“Intanto la cinquina l’ho presa io” ci
tenne a
precisare Seamus. E tutti tornarono a ridacchiare.
“Anche Zabini si è preso una bello cinquina. Eh,
Harry?”
Harry
guardò Dean. Seamus
ridacchiò “Avrei voluto esserci!”
“Io c’ero” disse Neville.
“Tu?” Harry si voltò verso di lui.
“Non ti ho visto”.
“Ero in fila per uscire, con Hannah, Ernie e la
Greengrass.”
Dean alzò un bicchiere miracolosamente ancora pieno.
Ma non era finito tutto?
“La Greengrass! Anche lei è molto
carina!”
Ammise il moro, ancora con il bicchiere in mano.
“Sta con Zabini, adesso” disse Ron.
“E certo! Perché non avrebbe dovuto? Alla
sfiga!”
Dean alzò ancora il bicchiere e lo tracannò.
Si fecero portare un’altra bottiglia dall’elfa di
Seamus e iniziarono a discutere per decidere chi fosse il
più sfigato in amore.
***
La serata
fra ragazze stava andando bene. Ginny ballava nella sala comune dei
Serpeverde insieme
ad Astoria e Camille.
Pansy e Hermione, invece, erano vicino ai tavoli dei
beveraggi e controllavano la festa.
“Ma
Draco dov’è?” chiese Pansy alla
Grifondoro.
“Ha detto che avrebbe tenuto d’occhio
Nott.”
“Oh. Ok.”
Pansy era seduta su un tavolo e ciondolava le gambe
vicino alla Granger. Si erano ritrovate loro due, Ginny e le ragazze
ballavano
in pista. Pansy lanciava loro un’occhiata ogni tanto.
Daphne era fuori da qualche parte del castello con
Blaise e Milliecent aveva detto che non sarebbe venuta alla festa
perché aveva
da fare. Così stava cercando di rimanere sveglia a
controllare tutto; una festa
dove non ci si poteva divertire era una cosa noiosa.
“Guarda che se vuoi andare a ballare, resto io qui a
vedere se va tutto bene.”
La Granger doveva aver capito che si stava
annoiando. “Ti ringrazio ma non ho voglia di ballare,
stasera. Tu, invece?”
La riccia scosse la testa. “Oh, non ne ho voglia
neanch’io”. Pansy la guardò con la coda
dell’occhio non troppo convinta, ma
annuì. “Draco ha un appuntamento per fine mese per
andare ad Azkaban” disse
ancora la riccia.
La Serpeverde pensò di aver capito male.
“Azkaban?”
Hermione
annuì. Sarebbe riuscita a chiederle di
andare con Draco? Non voleva che andassero insieme, ma non voleva
neanche che
lui andasse da solo. Sospirò.
“Non mi ha chiesto di andarci” spiegò.
“Come? Ma non siete tornati insieme?” La riccia si
trovò ad annuire ancora. “E non te l’ha
chiesto?” Questa volta scosse la testa.
Non riusciva proprio a parlare.
“Merlino!” La mora si toccò un fianco e
tirò fuori
una sigaretta. Hermione strabuzzò gli occhi.
“Ma cosa fai?” La Serpeverde alzò una
spalla,
accendendo la punta con la bacchetta.
“Non se ne accorgerà nessuno. E adesso dimmi:
perché
non gli hai chiesto di andare con lui?”
“Perché no! Non me l’ha
chiesto!” Lei sbuffò il fumo
in alto.
“Sai perché non te l’ha
chiesto?”
“Non vuole che incontri suo padre…” Vide
la mora
annuire.
“Che, detto fra noi, non è una cattiva
idea” disse
alzando una mano aperta. “Ma… visto che non voglio
andarci io e ho promesso a
Narcissa di non lasciarlo andare da solo, proverò a
convincerlo a farti andare
con lui, ok?”
“Basta che non lo fai con un vestito
scollato…”
disse Hermione prendendo da bere.
Pansy
sentì il calore salirle alle guance. Doveva
aver parlato con il rosso. Per un attimo si vergognò, ma poi
si rimise dritta
con la schiena e disse: “Allora convincilo tu”. Il
suo tono era un po’ cattivo,
lo sapeva. Ma la Grifondoro sorrise.
“Ti ho fatto arrabbiare.”
Pansy sospirò, poi disse: “A dir la
verità, no. Sono
arrabbiata di mio. Comunque, se lo vuoi sapere, non ha mai funzionato
con lui,
la mia scollatura. Ci ho provato due volte al quarto anno, per farmi
invitare
al ballo del Ceppo”. Abbassò la voce. Era
abbastanza deprimente senza farlo
sapere a tutti.
“Ma ci sei andata con lui: ha funzionato.”
Hermione vide la
Serpeverde fare una brutta smorfia
e dare una lunga boccata alla sigaretta. “No, è
andata diversamente”.
Oh. Però adesso era curiosa. Non riuscì a non
chiedere: “E come?” Lei alzò le spalle.
“Niente.”
Oh. Era una di quelle cose che non voleva
raccontare. “Al sesto anno ho lanciato un Confundus a
McLaggen per far prendere
Ron come portiere della squadra” disse la riccia guardandola
con la coda
dell’occhio.
Pansy
sbuffò. Ma perché i Grifondoro ti dicevano sempre
qualcosa di loro per far dire qualcosa a te?
Cos’è, facevano delle lezioni
speciali riservate a loro? ‘Come
interrogare il prossimo senza veritaserum’.
Sbuffò ancora, ma poi sorrise nervosamente e si
passò una mano fra i capelli. Va beh, se proprio lo voleva
sapere… “Mi aveva
invitato un altro. E io avevo accettato: Draco non ne voleva sapere e
io avevo
accantonato l’idea”. Vide la Granger sgranare gli
occhi. Cercò di non offendersi.
“E poi?” chiese la riccia.
“E poi si è tirato indietro. E Draco mi ha
invitato
quando l’altro mi ha detto che non sarebbe venuto con me.
È andata bene così” concluse
velocemente.
Si alzò per andare a controllare il tavolo con le
burrobirre.
Hermione fece
finta di niente. Ma aveva visto il suo
sguardo. Chissà se c’era rimasta male quando
l’altro si era tirato indietro.
Che domande, certo che c’era rimasta male! Ma chi
è che si comporta così?
Chissà se era stata colpa di Draco. Magari lei glielo aveva
chiesto e lui aveva
detto di no e poi si era reso conto di essere geloso.
Non doveva pensarci. Erano cose successe tempo
prima. Quando la Serpeverde tornò, non aveva più
la sigaretta ma due burrobirre
e si rimise seduta, non disse niente e non la guardò, ma le
passò una
burrobirra.
“Comunque potrei dirgli che vado con lui e
all’ultimo mi invento qualcosa e ci vai tu. Se riusciamo a
trovarci tutti e tre
poco prima di andare, dovremmo riuscirci. Di sicuro a te la McGranitt
non farà
storie.”
Scosse la testa “Non lo so. Vedremo…”
Sospirò. “Tu
andrai ad Azkaban a trovare tua madre?” La Serpeverde
annuì prima di bere. “E
con chi ci vai?”
“Con chi ci dovrei andare?” La mora si rivolse a
lei
con uno sguardo curioso.
Hermione alzò le spalle. “Non so, chiedevo e
basta”.
“Ci vado per vedere com’è quel posto. E
se è una
cosa che si può fare, ci porto Camille. È a lei
che interessa vedere maman…”
Il suo viso divenne tetro quando disse il nomignolo
con cui la francese chiamava la mamma.
“Non ho bisogno del sostegno di nessuno” disse
ancora. Ma chi voleva convincere?
“Dici?” Hermione sapeva quanto fosse duro fare
tutto
da soli.
La Serpeverde guardò verso la pista mentre diceva:
“Ne sono sicura”.
Ginny si fece
largo fra la folla fino al tavolo dei
beveraggi.
“Belle donne! Che fate? Non venite a ballare?”
Stappò
una burrobirra e la bevve avidamente. “Sai una cosa,
Pansy?” disse indicando la
mora con la bottiglia. “Voi siete quelli che danno le feste
più belle. E la
vostra musica è la migliore!”
Vide l’amica sorridere. “Sono contenta che tu sia
qui, allora, piccola Grifondoro”. E sbattè la sua
burrobirra contro quella
della rossa. Poi, la porta scorrevole si aprì e alcuni
ragazzi entrarono
facendo più confusione di tutta la sala che ballava.
La Serpeverde si alzò sul tavolo dove era seduta e
controllò l’ingresso.
“Oh, Merlino!” la sentì dire Ginny.
Pansy si era
alzata quando aveva sentito del
frastuono verso la porta scorrevole. Ormai era tardi, non pensava
sarebbe
entrato ancora qualcuno. Quando vide cinque ragazzi entrare insieme e
facendo
un po’ troppo casino, dalla porta scorrevole si
stupì. Merlino, i cinque Grifondoro
del settimo anno plus. Tutti insieme? Che stava succedendo?
Molta gente si girò verso l’ingresso e si
accalcò in
quella direzione per vedere cosa stesse accadendo.
Pansy vide proprio una folla di persone spostarsi. Non
sarebbe riuscita a passare in mezzo alla calca e raggiungere
l’ingresso per
evitare che succedessero ulteriori casini.
Pensò pochi secondi e poi fece quello che le
sembrò
più adatto: saltò da un tavolo
all’altro fino ad arrivare all’ingresso. I
tavoli erano stati spostati per far posto alla pista da ballo ed erano
tutti
addossati al muro.
Per i primi tre tavoli non ebbe problemi, tranne per
una coppia che si stava baciando e che non la vide arrivare
così rischiò di
finire loro addosso, ma riuscì a non fare danni e saltare
ancora. Ma il quarto
tavolo era un po’ troppo lontano per riuscire ad arrivarci
con un salto. E
c’era troppa gente per riuscire a scendere e avventurarsi
verso l’entrata.
Così, fece un passo indietro e corse in avanti
saltando dal bordo. Merlino, se non si fosse fatta male, sarebbe stato
fenomenale. Ma non atterrò bene. Un piede le si
spostò mentre si appoggiava e
finì addosso a un ragazzo.
“Parkinson, ma da dove arrivi?” per fortuna era
Derrick. L’aiutò a scendere e lei, vedendo che
seduto sul tavolo girato verso
la pista gli disse: “Dai un’occhiata a Camille e
Astoria, per favore”. Lui
annuì mentre l’aiutava. “Grazie
mille!”
Si girò e si trovò faccia a faccia con Potter e
Finnigan. “Ehi, che fate qui?” disse aprendo le
braccia e bloccando loro il passaggio.
Cercò anche di tenere lontano i curiosi che erano
arrivati e che erano dietro di lei.
Ron aveva visto
il tipo della festa aiutare Pansy a
scendere dal tavolo.
Era stato gentile o voleva provarci? Oh, santo
Merlino! Non erano fatti suoi. Se anche la Serpeverde si fosse fatta
rimorchiare, non avrebbe potuto dire niente.
Quando se la ritrovarono davanti mentre chiedeva
loro cosa facessero lì, si arrabbiò. Non era una
cazzo di festa aperta a tutti?
“No, non lo è, Weasley” disse lei
guardandolo male.
Ron rimase di sasso. Santo Godric, aveva parlato
senza accorgersene? Si sentiva girare, insieme alla sala comune delle
serpi.
“Siete ubriachi?” la sentì chedere
stupita, ma lei
non si era rivolta a lui, guardava… chi guardava? Neville?
Dean? Non capiva.
Merlino, erano
ubriachi tutti e cinque? Li guardò: sì,
erano tutti alticci.
“Non potete entrare in questo stato. Su, tornatevene
nella vostra torre.”
Cercò di fare un passo avanti per farli
indietreggiare, ma loro non si mossero. Merlino, era in minoranza
numerica.
Vide Mike affiancarla e chiederle se avesse bisogno.
Sorrise nonostante tutto. “Mike, sono cinque ragazzi ubriachi
e ben piazzati.
Se soffio ti faccio cadere, come pensi di aiutarmi?”
“So ancora usare la bacchetta.”
“È il caso che loro non la tirino fuori, la
bacchetta. Tienila in tasca anche tu, va.”
Poi si voltò verso di loro. Guardò Potter. Era
davanti. Aveva guidato lui quel convoglio? “Potter, puzzi di
Firewhisky, sicuro
che vuoi che Ginny ti veda in questo stato?” chiese, alzando
un sopracciglio.
Vide Potter vacillare. Fisicamente e mentalmente.
“Io…”
“Ti giuro che non sei un bello spettacolo”
rincarò
un po’ la dose. Poi guardò alla destra di Potter.
“Paciock, sono abbastanza
sicura che tu non abbia intenzione di entrare, o sbaglio? La Abbott non
c’è e
non sarebbe carino se venisse a sapere che hai bevuto e hai fatto
casino a una
festa, no? A una festa dove lei non c’è. Potrebbe
pensare che tu sia venuto a
rimorchiare. Fossi in te tornerei subito indietro” disse
sottovoce, sventolando
una mano verso la porta scorrevole.
Quando la
Serpeverde aveva nominato Ginny, Harry si
era un po’ preoccupato. Non gli sembrava più una
bella idea essere venuto nei
sotterrane.
Si girò verso Neville che guardava per terra.
“Forse
dovremmo andare…”
Vide Neville dirigersi subito verso la porta
scorrevole che si aprì per farlo uscire. Magari Ginny
avrebbe pensato che
volesse controllarla… Che idea stupida! Di chi era stata?
Non riusciva a
ricordarselo. “Dean? Seamus?” Alla sua destra
c’erano loro. Notò Dean guardare
con ammirazione la Serpeverde, che però controllava con lo
sguardo l’uscita di
Neville.
Merlino, Ron lo avrebbe ucciso se lo avesse visto.
Tirò Dean verso la porta e disse alla Parkinson:
“Non è stata una buona idea.
Ce ne andiamo, buonanotte”.
Pansy vide
Paciock uscire e Potter tirarsi dietro il
moro e l’altro compagno mentre usciva. Si girò
appena verso Mike, dicendogli
che poteva andare. Lui alzò un sopracciglio e
guardò il rosso che era l’unico
rimasto dei Grifondoro.
“Qui ci penso io, vai” disse ancora, per
convincerlo.
Ron
guardò il tipo delle burrobirre andare via ma
continuare a osservarlo per capire se fosse veramente innocuo. Dietro a
Pansy
iniziavano a spingere alcuni studenti, curiosi di sapere cosa stesse
succedendo. La Serpeverde si girò per controllare la
situazione e poi, velocemente,
fece un passo avanti e gli appoggiò una mano sul petto. Come
l’altra volta,
pensò il rosso.
“Vieni fuori”. Lo spinse oltre la porta scorrevole
e
si ritrovarono in corridoio.
Pansy vide
arrivare Ginny insieme alla calca. Non
voleva che vedesse il fratello così. Lo spinse e lo fece
uscire. Gli altri erano
già in fondo al corridoio. “Sta arrivando tua
sorella. Torna nella torre
insieme a loro” disse, indicando la direzione presa dai
Grifondoro.
“Perché?”
La Serpeverde sbuffò. “Forse, perché
sei ubriaco?”
“Ginny mi ha già visto ubriaco.”
Oh. “Ok, allora aspetta che la vado a chiamare,
sarà
felicissima di occuparsi di te!”
Nonostante
l’alcool, Ron notò il tono sarcastico
della sua voce. Vide la porta scorrevole aprirsi e un po’ si
spaventò. Ma non
fu Ginny a uscire. Sospirò sollevato e tornò a
guardare la Serpeverde. Anche
lei si era girata.
“Perfetto. Granger, accompagni tu Weasley alla
torre?”
Ron si innervosì. “Perché mi chiami
‘Weasley’?” Era
già la seconda volta che lo faceva.
“Perché quando fai il troll, diventi
Weasley” disse lei,
arrabbiata.
“Perché sei arrabbiata?”
“Forse perché siete venuti qui
ubriachi?” disse
alzando un sopracciglio.
Hermione si era
avvicinata: accompagnare Ron le
scombinava i piani, ma avrebbe potuto farlo. Sospirò. Ma Ron
continuava a
guardare la Parkinson. Quei due non avevano ancora chiuso. Si capiva
benissimo.
“Dai, Ron, andiamo”, lo prese per un braccio e lo
trascinò via mentre borbottava.
Pansy
guardò i due Grifondoro andarsene.
Rimase a guardare il corridoio per qualche minuto
prima di tornare in sala comune. Non era più uscito nessuno.
Chissà cosa stava
succedendo, dentro. Sospirò e rientrò.
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*** Grazie a tutti quelli che continuano a leggere!!! �👋😊😉