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Autore: BlackKing72    29/07/2018    0 recensioni
La storia è ambientata nel Medioevo, il protagonista è un ragazzo dai capelli rossi e dagli occhi grigi. Nel Medioevo c'era la credenza che chi possedesse i capelli rossi, sia il figlio del diavolo. Oltre al colore dei capelli, il protagonista ha un'altra caratteristica… la magia, anch'essa un elemento di discriminazione nei suoi confronti. Il rosso, però, non sarà solo. Avrà degli amici, uno in particolare che diventerà la sua ancora. E cosa potrà mai succedere nel momento in cui un angelo incontra un diavolo?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La luna, quella sera, era più luminosa che mai. Archibald stava seduto comodamente sul davanzale al di sotto della finestra. Eppure... anche se la luna era così luminosa, era una serata come le altre.
 In quel piccolo borgo non succedeva nulla di potenzialmente eccitante. Ogni abitante aveva una routine prestabilita che seguiva giorno per giorno. Purtroppo tutto ciò accadeva anche per lui; la stessa e noiossisima routine prestabilita.
 Quante volte aveva pensato di fare qualcosa fuori dagli schemi? Forse migliaia di volte. Nemmeno una volta lo aveva fatto. Il luogo in cui viveva, quel luogo con mentalità chiusa dove regnava la povertà, non permetteva di andare fuori dagli schemi. Eppure gli sarebbe piaciuto, molto. Voleva distogliersi a tutti costi dalla sua vita. Ma cosa ci poteva fare? Di sicuro non era nella posizione di stravolgere la propria quotidianità. Svolgeva dei lavoretti semplici: consegnava unguenti per suo nonno e prendeva l’acqua dal pozzo per entrambi. Nulla di speciale, nessun incarico interessante. Non che gli fosse concesso averli, sia chiaro; per i suoi capelli. E già, era incredibile quanto un semplice colore del cuoio capelluto condizionasse completamente la sua vita. Era davvero, davvero incredibile. Ora, Archibald, si era alzato dal davanzale, ma con un movimento brusco andò con il piede nudo contro il duro legno di cui era composto il suo letto. Si morse il labbro inferiore, trattenendosi dall’escalmare qualche mala parola in antico Brittonic. Rimuginava sempre su specifici pensieri: “Perché a me? Perché proprio io? Non potevo nascere con i capelli neri? Oppure marroni? O anche biondi...”.
 Non si dava pace, no, proprio no. Ah, ovviamente, tanto per aggiungere qualche altro motivo per essere considerato non umano, era anche uno stregone. Questo, ovviamente, nessuno lo sapeva. Solo suo nonno. Nel suo borgo erano tutti pettegoli così pettegoli, oltre a essere maledettamente spaventati e implusivi. Fecero mettere al rogo una donna solo perché diede da mangiare a un gatto nero. Un gesto nobile... ma era considerato così sbagliato. Si sforzava per capire, per vedere cosa ci fosse di sbagliato nel avere dei capelli rossi o di dare da mangiare a un semplice gatto. Cercava di capire, cercava di capirli, ma non ci riusciva. 
Allora la vera domanda da porsi era; era sbagliato lui o le persone di quel tempo? Alla  domanda, pensò che poteva darsi una risposta solo a mente lucida, quindi chiuse lentamente gli occhi, lasciandosi illuminare dalla luna, facendo risplendere i suoi capelli rosso sangue. Il mattino seguente era analogo come gli altri suoi giorni; sussurri alla sua vista, madri che prendevano i propri figli e li trascinavano via alla vista della chioma rossa, e, infine, il fastidiosissimo e fortissimo rumore delle porte che sbattevano dopo aver buttato per terra i soldi degli unguenti di suo nonno. Questo aggravava solamente la sua situazione, perché ogni volta che accadeva, le persone si giravano per guardare nella sua direzione, con lo sguardo spaventato e diffidente. Conclusa l’ultima consegna, ritornò alla casa di pietra di suo nonno, entrando senza bussare. La casa era abbastanza piccola: era una sottospecie di torre, ma un po’ più larga. Aveva un balcone di legno cigolante al piano di sopra dove si poteva vedere chiaramente il sorgere del sole. Ogni volta era uno spettacolo. Il sole che sembrava che uscisse dal lago... un vero spettacolo. Quel pensiero fu interrotto subito dalla voce ferma, ma allo stesso tempo fine di suo nonno.
-Cosa ti ho detto a proposito di entrare senza bussare?- Disse l’anziano signore, mentre aggiungeva un liquido verdognolo in una provetta.
 
-Che non devo farlo.- Disse con tono seccato.
Archibald si sedette a tavola, pronto a consumare il pranzo. Teodoro, dopo aver chiuso la fiala con un tappo di sughero, prese la pentola riposta nel camino, e con un mestolo, mise la minestra nei rispettivi piatti. Archibald era disgustato, ma era l’unico cibo che poteva avere. Prese un cucchiaio, e cominciò a mangiare, cercando di non vomitare e di non fare smorfia di disgusto. 
-Perché dopo mangiato non esci? Lavori e scrivi... sei giovane, goditi la vita.- Disse al rosso, cominciando a mangiare, facendo una faccia compiaciuta.
-Facile a dirsi-. Rispose lui con voce flebile e spezzata. Spezzata da quando ricevette il suo primo sguardo truce da parte di un uomo.
-So che non è facile... ma devi provarci. A tutti i costi. Se non ora, quando? Se non qui, dove?-.
Silenzio. Non aveva tutti i torti... ma non sapeva se poteva affrontarlo. No, non lo sapeva. Finì la sua zuppa ancora con quel silenzio tombale che si  era creato dopo le parole dell’anziano signore. Aiutò suo nonno a pulire e a sistemare casa, procrastinando il più possibile il momento in cui gli sarebbe stato ribadito di uscire. Quel momento non arrivò, il nonno aveva ripreso il suo lavoro da alchimista. Ma quelle parole gli girarono nella testa. Fu un movimento istantaneo e spontaneo, aprì la porta e uscì di casa. Mai avrebbe pensato di fare un simile gesto. Aveva la possibilità di restarsene a casa; nel suo letto, al sicuro da quegli sguardi. Camminò per un po’, finché a un certo punto si sedette su una botte posta a qualche metro di distanza da un bancone che vendeva la frutta. Mise le mani sulla faccia, come per coprirsi dalla vergogna... ma in quel caso non era quello il significato di quel gesto, bensì era un segno di disperazione. Sentì un qualcosa colpirgli la testa; non gli aveva fatto male, ma schiuse le mani come una porta che si sta aprendo per vedere chi fosse stato. 
Guardò a terra, e costatò che l’oggetto tiratogli era il torso di una mela. Alzò lo sguardo e vide che c’era un ragazzo giovane, probabilemente un diciasettenne come lui, con le braccia al petto e con un sorriso amichevole.
-Perché te ne stai qui, tutto solo, a piangerti addosso?- Chiese con un tono curioso.
Archibald rimase leggermente spaesato, non aveva mai parlato con nessuno al di fuori di suo nonno. 
-Ehm... stavo aspettando una persona.-
Mentì spudoratamente per timore. Non voleva far sapere alla prima persona che gli stava parlando che in realtà era lì, a piangersi realmente addosso e che fosse terribilmente solo.
-Oh capisco... pensi che ci metterà ancora molto?-
-Non lo so, perché?- Chiese stranito da quella domanda. Come poteva uno sconosciuto interessarsi di quanto tempo mancasse all’arrivo di quella ipotetica persona?
-Beh, se ci mette ancora molto vorrei portarti con me al ruscello- Propose rimanendo nella stessa posizione, senza articolare il proprio volto, tenendo una faccia impassibile, anche se le sue parole non erano atone.
Archibald guardò prima a destra e poi a sinistra, facendo finta di far vagare lo sguardo alla ricerca di qualcuno. Poi si alzò dalla botte, facendola barcollare leggermente e si affiancò allo sconosciuto. Si concentrò sui suoi lineamenti: aveva il naso a patata, gli occhi verdi e i capelli neri.  
-Sarai probabilmente disperato per scegliere me per accompagnarti.- si sminuì da solo, con una nota di leggera ironia tagliente. 
-Invece ti sbagli... perché ce l’avevo. Ho visto te e ho cambiato idea.- Disse guardando per un istante, poi rivolse di nuovo lo sguardo lungo il percorso.
-Grazie?- Disse con perplessità. Nel mentre camminavano, gli sguardi questa volta non erano rivolti solo a sé, ma anche al ragazzo che gli stava di fianco. Guardò il corvino, ma la sua postura e il suo viso non trasparivano nessun tipo di vergogna, anzi. Il tragitto si stava svolgendo in silenzio, ma che fu subito rotto da Archibald.
-Scusa... non ci siamo ancora presentati; io sono Archibald, Archibald Hurt.- distese la mano al corvino, fermandosi.
-Io sono Alexandre Lennox, piacere.- Strinse la mano del rosso. E Archibald, per un solo momento credette che il corvino ritirasse la mano accorgendosi finalmente della chioma rosso sangue. Ma non succese. Continuarono a camminare, fino al ruscello. Quella gioranta, forse, non sarebbe stata male, dopotutto.
IDopo la presentazione dei due, il clima tra quest’ultimi era cambiato. Cominciarono a parlare del più e del meno, arrivando, alla fine, a una domanda scomoda. Il corvino era non poco titubante nel formulare quella domanda. Deglutì a vuoto e rivolse lo sguardo al rosso.
-Non ti ho mai visto... rimani sempre in casa per colpa della gente di quello stupido borgo, giusto?- Chiese continuando a camminare. Spostò una ciocca nera che gli ricadeva sulla fronte, portandosela indietro. 
Archibald si limitò ad annuire. Non poteva di certo dirgli che si era trasferito lì da poco o sciochezze del genere... e poi si sarebbe sentito troppo in colpa se avesse mentito all’unica sulla faccia della terra che non lo odiava per i suoi capelli. Man mano che i passi aumentarono, ripensò al lessico che aveva usato il ragazzo, definendo la gente del borgo stupida. Quello era un 
buon segno, no? Ciò voleva dire che il corvino si esonerava dall’ignoranza di quella gente, quindi era per questo il motivo del perché gli avesse domandato di scortarlo al ruscello. E se fosse contrario anche al pensiero del non uso della magia? Nah, così stava esagerando, stava giudicando il corvino troppo presto. Non vuol dire che se si esonera da un pensiero del borgo, allora ora è il bene incarnato in una persona... e poi l’odio per la magia veniva inculcato nelle menti sin da piccolli. Magari avrebbe sorvolato questo tratto di sé, per ora. Almeno finché non avrebbe avuto delle prove col tempo che gli davano la sicurezza di potersi confidare questo suo segreto.
 Sentì l’acqua scorrere dal ruscello, pulita come poche. Alexandre mise il secchio sotto il flusso d’acqua, cominciando a riempire  il secchio. Archibald si limitò a guardare il ragazzo. Si sedette su una pietra rialzata di qualche metro e aspettò che il corvino finisse. 
Buttò la testa all’indietro, facendosi illuminare dai raggi solari afosi di quella giornata. Sentì poi un getto d’acqua freddo, con una fragorosa risata in sottofondo da parte del corvino. Si alzò dalla pietra, andò nel lago e cominciarono a schizzarsi a vicenda.
Erano bagnati fradici. Archibald si passò la mano tra i capelli nell’intento di buttarseli tutti all’indietro... con scarso risultato. Era la prima volta dopo anni che si stava divertendo in quel modo. Tirò un lungo sospiro, dovuto alla frenesia che si era sprigionata tra i due in quel combattimento di schizzi. Sorrise al corvino e gli fece cenno di andarsene.
-Mai più una cosa del genere... sono fradicio come una spugna.- Disse Alexandre.
-Nah... lo faremo ancora, ancora e ancora.- Gli rispose facendogli poi un altro magnifico sorriso. Magari, davvero, quella giornata, seppur non caratterizzata da eventi speciali, ma bensì da un semplice lavoretto, era comunque la giornata più bella della sua vita.

 

 
   
 
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