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Autore: Lila May    30/07/2018    1 recensioni
/ Sequel di Disaster Movie / romantico, slice of life, comico (si spera) /
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10 anni dopo la terribile, anzi, mostruosa convivenza con i ragazzi della Unicorno, Esther Greenland passeggia per le strade di New York a tacchi alti e mento fiero. Il suo sogno più grande si è finalmente realizzato, e tutto sembra procedere normale nella Grande Mela americana.
Eppure, chi l'avrebbe mai detto che proprio nel suo luogo di lavoro, il gelido bar affacciato sulla tredicesima, dove non va mai nessuno causa riscaldamento devastato, avrebbe riunito le strade con una delle persone più significative della sua vita?
Il solo incontro basterà per ribaltare il destino della giovane, che si vedrà nuovamente protagonista del secondo disastro più brutto e meraviglioso della sua esistenza.
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❥ storia terminata(!)
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bobby/Domon, Dylan Keith, Eric/Kazuya, Mark Kruger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter twentyfive.

Bated breath

Aria fredda.
Fu la prima sensazione che percepì la pelle di Esther la mattina del ventiquattro, appena destata da quello che, a lasciar parlare l'immenso sbadiglio compiaciuto che quasi non le slogò la mascella, era stato il sonno rigenerante migliore della sua vita. All'ennesimo refolo invernale si decise ad aprire gli occhi, schiudendoli piano come per timore di ritrovarsi davanti uno dei tanti mostri che il fratello trovava divertente disegnarle nel diario scolastico.  Li fece vagare per la stanza buia, li fece abituare al nuovo giorno, e poi li lasciò dolcemente sprofondare tra le pieghe delle tende della finestra che fluttuavano a un pelo dalla moquette.
Scosse dal vento. Ecco da dove proveniva tutto quell'insolito gelo. La temperatura doveva essere calata durante la notte.
Si mise a sedere, e una cascata di boccoli color prugna fondente le si riversò sulle spalle candide.
Era mattina, la vigilia di Natale.
Si tolse la trapunta di dosso con un gesto grintoso e si alzò per chiudere la finestra, quando l'odore libero e selvaggio dell'aria le soffiò in viso, dispettoso. Le si intirizzirono le gote, ma lo respirò tutto, fino ad allargare al massimo i muscoli polmonari.
Sorrise, e arrossì.
Sapeva di Mark, dei suoi capelli ribelli e il suo sorriso gentile e timido che lo rendeva luminoso come un bambino.
E le sue labbra, che ieri l'avevano baciata lentamente.
L'avevano leccata, assaporata, cercata da una vita e finalmente trovata.
A quel pensiero spalancò gli occhi e chiuse la finestra di scatto, facendone tremare il fragile vetro.
Aspetta, cosa?
Mark l'aveva baciata! Gridò e si portò le mani alle labbra carnose, per nascondere al mondo il sorriso orgoglioso che le era improvvisamente sbocciato in viso. Il cuore le batteva così forte che persino le caviglie presero a pulsare frenetiche.
Le mani.
Le vene. Tutta lei, mentre la mente correva a ripescare la dolcezza di quel contatto languido e disperato che il biondo le aveva lanciato come corda a cui aggrapparsi. Come segnale che tra loro poteva davvero esserci qualcosa.
Poteva e voleva.
Era successo davvero. Non poteva crederci, e la caotica frenesia di quei sentimenti le fece pizzicare la gola di piacere. Era stato un bacio timido, uno di quelli cauti e impacciati tipici di Mark, eppure era bastato per accenderla come un fiammifero.
Doveva parlare con lui, questione di vita o di morte. Si tuffò nella valigia e per la prima volta scelse di indossare le prime cose che le capitarono tra le mani, come un vero americano che si rispetti. Non le importava di nulla, maledizione, solo di poter rivedere i suoi occhi chiari brillare come ieri sera.
Percepirlo vicino, inebriarsi del suo profumo.
Ora che si erano baciati, che cosa sarebbe potuto succedere?
Di tutto, ma voleva sentirselo dire da lui.
Si infilò le scarpe e scivolò al piano inferiore, aspettandosi di trovarlo.
Quando Erik la vide, disteso nel divano, ridacchiò divertito. << Sei un po' spettinata, miss “se non esco di casa in perfetto ordine mi sparo”. >>
<< A-ah? >> Esther si portò le mani ai capelli e per ovviare al caos si fece una coda last minute, incapace di nascondere il rossore nel ripensare a quando Mark, durante il bacio, le aveva incastrato le dita tra le ciocche.
La bocca le divenne di pasta frolla.
Era quel genere di sensazione che nemmeno la neve gelida di New York sarebbe riuscita a strapparle dal petto. << Come sto? >> chiese, anche se non le interessava più di tanto.
<< Brutta come al solito. >>
<< Ti ringrazio, nano da giardino. >>
<< Mi sembri agitata. >>
E lo era, infatti, molto.
<< Posso aiutarti? >>
<< Sì. Cerco il tuo amico Mark. >> pronunciare quel nome, dopo ciò che era accaduto dentro l'auto di Hanagrace, le fece fare le capriole al cuore. << E' qui? >>
Erik cambiò canale con aria svogliata. << No. E' uscito con Dylan. Perché? >>
Esther batté le ciglia più volte, sconcertata.
Chissà perché, un po' se lo era aspettato di non trovarlo subito.
<< Sai dirmi per caso dove si trovano? >>
<< No cara, mi sono svegliato poco fa, ho solo letto un suo messaggio dove mi ha lasciato scritto che era con Dylan. Come mai tutta questa voglia di vederlo? >>
Prese posto accanto al castano, avvilita. Aspettare il suo rientro significava aspettare di poter avere quelle risposte, e magari anche un altro bacio.
Ma scelse ugualmente di rimanere relegata in casa a godersi un po' di insana tv statunitense.
Lo avrebbe atteso, anche se l'impazienza di vederlo non smetteva di uscirle riottosa da ogni singolo poro.
E la voglia di poterlo baciare ancora una volta non smetteva di farsi strada in lei, correndo alla stessa velocità dei battiti cardiaci.


 
 
Era una mattina diversa dalle altre, quella.
Mark ne sentiva il cambiamento sui muscoli spossati delle gambe, tra i capelli scossi appena dal vento, nell'odore che Los Angeles aveva scelto di portarsi addosso. Posò le mani sulle ginocchia tremanti e cercò di calmare gli ansimi che gli fuoriuscivano dalle labbra, incanalando quel sapore di libertà che aveva assaggiato ieri sulle labbra di Esther, e che era bastato a farlo sentire in pace con se stesso.
Ripercorse il momento a bocca spalancata e sguardo stanco, ripercorse la bellezza dell'amica quando aveva aperto gli occhi per ammirarla, solo un istante.
E poi concentrarsi per fare suo tutto quello che lei aveva scelto di dargli.
Dylan lanciò un sospiro e si accasciò sulla panchina dinanzi a loro, esausto. << Ah, ci voleva una bella corsa. >>
Mark non rispose, senza fiato.
Se per la corsa frenetica che lo aveva visto protagonista fino a cinque minuti fa o per il bacio liberatorio di Esther, questo non lo sapeva.
Mentre cercava di non pensare a quanti altri ancora ne volesse, e a quanto non riuscisse a controllare quel desiderio, Keith si occupò di provvedere a riportarlo in sé. Aprì il borsone con uno scatto della mano destra ed estrasse un piccolo asciugamano bianco ed una bottiglia d'acqua.
Mark non si accorse di ciò fino a quando il panno non gli arrivò dritto in faccia, con la potenza di un tiro in porta. Si chinò per raccoglierlo da terra e se lo passò sul viso, sul collo, sotto la frangia che gli oscurava la fronte imperlata di sudore. << Dylan, fratello, quante volte ti ho detto di non tirarmi--
<< Le cose, lo so, lo so. >>
Kruger ignorò il sorriso sardonico del migliore amico con un sospiro.
<< Ti vedo perso, Mark. Mi hai fatto chiacchierare tutto il tempo. Non è da te dimenticarti di zittirmi e rivendicare la tua importanza. >>
Si accomodò l'asciugamano sulle spalle. << Sto benissimo. >>
<< Oh, questo lo vedo, Mark. Altrimenti non avresti accettato di venire a correre con me, come non avresti accettato di passarmi a prendere con la macchina nuova di tua madre. >>
Mark sorrise e abbassò lo sguardo gonfio di gioia. Voleva di nuovo sentire quella libertà, quella che aveva sempre cercato e trovato in Esther, sulle sue labbra.
Baciarla era stato come volare. Possedere due maestose ali bianche dietro la schiena, pronte a portarlo verso l'infinito.
Ed era una sensazione a cui già si era reso conto di dipendere.
<< Allora, Mark? >> Dylan distese le gambe e aprì la bottiglia d'acqua. << Vuoi dirmi come mai oggi sei più simpatico del solito? >>
Kruger prese posto accanto all'amico e si grattò tra i capelli biondi, divertito.
<< Yesterday... >>
<< Yesterday? >> e Dylan si attaccò al collo della bottiglia, assetato.
<< Ho baciato Esther. >>
La poca acqua che gli era finita in bocca venne meravigliosamente sputata fuori dalle labbra, con tanto di sonoro ringhio animalesco come sottofondo.
Dylan spalancò le iridi dorate, si voltò verso l'amico, e gli sembrò di non riuscire più a respirare mentre si specchiava nel profondo acquamarina del compagno.
Se avesse avuto altra acqua intrappolata in gola, gliel'avrebbe sputata addosso.
<< D-Dylan? >>
<< Fratello, forse ti sei sbagliato. Volevi dire che lei ha baciato te. >>
Mark arricciò il naso. << N-no, io ho baciato lei. >>
<< Woh woh woh wooooooooh! >> Dylan scoppiò a ridere così forte da catturare l'attenzione di alcuni passanti e persino di un cane.
Non poteva credere a quello che aveva appena udito, cazzo. Mark che faceva la prima mossa? Che baciava una ragazza? Per quel che ne sapeva, fino a ieri erano le femmine a doverselo andare a prendere. Non che Mark fosse un tipo che si faceva desiderare fino alla morte; semplicemente, era sempre stato timido.
Impacciato. Un disastro a conquistare, e quindi lasciava fosse l'altro sesso a muovere i primi passi.
Straordinario come Esther fosse riuscita a capovolgerlo da preda a predatore in un battito di ciglia. << Sono sconvolto. Sicuro di essere Mark? >>
Mark sorrise. Aveva i suoi dubbi pure lui.
<< E lei come ha reagito? >>
<< Lei... lei bene, penso. >>
<< Che vuol dire “bene, penso”? Quella è scema di te, Mark. >>
<< Ancora non abbiamo parlato. >>
<< E che aspetti? >>
<< Un momento buono per farlo. Magari dopo questi incasinati giorni di festa... >>
<< E ieri sera non andava bene? >>
Mark scosse il capo, e la chioma bionda si mosse con lui. Ieri sera non c'era stato modo di parlarne, perché le emozioni erano state troppo forti e vivide per permettere un attimo di sobrietà. Quando ritornò a fissare l'amico, si accorse che questo lo stava ammirando con un enorme sorriso orgoglioso.
<< Ho fatto quello che mi sono sentito. >> gli disse, e fece spallucce, imbarazzato. Gli sembrava tutto così naturale, che per lui il fatto di essersi buttato per primo non voleva dire assolutamente nulla.
Nulla, se dall'altra parte c'era Esther.
<< Mark! I can't believe it maaan! >>
Come se per lui l'accaduto fosse stato già assimilato al cento per cento.
Stentava ancora a credere di aver passato l'intera vita alla ricerca della libertà. Prima con Johann, suo padre, poi con Melanie. Ma nessuna delle due era risultata tale.
Si era trattato solo di... passi avanti, spinte verso un domani che sentiva finalmente di aver raggiunto. Verso quella libertà, che non c'entrava nulla con quella d'espressione, di religione, di scelta, di amore che tanto ammirava, e che caratterizzava il DNA degli americani - compreso il suo -.
Era molto di più. Era qualcosa che non poteva spiegare.
E l'aveva sempre conosciuta, dio.
Era sempre stata in un cellulare, in quei messaggi che non avevano mai perso valore, intrappolata in un passato che ora era diventato un piacevole ricordo di cui si poteva fare tranquillamente a meno.
Perché la sua libertà ora viveva nella sua stessa città. E portava il nome di Esther Greenland.

 

Quando Mark rientrò dalla corsetta insieme a Keith, e aprì la porta di casa con un sonoro sbuffo, Esther non si era di certo aspettata di vederselo fradicio dalla testa ai piedi, con i capelli biondi appiccicati alla fronte e il retro della maglia inumidito da quello che le sembrava un enorme alone di sudore.
E Mark, d'altro canto, non si era di certo aspettato di trovarsela in sua attesa, seduta sul tavolo a contemplarsi lo smalto.
Si vergognò dello stato in cui era conciato, e dopo aver farfugliato qualcosa - tra cui probabilmente anche un saluto ad Erik - scappò in bagno con una corsa << Okay guys by-- OHA...! >> che per poco e non lo fece scivolare dalle scale. << Fine fine! Fine. >>
Dylan scoppiò a ridere e spettinò i capelli a Mary, che però era troppo presa dal programma in TV per drogarlo con i suoi immensi occhi color perla. Poi prese posto accanto ad Esther. << Sì, Mark è scemo. Sì, Mark suda. >>
<< Ma saranno quattordici gradi di fuori! >>
<< Ma Mark è strano, ti fai ancora domande? >>
<< Beh... io lo trovo comunque sexy. >> mormorò Esther, e subito si tappò la bocca per ciò che le era sfuggito.
Ops. Pensare a voce alta in presenza di Dylan non era mai buona cosa.
<< Meglio che glielo fai sapere, prima che si faccia indecenti complessi mentali e venga a torturarmi. >>
<< Glielo riferirò, promesso. >>
Come, non lo sapeva. Magari glielo avrebbe fatto capire con un altro bacio, chissà. Che lo trovava bellissimo, e che tutte le volte che lo vedeva il suo cuore perdeva il conto del controllo cardiaco. << Ehm, Dylan... >> si sistemò i capelli e corrucciò le labbra carnose, stringendo le mani a pugno. Ora voleva sapere se Mark per caso gli aveva raccontato qualche dettaglio su ciò che era accaduto ieri, sul bacio e se gli era piaciuto. Essendo Dylan suo migliore amico e protettore, sicuramente dovevano averne parlato.
Per forza. Mark gli rivelava sempre tutto. << Volevo chiederti. >>
<< Sìììì? >>
<< Se per caso... Mark... uhm... >> siccome non le andava di spifferare ai quattro venti del bacio, si mantenne sul vago, anche se probabilmente Keith già ne sapeva fin troppo. << ti ha detto qualcosa su... su di me. >> e ritornò a torturarsi le ciocche, con l'ansia che le stava trivellando lo stomaco.
Dylan sorrise divertito, prese una mela, si alzò e se la portò alla bocca.
Poi si voltò e le fece un occhiolino che voleva dire “non parlerò, quando può benissimo farlo Mark”, ed Esther comprese al volo.
<< Perché non glielo chiedi tu? >>

 
<< Bene. Seduti. Grazie. >>
Mark batté le palme sul tavolo, fresco di doccia, e fece scorrere gli occhi su tutti i presenti lì con lui in quel momento. Dylan, Esther, Mary ed Erik. Poi prese un respiro e si concentrò sul discorso che aveva preparato sotto il getto bollente, in fretta  e furia. << Come ben sapete, oggi è la vigilia di Natale. >>
<< Ora inizia con i discorsi insopportabili da Capitano invasato... >> sbottò Erik, ma sorrideva vistosamente quando si portò il mento alla mano, segno che il commento non era affatto da prendere sul serio.
<< Shhh. >> Dylan sollevò un sopracciglio biondo. << Fagli credere di essere ancora il boss indiscusso della squad. >>
<< Silenzio. >>
<< Appunto. >>
<< Stavo dicendo. Oggi è il ventiquattro dicembre, e siccome non abbiamo organizzato nessun piano, che ve ne pare se ci facciamo venire un'idea in mente adesso? >> Mark si armò di foglio e lo strappò in cinque pezzi di diversa forma, sotto gli occhi stupefatti e curiosi di tutti. Poi ne distribuì uno a ciascuno, tenendosi il quinto per lui, e posò qualche penna in mezzo al centro dei presenti.
Esther sventolò il fogliettino bianco, confusa. << Che ci dobbiamo fare con questi? >>
<< Vi spiego il mio piano. Ciascuno di voi scriverà un'idea carina per la vigilia, poi faremo un sorteggio e il bigliettino che uscirà sarà come passeremo le ore. Quando avremo finito faremo un secondo sorteggio, e magari anche un terzo, tempo permettendo. Ingegnatevi ragazzi, voglio vedere belle cose. >> finita la spiegazione da oscar, si chinò sul suo foglietto slabbrato e cominciò a battere la penna sul legno del tavolo, in attesa di farsi venire in mente qualcosa di carino e divertente per consumare le ore in attesa del natale. Quando il flash arrivò tracciò la soluzione con la mano sinistra e infilò il bigliettino in una bustina verde che aveva rimediato cercando prima tra le cianfrusaglie della madre. Qualche minuto dopo, quando tutti i ragazzi ebbero tracciato per iscritto la loro idea di vigilia, venne estratto il primo bigliettino.
Kruger lo aprì, si schiarì la voce e lo lesse per i quattro presenti. << Contattare qualche bella ragazza di colore che... ha voglia di divertirsi e... >> aggrottò i sopraccigli. << fare tanto tanto se--
Arrossì selvaggiamente e il bigliettino divenne un filamento di stracci mentre se ne liberava con smisurata stizza. << Dylan, sei un maledetto coglione. >>
<< Mark, è la vigilia di natale! >>
<< Bene, signori, Dylan Keith è escluso dal gioco. >>
<< Ma MARK! >>
 << Il prossimo! >>
Mentre Dylan metteva su il broncio e Mary se la rideva di gusto, Mark affondò la mano nel sacchetto e ne estrasse un altro. Lo aprì e il cuore riconobbe la calligrafia di Esther ancora prima degli occhi. << Biscotti? >> la cercò con lo sguardo e le sorrise impacciato, nascondendo il luccichio sotto la lunga frangia che in quel momento gli fece da ottimo scudo protettivo. << Oh, this is adorable. >>
<< Sì, lo so! >>
<< Ma abbiamo gli ingredienti per farli? >> domandò Erik, improvvisamente interessato all'argomento “cucina”.
<< Domanda intelligente. Li abbiamo? >>
<< Se non lo sai tu, Mark... >>
<< Giusto. Ehm >> Mark fece una rapida ispezione degli scaffali e si segnò tutto quello che mancava. << Se mi aspettate faccio una corsa qui vicino e vado a prenderli. E se magari preparate la tavola, al posto di starvene lì a grattarvi le palle >>
Dylan si riscosse sulla sedia e gli mandò un bacio volante. << Certo amore mio. >>
<< Grazie. >>
Esther volle accompagnarlo, ma lo avrebbe solo rallentato, e quello era un giorno di festa che era meglio passare con gli amici, a mente libera. Mentre lo osservava prendere la giacca si decise che ne avrebbero discusso a New York.
Con calma.
E quando sentì la porta serrarsi con dolcezza promise alla vecchia Esther di tredici anni che si sarebbe dichiarata, una volta per tutte.
E che Mark sarebbe stato finalmente suo.


 

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nda
mi sto tormentando, perché non voglio che questa storia finisca, ma siamo praticamente giunti agli sgoccioli. Ancora qualche altro capitolo ed è fatta e io sto morendo al solo pensiero
Mark finalmente ha capito qual è la sua strada, e soprattutto, con chi vuole percorrerla. A parte che quando fa jogging, suda e parla allo stesso tempo è il sesso, viva il fanservice(?), iò che realmente conta è come Esther sia stata in grado, con la sua stupidità da vacca ignorante :'' a fargli capire più cose di quante Kruger se ne sarebbe mai aspettate.  E io Marky me lo sono sempre immaginata come un ragazzo che, se non fai la prima mossa, non verrà mai al tuo capezzale a rivelarti i sentimenti che prova per te. Il fatto che abbia baciato Esther per primo indica che il suo amore per lei è riuscito a battere i suoi impedimenti da... da cerbiatto che ancora non sa camminare. No, scherzo, non escludo sia un ragazzo maturo. Dico solo, che Dylan certe volte mi sembra più portato per cose  magari anche banali, ma che Mark non mi da l'impressione di saper esprimere con la stessa facilità.
Ma si ama, per questo.
Se vi aspettavate QUALCOSA, dopo il bacio che si sono dati, BEHHH, vi sbagliavate, eheheh. Non si cagano nemmeno, e, spoiler, non lo faranno fino all'ultimo capitolo -forseforse-. L'intenzione c'è, ma non il fatto vero e proprio. Questo perché di mezzo si metteranno altri problemi, e Mark Kruger ha dei conti in sospeso con Silvia – che presto arriverà, presto presto, per la gioia – o agonia(?) – di Eagle. Perché Mark una volta sistemato sistema tutti gli altri, ehehe. Siccome la situazione con Esther è, per ADESSO, sospesa, ho deciso di chiamare il capitolo Bated Breath – canzone di Tinashe, cantante che adoro -, e significa appunto respiro sospeso. Sospeso, fino all'ultimo.
Letteralmente(?).
Ci sentiamo al prossimo aggiornamento, che avverrà right now perché praticamente il nuovo chappy è collegato a questo.
   
 
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