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Autore: Soly_D    31/07/2018    1 recensioni
Neji era morto. Morto. Morto. Morto.
Quelle parole le rimbombarono nella mente per interi minuti. Si prese la testa tra le mani, tappandosi le orecchie come per placare quella vocina persistente, e strizzò gli occhi, mentre il pianto si faceva sempre più necessario, più irrompente.
Il sole era alto nel cielo, un cielo azzurro e finalmente libero dalle guerre, dalle devastazioni, dalla morte, ma a Hinata veniva solo da singhiozzare. Fino a non avere più lacrime.
[Mini-long KibaHina♥]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Un po' tutti | Coppie: Kiba/Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Hinata no haru
[La primavera di Hinata]






#04. L’arrivo della primavera


Quel giorno il team 8 e il team 10 erano stati convocati dall’Hokage per una missione piuttosto impegnativa e, dopo aver viaggiato per l’intera giornata, avevano deciso di passare la notte in una vecchia locanda. Hinata cominciava ad essere preoccupata per Ino: aveva detto che presto l’avrebbe raggiunta, ma il suo futon era ancora vuoto. Avvolgendosi nelle coperte, la Hyuuga si alzò e uscì in corridoio per cercare l’amica, quando notò due figure sedute in un angolo, l’una accanto all’altra. Nella penombra Hinata riconobbe la folta chioma bionda di Ino e il viso tatuato di Kiba illuminato dalla luce della luna che penetrava attraverso la grande finestra del corridoio.
«Non piangere, sei bellissima quando sorridi».
«...non ci starai mica provando con me?».
«E anche se fosse?».
La risata cristallina di Ino rimbombò tra le pareti del corridoio, mentre Kiba le intimava di fare silenzio, altrimenti avrebbe svegliato tutti. Hinata abbassò lo sguardo offuscato di tristezza, stringendosi maggiormente nella coperta che la avvolgeva. Era da anni che Kiba ci provava con Ino, ma lei non se ne era mai preoccupata, avendo avuto occhi solo per Naruto. Ma ora... ora le cose erano ben diverse. Hinata era certa che Kiba, la notte di Natale, le avesse confessato di amarla, anche se poi il mattino dopo l’aveva negato, probabilmente per paura o per imbarazzo. E allora perché lui continuava a rivolgere le sue attenzioni ad Ino? E soprattutto, perché questo le faceva così dannatamente male, quasi più male di quanto le aveva causato guardare Naruto rincorrere Sakura per tutti quegli anni?
Con un sospiro stanco Hinata rientrò in camera e si mise a letto. Aveva come la sensazione che quella notte non sarebbe passata così in fretta.



Dopo aver alloggiato nella locanda, i due team si erano subito rimessi in cammino per portare a termine la missione. Si spostavano velocemente e silenziosamente da un albero all’altro.
«Hinata, cos’hai?». Era la terza volta che Kiba glielo chiedeva nell’arco di una mattinata. Hinata gli aveva risposto altrettante volte «Nulla, Kiba-kun, sono solo stanca... quel futon era un po’ scomodo». In realtà il futon non c’entrava nulla: il motivo per cui non era riuscita a chiudere occhio era ben diverso, ma questo Hinata se lo sarebbe tenuto ancora per sé, nascosto nel cuore, quel cuore che aveva così tanto sofferto e poi conosciuto un barlume di felicità che però ora sembrava svanita nel nulla.
«E dai, Hinata... sento che c’è qualcosa che ti turba».
Hinata lo guardò, sembrava seriamente preoccupato per lei. Non resistette alla voglia di sapere.
«Kiba-kun», cominciò. «Ricordi quando mi hai confessato di esserti innamorato di una ragazza?».
Kiba trasalì, schivando all’ultimo un ramo davanti a sé. «Sì e allora?».
«È Ino?», gli chiese lei in un sussurro. «È Ino quella ragazza?».
Dopo qualche attimo di esitazione, Kiba scoppiò a ridere. «Cosa?! No! È senza dubbio una bella ragazza, ma lei ama un altro e anche io... amo un’altra». Kiba sembrava sincero. Hinata si morse il labbro inferiore, indecisa se continuare o meno.
«E allora perché continui a provarci con lei?».
«Hai ascoltato la nostra conversazione ieri sera?».
Hinata arrossì, mettendo le mani avanti. «Ti giuro che non volevo, mi sono ritrovata lì per caso!».
«Aveva litigato con Shikamaru ed io l’ho solo consolata», le spiegò Kiba.
A Hinata parve tutto più chiaro. Ecco perché Ino singhiozzava nel cuore della notte, ecco perché Kiba era stato così carino con lei. Da buon amico qual era, lo avrebbe fatto con chiunque. Hinata si vergognò di se stessa per essere subito saltata a conclusioni affrettate.
«Mi dispiace aver dubitato di te, Kiba-kun», ammise. «Io...». Non sapeva bene cos’altro dire. Se ne avesse avuto il coraggio, gli avrebbe confessato che quella conversazione tra lui e Ino l’aveva fatta dannatamente ingelosire. Ingelosire... che strana parola, che strano accostarla a Kiba.
«Non c’è bisogno che ti scusi, Hinata», rispose l’Inuzuka sorridendo.
Hinata ricambiò il sorriso e per un attimo i loro occhi si incrociarono senza riuscire a staccarsi. Gli occhi piccoli e ferini di Kiba scrutavano quelli di Hinata alla ricerca di qualche indizio che lo portasse a capire perché l’episodio della sera prima l’avesse tanto turbata. Gli occhi grandi e perlacei di Hinata scrutavano quelli di Kiba nel tentativo di riversarvi tutto ciò che non riusciva a tramutare in parole. Fu come se i loro compagni, il cielo azzurro sopra le loro teste, il verde del bosco e i suoi rumori fossero miracolosamente scomparsi. Fu come se il tempo si fosse bloccato.
E fu un errore che costò caro ad entrambi.
«HINATA, KIBA, ATTENTI!».
Avvenne tutto troppo velocemente. Hinata non ebbe tempo a sufficienza per attivare il Byakuugan e non riuscì a notare il ninja che precipitava dall’alto di un albero con una siringa in mano. Ma Kiba fu più veloce: si gettò su di lei per proteggerla lasciandosi iniettare nel corpo una sostanza che in seguito sarebbe stata identificata come veleno.
Il corpo di Kiba si afflosciò su quello di Hinata come privato di tutte le energie.
«Kiba-kun!», urlò la Hyuuga scuotendolo per le spalle, mentre Akamaru abbaiava preoccupato.
Con un agile balzo Ino li raggiunse. «Hinata, vieni con me!».
E Hinata non se lo fece ripetere due volte.



I ragazzi si occuparono di sbaragliare i nemici, mentre Ino e Hinata trasportavano Kiba in un luogo appartato nella foresta. Lo poggiarono per terra, sembrava svenuto ma gli occhi tremavano sotto le palpebre chiuse e le labbra erano contratte in una smorfia di dolore.
«Credo che sia stato avvelenato», decretò Ino, tirando fuori dalla sua borsa l’occorrente per rimuovere il veleno dal corpo di Kiba.
Hinata avvertì gli occhi umidi, ma si impose di mantenere la calma. «Ino, ti prego...».
«Farò del mio meglio», promise la Yamanaka. «Se Sakura è in grado di farlo, allora non vedo perché dovrei fallire proprio io». Formò con le mani una grossa bolla verdognola e la avvicinò al petto di Kiba. «Saikan Chushutsu no Jutsu*». La bolla penetrò nel petto e riemerse qualche secondo dopo portando con sé macchie violacee.
«È il veleno?», chiese Hinata. Ino annuì e continuò il suo lavoro in silenzio. Hinata fissava preoccupata il volto contratto di Kiba, cercando di captare qualsiasi segno di sofferenza o di guarigione. Si era scagliato verso di lei per proteggerla, come sempre, e si era beccato le conseguenze al suo posto, come sempre. Se solo fosse stata più attenta, più veloce, se solo avesse attivato il Byakuugan un secondo prima, avrebbe potuto evitare a Kiba tutta quella sofferenza. Sarebbe stata disposta anche ad essere avvelenata al posto suo: in fondo quel veleno era diretto a lei, non a lui. Era colpa sua se Kiba giaceva su quel prato in quelle condizioni... era sempre stata solo un peso, per lui e per l’intera quadra.
Cosa ci trovava Kiba di tanto interessante in lei? Hinata si strinse nelle spalle, strappando un ciuffo d’erba con rabbia.
«Guarda, Hinata, si sta riprendendo». La voce di Ino la riportò alla realtà. Lo sguardo della Hyuuga corse velocemente al viso di Kiba, ora più rilassato, tanto che sembrava stesse dormendo. Quel pensiero le ridiede speranza, ma non riuscì a cancellare il senso di colpa che le opprimeva il cuore. Strinse una mano a Kiba, sperando di infondergli un po’ di forza come faceva sempre lui con lei. Quando tutto il veleno fu rimosso dal corpo del ragazzo, Hinata si gettò su Ino, abbracciandola. «Grazie, Ino, sei stata fantastica».
La Yamanaka ricambiò la stretta, accarezzandole la testa. «Non commettere il mio stesso errore, Hinata», gli sussurrò in un orecchio. «Diglielo subito che sei innamorata di lui o potrebbe essere troppo tardi».
Hinata arrossì di botto. «I-io non sono innamorata di lui...».
«Oh, certo, e a me non frega nulla dei viaggi di Shikamaru a Suna!».
Hinata si lasciò sfuggire un sorriso. Forse... forse avrebbe dovuto seguire il consiglio di Ino, ma prima doveva scusarsi con Kiba. Scusarsi per tutte quelle volte in cui era caduta e si era appoggiata a lui per rialzarsi, scusarsi per essersi fatta travolgere da un amore illusorio, non ricambiato, e per non essersi accorta prima dei sentimenti che Kiba provava per lei.
Una volta a Konoha, Sakura insistette per fare alcune visite di controllo a Kiba, nel caso in cui nel suo corpo ci fossero ancora residui di veleno (cosa che irritò enormemente Ino, convinta di aver già fatto abbastanza).


Kiba aprì gli occhi, rendendosi conto di essere in un letto d’ospedale. Mosse un po’ il collo e le gambe... tutto in ordine. La testa gli faceva male e si sentiva ancora piuttosto debole ma, ricordando l’iniezione che gli aveva fatto il nemico nella foresta, tutto sommato se l’era cavata piuttosto bene, se riusciva ancora a muoversi e formulare pensieri di senso compiuto.
Non gli ci volle molto per accorgersi della mano che stringeva la sua e della chioma di capelli blu che invadeva il lato destro del suo letto. Hinata era seduta su una sedia al suo fianco e dormiva profondamente. Evidentemente aveva vegliato su di lui per tutto il tempo e, stanca com’era dalla notte prima, aveva finito per addormentarsi senza accorgersene.
Kiba sorrise. Era contento che Hinata stesse bene. L’ultimo ricordo che aveva di lei prima di essere colpito erano i suoi grandi occhi bianchi sgranati per la paura, con le vene del Byakuugan che sembravano quasi voler esplodere, e la sua voce che gli rimbombava nella testa. “Kiba-kun! Kiba-kun!” Per fortuna era stato abbastanza veloce da beccarsi quell’iniezione al posto suo.
Le accarezzò dolcemente la testa e, nel farlo, la svegliò. Kiba la vide sollevare il viso e stropicciarsi gli occhi fino ad accorgersi che anche lui era sveglio. «Kiba-kun!», esclamò infatti, lasciandogli la mano come se scottasse. «Stai bene!».
«Certo che sto bene», rispose Kiba, battendosi una mano sul petto con orgoglio. «Ci vuole ben altro per mettere al tappeto il grande Kiba Inuzuka!».
Hinata sorrise divertita, poi sembrò ricordarsi improvvisamente di qualcosa e il suo sguardo si offuscò di nuovo. «Sei stato avvelenato, sai? È stata Ino a rimetterti in forma», gli spiegò e Kiba annuì segnandosi mentalmente di andare a ringraziare la Yamanaka. «Mi hai fatto prendere un bello spavento... non farlo mai più», continuò Hinata con un velo di tristezza.
Kiba scosse la testa. «Tu stai bene ed è questo l’importante».
«No», ribatté lei con lo sguardo deciso. «Stavolta no».
Kiba la guardò perplesso. Cosa le prendeva? Era forse arrabbiata con lui? E per quale motivo poi?
«Ti ringrazio per quello che fai per me, Kiba-kun, ma mi sono stancata di essere salvata. Non immagini quanto sia frustrante vedere i miei amici...», fece una pausa, correggendosi, «...vedere te sacrificarti a causa mia. Non lo sopporto».
Kiba capì. Capì che Hinata era cresciuta, che non era più una fragile principessa in pericolo, ma una guerriera pronta a combattere. Eppure non poteva fare a meno di pararsi di fronte a lei ogni volta che incombeva un pericolo. Gli veniva semplice, naturale, come mangiare o camminare.
«Sono io a volerlo, Hinata. Non mi obbliga nessuno».
«Kiba!». Il ninja sussultò. Hinata si era messa in piedi e aveva poggiato i pugni sul letto, sporgendosi verso di lui con occhi carichi di determinazione e una punta di rabbia. Inoltre non aveva usato il –kun, cosa che lo lasciò interdetto. Quell’onorifico era il modo con cui lei gli dimostrava affetto e fiducia. Perché non lo aveva usato?
«Ascoltami bene perché non lo ripeterò un’altra volta! Prova di nuovo a sacrificarti al posto mio e dopo sarò io a farti ancora più male! Un bel pugno qui sopra, proprio come quelli che Sakura dà a Naruto-kun!». A conferma delle sue parole Hinata poggiò la mano stretta a pugno sulla testa di Kiba, lasciandolo a bocca aperta. Dov’era la ragazzina dolce e innocua che aveva conosciuto qualche anno prima? Chi era quella donna forte e sicura di sé? Eppure Kiba non poteva fare a meno di amarle entrambe. Sorrise accondiscendente.
«Va bene, Hinata».
La ragazza, però, non sembrava convinta. Si avvicinò al suo viso, come per leggergli dentro e scoprire se stesse mentendo. «Promettimelo!».
«Promesso», terminò Kiba e Hinata si allontanò soddisfatta.
Che stesse mentendo o no, in realtà non lo sapeva neanche lui. Non sapeva se in futuro sarebbe stato in grado di starsene con le mani in mano se Hinata avesse avuto bisogno di aiuto, ma per il momento era quello che lei aveva bisogno di sentirsi dire per stare in pace con se stessa e in fondo andava bene così. Quello di cui aveva bisogno Kiba in quel momento, invece, era una bella doccia e una sana dormita.
«Ora, però, voglio tornarmene a casa».
Fece per muoversi ma Hinata lo bloccò. «Sakura ha detto che devi rimanere qui stanotte». Kiba ricadde sul lettino con un sospiro stanco, ma le successive parole di Hinata gli scaldarono il cuore e gli ridiedero forza. «Se vuoi posso rimanere qui con te».
«Davvero lo faresti, Hinata?».
Hinata annuì, arrossendo un po’ sulle guance. «Certo, tu mi sei stato vicino tante di quelle volte... ora tocca a me».
Kiba le sorrise, i canini bene in vista, e lei fece altrettanto.


Più tardi Hinata si stese accanto a Kiba ed entrambi si voltarono su un fianco, così da stare più comodi.
Kiba le circondò la vita, affondando il viso tra i suoi capelli profumati.
«Buonanotte, Kiba-kun».
«’Notte», rispose lui.
Quando fu sicuro che lei si fosse addormentata, le scostò i capelli dal collo e le depositò un bacio sulla pelle scoperta.
Kiba non poteva saperlo, ma Hinata aveva rabbrividito a quel contatto.


***


Hinata correva per il prato premendosi il cappello di paglia sulla testa per non farlo cadere e il suo vestito a fiori svolazzava confondendosi con l’ambiente circostante. Kiba aveva quasi la sensazione che lei volasse perché i suoi piedi, infilati in un paio di graziosi sandali, non calpestavano duramente il suolo, ma avanzavano leggeri come dotati di piccole ali.
Sembrava un angelo, Hinata, mentre si fermava in mezzo al prato e gettava le braccia al cielo sgombro di nuvole per poi volteggiare su se stessa e ridere, ridere felice e spensierata, e lasciare che la sua risata cristallina riecheggiasse nell’aria. Kiba, steso sul prato a pochi passi da lei, si lasciò presto contagiare: un po’ perché Hinata era davvero buffa, un po’ perché quel suo volteggiare faceva sollevare continuamente la gonna e gli permetteva di intravedere le cosce bianche della ragazza [e poco più su] e il che rendeva Kiba imbarazzato ed euforico al tempo stesso.
Povera, piccola, innocente Hinata, ignara di cosa fosse in grado di scatenare nel suo cuore [e nei suoi pantaloni...].
«Amo la primavera!», esordì la Hyuuga, riportandolo alla realtà.
«Hai detto lo stesso dell’autunno e dell’inverno, Hinata», le fece notare lui.
La ragazza smise di volteggiare e lo guardò contrariata. «Ma la primavera...», cominciò, cercando le parole adatte, «...insomma, è la primavera!», concluse infine come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Si chinò sul prato, stando ben attenta a non spiegazzare il suo bel vestito. «Ci sono i fiori...», spiegò, strappando una margherita da terra con delicatezza, quasi non volesse farle male, per poi rigirarsela tra le dita. Dopo qualche secondo tornò in piedi e alzò gli occhi al cielo. «... fa più caldo e anche se c’è vento è piacevole. Qualche volta piove, ma tanto torna sempre il sole». Qualche volta piove, ma tanto torna sempre il sole.
Kiba pensò che quella frase rappresentasse perfettamente la vita di Hinata. Aveva piovuto diverse volte nel suo cuore – prima a causa dell’accanimento della rigida casata Hyuuga su di lei, poi per la scomparsa di Neji, infine per il rifiuto di Naruto – ma era sempre tornato il sole, bello, caldo, luminoso, in grado di spazzare via la tristezza e le paure. E Kiba si sentiva così fortunato all’idea di poter godere, anche solo in parte, di quel bellissimo sole.
Mentre rifletteva, Hinata l’aveva raggiunto e si era chinata verso di lui, le mani strette dietro la schiena e un sorriso birichino stampato sul volto mentre continuava la sua descrizione di quella stagione. «Ma soprattutto, in primavera, si può stare stesi su un prato a guardare le nuvole senza fare nulla, vero Kiba-kun?», lo punzecchiò, alludendo alla sua pigrizia.
«Ah sì?», rispose l’Inuzuka sorridendo malizioso. Approfittò della vicinanza di Hinata per afferrarle un braccio e la tirò verso di sé. Hinata perse l’equilibrio ed ebbe appena il tempo di sgranare gli occhi e urlare «Kiba-kun!» prima di cadere in avanti e ritrovarsi spalmata sul corpo del compagno. Quando sollevò il viso e incrociò gli occhi di Kiba, però, Hinata non trovò alcun motivo per lamentarsi e scoppiò a ridere di nuovo, con lui che la seguì a ruota. Risero, risero di cuore finché le loro risate non scemarono nell’aria trasportate via dal vento.
Quando i loro occhi si incontrarono nuovamente, imbarazzati, Kiba prese la margherita dalla mano di Hinata e gliela sistemò delicatamente tra i capelli. Hinata arrossì e abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello dell’amico – amico?
Kiba pensò che quello era il momento perfetto per dichiararsi. Hinata era così vicina a lui, così bella, così spensierata, e l’atmosfera tra loro si era fatta così romantica e l’amore che Hinata aveva provato per Naruto ora sembrava solo un ricordo lontano e lui non sapeva esattamente cosa dire e come dirlo, ma dover pur dire qualcosa.
«Hinata, io...».
«Sssh». Hinata gli tappò la bocca con un dito, stupendolo. Sorrise e il rossore sulle sue guance sembrò intensificarsi. «Io lo so da un po’ di tempo, ormai. E credo... credo di provare lo stesso».
Hinata chiuse la bocca e poi la riaprì come desiderosa di aggiungere qualcos’altro, ma Kiba non gliene diede la possibilità. Hinata sapeva e lo amava... sapeva e lo amava! Le avvolse la schiena con entrambe le braccia e se la strinse al petto. Hinata si lasciò abbracciare nonostante la posizione scomoda, l’imbarazzo e il cuore che minacciava di scoppiarle nel petto. Avrebbe voluto ricambiare l’abbraccio ma Kiba la stringeva in maniera così decisa da impedirle di sollevarle le braccia. Quando poi lui la allontanò da sé, Hinata non fece in tempo a muovere un solo muscolo che si ritrovò con le labbra premute contro quelle di lui.
Una folata di vento le sollevò il cappello dalla testa trascinandolo via, ma non le importò.
Era il suo primo bacio e non lo aveva dato a Naruto, eppure pensò che quel momento fosse a dir poco perfetto e che non avrebbe voluto trovarsi da nessun’altra parte se non lì, stesa su quel prato insieme a Kiba Inuzuka, il suo compagno di team, il suo migliore amico, che la amava da sempre e che aveva scoperto tardi (ma non troppo tardi) di ricambiare.
Quando si staccarono, Hinata sorrise poggiando la fronte contro quella di Kiba e si sentì in dovere di puntualizzare la cosa più importante.
«Voglio stare con te, Kiba-kun, e non come ripiego. Capisci?».
Kiba notò che gli occhi di Hinata non avevano mai brillato così tanto, nemmeno per Naruto. Sorrise a sua volta, felice come mai in vita sua, e le sistemò una ciocca scura dietro l’orecchio.
«Sì, Hinata».
Era arrivata la primavera, la primavera di Hinata.




Extra
Hinata no natsu – L’estate di Hinata

Seduto per terra a gambe incrociate, Kiba pensava che Hinata, seduta a sua volta di fronte a lui contro il tronco di un albero, non gli stesse prestando minimamente attenzione, intenta com’era a sfogliare con occhi avidi le pagine di un libro vecchio e polveroso. Un libro di antiche tecniche della famiglia Hyuuga che Hinata aveva trovato per caso in un baule in soffitta durante le pulizie di primavera.
La canottiera dalla scollatura moderata non riusciva a nascondere le forme generose. E i capelli lisci e lucidi, raccolti in due bande ai lati del viso, scendevano sul petto in contrasto con la pelle chiarissima, facendola sembrare una fragile bambola di porcellana.
Forse il caldo estivo gli aveva dato alla testa, ma mai come quel giorno Kiba sentiva il desiderio prepotente di strappare il libro dalle piccole mani bianche di Hinata e baciarla, baciarla fino a toglierle il respiro, e poi farci l’amore per tutto il pomeriggio, lì, contro quell’albero. Diamine, era pur sempre un giovane uomo con gli ormoni in subbuglio e una bellissima fidanzata con la quale non era andato oltre i baci...
Kiba credeva che Hinata non sospettasse nulla di tutte quelle attenzioni, ma la verità era che in un’ora la Hyuuga era riuscita a leggere solo una misera pagina, incapace di andare avanti a causa delle occhiate che Kiba le rivolgeva. Hinata non se ne era lasciata sfuggire nemmeno una. Erano occhiate cariche di sentimento, di desiderio, di passione. Quel desiderio infuocava gli occhi ferini di Kiba, rendendoli liquidi, annebbiati. Quella voglia irrefrenabile di toccarla non gli permetteva di starsene rilassato, lo costringeva a stringere i pugni e deglutire per non mostrarsi così disperatamente innamorato, bisognoso, voglioso di lei.
Kiba non poteva capire cosa quelle occhiate scatenassero nell’animo di Hinata, che percepiva quel desiderio quasi staccarsi dal corpo del compagno, vibrare nell’aria e raggiungerla, posandosi su di lei. Il desiderio di Kiba le bruciava sulla pelle diventando il suo stesso desiderio. Se le mani di Kiba tremavano dalla voglia di affondare le dita tra i suoi capelli, allo stesso modo Hinata avrebbe voluto accarezzare i suoi piuttosto che la carta ruvida del libro. Così Kiba moriva dalla voglia di baciarla, di toccarla, di farla sua, e Hinata lo sentiva e percepiva lo stesso desiderio. Lo condivideva disperatamente. E se aveva resistito a quel desiderio per tutta la primavera, era solo perché aveva bisogno di conferme, di certezze, di trovare il coraggio e il momento giusto.
Era qualcosa di nuovo, di mai provato. Solo un anno prima Naruto le aveva gentilmente spiegato che il suo cuore apparteneva ad un’altra e Hinata si era imposta di andare avanti, cadendo miseramente. C’erano state le lacrime, le notti insonni, i falsi sorrisi. Ma Kiba non si era mai allontanato, continuando ad asciugarle le guance umide e a sussurrarle che era bellissima e che Naruto non meritava il suo amore.
Era stato allora che Hinata si era accorta di quanto Kiba tenesse a lei. Quella scoperta le aveva riportato il sorriso sul volto: sentirsi amata, sentirsi donna era qualcosa che non le era mai capitato. E le piaceva tremendamente, le faceva battere forte il cuore, la faceva arrossire e desiderare qualcosa di più di una carezza o un abbraccio. Aveva amato Naruto in modo platonico, con Kiba stava scoprendo tutte le altre sfaccettature dell’amore. La sessualità, ad esempio.
E non ci stava capendo davvero nulla di quel libro. Con un sospiro rassegnato lo richiuse e lo poggiò per terra.
Quando alzò lo sguardo, Kiba la stava fissando con un’intensità tale da farle tremare le gambe.
Hinata lo sapeva: per quanto lui fosse un tipo libertino, impulsivo, non avrebbe mai fatto nulla senza il suo permesso. Aveva bisogno di un segnale, di una spinta. Hinata si morse il labbro inferiore mentre raccoglieva tutto il coraggio che aveva in corpo e andava a sedersi accanto a lui, afferrandogli le mani per stringerle nelle sue. Lo guardò negli occhi arrossendo come una bambina. Era quello il momento giusto. O forse il momento giusto non esisteva, forse Hinata aveva solo bisogno di essere amata e di amare in ogni modo umanamente possibile.
«Sarebbe bello, no, Kiba-kun?, fare l’amore qui, all’ombra di quest’albero».
E quello bastò affinché Kiba le saltasse addosso e la baciasse e le dicesse che l’amava e l’aveva sempre amata e le togliesse tutti i vestiti di dosso per stringerla a sé, pelle contro pelle, in un quell’afoso pomeriggio d’estate.







*Saikan Chushutsu no Jutsu: tecnica usata da Sakura in Naruto Shippuden per rimuovere il veleno dal corpo di Kankuro

Note dell'autrice:
Pubblico il quarto capitolo di questa mini-long dopo tipo 3 anni e spero che perdonerete questo immenso ritardo, ma per vari motivi mi ero allontanata dal mondo della scrittura e degli anime/manga. Grazie per le recensioni ai precedenti capitoli, la storia si conclude qui. Alla prossima!

Soly Dea


  
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