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Autore: shilyss    31/07/2018    15 recensioni
La prigione dove Odino ha rinchiuso Loki è una cella asfissiante priva di finestre. Costretto in una forzata inattività ma niente affatto piegato, il dio degli inganni affida i suoi pensieri più oscuri a delle lettere. Il destinatario? Thor, l’avversario di una vita, il compagno d’avventura prediletto, il fratello con cui ha condiviso ogni cosa. Carteggio estorto dal tonante cui Loki accetta di piegarsi solo per raggranellare qualche beneficio in più. Perché gli obiettivi del dio degli inganni potrebbero incrociarsi ancora con il destino di Asgard, e nessuna cosa è per sempre, neanche nelle prigioni sotterranee degli Aesir.
Dal cap. 1: Dimmi, Thor, dov’erano mentre il ferro nemico ti lacerava la cotta di maglia, penetrava nella tua carne, tagliava i tuoi muscoli? Dov’erano i tuoi fratelli di sangue, così nobili e valorosi, che siedono ai banchetti accanto a Odino, che chiamano le loro armi mai macchiate di sangue nemico con nomi inutili e altisonanti? Quante volte saresti morto, figlio di Odino, se non ci fossi stato io a gridare, parare, pensare?
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 9 - Doveri

 

Lettera 67

 

Letto, divano, che ti importa? Non sono affari tuoi fino a questo punto, fratello. Ora ti chiedi se mento? Settimane fa hai scritto che non ti importava: basta che tu scriva, Loki. Questo hai detto. Racconta, parla, sfogati, prendimi in giro, divertiti, inventa: me lo farò bastare, purché tu non agisca più in maniera sconsiderata e non precipiti di nuovo nel tuo inquietante silenzio. Mi commuovo solo a scriverla, questa tua frasetta smielata, sai? Adesso, invece, vieni meno ai patti, mi inganni, cambi improvvisamente le regole del gioco: pretendi la verità, minacci e inveisci, ipotizzi e prometti vendetta. Dimentichi il mio nome; sono il dio dell’inganno, riuscirò sempre a farti guardare dalla parte sbagliata. E se mai il trucco mostrerà qualche crepa, ti confonderò con una delle molte verità che esistono, e tu non saprai dove guardare. E tutto questo per cosa, Thor? L’onore di Sigyn è intatto: non dirò mai diversamente. Avrai ciò che hai chiesto – la mia voce –, e basta. Cerca dentro le mie parole la verità, scovala. Gratta sotto gli aggettivi, osserva in controluce i verbi, lambiccati il cervello tra una virgola e l’altra. E intanto roditi il fegato, perché non saprai di Alfheim né delle Gemme e di Thanos.

 

 

Lettera 68

 

L’ho dovuto fare, Thor. Questa è un’altra di quelle cose di cui non mi pento affatto. Era semplicemente giunto il momento, credo. Altre due vittime. Padre Tutto è appena uscito dalla mia prigione di lusso. Si guardava attorno, alludendo a qualcosa che le sue bestiacce (1) hanno intravisto, ma non distintamente. Gli ho chiesto dove avessero puntato i loro occhi neri e cattivi, se sulle strade insicure di Asgard o nella mia elegante e confortevole dimora.

“Entrambi,” ha risposto. Poi ha parlato di Frigga e di quanto questa situazione la devasti e il futuro non si mostri a lei. Non è la confessione di un marito preoccupato verso il figlio adulto e consapevole, questa, ma di un vecchio colpevole di fronte al suo unico accusatore. Ho incrociato le mani dietro la schiena e ho atteso. Vedi Thor, mi ha incarcerato e condannato a una vita che non è più tale, ma le sue catene tintinnano quanto le mie. Eppure, oggi non è venuto qui per parlare dei molti torti che mi ha fatto, né per chiedermi di salvare ciò che resta della sua famiglia distrutta. È qui per proteggere se stesso, fratello, per il suo nome che deve rimanere intonso. Se parlassi, la nuvola del sospetto coprirebbe persino lui. Il suo stratagemma è sempre più palese, ché il Re degli Asi tutti non può certo mettersi a supplicare quel pazzo bugiardo di suo figlio. Adottivo, ovviamente. Il resto lo sai, non c’è bisogno che aggiunga altro.

 

Lettera 69

 

Sigyn è la mia amante. O meglio, lo è quasi stata. Non è successo la notte in cui le guardie ci hanno sentiti litigare, sarebbe stato banale. In quell’occasione, semplicemente, ci siamo ritirati ognuno nel suo angolo, in silenzio. È capitato le sere successive. Non vuole essere toccata, lei, non dopo che le sono entrato dentro la testa. Dice questo ad alta voce, ma pensa altro, io lo so. Solo che è difficile far scoccare la passione se il tavolo è ingombro di referti medici scopiazzati, mappe e dettagli macabri. Rimane una tensione nell’aria, però, il sottile desiderio insoddisfatto che si attacca ai vestiti, alla pelle, alle labbra. Mi aveva chiesto di Astrid, del perché avessi voluto guardare il suo viso, di cosa significasse per me il suo nome. C’era una punta di adorabile gelosia, nella sua voce. Astrid, Astrid. Padre Tutto le rivolgeva nomignoli cretini, quella volta che sono entrato. Ma veniamo a Sigyn. L’ho afferrata per i fianchi, l’ho sollevata sul piano finalmente sgombro, ho tirato su la gonna irrimediabilmente nera, l’ho baciata, finalmente. Ci cerchiamo la pelle sotto i vestiti, le nostre labbra si incontrano con la disperazione di chi ha aspettato troppo tempo. L’irreparabile non avviene perché le bisbiglio che è così, in questa posizione decisamente compromettente, che ho sorpreso sua sorella e nostro padre. Quindi mi godo il suo stupore e la bacio, altro non faccio. C’è qualcosa di perverso, nel modo in cui a volte imito Odino. Mi riesce terribilmente bene il suo lato peggiore. Lei è sconvolta, ma si infilerà nel mio letto. Lo farà con adorabile timidezza, con un candore virginale squisito. Ti piace questo racconto, fratello? Soddisfa il tuo ego, scatena la tua virilità?

Sigyn non è la mia amante. È una ragazzina infelice che sta superando un lutto. Approfittarsene sarebbe da vili. Mi ha chiesto di Astrid e io gliel’ho detto. Le ho raccontato di come l’avesse notata quando era al tuo fianco, dell’improvvisa e squallida passione che l’ha colto. Eravamo uno di fronte all’altra, seduti sul tavolo ingombro di referti copiati, mappe, appunti. Lei ripeteva che non era possibile, che sua sorella non poteva aver fatto una cosa così assurda.

“Assurda?” Le ho sorriso, ma senza cattiveria. “Una ragazza di una modesta famiglia viene notata dal Re degli Asi in persona. Un uomo affascinante, sicuro, capace, potente. Meno vecchio di quanto non sia adesso. Thor, al suo confronto, non è che uno spaccone arrogante, io neanche esisto. Lei è giovane. Si illude sia amore. E se anche non si fosse ingannata, tu credi davvero che avesse scampo?”

Sigyn ha alzato il capo verso il mio. Stava piangendo in silenzio. Sapeva che avevo ragione.

A quale storia vuoi credere, fratello? (2)

 

Lettera 70 (3)

 

Ad Alfheim ho ingannato, tradito, ucciso. Mi sono vendicato di chi ci stava pugnalando alle spalle. Come? Li ho colpiti prima io, ovviamente. Sono andato a cercarli nei loro letti, mentre dormivano. Non è un atto da guerrieri Asi, mi dirai. Queste sono imboscate, trucchi orrendi. Pensala come ti pare, Thor. Siamo vivi e tanto basta.

Ad Alfheim, tu comprendesti che la pace dei Nove Regni dipendeva dalla nostra capacità di sedare le rivolte. Quando tornasti ad Asgard, Padre Tutto ti offrì la possibilità di stringere tra le dita il martello e tu riuscisti nell’impresa: eri degno. Io non tentai nemmeno, lo confesso. Impugnando Mjollnir, tu diventasti il dio del tuono, padrone della folgore e della tempesta, difensore di Asgard, ma anche io ottenni un tributo, un riconoscimento. Ho sempre avuto insita la capacità di mutare forma, scherzi e bugie erano il mio modo di migliorare la realtà che ci circondava. Tu esultavi con la reliquia in mano e Padre Tutto mi osservò cupo. Me ne accorsi e ci scambiammo un lungo sguardo.

“Sei il dio dell’inganno, Loki.” Lo disse a bassa voce, con lentezza, tanto piano che solo io potei udirlo.

“Perché non lo annunci agli Asi tutti?” chiesi. Sentivo sulle spalle tutta la stanchezza del mondo. La mia domanda potrà sembrarti ingenua o terribilmente puntuale. Scegli tu l’interpretazione migliore.

Odino sospirò. “Alcuni lo sanno già, altri lo capiranno. Certe cose non devono essere annunciate. Esistono e basta.”

Sentii qualcosa, dentro. L’ombra nera che mi avrebbe offuscato la vista in futuro, il seme del rancore che sfogai seguendo i sogni contorti di Thanos. Rabbrividii.  “Non hai una reliquia preziosa da dare anche a me, Padre?”

Non rispose.

 

Lettera 71

 

Avanti Thor, di che ti lamenti? Era un ottimo epilogo. Lascia che sfoghi la mia vena creativa, in questa soffitta acchittata come un appartamento reale. Avrei voluto proseguire, per quello che vale, davvero: sono sincero. Il problema è che mi hanno interrotto sul più bello. Quello stronzo di Fandral assieme a Sua Noia Abissale Balder il Beota. Asgard cadrà, semmai quel deficiente diverrà re. Sono entrati nelle mie stanze pieni di boriosa arroganza, sventolandomi sotto al naso la confessione del presunto Cacciatore. Rettifico. Fandral ha con me dei conti in sospeso di cui solo lui conosce l’origine, e il buon Balder è un gregario manipolabile, che potrei rigirarmi come un calzino se solo volessi. Ma che ti devo dire, fratello: non è un boccone succulento. Come il lupo di nostro padre, anche io disdegno le prede moribonde o malate o deboli. Non mi danno alcuna soddisfazione.

Ma torniamo a noi. Asgard è in festa e tributa onore e gloria a Fanfaral (4) e al piccolo principe, e tutti si chiedono come abbia fatto io a non sospettare niente. Il processo inizierà tra tre giorni da adesso. Oh, avrei voluto che ci fossi anche tu, davvero. Fanfaral ha iniziato a prendersi gioco di me, insinuando che il mio non è stato altro che un piano, una messinscena per poter estorcere da te e da Padre Tutto un trattamento di favore. Forse, dice, ho finto persino il mio avvelenamento e nessun Cacciatore sta tentando di farmi la pelle. Gli ho chiesto se questa sua prospettiva lo tranquillizzasse. Se dormisse sonni sereni, adesso che il male era stato arginato. Ho preso in mano la copia che mi hanno portato della confessione del presunto omicida – il loro trofeo – e l’ho letta rapidamente. Un’ammissione di colpevolezza in piena regola, che non lascia adito a nessun sospetto. Non ho risposto alle accuse di Fandral. Mi sono rifiutato persino di commentare le lamentose recriminazioni di Balder su quanto sia stato un ingrato bastardo a prendermi gioco di tutti voi. Mi sono comportato come un Re offeso, non concedendo ai miei detrattori null’altro se non il mio sorriso più ambiguo. Che credano ciò che vogliono.

 

Lettera 72*

 

Sigyn, devi fare una cosa per me. Mio fratello non tornerà prima di domani notte, credo, e io ho bisogno di te. Adesso. Dovrai seguire le mie istruzioni passo dopo passo, in maniera precisa ed esatta. Ne va della tua vita.

C’è un passaggio segreto, nel palazzo. Si trova vicino alla Sala del Trono. C’è un’anticamera ampia e spaziosa e un grande affresco con Bor vittorioso. Premi il corno destro di Bor e spingi: si aprirà un passaggio segreto. Percorrilo tutto. Prima che tu me lo chieda, sì: troverai ragnatele e schifezze di ogni genere, quindi indossa un paio di stivali e mettiti il cuore in pace. A un certo punto, il tunnel presenterà due biforcazioni. Vai a sinistra. A destra c’è lo scolo della fogna, dovresti anche avvertirne l’odore. A un certo punto, troverai delle scale: percorrile tutte e arriverai all’archivio del Thing. (5) Lì troverai i fascicoli sul Cacciatore. Voglio che tu li prenda per me, Sigyn. Non c’è bisogno di dirti che questa lettera devi memorizzarla e farla sparire nelle fiamme, esattamente come le altre. Non mi deludere.

 

 

Lettera 73

 

Non trovi che adesso Fanfaral assomigli più a un guerriero che a un cicisbeo? Il mio tocco gli ha regalato un profilo decisamente più virile e probabilmente, così conciato, ha rimediato anche qualche scopata a buon mercato. Si atteggia a nobile sofisticato, ma gli piace sfogarsi nei bordelli più malfamati e il motivo, fratello, fossi in te me lo chiederei. Asgard non è fatta solo di luci, canali e piazze ben ordinate: ha un’anima nascosta grassa e maleodorante. Nei quartieri dove il buon Odino non si degna di passare (6), c’è una massa di persone brulicanti fatta di uomini e donne che sopravvivono giorno per giorno affogando nella loro mediocrità, annaspando per non affondare. Fandral beve con il mignolo tirato su alla tavola di Padre Tutto, ciarla con dame e principesse millantando il suo valore, poi si va a infilare nelle bettole: perché? (7)

Ma sto divagando, Thor. Mi lascio trasportare dalla mia penna lungo sentieri sconosciuti ai più (8), distraendoti per non affrontare la domanda che mi hai fatto: perché gli ho deturpato per sempre il profilo. Da quando Asgard sente di essersi liberata dal male, molti guardano con sospetto alla mia posizione. Ritengono, a metà strada tra l’offeso e l’ammirato, che io abbia cavalcato l’onda di terrore generata dal Cacciatore volgendola a mio totale favore. Un atteggiamento da sciacallo che, però, una volta di più dà alla gente la misura del mio genio. A questa adorazione feroce e cattiva io sono abituato, lo sai bene: lei no. La chiamano la mia puttana, sostengono sia la mia complice e aiutante. Per me non è forse arrivata a spezzare un fidanzamento, del resto?

Lei non si è confidata con me riguardo questo argomento. È stato Bjorn a dirmelo. Sigyn me lo ha confermato senza volerlo, con i suoi gesti. Nella lenta gravità con cui piegava una coperta, nell’arco delle sopracciglia particolarmente corrucciato, nella smorfia improvvisamente severa delle labbra, ho riconosciuto il suo dolore. Si guarda attorno circospetta e quando lascia la mia soffitta ben protetta, si stringe nel mantello vergognandosi del nome che porta, del cedimento folle di sua sorella, della benevolenza che Frigga le dimostra.

Fandral era qui e l’ha punzecchiata alla sua maniera idiota, trattandola con sufficienza. Le ha ordinato di prenderle una caraffa di idromele come se fosse nell’ultima delle bettole vicino al porto e io gli ho detto di alzare il culo e prendersela da solo. Non è la mia serva né la sua. Sigyn ha risposto che sapeva difendersi da sola. Il resto, puoi ben immaginarlo. Non ho ancora il diritto di usare le posate, ma certo mi è per forza necessaria una penna.

Per una volta, Odino si è dimostrato benevolo nei miei confronti. Nostra madre mi ha raccontato che Fandral è venuto a lamentarsi del mio gesto sfoggiando il suo naso orrendamente fasciato. Ha chiesto che fossi internato di nuovo nelle segrete, ipotizzando che forse è mia la mente dietro il Cacciatore. Padre Tutto, incredibilmente, gli ha sorriso. “Conosci Loki,” pare gli abbia detto.

Sussurri incerti sono arrivati fino a me raccontando addirittura, che Padre Tutto si è fatto una grassa risata. “È mio figlio, Fandral. L’ho cresciuto per essere un re; davvero pensavi che avrebbe lasciato correre un’offesa fatta nella sua casa?”

Ha riso come fece quando il suo lupo staccò una mano al dio della guerra, il tronfio Tyr. “È il mio lupo,” disse, “e tu hai tentato di catturarlo. Di più, l’hai scambiato per un cane. Che ti aspettavi facesse?”

Quella bestia magnifica mi guardava, Thor, mi fissava con sfida come se sapesse che avremmo condiviso un destino simile, e io mi avvicinavo alla sua gabbia fino a sentirne il ringhio basso e lento, l’odore selvatico. Dici sempre che dovrei ricordarmi cosa successe, come morì. Non voglio.

 

Lettera 74 (9)

 

Ti dici deluso, mi chiami pazzo e bugiardo. Niente di nuovo, insomma. Ho riletto due volte la tua lettera, e non solo perché sei del tutto incapace di scrivere qualcosa di sensato, ma per capire da dove iniziare a risponderti. Ti sei illuso che stessi bene semplicemente perché non mi sono messo a raccontarti delle notti in cui tossisco finché non mi fa male lo sterno, della febbre che sale fino a farmi tremare. A me, che ho sangue di Jotunn nelle vene. Credevi che io e Sigyn ci intrattenessimo in una fosca convivenza in cui non era ben chiaro se andassimo anche a letto insieme, invece hai scoperto che mi dorme accanto perché Frigga è troppo esausta per vegliarmi ogni notte, e allora lei le dà il cambio. Avremmo potuto diventare amanti, se io non avessi i polmoni malati e lei non fosse distrutta da un lutto tragico, presumo.

Sei entrato nei miei appartamenti di gran carica, credendo di trovarmi tronfio e ghignante: che atroce delusione deve essere stata, vedermi pallido e smunto. La verità non esiste, fratello. C’è solo l’immagine alterata che ferisce i nostri occhi, parziale e irreale come un sogno, cui diamo il senso che vogliamo. Tutto è inganno. I miglioramenti sono costanti, ma lenti, e il fatto che continui ad assumere veleno non aiuta la mia tempra robusta. E poi, preferisco che il Cacciatore si senta sicuro del fatto suo. Non ho idea di chi abbia rubato i fascicoli del processo. Sebbene mi paia strano, può darsi che abbia dei seguaci, imitatori o persone all’interno del palazzo che lo aiutino. Oppure lavora lui stesso nel Thing, chi può dirlo.

 

Lettera 75

 

Certo che ho letto la sua confessione. In un’altra occasione, ti avrei detto che avrei voluto guardarlo negli occhi mentre ammetteva e spiegava e raccontava. Perché? Ma per trarlo in fallo, ovviamente. Per metterlo sotto pressione e indagare, scavare nella sua testa e capire come, dove, quale bisogno ha soddisfatto. Ma stavolta, fratello, non c’è alcun bisogno che io veda, e francamente non ho alcuna voglia di tornare nella stanza dove Odino ha permesso che mi torturassero. Me ne lavo aristocraticamente le mani, lascio lo scettro del comando al piccolo principe e al suo aiutante fanfarone. Loro hanno liberato Asgard, stavolta: che imparino a conoscerne il prezzo come abbiamo fatto noi.

Io ho camminato in lungo e in largo per la sala del Thing spiegando tesi, svelando intrighi e menzogne. La mia voce risuonava sotto le volte di legno e pietra del Tribunale alta e sicura, nonostante la mia faccia fosse segnata dai lividi e dalle cicatrici delle recenti battaglie. Quante volte ho presieduto zoppicante o con un braccio al collo? Quante, ho soffocato il dolore pur di mostrarmi all’altezza del compito che mi aveva affidato Padre Tutto? Pensavo fosse l’allenamento di un re: scambiavo il Thing per la palestra dove avrei imparato a esercitare una giustizia in cui non ho mai creduto ciecamente, ma che reputavo indispensabile affinché Asgard, la magnifica Asgard, prosperasse. Mi sbagliavo: era il tirocinio di un politico zelante, del fedele consigliere che Odino sperava di affiancare al vero erede, al figlio della sua vecchiaia abbastanza degno da impugnare Mjollnir. Sono stato anche dall’altra parte della barricata, sul banco degli imputati. Tu non c’eri, ti trovavi su Midgard o a fanculo chissà dove, e non hai voluto ascoltare la condanna né vedere la faccia di Padre Tutto divenire una maschera d’odio. Ti è mancato il coraggio, fratello, così come ieri sera, quando sei venuto qui, non hai avuto la forza di rinfacciarmi quello che hai visto nel tuo ultimo viaggio. Dovresti ricordarlo, le voci corrono in fretta. So dove sei stato.

Cos’ho fatto, per Odino? Partiamo da questo. Ricordo di aver abbandonato a metà banchetti festosi e divertenti dove tu cantavi e raccontavi le nostre imprese, per andare a rileggere per la centesima volta un referto, analizzare ogni parola di una confessione, parlare fino all’alba con un guaritore che aveva dissezionato il cadavere di una povera vittima in cerca di prove o, semplicemente, per dormire e non presentarmi sfatto e con i postumi di una sbronza davanti agli uomini riuniti nel Thing. Serve solo il seiðr per estirpare la verità dalle bocche e dagli occhi degli imputati? Non sempre, fratello. L’incantesimo che mi consente di toccare una persona e scrutare nella sua testa è complicato, debilitante e, come ben sai, malvisto (10). L’abilità sta nell’utilizzare l’altra maniera. Individuare i microscopici cambiamenti che si manifestano nel viso di un uomo quando mente, raccogliere la pausa troppo lunga che serve al malfattore per inventarsi una bugia adeguata, rintracciare qual è la realtà e quale la menzogna dentro una confessione (11). Nella sala dove mi hanno torturato, ho fatto tutte queste cose. Sono arrivato a perfezionare persino qualche tecnica, e sai qual è l’ironia? Hanno provato a rigirarmi le mie stesse armi contro. Ma come si dice, fatta la legge, trovato l’inganno. Dalle mie trappole io ho sempre saputo come liberarmi o, perlomeno, ho avuto la misura di quanto a fondo nella buca da me stesso scavata sarei precipitato.

Mentre io lavoravo per Asgard giorno e notte, tu e il fanfarone mi pigliavate per il culo, ricordi? Anche questa è una circostanza affascinante che certo nella nostra corrispondenza non possiamo non rievocare. Lo scribacchino di papà, il segretario di Asgard, il topo di biblioteca. Eri geloso che non passassi tutto il mio tempo con te a idolatrarti, come quegli idioti che ti seguono da anni? Non capivi e allora, nell’ignoranza in cui pascolavi, aggredivi l’ignoto?

 

Lettera 76

 

Non ero d’accordo con il piano di Thanos, per quello che vale. Era una terra fiorente, bellissima, ricca di risorse minerarie, circondata da splendidi fiumi. Le sue città erano di marmo. Appena conquistata, mi concessi alcune ore di libertà per attraversare le sue strade, nonostante tutto ordinate e pulite. Ero attorniato da architetture mirabili, statue e monumenti grandiosi, prodigi dell’arte frutto di un amore incondizionato per il bello. Camminavo e attorno a me c’era solo il silenzio e la meraviglia di una civiltà spezzata che aveva raggiunto elevatissimi gradi di conoscenza. Ma delle gemme, fratello, nessuna traccia, e allora ha ordinato di appiccare il fuoco e distruggere ogni pietra, scultura, casa, tempio, palazzo. “Risparmia almeno la biblioteca,” gli ho detto, “conterrà informazioni utili.”

Ha risposto che era inutile e allora ho osservato con le lacrime agli occhi la città incantata bruciare, corrompersi, svanire. Il rogo più grande e intenso era al centro della città, dove i devoti abitanti avevano scelto di custodire la loro sapienza, nell’edificio più grande e bello di tutti. Le dita mi bruciavano per le ustioni lievi che avevo riportato, sotto al braccio stringevo i libri e le pergamene che ero riuscito a portare via. Mi ha chiesto se stessi soffrendo. Gli ho risposto che la pietà non era nella mia natura e che appartenevo a un popolo di fieri pirati e guerrieri. Ha domandato se mi riferissi ai Giganti di Ghiaccio o agli Asi.


L’angolo di Shilyss

Cari Lettori,

Questo capitolo doveva essere postato a settembre, ma una serie di circostanze mi spingono a condividerlo adesso. Dedico questo capitolo a una cara Lettrice che ama come me il buon vecchio Fëdor e compie gli anni in questi giorni. Questo è per te! ;)

Ringrazio ovviamente tutti voi che recensite e preferite e ricordate e seguite. Illuminate d’immenso me e soprattutto la Fatina e… le vacanze per me significano anche scrittura, quindi poveri voi, non vi libererete della sottoscritta!

 

 

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1)Hugin e Munin, i corvi di Odino.

2) Una citazione del bellissimo film “Vita di P.”

3) L’uso dei tempi verbali in riferimento a questo episodio, è volto a mettere più distanza possibile tra Loki e gli eventi raccontati.

4) Fanfaral è una giocosa contrazione di Fandral + fanfarone. C’è rispetto e simpatia, sì.

5) Thing è il nome dell’Assemblea vichinga dove si prendevano le decisioni e si amministrava la giustizia.

6) Calco de La città di vecchia di De André.

7) Secondo le regole del Galateo, quando si beve il mignolo non deve essere mai alzato. Loki, che è un principe e un uomo di mondo, ovviamente conosce questa regola, Fandral (che NON mi è simpatico), no.

8) Citazione da “Thor: The dark world.”

9) Come vedete, Thor è finalmente tornato e ha incontrato Loki. Chiaramente i nostri eroi parlano solo ed esclusivamente di cose che conoscono.

10) Loki si riferisce all’incantesimo visto in Ragnarok che, in questa fiction, ha usato anche con Sigyn.

11) Un omaggio alla serie tv “Lie to me”.

 

Shilyss


   
 
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