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Autore: Servallo Curioso    08/07/2009    2 recensioni
Ham è un dio che vive in un pantheon fatto di ruoli assurdi. Lui, comunque, si sente costretto a quel ruolo fatto di studio e ricerca; privo di azione, fama ed esperienza. Non è capace di accettare la sua natura così impulsiva e sognante, all'opposto del suo ruolo: l'archivista che passa l'eternità nelle sue stanze. Conosce gli dei, conosce la storia, conosce qualsiasi cosa scritta fino a quel momento: ma non conosce il brivido di provare quelle avventure tanto sognate sulla propria pelle. Quando l'occasione finalmente si presenta, Ham, capisce di non essere adatto a quel genere di storie: quelle con l'azione, la paura della morte e il fragore delle armi di sfondo. Questa volta, però, non potrà decidere di ritirarsi: è scoppiata la guerra.
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16 – Il figlio che supera gli altri

Rimasi in silenzio a lungo, mentre rapidi attraversavamo le pianure verso le foreste a sud.
Niel aveva capito perfettamente il mio stato, pur non comprendendone il motivo, ed evitava di parlarmi; Nelunis sembrava interessata solo alla missione.
In una sola giornata andò e tornò dal Palazzo riferendomi che il nostro prossimo obiettivo era la coppia degli innamorati.
L'amore e la morte erano cose sconosciute alla maggioranza degli dei. Così presi dalla loro esistenza e dai loro lavori non trovavamo mai il tempo di instaurare un sentimento così importante, allo stesso modo nessuno riusciva a ucciderli. La vecchiaia era una cosa che avevo visto solo negli uomini, mentre non c'era stata arma capace di eliminare una divinità.
In questo caso c'era un'eccezione: una grande eccezione.
Gli innamorati erano Gribio e Diena. La loro natura così opposta era stata quella che li aveva uniti.
Gribio era un dio minore e i suoi poteri riguardavano principalmente il 'grasso' inteso come l'accumulo di chili in eccesso nelle persone oziose. Diena era invece colei che manipolava le malattie relative al cibo e soprattutto i disturbi alimentari come l'anoressia.
Uno trasformava in palloncini e l'altra li bucava facendoli sgonfiare. Un duo bizzarro.
Si sapeva precisamente dove si trovassero. La loro dimora era nella Foresta Bianca antica dimora degli elfi.
In quella foresta stava anche la città di Arakartya, descritta come un insieme di maestose strutture ricoperte di edera e di altre piante, ma gli dei amavano amoreggiare in una zona più distante, vicino al letto del fiume Ara che attraversava la regione.
Il mio silenzio era dovuto al turbamento e alla ricerca. Mentre cavalcavamo, infatti, io collegavo parzialmente la mia testa all'osservatore cercando qualche informazione utile su un precedente archivista. Nessuna risposta.
Cosa la turba?” domandò Niel nel pomeriggio del terzo giorno.
Io scossi il capo, tornando a quella realtà. “Nulla, goditi il paesaggio” la mia risposta non fu convincente ma obbedì. I suoi occhi scivolarono sulla valle brulla andandosi a fissare sui monti all'orizzonte.
La catena montuosa svicolava alla nostra sinistra mostrando cime sempre più grandi.
Quella è Quera?” domandò.
Io sorrisi compiaciuto delle lezioni apprese da quel libro. “Bravo”. Arruffai i suoi capelli.
Ormai lo facevo sempre per stimolarlo e premiarlo del suo comportamento. Era una macchina assetata di conoscenza che continuava a stupirmi.
Ha mai visto la città?”.
Aveva esitato a lungo, indeciso, ma infine me lo aveva chiesto. La sua domanda poteva sembrare generica: quale città? Io però capii all'istante. Querashotire, letteralmente 'il cuore di Quera'. Era un luogo leggendario. Nessuno l'aveva mai realmente vista e chi affermava di averla scoperta poi non aveva delle prove per dimostrarlo.
Eppure mi aveva sempre affascinato. Avevo sempre sognato di cercarla, senza mai provarci.
I testi la descrivevano come una città sotterranea bellissima. Le pareti erano murate di bianco e decorate con disegni e racconti incisi; le sale colme di tesori e stendardi e le biblioteche piene di testi segreti e ormai perduti. Molti libri, provenienti dai più disparati paesi, la descrivevano minuziosamente trovandosi concordi sui particolari. Era questo che la rendeva magica: la testimonianza delle genti più disparate che la conoscevano tutte nel medesimo modo.
I manoscritti erano di origini e periodi differenti e mi ero sempre chiesto come era possibile questa coincidenza.
Querashotire diramava i suoi corridoi, sale e scalinare, sotto quattro mondi: il Re, che da il nome alla catena; il Guardiano; il Protettore; e il Custode. Ovviamente non c'era nessun monte con quei nomi nella catena e quindi le ricerche si erano complicate. La città era strutturata su quattro piani, in alcuni testi perfino sei, che giungevano fino alle profondità più nascoste.
Nascondeva segreti e conoscenze di ogni dove, possedendo anche molti tesori antichi. Possedeva anche due particolari attrattive. La prima era la Tomba degli Eroi, descritta come un pozzo senza fondo al centro della città. L'altra era la Torre, la leggendaria struttura che usciva dal fianco del Re e toccava altezze impensabili; alcuni azzardano a raccontare che dalla cima si potesse vedere tutto il continente e che ci volessero mesi per raggiungerla.
Un luogo particolare e carico di leggende che la vedevano da protagonista.
No, non esiste nessuna città”.
Lui soffiò contrariato. La mia risposta lo aveva deluso. “Io la troverò! Voglio cercarla!”.
Mi fece segno di cambiare rotta, dirigendosi verso i monti.
Smettila, Niel, abbiamo un'altra missione adesso”.
Si zittì sbuffando insofferente.
Passarono solo pochi minuti prima di un'altra domanda, la quale mi spiazzò completamente. Ultimamente molte cose riuscivano a farlo, come se la mia mente fosse disabituata alle notizie, anche improvvise che avevo sopportato per decenni.
Signor Georg”
Sì?”
Lei è una divinità per caso?”.
Strabuzzai gli occhi.
Cosa te lo fa pensare?”.
Lui scosse il capo, vergognandosi moltissimo per quel quesito. “Nulla, lasci perdere era una sciocchezza”. Non era però intenzionato a fare silenzio. “Qualche giorno fa mi ha detto che i demoni odiano gli dei”, sì eravamo entrati nell'argomento per puro caso. “È difficile da dire... ma...”.
Non avere paura, Niel”.
Ecco: io non vorrei offenderla ne attirare le sue ire con ciò che sto per dire”.
Sciocco, mi sono mai arrabbiato con te?” mi lasciai sfuggire una risata.
Lui sembrò tranquillizzarsi e sciogliersi un poco. “Insomma, quella cosa che è dentro di me... sì, ha capito, no? Vede: quello mi dice di odiarla”.
Come?” ero sorpreso da questa affermazione. Il seme trasmetteva emozioni al ragazzo in maniera così chiara? Non lo credevo possibile.
Io non la odio, signore. Io le sono infinitamente grato per quello che ha fatto, ma quella cosa non la pensa come me. Mi dice chiaramente che devo odiarla. Poiché le ho sentito dire che è qualcosa di demoniaco ho pensato che lei doveva avere qualcosa di divino per attirare a sé questo sentimento così forte. Tutto qui”.
Tutto qui?” esclamai continuando a seguire la strada per i boschi.
Lui si strinse al collo dell'animale. “Non volevo farla arrabbiare, mi scusi”.
Dovetti cambiare tono, quello era poco adatto. Non ero arrabbiato, veramente, ero solo colpito da quanta perspicacia avesse compreso quella cosa e con quanta naturalezza il seme trasmettesse sentimenti.
Non lo sono, però dovevi dirmelo fin dall'inizio che il seme ti parlava”.
Avevo paura”.
Di cosa?”.
Che lei si arrabbiasse”.
Sorrisi senza che lui lo vedesse. “Che sciocchezza” dissi con finta durezza.
Fino a quel momento avevo scoperto poche cose riguardo al seme e all'effetto che aveva sul giovane. Una sola cosa ero riuscito a osservare: le sue ferite guarivano molto velocemente.
Aveva giocato con il pugnale di Nelunis, una sera, ferendosi al palmo della mano. Uscì un'infinità di sangue, forse troppo. Fasciammo la ferita ma la mattina dopo si era già rimarginata completamente. I resoconti della battaglia però non avevano tracciato questo potere tra gli adepti e arrivai a pensare che ogni seme reagisse in modo diverso.

Al quinto giorno ci inoltrammo nel bosco. Più avanzavamo più gli alberi creavano un'intricata e fitta rete dove era difficile passare.
Ci eravamo fermati, incrociando una familiare figura sul nostro cammino. Ci aveva guardato stupito e aveva deciso di arrestare il passo. Stava camminando tra i boschi in maniera così tranquilla che ci sembrò quasi un caso.
Ehilà! Cosa ci fate qui?” domandò allegro.
Siamo qui per cercare gli innamorati” risposi in modo serio.
Davvero? Anch'io stavo andando da loro, proseguiamo insieme?”.
Quella figura, vestita con una lunga camicia bianca e dei bermuda del medesimo colore, era Crever, il gemello di Revery. Come lei aveva dei capelli biondo cenere e li aveva tagliati in un caschetto improbabile e impreciso.
Ci sorrise, come se per lui fossimo amici.
Cosa vai a fare da loro?” domandò Nelunis trattenendo il cavallo. Crever emanava un'aura strana, che intimoriva gli animali.
Una proposta, sai: per la guerra. Avevamo una mezza idea di raggruppare i fratelli smarriti e altri mal voluti, per assalire il Palazzo; ma Elian ci ha preceduti” si arrabbiò pensando alla dea. “Fa sempre di testa sua quella, è insopportabile!” tornò tranquillo. Cambiava espressione ed emozioni con la stessa velocità della gemella. “Stavo dicendo? ... ah, ecco: lei ci ha preceduti e noi quindi abbiamo deciso di velocizzare la chiamata alle armi e attaccare la vostra dolce casa prima che si sia ripresa del tutto. Degli uomini, per quanto pompati, non possono minacciare le divinità; ma altri dei sì”.
Una spiegazione logica per una cosa che sospettavo. L'incontro di Manius con Raffaella forse era motivato dalla proposta.
Crever era stato cacciato dopo il tentato omicidio di Revery. Loro due proteggevano l'ingresso, ma lui veniva sempre messo in ombra dalla sorella. La odiava e volle prendersi una rivincita provando a ucciderla in un caldo giorno estivo.
Ovviamente perse, poiché le sue capacità le erano inferiori, e fuggì attirandosi le maledizioni del Grande Padre.
Vedete: noi reietti, non-più-dei, vogliamo un posto che ci spetta di diritto e abbiamo deciso di vendicarci attaccandovi. Chiaro, no?” la schiera dei cacciati era abbastanza lunga da trasformarsi in un pericolo se decidevano di unirsi.
Anzi, già che ci siamo: che ne pensate di unirvi a noi? Insomma quattro braccia in più fanno sempre comodo; potete portare con voi anche il bambino se volete” concluse indicando Niel sorridente.
Quest'ultimo era confuso. Se l'altra volta ero riuscito a distrarlo con altri discorsi questa volta il messaggio gli era arrivato chiaro. Sì, siamo dei.
Nelunis scese da cavallo con un balzo, sfoderando il pugnale.
Non ci uniremo a te”
Vuoi uccidermi?” chiese fingendosi spaventato.
Ovvio. Saputo questo non posso certo lasciare in vita un attentatore al Palazzo” esclamò gettandosi contro di lui. L'uomo raccolse con estrema calma un ramo da terra e questo si mutò in spada, semplice ma lucente. Con questa respinse ogni assalto senza fatica. La sua destrezza con le armi raggiungeva quasi quello della gemella, superando Nelunis.
Deduco che non volete neppure proseguire con me” disse sbadigliando, dopo aver disarmato la sua nemica.
La dea si riprese da quella sconfitta. Afferrò il pugnale e attaccò nuovamente, questa volta combinando la sua abilità con la lama a lingue infuocate.

Io assistevo a quegli attacchi senza fare nulla. Il rumore del ferro che batteva era fastidioso e preferivo ammirare quel fuoco magico, che non bruciava gli alberi o la terra che colpiva, poiché aveva un unico obiettivo. Colpo dopo colpo lo scontro sembrò farsi sempre più duro.
Lui usava solo la spada, limitandosi a respingere o evitare gli attacchi; lei invece usava tutte le sue tecniche per colpirlo almeno una volta. Tutta fatica sprecata.
Anzi: Crever sembrava riuscire sempre meglio a resistere ai vari assalti, davanti a una dea sempre più disperata per l'umiliazione.
Distratto da quei pensieri non mi accorsi di un pugnale che giungeva verso di me. Crever lo aveva lanciato dopo aver respinto l'ennesimo assalto della sua avversaria. Non era stato scagliato per uccidermi e sfiorò una mia guancia conficcandosi il tronco di un albero alle mie spalle.
Tu non ti unisci a noi?” domandò.
Io scossi il capo sorridendo di riflesso, per rispondere alla sua aria così serena e rilassata. “No, non sono un tipo da combattimento”.
Mentre parlava con me, grazie a una serie di mosse, era riuscito ad atterrare Nelunis, puntandole la lama al suo collo. Guardava me, pensieroso. “Su, dai. Vengo a prenderti allora!”
Mai glielo avrei permesso. Non volevo iniziare uno scontro che neppure la divinità guerriera era riuscita a sostenere e non potevo permettere che Niel diventasse una sua vittima.
Scappa!” gridò lei.
Tirai le redini del cavallo e fuggii. Non me lo sarei fatto ripetere due volte.
Mi si strinse il cuore all'idea di lasciare la ragazza lì, ma lei non se ne curò. L'attimo di distrazione del dio, che si era perso a guardarci corre via, le fu sufficiente per riprendersi e attaccare nuovamente. Crever sembrava però interessato a noi e rispose con poca convinzione a quella raffica di fuoco e ferro, decidendo infine di correrci dietro.
Rispetto al passato era migliorato molto, forse superando la sua gemella.
Mi spaventava e spaventava anche Nelunis. La sua aria spensierata, infantile e sadica lo rendevano ancora più pericoloso.
Il cavallo era troppo lento per lui che riusciva a starci dietro anche mentre evitava gli attacchi. Nelunis cercava di tenere testa all'inseguimento, bloccandogli la strada o assalendolo senza riuscirci.
Ciò che ci salvò fu l'intervento degli innamorati.
Sentii le loro energie avvicinarsi rapidamente e piombarono addosso a Crever con forza. Caddero dalle alte chiome con la stessa rapidità e forza di un peso di due quintali, creando grandi crateri nella terra. Il loro potere era anche questo: quello di cambiare peso ogniqualvolta lo volessero, mantenendo quei fisici snelli e perfetti.
Il nemico evitò per un pelo il loro intervento senza fermare la sua corsa.
Iniziarono entrambi a inseguirlo. Nelunis si fermò esausta, fidandosi di quei due.
Lo raggiunsero e ingaggiarono una lotta furiosa. Neppure loro riuscivano a pareggiare quel Crever ma lo impegnarono abbastanza a lungo da permettermi di andarmene.
La foresta sparì dietro di me: ero tornato nella pianura correndo verso i monti. Vero Quera senza rendermene conto. Mi rendevo solo conto di aver messo in salvo me e il mio compagno. Loro lo avrebbero battuto, pensai.
Il cavallo non era più abbastanza, scivolai via in una nuvola di carta insieme a quel ragazzo, lasciando il destriero solo a galoppare nella valle. Ci alzammo in volo dove nessuno potesse raggiungerci.
Lui ormai aveva smesso di provare a capire quello che stava accadendo attorno a lui.
Signor Georg, allora avevo ragione”.
Chiamami Ham”
Lui deglutì più volte, mentre lo stringevo con forza guidando quella nuvola. “Divino Ham, io avevo indovinato”.
Non volevo trasmettergli quella sensazione di pericolo che avevo provato. Finsi un'espressione rilassata e risposi. “Sì, sei molto sveglio”.
Grazie” mi disse arrossendo.
Io non ero solo un dio, ero Ham, il dio della conoscenza e degli archivi. Il manoscritto che gli avevo donato conteneva anche una sezione per le divinità principali e per qualche motivo figuravo anch'io.
Con mia grande sorpresa e imbarazzo mi ero ritrovato a parlargli di me stesso, fingendomi poco informato riguardo la mia stessa figura. Era stata un'esperienza bizzarra che però lo aveva colpito molto.
Mi aveva detto. “Un dio che può conoscere qualsiasi cosa è il migliore” lo aveva affermato con sicurezza, quella tipica dei bambini e degli adolescenti. Ne era convinto e mi fece molto piacere sentirglielo dire. Avevo iniziato a guardarlo diversamente da quel giorno e lui ora aveva iniziato a guardare diversamente me.
Non parlò ma si lasciò abbracciare. Chiuse gli occhi e provò a dimenticare tutte quelle emozioni e scoperte che lo avevano colpito. Così come io facevo con i problemi. Pensava alla gioia che aveva provato, a ciò che avrebbe voluto chiedermi. Desiderò anche di diventare il mio più fedele assistente, dandosi poi dello stupido per un pensiero tanto azzardato.
Sentire i pensieri di Niel mi aveva distratto, abbastanza da farmi allontanare troppo.
Fermai quella nube scivolando verso il basso senza però toccare terra.
Ci siamo allontanati troppo” dissi rompendo il silenzio. “Tu scenderai qui, io torno indietro. Sei al sicuro tra questi monti, Niel, non muoverti fino al mio ritorno”.
La nuvola compatta di fogli si fermò all'altezza di un dirupo, lasciando la possibilità al ragazzo di scendere.
Mi lanciò un'occhiata spaventata. “Non voglio lasciarvi andare”.
Lo spinsi gentilmente a terra. “Sono un dio dopotutto. Mica posso morire per così poco!”.
Allontanandomi, sul mio cuscino di carta mi raccomandai di nuovo di non muoversi.
Era un dio rinnegato, non poteva certo affrontare quattro nemici contemporaneamente.
   
 
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