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Autore: Red Saintia    01/08/2018    4 recensioni
Un rapporto difficile, come può esserlo quello tra un padre assente e un figlio ribelle. Visto in un ottica un pò particolare, quella di due personaggi che in quanto a carattere hanno molto da raccontare. Yoma e Tenma interagiscono in un contesto inedito e moderno alle prese con un rapporto tutto da costruire, dove non mancheranno incontri particolari e colpi di scena.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mephistofele Yoma, Pegasus Tenma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo si rimise gli occhiali, raggiunse la sua auto camminando tranquillamente e scomparendo nel traffico.
Tenma si teneva stretto il braccio ancora dolorante mentre Yato gli andò vicino.

“Ehi… va tutto bene? Ti fa male? Ma si può sapere che diavolo voleva quello da te, e come faceva a conoscere il tuo nome?”

“Non lo so, ma credo di sapere a chi chiedere spiegazioni.” Corse via in direzione della fermata dell’autobus, lasciando Yato immobile nel cortile.

“Aspetta ma dove vai adesso?” gli urlò

“A casa, ci sentiamo più tardi…” disse, correndo lungo la strada.

Era l’ultima cosa che voleva fare, tornare a casa sapendo che sua madre non c’era. Lei lavorava sempre tutto il giorno, tornando spesso la sera tardi. Quando era presente riusciva a mitigare i continui litigi tra i due, adesso però, era arrivato il momento di affrontare suo padre a viso aperto.

Il ritorno in autobus da solo, senza la presenza di Yato, lo costrinse a pensare e così la mente vagava. Ricordava poco dei primi anni di vita trascorsi in Germania, tutto ciò che sapeva glielo aveva raccontato sua madre, e lui aveva sempre creduto che avesse omesso le cose peggiori.

Il rapporto tra i suoi genitori si inclinò poco dopo la sua nascita. Sua madre cercò di tenere insieme i pezzi di un unione ormai logora, fino a quando un giorno decise di trasferirsi in Italia e ricominciare daccapo. La vita a due andava più che bene per Tenma, non gli mancava niente, sembrava aver trovato una sua dimensione.
Fino a quando sei mesi dopo il loro trasferimento Yoma si presentò alla porta di casa. Sembrava cambiato, diverso, voleva riprovarci e sua madre che lo aveva sempre amato ci cascò in pieno. L’idillio familiare durò poco, le cose tornarono quelle di un tempo e intanto Tenma covava dentro sé un forte risentimento a lungo sopito.

L’autobus si fermò, scese di corsa precipitandosi in casa. La cucina era deserta, gettò lo zaino su una sedia e andò in soggiorno. Suo padre era sdraiato sul divano con la sigaretta tra le labbra che guardava annoiato la tv. Tenma strinse i pugni, mentre una rabbia incontrollata gli aumentava dentro.

“Ah sei tornato alla fine…”

“Spegni la tv devo parlarti!” gli disse

“Senti non cominciare a dirmi quello che devo fare” rispose alzandosi dal divano per mettersi seduto.

“Spegni quella cazzo di tv, ora!!!"

Yoma lo guardò con fermezza e capì dagli occhi del ragazzo che qualcosa di grave era successo.

“Chi diavolo è Manny?” disse d’un fiato. E’ l’uomo spense la cicca in un posacenere schierandosi la voce.

“Come sai questo nome?” chiese

“Come lo so? Te lo dico subito come lo so. Questo tizio sono giorni che mi pedina fuori scuola, ha detto che ti conosce e che devi restituirgli qualcosa. Stava quasi per spezzarmi un braccio dannazione!” gli urlò contro.
Yoma si alzò andò alla finestra accendendo un’altra sigaretta.

“Penso io a risolvere tutto, tu stanne fuori” rispose

“Ah è così? Mi liquidi dicendomi che te ne occupi tu. Oh… si certo tu risolvi tutto, è normale, perché in fondo sono casini che tu hai creato e come al solito noi ne veniamo coinvolti.”

“Ha sbagliato a venirti a cercare, stavolta a passato il limite.” Disse Yoma

“Hai sbagliato tu a tornare! Ecco qual’ è l’errore, dovevi stare fuori dalle nostre vite, invece di coinvolgerci nei tuoi affari. Tu ci hai portato solo problemi, vivi alle spalle di mia madre, spendi i suoi soldi a carte e fumando quello schifo. Cosa sei tu? Non certo un padre o un marito. Tu non sei niente!”

Cercò di riprendere fiato aspettando che i battiti del suo cuore rallentassero, finalmente gli aveva detto ciò che realmente pensava, senza scuse ne giri di parole. Quello che era accaduto fuori scuola rappresentava un limite ormai ampiamente superato.

“Sei soddisfatto? Ti senti meglio. Hai capito tutto tu non è vero? Perché quelli come te credono di sapere sempre tutto della vita giudicano senza sapere, perché è più semplice che fare domande.”

“Cosa avrei dovuto chiederti? Le risposte che mi servono sono davanti hai miei occhi. Io vedo mia madre che si spacca la schiena da mattina a sera per tirare avanti. E vedo te che te ne freghi di tutto e tutti e passi le tue giornate girovagando per strada o nelle bische a giocare a carte. Questo vedo e tanto mi basta.”

Non voleva piangere non davanti a lui, mostrarsi debole era l’ultimo dei suoi pensieri, eppure quelle lacrime proprio non riusciva a fermarle.

“Non sono un padre modello ne un marito affidabile, forse non lo sono mai stato. E’ vero ho il vizio del gioco non lo nego, e perché dovrei. Vuoi la verità? Te la dirò allora… l’uomo che ti ha cercato, si quel Manny, gli devo del denaro, parecchio denaro. Ecco perché si è rivolto a te, per arrivare a me. Ma ti assicuro che non gli permetterò di farti del male, risolverò la questione.” Disse gettando la sigaretta che si era consumata da sola.

“Come pensi di fare? Lui ha detto che sai dove trovarlo, ma se non gli restituisci quel denaro non penso che lui sarà tanto comprensivo nei tuoi confronti.” Disse Tenma

“Su questo puoi scommetterci non lo sarà di certo…” rispose sarcastico.

“Ma allora perché? Perché ti sei ridotto a questo, avevi una moglie che ti adorava, avrebbe fatto di tutto per te, invece adesso ti guarda e vede un pallido ricordo di quello che eri. Avevi me, hai lasciato che lei mi crescesse da sola, sacrificando la sua vita, e lasciando me senza l’amore di un padre.”

Quanto erano crudelmente vere quelle parole. Aveva temuto per tanto tempo di ascoltarle, lui che aveva sempre pensato solo a se stesso allontanando le persone che gli volevano bene. Persino con i suoi fratelli non aveva più contatti a causa del suo carattere. E suo figlio adesso, un ragazzino di appena quindici anni, lo metteva di fronte all’inutilità della sua vita. Come avrebbe mai potuto giustificarsi.

“Ho avuto paura. La paternità era un qualcosa a cui non ero pronta, mi sentivo soffocare sotto il peso delle responsabilità e così sono andato via… questa è la verità.”

“E perché sei tornato allora? Io e la mamma ce la siamo sempre cavata anche senza di te. Non saresti dovuto venire a cercarci. Io di un padre come te non so che farmene.”

“E se ti dicessi che mi mancavate, che volevo starvi accanto…”

“Stronzate! Non ci credo, non ti sei mai sforzato di cercare un dialogo con me, non te ne mai fregato niente. Sai che ti dico, spero che quel Manny ti trovi e ti rompa la faccia così comincerai a capire cos’è il dolore.” Prese lo smanicato che aveva lasciato in cucina con lo zaino intenzionato ad uscire da quella casa e terminare quella che per lui era una discussione inutile.

“Tenma aspetta…” gli urlò Yoma, e lui senza sapere bene il perché si fermò. “Credimi, tu e tua madre siete le persone più importanti della mia vita.” Gli disse.

“Ha i uno strano modo per dimostrarlo…” uscì sbattendo la porta.
 
   
 
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