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Autore: NPC_Stories    03/08/2018    0 recensioni
Dopo l'avventura nel dungeon che celava la città distrutta di Atorrnash, Linomer aveva riportato in superficie numerose perle nere che erano appartenute a Ka'Narlist, il malvagio sovrano degli elfi scuri. La leggenda vuole che in quelle perle fossero rinchiuse le anime dei suoi nemici... ma c'è forse un limite a quanto possono essere strani i nemici di un antico arcimago che mirava a diventare un dio? Di certo dovevano essere molti, e variegati.
Questa è la storia di un povero mago che, da solo, deve occuparsi di gestire almeno quelli che non erano malvagi.
Come reagiranno queste persone, trovandosi in un mondo visceralmente diverso da quello in cui sono nate?
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Breve spin-off di Jolly Adventures. O meglio, non so se sarà breve. Diciamo che non ha una trama strutturata, è una collezione di eventi. Aggiornerò ogni tanto, quando mi verranno le idee. Quantomeno sarà una buona carrellata di possibili spunti per avventure.
Disclaimer: quasi tutti i personaggi appartengono a me, ma altri fanno parte dell'ambientazione e appartengono alla Wizards of the Coast e ai loro creatori.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1320 DR: L’attaccamento


Era una calda giornata d'estate e Kavrin se ne stava sdraiato per terra, spiaggiato in quella palude di afa e puzzo di zolfo. Il vento spirava da nord, portando con sé le miasmatiche esalazioni del Mare dei Vapori.
Il pavimento di pietra gli dava un po’ di refrigerio, ma ogni tanto doveva girarsi e spostarsi per trovare una zona più fresca.
Si voltò a pancia in su, per guardare il soffitto. Amava il soffitto del laboratorio di zio Linomer, era così colorato, con stelle e altri disegni.
Di solito non entrava nel laboratorio. Solo quando si sentiva solo e annoiato, e allora veniva a cercare la compagnia dello zio. Però il mago non era mai molto contento, quando Kavrin lo raggiungeva lì. Gli diceva sempre “Kavrin, preferisco che tu non stia qui dentro.”
Il piccolo elfo scuro non era in grado di estrapolare da quelle parole un divieto di carattere generale: credeva semplicemente che allo zio desse fastidio averlo intorno mentre lavorava. Da cui il suo ragionamento: visto che adesso Linomer non c'era, poteva entrare liberamente nel suo laboratorio.
Niente di più sbagliato, non c'è bisogno di dirlo, però logico a modo suo.

Kavrin si era svegliato per colpa del caldo. L'ultima cosa che ricordava era che aveva appena finito di pranzare e si era messo a cantare una bella canzone su una città fatta di torri. Poi il vuoto; doveva essersi addormentato all'improvviso. Era una cosa che gli capitava spesso.
Adesso era pomeriggio, il bambino non poteva saperlo ma il mezzogiorno era passato da circa tre ore. La sua stanza era esposta a sud ed era la più calda fra tutte, quindi si era svegliato ed era fuggito in salotto. Lo zio Linomer non c'era. Non c'era in nessuna parte della torre.
A Kavrin era preso il panico, non era mai stato solo prima d'ora. Poi però aveva visto che una scopa magica stava spazzando il pavimento, e poteva essere stato solo Linomer ad ordinarglielo.
Kavrin aveva provato a parlare con la scopa, per chiederle dove fosse lo zio, ma non c'era stato niente da fare. Però di certo sarebbe tornato… non avrebbe lasciato la sua torre con delle cose magiche dentro, prima o poi avrebbe dovuto spegnere la scopa oppure quella avrebbe spazzato tutta la città.
Kavrin si era sdraiato a terra in salotto, ma i tappeti gli facevano caldo, e inoltre la stupida scopa aveva provato a spazzargli la faccia. Quindi si era spostato nel laboratorio. Quel dannato oggetto di sicuro non aveva il permesso di entrare lì, e anche se l'avesse fatto, c'erano tanti oggetti magici che Kavrin avrebbe potuto usare per difendersi. Inoltre c'era un angolo del laboratorio dove non c'era il tappeto, ma un bellissimo pavimento di pietra bianca e lucida.
A dire il vero era un cerchio di evocazione. Non era attivo in quel momento, ma era comunque un luogo in cui era stato stabilito un collegamento con gli altri Piani numerose volte, quindi era come una specie di cassa di risonanza, una porta chiusa su di un corridoio che si estendeva verso tante porte sigillate. Nessuna creatura sarebbe potuta arrivare senza essere evocata, ma era possibile che la voce si estendesse in un eco distorto attraverso i Piani, per chi aveva un orecchio allenato.

Kavrin rimase lì a cincischiare per un po’. Il tempo sembrava non passare mai e lui si stava annoiando. Avrebbe voluto prendere i suoi giocattoli, ma fuori dal laboratorio c'era la scopa magica e Kavrin era convinto che ce l'avesse con lui.
Però anche lo zio Linomer aveva dei giocattoli. Anziché soldatini, re, principesse e peluches di mostri, aveva statuine di maghi. Kavrin non aveva nemmeno un mago fra i suoi giocattoli. Solo un fornaio con un lungo grembiule che lui aveva deciso essere la veste di uno stregone.
Il bambino si alzò dal pavimento e andò al tavolino dove lo zio teneva i suoi giocattoli. Non ci giocava mai, li lasciava solo lì a fare niente. Kavrin conosceva i loro nomi. C'era Mister, il mago più forte del mondo, e poi c’erano Keben e Maicor dalla faccia simpatica, la bella Simun, e altri di cui non ricordava il nome. E poi c'era la più bella di tutti, con abiti così eleganti che sembrava una regina dei maghi. Mistra.
Kavrin non aveva il permesso di prendere quei giocattoli. Ma nessuno li spostava mai dal loro tavolino, e quindi loro avevano proprio voglia di farsi un giretto e prendere un tè. Kavrin lo sapeva. Era ovvio.
Tornò nel suo angolino di pavimento, portandosi dietro una bracciata di statuine.
Presto il tè del pomeriggio divenne un ballo in maschera (era sufficiente cambiare il nome alle statuine fingendo che si fossero trasformati l'uno nell'altro), e infine il ballo divenne una gara di magie.
Alla fine Kavrin si stancó anche di quel gioco e andò a rimettere a posto le statuine. C'erano tantissime altre cose belle nello studio dello zio…
Come le mappe. C'erano tantissime mappe, o così le chiamava Linomer. Ma non sembravano mappe vere, c'erano solo punti uniti da linee. Vicino a ogni punto c'era una scritta ma Kavrin non sapeva leggere. Stava guardando una di quelle pergamene quando sentì un rumore frusciante e ripetitivo. Il piccolo fece quasi un salto sul posto per la sorpresa: la maledetta scopa! Stava per invadere anche il suo ultimo luogo sicuro!
Corse a nascondersi sotto la scrivania mentre quella cosa entrava nel laboratorio, spazzando per terra. Si guardò intorno in modo frenetico, cercando qualcosa da usare come arma… alla fine la vide. Una mazza ferrata, come quelle dei suoi soldatini! Kavrin la prese senza esitare. Era troppo leggera per essere un'arma, ma lui non si aspettava che fosse pesante.

Lasciare una Verga della Cancellazione incustodita in un portaombrelli era stato il secondo più grande errore di Linomer.
Il primo era stato lasciare Kavrin da solo.

La scopa animata non sapeva di avere un nemico. Lo scoprí a sue spese quando il piccolo ospite del suo padrone le saltó addosso e la colpì con quell'arma improvvisata. La collisione fece scaturire un breve lampo di luce magica, poi la scopa non più animata perse il suo punto d’equilibrio e si rovesciò all'indietro. Cadde sbattendo contro uno scaffale, facendo schizzare per terra una pioggia di piccoli oggetti e barattoli. Uno di essi era un bauletto in miniatura. Sembrava un giocattolo.
Kavrin si avvicinò cautamente. Era bellissimo. Era come un tesoro dei pirati del suo libro di disegni, quello con cui lo zio stava cercando di insegnargli le lettere e le parole scritte. Kavrin lo raccolse da terra: lo scrigno era così minuto che anche un bambino poteva reggerlo con una mano sola.
Affascinato, il piccolo elfo scuro non tentò di aprirlo. Lo prese soltanto, e andò a nasconderlo in salotto fra i cuscini del divano. Poi prese una delle pergamene di Linomer e, incurante dei puntini e delle linee, cominciò a disegnarci sopra con i suoi gessetti colorati. Avrebbe fatto una vera mappa dei pirati, per lo zio. Sarebbe stato contento di trovare un tesoro.

Linomer tornò alla torre una decina di minuti più tardi, e quello che si trovò davanti sembrava il teatro di una battaglia.
Kavrin era sdraiato per terra in salotto e stava pasticciando coi gessetti una delle sue rare e antiche mappe del cielo. Quegli stessi gessetti stavano perdendo polvere multicolore su un prezioso tappeto halruaan. Ma questo era niente, paragonato allo stato del suo laboratorio.
C'erano oggetti sparsi ovunque, caduti da uno scaffale. La sua scopa animata ci era caduta sopra, evidentemente era stata resa nuovamente non-magica, a causa di… una Verga della Cancellazione.
Una. Verga. Della. Cancellazione.
Un oggetto che costava undicimila monete d'oro, il prezzo di una casa di mattoni nella parte bella della città.
Un oggetto di vetro indurito magicamente, che dopo essere stato usato una volta, perdeva i suoi poteri e diventava un semplice soprammobile, una curiosità.
Una vena pulsó pericolosamente sulla tempia di Linomer.

“KAVRIN!” Ruggì, invadendo il salotto con la foga di una tempesta. “Per tutti gli inferi, che cosa hai combinato?!”
Il bimbo sobbalzò per la sorpresa e lo spavento, girandosi a guardare lo zio con aria interdetta.
“Cosa?” Squittí, troppo spaventato anche per muoversi. Linomer non aveva mai gridato contro di lui, mai, nemmeno quando si era perso in città.
“Non devi mai entrare nel mio laboratorio. Mai più. Ce l'hai un'idea di quello che hai fatto?”
Ora l'elfo chiaro incombeva su di lui e Kavrin nascose il viso tra le braccia, temendo che lo zio stesse per picchiarlo. I suoi genitori lo facevano, anche quando erano meno arrabbiati di così.
Linomer però non aveva l'abitudine di picchiare i bambini, nonostante il suo carattere un po’ sanguigno. Nemmeno quando distruggevano i suoi oggetti di valore.
“Nuova regola, ragazzino. Quella porta, la vedi quella porta? È proibito oltrepassarla. Vietato. Lì finisce il tuo mondo, ci siamo capiti?
Lo spavento di Kavrin si trasformò in un magone inarrestabile.
“Ma… ma…” pigoló, cercando di giustificarsi “c'era una scopa cattiva… iosonoandatonellattanzadellamagia…” cominciò a pronunciare le frasi tutte d'un fiato, come se avesse paura che se si fosse fermato, Linomer non l'avrebbe ascoltato. Dopo una frase così lunga però doveva prendere fiato, e i suoi respiri sapevano di singhiozzi. “Epoiquellaccopamiseguiva…” altro respiro “ealloraladovevobattere”.
“E hai pensato di combatterla con una verga magica?”
“Una mazza… come i soldatini che guerrano”.
“Kavrin, maledizione, una scopa è solo una scopa. Non è pericolosa. Non la devi combattere. Per colpa tua oggi ho perso molti oggetti che per me erano preziosi, lo sai?”
Kavrin esitò, non capendo la domanda.
“No! No che non lo sai! Cosa potresti saperne tu?” Linomer scattò verso la stanza degli ospiti con uno sguardo famelico. “Ma adesso lo vedrai!”
Entrò nella camera del piccolo, sbattendo la porta. C'era un giocattolo che stazionava sempre sulla testata del letto, una statuetta di legno a forma di gnomo. Era intagliato in modo da poter stare solo seduto, quindi Kavrin l'aveva messo lì, pensando che tenesse lontani gli incubi. Linomer sapeva che era il giocattolo a cui il piccolo elfo scuro teneva di più.
“Bene. Ecco. Questo è un oggetto prezioso.” Gli spiegò, mettendoglielo sotto il naso.
“Mattin!” Kavrin si lanciò in avanti cercando di afferrare il suo amichetto, ma Linomer alzò il braccio in modo da tenerlo fuori portata.
“Esatto, Martin. Io so che tu ci tieni. Gli vuoi bene. E se adesso Martin si rompesse?”
Il piccolo la guardò con occhi sgranati e poi cercò di arrampicarsi su di lei, gridando la sua disperazione. Linomer lo ignorò e si portò fino alla finestra, sporgendo fuori la mano che teneva il giocattolo.
Per un momento fu come se il tempo si fosse congelato. Kavrin la fissava con un misto di orrore e incredulità, come se avesse paura a muoversi. Poi Linomer lasciò andare la statuetta.

La mano spietata della gravità afferrò quell'oggetto e lo reclamò verso il suolo, mentre nella torre risuonava il grido disperato di un bambino. Qualche passante, giù in strada, si fermò allarmato udendo quel suono lontano, come un ululato di disperazione… e un fischio. Il fischio dell'aria intorno a qualcosa che cadeva a gran velocità. Una coppia di anziani alzò lo sguardo, solo per vedere una palla marroncina saettare dal cielo verso di loro. Non era chiaro che cosa fosse, ma non ebbero nemmeno il tempo di realizzare il pericolo: l'oggetto si fermò a mezz'aria, circa due metri sopra le loro teste.
Era una statuetta di legno. Ritraeva uno gnomo accucciato, con il volto deformato da un sorriso assurdo. I due anziani erano proprio gnomi, e giudicarono quella rappresentazione stereotipata e offensiva. Uno dei due alzò il bastone da passeggio per colpire quella cosa che si prendeva gioco di loro, ma non ci arrivò. La statuetta tondeggiante rimase lì sospesa per aria ancora un momento, poi schizzò nuovamente verso l'alto.
“Dannato mago cicisbeo!” Imprecò il vecchietto. “Prendere in giro due onesti cittadini. Ah, ma mi sentirà! Dannato orecchie a punta…”

La statuetta volò di nuovo nella mano di Linomer, richiamata da un incantesimo. Kavrin stava ancora cercando di arrampicarsi fino al davanzale della finestra, e non si accorse che il suo giocattolo era tornato in mano al mago. Linomer lo nascose nella manica con un abile trucco di prestigio.
“Bene, ora sai cosa vuol dire perdere una cosa che si ama.” Si aspettava che Kavrin fosse arrabbiato, che facesse i capricci. Invece si sedette per terra e scoppiò in un pianto disperato.
Linomer non capiva. Conosceva l’attaccamento agli oggetti materiali, anche se lei ne era meno schiava di molti altri della sua specie. Però il bambino stava andando oltre, si struggeva come se avesse perso una persona cara, non un oggetto.
Kavrin non ha amici. Ricordò d’un tratto. Non ha nessuno intorno tranne me, quindi si è affezionato ai giocattoli. Forse ho esagerato. Dopotutto non avrei dovuto lasciarlo solo, senza supervisione. Non avevo previsto che si svegliasse così presto.
Linomer si accucciò accanto al bambino.
“Ehi, terremoto. Non ho distrutto il tuo amichetto, guarda…” tirò fuori lo gnomo dalla manica.
Kavrin spalancò gli occhi e afferrò il giocattolo, prima che il mago cambiasse idea.
“Mattin…” lo strinse come se fosse stato davvero un oggetto prezioso.
“Ora però tu mi devi ascoltare, e devi capire. Alcune delle cose che hai rotto oggi erano preziose come Martin. Non lo devi fare mai più. Hai capito perché?”
Il bambino la guardava in silenzio, con una vaga scintilla di comprensione nei suoi occhi così giovani. Alla fine annuì, mettendosi di nuovo a piangere.
Linomer non sapeva se stesse piangendo perché era dispiaciuto, spaventato, o per le troppe emozioni in un giorno solo. Lo prese in braccio e si sedette con lui sul divano, lasciando che piangesse finché ne aveva voglia. Alla fine si addormentò, esausto.

Linomer andò a mettere il bambino sul suo lettone, stando attenta a non svegliarlo. Poi andò nel suo laboratorio a cercare di porre rimedio a quel disastro.
Non sono in grado di occuparmi di un bambino, ci ho provato, ma è troppo difficile. Non lo capisco. Per me è un alieno. Pensò, mentre raccoglieva da terra i barattoli e le pergamene.
Rimettendo tutto in ordine, si accorse che qualcosa mancava: qualcosa di molto, molto importante.
Lo scrigno con le perle nere! Per la lingua biforcuta di Shar, dove diavolo è finito?
Cominciò a cercarlo in giro per il laboratorio, pensando che fosse semplicemente caduto a terra e rotolato da qualche parte. Lo aveva rimpicciolito in modo da poterlo nascondere in mezzo agli altri soprammobili e scatolette… perché non attirasse l’attenzione. Non lo scrigno con le anime malvagie, ovviamente: quello era stato riposto sotto chiave. No, quello da cui Kavrin era uscito. Non si trovava più da nessuna parte.
Kavrin! Forse l’ha preso lui. Ma non può averlo aperto, era sigillato con la magia. Magari se l’è portato in camera.
Frugò la stanza del bambino, sempre cercando di essere silenziosa. Ancora niente. E purtroppo non poteva nemmeno cercarlo con la magia, aveva fatto l’impossibile per renderlo irrintracciabile.
Niente, glie lo dovrò chiedere quando si sveglia. Lo scrigno non può avere lasciato la torre, ho preso precauzioni perché non accadesse.
Sospirò, stanca e sconsolata. Quel giorno aveva dovuto presenziare all’inaugurazione dell’orfanotrofio, e aveva una gran voglia di spedirci anche Kavrin. Be’, no, non davvero. Non poteva mandare un elfo scuro, con potenziali poteri devastanti, a vivere sotto le cure di alcune povere istitutrici umane. Tornò in salotto, notando che c’erano ancora i gessetti sparsi a terra. La pergamena non mostrava più un cielo stellato, ma il disegno di un mare giallastro con una balena bianca in mezzo.
Non avrei dovuto prendergli quel libro illustrato sulle meraviglie del mare. Si disse, raccogliendo la sua povera pergamena. La balena aveva una forma un po’ squadrata. Nella sua bocca c’era un piccolo semicerchio grigio a puntini viola. Linomer lo fissò in silenzio, per un lungo momento, come se stesse vedendo qualcosa che era appena al di là della sua comprensione. Poi ci arrivò, perché a modo suo era molto intelligente. Lo scrigno. Kavrin l’ha visto… ma non può averlo buttato in mare. Lo avrà nascosto sotto un tappeto blu… anzi giallastro, come il Mare dei Vapori? Ma no, avrei visto il bozzo… no, la chiave di tutto è la balena. La maledetta balena bianca…
L’elfo della luna impiegò altri dieci minuti a identificare la balena bianca, cioè il divano del salotto. Il cofanetto era nascosto fra i cuscini.
Ritrovarlo fu un momento di immenso sollievo. Nessuno si era fatto male, e l’oggetto non si era aperto neanche per sbaglio. Certo, l’aveva previsto, ma con La Cosa non si poteva mai sapere.
Dovrei ricominciare a occuparmi di queste perle. Lo so da tempo, non è giusto lasciare tutte quelle anime lì dentro. Ma come faccio con Kavrin…? Dannazione. Ma non poteva uscire qualcos’altro dalla perla, chessò, una lince idrofoba? Sarebbe stato meglio.
Linomer tese le orecchie, ascoltando il respiro regolare del bambino che dormiva. In qualche modo doveva pur fare. Forse creando un altro Simulacro. Ma avrebbe dovuto occuparsi delle perle, o di Kavrin?
Nessuna delle due prospettive era molto edificante.

           

   
 
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