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Autore: Theredcrest    05/08/2018    1 recensioni
[Questa storia è liberamente ispirata a Detroit Become Human]
Un androide sperimentale viene inviato a Portland per assistere un Tenente in carriera in un caso di omicidio commesso da un altro androide. Ispirato liberamente a Detroit Become Human, ai personaggi di Connor ed Hank e al loro rapporto, questa fanfiction si propone come una storia alternativa alla trama, riprendendo alcune delle situazioni esistenti all'inizio del gioco ma in un'altra città, con elementi e ambientazione diversi.
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2 – Homicide

 

'Musica. Riconoscimento in corso... Dragonforce. Through the Fire and Flames. Genere: Speed metal. Al Tenente Coleman piace il Metal.'
Richard lentamente sollevò una mano per alzare la musica, che curiosamente gli pareva interessante. Ricevette una sberla secca sulle dita e guardò interrogativamente il Tenente che stava guidando sulla sua auto privata («Una Ford Mustang GT del 1966, un vecchio rottame» gli aveva detto, pieno di orgoglio «L'ho rimessa a nuovo quasi del tutto da solo») in direzione del luogo dell'omicidio.
«Che fai, mi cambi canzone?» gli chiese Aiden, acido.
«Mi scusi Tenente. Volevo solo alzare il volume.»
«Non sapevo ti piacesse il genere, lattina.»
«Richard.»
Mentre Aiden alzava un sopracciglio, sarcastico, Richard fece ricerche in merito, calcolando le percentuali di gradimento rispetto al pubblico e valutando le svariate sottocategorie esistenti. Trovava molto interessante come artisticamente e musicalmente gli umani si fossero evoluti nel tempo in quasi ogni campo: addirittura trovò diversi file su un sottogenere chiamato “Trash Metal”, che a giudicare letteralmente dal solo nome non doveva essere qualcosa di buono. 'Trash. Spazzatura Metal?' Eppure all'incirca il 12 percento della popolazione del solo stato dell'Oregon lo riproduceva in rete e di questi almeno l'8 percento commentava a riguardo positivamente. Giunse ad una conclusione più o meno imparziale e decise di essere sincero col Tenente.
«A dire il vero, non ho mai ascoltato musica come questa. Non ascolto musica in generale... ma mi piacerebbe farlo.»
Aveva abbassato la testa e poi l'aveva alzata mostrando una seria concentrazione, tant'era che perfino le sopracciglia gli si erano arcuate e la fronte aggrottata. La scelta delle parole era stata minuziosa in quell'attimo di silenzio tra una frase e l'altra, eppure davvero non trovava che la musica, quella almeno, fosse sgradevole. Magari avrebbe fatto ulteriori indagini, ispezionando meglio le abitudini di Coleman: sembrava ricco di sfumature caratteriali che tra un difetto e l'altro, avrebbero potuto giovare alla sua programmazione, migliorandola ed espandendola con un nuovo tipo di informazioni secondarie. La reazione del Tenente lo confermò, vedendolo abbassare gli angoli della bocca e annuire silenziosamente, come a dire 'Però, non male'.
Finalmente arrivarono nei pressi della zona, una via dei bassifondi di Portland che sembrava piena di case abbandonate o bruciate. Dai suoi registri, Richard poteva ricordare come l'inflazione avesse costretto molte persone ad abbandonare case di proprietà per pignoramenti o fallimenti, e di come a queste si fossero facilmente sostituite bande o piccoli criminali che avevano fatto di tutto per trasformare le villette in luoghi inospitali pieni di muffa. L'incuria e lo stato di degrado erano talmente elevati che facilmente avevano luogo incendi, perlopiù porovocati dai ratti che rosicchiavano i collegamenti elettrici riposti tra le pareti. Oppure scoppi di bombole del gas o di condutture invecchiate tanto da arrugginire.
La strada, bagnata poche ore prima da una scrosciata di pioggia, risplendeva nel buio della notte sotto le luci delle ambulanze, delle volanti e il lieve riflesso degli ombrelli di una pletora di spettatori incuriositi. I lampioni non funzionavano in quella via, per cui si vedeva a malapena, però Richard riuscì a notare comunque una troupe televisiva che montava di tutta fretta dei riflettori per avere un buon servizio. La polizia aveva già sistemato i nastri, ma tutto quel movimento indicava che il da farsi era ancora in corso dalla mattina. Sicuramente si era trattato di un semplice arginamento dell'area, perchè le vere rilevazioni della squadra scientifica stavano avvenendo più o meno a quest'ora. Il Tenente parcheggiò a circa dieci metri sul marciapiede opposto. Tirò bruscamente il freno a mano e si voltò a guardarlo poggiando una mano dietro il poggiatesta del sedile del passeggero.
«Tu resti qui. Non ci metterò molto.»
Richard annuì silenziosamente, mentre Coleman si alzava pesantemente dal sedile, facendo sobbalzare di un poco l'intera macchina. Eppure non sembrava pesare così tanto.
I suoi ordini erano conflittuali al momento: il suo superiore in carico gli aveva appena detto di attendere, ma le istruzioni dell'Azienda erano di seguire Coleman sulla scena del crimine. La priorità andò a queste ultime che si attivarono in maniera automatica: Richard attese un momento e poi con un movimento fluido scese dall'auto, richiudendo discretamente la portiera. A passo veloce si diresse verso il collega avanti di diversi metri. Quando Aiden, che aveva già iniziato a discutere con un altro ispettore, lo vide mentre un poliziotto lo fermava dietro il nastro olografico assieme ad altri curiosi, gridò rocamente un «É con me!», tornando velocemente ai fatti suoi mentre lo lasciavano passare.
«Quale parte di 'Tu resti in macchina' non hai ben compreso?» gli chiese scocciato quando gli si avvicinò abbastanza. Richard non sembrò capire.
«I suoi ordini sono andati in conflitto con le mie istruzioni di base, Tenente.»
Aiden lo guardò in tralice.
«Va bene. Ascolta il briefing, guarda le prove, fai quello che devi, ma non ti mettere di mezzo, intesi? Se mi intralci ti rispedisco a calci in culo in macchina.»
«Intesi.»
Richard annuì lievemente. Questo poteva farlo: non era stato programmato per intralciare le azioni del suo collega, tutt'al più l'avrebbe aiutato laddove un umano non poteva arrivare senza macchinari e lunghe valutazioni della scientifica. Era stato dotato perfino di una funzione di ricostruzione dei fatti, per cui non sarebbe stato difficile. Doveva solo osservare bene l'accaduto.
Stava aspettando il tenente quando arrivò quello che doveva essere un altro agente, sovrappeso e dai vestiti formali, ma non in divisa. Forse l'incaricato della scientifica.
«Hey, Aiden!» lo chiamò con un cenno, osservando un po' lui, un po' loro e una cartellina che aveva nella mano sinistra. «Qui si parte col briefing, stavamo iniziando a pensare che non venissi...»
«Sarei venuto prima se non mi avessero appioppato questo idiota» fù il secco commento del Tenente.
«Così ti sei preso un androide?»
«Oh, nemmeno per sogno. E non sei divertente. Dimmi semplicemente cos'è successo, prima mi esploda la testa. Quella dannata troupe fa un casino del cazzo.»
In effetti la giornalista stava già registrando, per cui tra lei e il cianciare della gente fuori, il livello di disturbo era veramente elevato. Richard abbassò al minimo il volume di quei rumori, rendendoli semplicemente un sottofondo, ma supponeva che il Tenente non potesse farci niente. Diede lunghe occhiate al giardino e poi alla casa – forse ancora una di quelle mantenute in buono stato – prima di seguire il discorso dei due già sulla porta.
«Abbiamo ricevuto una chiamata dal proprietario stamattina, verso le nove. Questo mese l'inquilino non ha pagato l'affitto e il tizio ha pensato che l'avesse fregato o se ne fosse andato, così ci ha chiesto di dare un'occhiata.»
Richard si concentrò contemporaneamente su questo e sulla vernice bianca che veniva via a piccoli pezzi dai muri esterni. Il cancelletto che proteggeva l'ingresso era aperto, la porta spalancata, diversi chiavistelli aperti e perfino una catena spuntavano dallo stipite interno. Su una piccola targa vicina alla porta era scritto a pennarello indelebile “Jack Williams”.
«Siete arrivati e l'avete trovato voi?» chiese Coleman direttamente dall'interno. «Sembra un bel posticino, pulito e ordinato. Certo, non ha ripitturato le pareti di recente ma... bel televisore. Bella cucina. Robot aspirapolvere. In effetti non sembra uno che non paga l'affitto regolarmente.»
«Sta di sopra.» Il collega gli indicò la scala subito davanti all'ingresso, che si arrampicava ripida per poi arrivare su un pianerottolo e fare una svolta a novanta verso destra. Coleman e Richard lo seguirono su per i gradini.
«La vittima si chiamava Jack Williams. Sposato, risulta separato da qualche mese, niente figli. É registrato per piccoli furti e una tentata aggressione, risalenti a qualche anno fa. I vicini di casa dicono che non usciva mai, era una sorta di recluso. Quasi non l'hanno mai visto in faccia. Mandava il suo androide a far tutto.»
Attraversarono un corridoio con un bagno e una camera, arrivando nell'ultima in fondo. Il Tenente si coprì naso e bocca a quel punto, esclamando un soffocato:
«Cristo, l'odore!»
«E non hai sentito quello che c'era prima che aprissimo tutte le finestre» lo derise il collega, proseguendo all'interno. «Ecco, è qui che l'abbiamo trovato.»
La stanza era una cameretta con le pareti rosa coperte da fogli disegnati e mensole piene di libri, alcuni rovesciati o caduti a terra. Sul pavimento in moquette c'era qualche calzino, notò Richard, un lettino con comodino e lampada, una finestra, una poltrona e un cassettone che doveva fare da armadio. Tra il letto e la lampada, il corpo disteso a terra di un uomo tarchiato sugli ottanta, forse novanta chili, rigonfio per l'accumulo di gas dati dalla decomposizione. Un buco ben visibile gli trapassava il petto. Stranamente, l'androide si aspettava più sangue, ma a malapena si vedeva la chiazza rinsecchita sui vestiti, all'altezza dei polmoni.
«Tentente...» provò a dire, ma Coleman gli fece segno di star zitto, stizzito. Richard rimandò a dopo il discorso, limitandosi ad ascoltare.
«Secondo me è qua almeno da due settimane, ma ne sapremo di più quando arriverà il coroner.»
A dire il vero, analizzò Richard, le rilevazioni visive e termiche indicavano che fosse lì anche da tre. Non c'era molto sangue perché il proiettile - molto probabilmente di una 9 millimetri, la più venduta e usata in America - poteva essersi fermato all'interno del corpo causando un'emorrargia interna, ma era solo una supposizione. Neanche sui muri sembravano esserci evidenti schizzi di sangue o fori.
«L'arma del delitto?» chiese Aiden.
«Non risulta in nessuna parte della casa, probabilmente l'androide deve averla gettata o portata con sè. Degli agenti stanno facendo ricerche nei rifiuti della zona per trovarla.»
«Siete sicuri sia stato un'androide? Non avete trovato nessun segno di intrusione?»
«No, al momento. Quando sono entrati la porta principale era bloccata dall'interno dai chiavistelli e tutte le finestre erano chiuse eccetto quella rotta del piano superiore e la porta di servizio posteriore della lavanderia, che hanno trovato spalancata. Sta al piano di sotto se vuoi dare un'occhiata, ma non ci sono segni di effrazione. Chiunque l'abbia ucciso, dev'essere passato da lì per scappare dall'interno, per questo pensiamo sia stato l'androide.»
«E cosa sappiamo di questo androide?»
«Tutto quello che sanno i vicini, ovvero il modello e l'aspetto. Non era qui al nostro arrivo, ovviamente. Senti...» il collega di Aiden stava ormai boccheggiando. «Io vado a prendere un po' d'aria fuori, mi viene da vomitare. Nel frattempo tu fai quello che devi, cercami se ti servo.»
«Ok.»
Finalmente il briefing era finito. L'agente si levò dalla camera velocemente, percorrendo il corridoio di corsa. Richard e Aiden si guardarono tra loro per un secondo, poi il Tenente decise di concentrarsi sulle pareti, grattandosi il mento. Richard iniziò a ispezionare a fondo la camera partendo dalla porta, sulla cui moquette erano rimaste impronte nere.
'Ci potrebbe essere stato un'inquinamento delle prove da parte degli agenti, o l'assassino potrebbe essere partito da qui.' pensò. Si posizionò sull'entrata e fece un passo avanti, scorrendo lo sguardo lungo tutto il perimetro per effettuare delle analisi in tempo reale.
«Niente figli eh?» sentì dire al Tenente in tono sarcastico, ad una certa. «E allora che diavolo ci fa qui una cameretta per bambine?»
«Era quello che volevo dirle prima, Tenente.»
«Non mi serviva il tuo aiuto per arrivarci da solo. Piuttosto, questi fogli...» Aiden si abbassò a guardarli, osservandoli dal basso verso l'alto. «Non ci sono solo pony e mostri o cazzate varie. Guarda questi...» disegnò un arco col dito sulla parete, salendo. «Ci sono una ragazza vestita da androide, la nostra vittima e... una bambina. E continuano.» Ne indicò un altro, inasprendo il tono. «Qui il nostro Jack sembra voler alzare le mani sulla piccola mentre l'androide l'abbraccia e qui sopra... l'androide è rotto sul pavimento e la bimba in lacrime.»
Richard aggrottò la fronte e si tirò indietro i capelli.
«Potrebbe essere verosimile. Se l'androide era rotto, l'avrà portato in riparazione. Vuole che controlli il database dei punti vendita e li incroci col modello?» Aprì i fascicoli relativi arrivati in mattinata, ne estrasse i codici e lo fece prima ancora di un'affermazione definitiva. «E' un 400HK, una governante. Un modello vecchio, almeno quattro anni. Si occupa di faccende domestiche e di seguire i bambini. Ritirata lunedì alle ore dieci e trenta al negozio di Pioneer Square, in riparazione per “rottura accidentale, incidente d'auto”. La garanzia era ancora valida.»
Aiden si strofinò nuovamente il mento, pensieroso, mentre Richard terminava l'analisi del luogo: il cassettone alla sua destra era spostato diagonalmente, le tracce sul pavimento chiarivano che era stato spinto di forza. Si diresse lì e si fermò di nuovo: il tessuto del bracciolo della poltrona era sfondato, rientrato dall'alto verso l'interno dell'imbottitura, e poco distante i libri erano sparsi. Continuando a ricostruire, seguì le tracce ipotetiche che portavano all'oggetto più vicino, un tappeto steso su una parte del pavimento, e si abbassò a valutarne un lembo che risultò strappato. Poi guardò le ante a veneziana che costituivano parte della parete accanto al cassettone. Una di esse aveva diverse asticelle di legno piegate ad un'altezza circa di un metro e sessanta, e sopra ce n'erano altre. Cercò altri indizi, strascichi sul pavimento, sangue o linfa: nulla, ma appena a sinistra si trovava la finestra rotta, il vetro frantumato da un grosso buco centrale che aveva distrutto il centro e diramato ragnatele da lì verso l'esterno su tutta quanta la superfice. Si spostò ancora verso sinistra ispezionando il letto e il muro accanto, e finalmente scovò qualcosa di utile: gocce lattiginose e semitrasparenti di linfa – il concentrato altamente proteico che nutriva i biocomponenti interni degli androidi - avevano macchiato il muro, indicando chiaramente cosa potesse essere accaduto. Non notò che il Tenente lo osservava stranito, mentre si spostava di nuovo verso il cadavere per fare altre valutazioni di circostanza.
Per prima cosa si piegò sul corpo morto, sporgendosi appena per guardare bene le mani irrigidite a pugno dal rigor mortis. Con la precisione di un orologio svizzerò trovò quello che aveva cercato, ovvero le nocche spellate e insanguinate e pezzi di vetro nelle ferite, dopodichè si ritrasse di nuovo. Osservando attentamente, poteva vedere l'enorme livido che si diramava sulla nuca, estendendosi da lì alla schiena fino al dorso delle mani e in tutto il corpo: durante la morte il sangue si era coagulato principalmente dov'era compresso, ovvero nei vasi sanguinei sottostanti considerato che Jack era girato a pancia in su. Per essere sicuro delle sue condizioni, nonostante lo stato di deterioramento del sangue, ne recuperò qualche frammento oramai coagulato dalla cavità toracica controllandone anche la profondità e se lo passò accuratamente in bocca sotto lo sguardo disgustato di Aiden, eseguendo dei veloci test e controlli ormonali: quell'uomo non era a posto, aveva fatto uso di droghe pesanti e, a parte questo, possedeva un livello esageratamente alto di cortisolo e adrenalina al momento della morte.
«Richard, per Dio, cosa stai facendo?»
«Sto analizzando il sangue. Posso testare i campioni e fornire le risposte in tempo reale.» Richard ormai aveva tutto quello che gli serviva a ricostruire la scena del crimine, quindi tornò a dare attenzione al Tenente che in quel momento aveva uno sguardo allucinato. «Mi spiace. Avrei dovuto avvertirla.»
«No, va bene, solo... non... infilarti in bocca altre prove, ok?»
«Ok.»
«Cristo santo, non posso crederci, anche questo...» commentò Aiden, facendo il giro della stanza. «E nelle altre?»
«Non mi sembra che il suo collega abbia detto nulla a proposito.»
«Meglio dare un'occhiata allora. Conosco i miei polli.»
Richard lo seguì da lì alla prima camera, chiaramente rassettata da mani esperte. Era tutto in ordine, perfino il tubetto di psicofarmaci accuratamente sistemato sul comodino del grande letto matrimoniale. Ne lesse la formula e ricondusse alcuni degli effetti collaterali del farmaco ai livelli ormonali che il test aveva evidenziato. Una volta lasciata la stanza che non forniva molte altre indicazioni si diressero al bagno, anche questo pulito, rimesso a lucido, con la tenda della vasca accuratamente tirata.
Quel particolare insospettì Richard, che spostò rispettosamente il collega per farsi spazio fino ad essa e piegarla da parte. Assieme allo scorrere degli anelli di plastica sul bastone della tenda sentì Aiden trasalire accanto a lui, mentre i suoi occhi chiari si posavano sulle parole sbiadite scritte ovunque sulle piastrelle, probabilmente con un pastello a cera rosso.
«IO SONO VIVA.» lesse l'androide, aggrottando le sopracciglia. Era scritto ben più di una volta, forse anche cinquanta, sessanta - tanto da coprire ogni centrimetro disponibile. Trovò anche il pastello consumato abbandonato sul fondo della vasca, che sentenziava da solo chi potesse aver commesso quel macello.
«Che razza di senso avrebbe tutto questo?»
«Il senso che gli può dare un fuorviante. Hanno la tendenza a considerarsi umani.» rispose pragmaticamente Richard. «Tenente, ho elaborato una ricostruzione verosimile dei fatti. Credo di aver compreso cosa possa essere successo.»
«Ah, si?» Mentre si spostavano di nuovo verso il corridoio, Aiden gli fece un cenno. «Continua, ti ascolto.»
L'androide trovò strambo che il Tenente fosse passato così in fretta dal pregiudizio alla fiducia nei suoi confronti, ma d'altronde gli umani erano strambi in ogni cosa: questo caso ne era la prova palese, come anche il suo affiancamento al collega. Richard nel frattempo si era posizionato all'inizio della camera della bambina, sulla porta, come aveva già fatto in precedenza.
«Il tutto ha avuto inizio da qua, l'entrata.»
«Ci sono ovvi segni di colluttazione dappertutto.» Il Tenente lo stupì con questa dichiarazione improvvisa, rivelando che aveva un occhio più lungo ed esperto di quanto non avesse considerato per un umano. «La domanda è cos'è successo esattamente.»
«Credo che l'androide abbia minacciato o tentato di attaccare la vittima dall'entrata, con la pistola.»
«Questo potrebbe riallinearsi con le prove. Vai avanti.»
«La vittima ha reagito. Il modello dell'androide non è dotato di forza sufficiente, la vittima, fisicamente superiore, l'ha spinta contro il cassettone, lì dove può vedere i segni.»
«Credo di intuire, ma... aspetta un secondo. Perchè un androide punterebbe una pistola contro il suo proprietario?»
«Forse stava maltrattando la bambina, o chiunque fosse qua dentro.»
«Quindi un gesto di difesa?» Il Tenente scrollò la testa, portandosi verso il cassettone. Richard fece lo stesso. «Andiamo avanti.»
«La vittima deve aver tentato di colpire più volte l'androide e forse gli ha strappato di mano l'arma. A quel punto, l'androide deve aver tentato di fuggire verso la poltrona, dove la vittima ha colpito e sfondato il bracciolo, dove può vedere il tessuto strappato.» Richard indicò chiaramente il punto del divanetto in cui c'era lo strappo. «Cercando di sfuggire o recuperare l'arma, deve aver rotolato sul tappeto, dove è presente un altro strappo netto. Da lì, per alzarsi, si è spostata verso le veneziane.»
Richard stesso si diresse verso di esse, indicando i due punti in cui erano divelte.
«La vittima ha afferrato l'androide e l'ha spinto contro le ante, qui e più in alto. In qualche modo dev'essere comunque riuscita a liberarsi dalla presa e si è diretta alla finestra, dove ha evitato altre lesioni. A causa di questo, la vittima ha accidentamente colpito con un pugno il vetro, come evidenziano anche le escoriazioni sulle sue mani.»
«Bene, questo potrebbe avere senso.» Il Tenente sospirò.
«La vittima deve avere poi gettato l'androide sul letto, dove è effettivamente riuscito a colpirla. Lo si può valutare dalle tracce lasciate sul muro: le gocce bianche sparse sulla superficie sono costituite da linfa, può riconoscerla ad occhio nudo.» Aiden annuì e le ispezionò velocemente prima di seguirlo ancora. «Da lì l'androide dev'essersi gettato o è stato spinto nel punto in cui si trovava la pistola, recuperandola. E' molto improbabile che un modello simile riesca a tenere un'arma in mano per tutto il tempo in cui si è svolto il combattimento. Nel cercare di afferrarla, la vittima è andata incontro allo sparo ravvicinato che l'ha uccisa.»
Richard tornò al corpo, piegandosi su di esso e mostrando al Tenente le aree interessate.
«Vede la bruciatura lasciata sui vestiti? Questo indica che la canna della pistola usata doveva essere molto vicina quando ha sparato. Inoltre la profondità della cavità lasciata dal proiettile non è elevata, il colpo dev'essere rimasto nel corpo, motivo per cui non ci sono fori di proiettile su mobili o muri. I proiettili di quella che ipotizzo essere una comune 9 millimetri tendenzialmente perforano il bersaglio da parte a parte, e raramente si verifica l'eventualità che rimangano all'interno. Questo potrebbe indicare che la vittima non era semplicemente di fronte al suo attaccante, ma che si fosse gettata sopra di esso e che lo sparo sia partito in maniera accidentale, col risultato di ottenere un proiettile condizionato dalla gravità e dall'angolazione.»
«Mi stai dicendo che l'androide potrebbe non aver sparato volontariamente?»
«Tutti i dati confermano che si è principalmente difeso, o ha difeso chi stava in questa stanza.»
«Ma questo non ci dice dov'è andata.»
Richard rielaborò per un secondo, e la sua espressione si accese subito dopo.
«La porta di servizio al piano inferiore. La casa è a pochi passi dalla fermata del bus della zona, non è difficile pensare che l'abbia preso in tempo.»
«E noi potremmo avere un'idea quasi precisa di dove possa essere andata. E un androide in compagnia di una bambina sola non fa molta strada, senza soldi e riparo.» Aiden si picchiò il pugno nella mano, soddisfatto del lavoro di Richard. «Bingo! Vieni, andiamo.»
Richard aveva completato con successo l'obbiettivo, e avrebbe presto potuto fare rapporto all'Azienda in merito all'evoluzione del caso. Questo ancora non gli dava indicazioni specifiche sui fuorvianti, ma poteva essere un inizio.
Seguì con sicurezza e determinazione il Tenente Coleman che scendeva in tutta fretta le scale, gridando nuovi ordini.
«Agenti, portate qui il vostro culo. Subito!»
 



 
Ciao a tutti, ecco il secondo capitolo!
Come promesso, vado spedita - una volta tanto sarei intenzionata a finire di scrivere una ficci in maniera completa xD - e dato che finalmente ho tempo libero (piango dalla felicità, ve lo giuro T_T)mi ci sto veramente dedicando anima e corpo. Questa parte, come avrete ben capito se avete giocato, è ispirata ad alcune scene di Kara che però, ovviamente, avranno luogo in maniera diversa e con personaggi differenti. Nonostante questo l'idea di capire come potesse funzionare una ricostruzione di una scena del crimine come quelle di Detroit mi allettava e allora... voilà! Spero vi piaccia, non so ancora bene se la ficci si categorizza più sotto le original che come vera e propria ficci del videogioco - anche perchè più in là le cose evolveranno in diverse maniere differenti - ma... vedremo! Nel frattempo, se volete, lasciatemi un commentino anche piccolino-ino per farmi sapere la vostra!
A presto!
  
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