DIETRO LA PORTA

Le informazioni sono archiviate nella sua memoria, dettagliate e in scrupoloso ordine, frutto di oltre tre mesi di perlustrazione di luoghi, postazioni di sorveglianza, ricerche e pianificazioni strategiche; niente di scritto, né rotoli né file, per un lavoro compiuto in maniera impeccabile nonostante gli innumerevoli imprevisti che hanno messo a repentaglio più volte la sua vita, trovandosi da solo a fronteggiare il nemico. Per Sasuke Uchiha questa è la quotidianità, rischiare di morire non è più inaccettabile dell'idea di non portare a termine una missione. Lui non fallisce, mai. Questo è ciò che il mondo si aspetta da lui e soprattutto è ciò su cui l'Hokage fa affidamento. Ecco perché non può fallire: per gli occhi colmi di attenzione, rispetto e ammirazione con i quali Naruto ascolta in religioso silenzio il resoconto delle sue missioni. Per quel sorriso che gli illumina la vita in un istante, seppur accompagnato da parole scontate come "grazie- ottimo lavoro-dattebayo!" e soprattutto "Sas'ke", il nome che pronunciato dalla bocca del suo amico perde tutta la sua durezza, arrivando alle orecchie come una coccola. 

La porta dell'ufficio dell'Hokage è chiusa davanti a lui, da dentro la stanza giungono le voci ovattate di Naruto e Shikamaru che parlano della missione. Le dita indugiano sulla maniglia, il tempo per chiudere le palpebre, rilasciare il respiro trattenuto e pensare: "Sono qui".
Ancora una volta, per quanto tempo? Un giorno, forse due... poco, sempre troppo poco ciò che si concede per riprendere coscienza delle sue ragioni di vita: una figlia, bella, determinata, con gli stessi occhi neri di lui da bambino, sensibile e intelligente abbastanza da capire le scelte di un padre indegno e accettare una famiglia a metà. Una moglie forte, innamorata, che sussulta al tocco di due dita sulla fronte e trattiene i gemiti di piacere, sotto il corpo di un compagno che concede carezze per gratitudine, focalizzando l'attenzione su qualcun altro, in una sorta di genjutsu, per simulare il sentimento che non può appartenergli: l'amore.
Due concrete ragioni per la sua esistenza, più di quelle che avrebbe sperato, più di quelle che merita.
Eppure, ciò che lo tiene ancorato alla vita si trova oltre quella porta chiusa davanti a lui: il cuore non mente, ostinato e prepotente, scalcia nella gabbia toracica come una bestia inferocita. Sasuke sa come sedarlo, è un esperto "domatore di cuori", quando si tratta del suo. Ma non ora che il desiderio di cedere alla debolezza è più forte dell'istinto masochistico di trattenersi dal piacere. Si crogiola un attimo in quella versione buffa di sé, che solo il pensiero di Naruto sa tirar fuori, dai tratti adolescenziali, sconosciuta a tutti e difficile da accettare per un carattere inquadrato come il suo.

I muscoli tesi del viso si ammorbidiscono in un sorriso arrendevole più che rassegnato, quando si decide ad abbassare la maniglia, realizzando, solo allo scatto della serratura, che anche stavolta ha dimenticato di bussare.
- Sasuke!- la voce di Naruto è contenuta e forzatamente formale ma vibrante della stessa eccitazione che investe Sasuke nel sentir finalmente pronunciare il suo nome da lui.
-Ti stavamo aspettando!- gli sorride, luminoso come il sole, sollevandosi oltre la scrivania.
- Ho dimenticato di bussare!- risponde pacato e impenetrabile.
- Come sempre!- lo rimprovera scherzosamente l'altro.
- Allora? Com'è andata la missione?-
Sasuke è pronto a raccontare, Naruto ad ascoltare.