Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: Architetto di sogni    07/08/2018    1 recensioni
Evans e Grace hanno nove anni quando il destino decide di metterli alla prova: il lago, teatro delle loro mirabili avventure, diventa la loro maledizione.
Passano gli anni, il tempo invecchia la pelle e i cuori, e i ricordi annegano la mente.
Ma la Natura ha sempre cura delle proprie creature e anche la più atroce delle condanne può trasformarsi in un dono.
-
Il lago lo richiamava, una nenia sussurrata al cuore.
Aveva bisogno di rivederla.
L’acqua non gli era mai sembrata così invitante.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prologo.








“Evans! Evans aspettami!”

La bambina correva a perdifiato giù dal pendio della collinetta, incespicando sui suoi stessi passi nel tentativo di raggiungere il bambino pochi metri più avanti che continuava a sfrecciare, voltandosi di tanto in tanto per farle qualche smorfia giocosa.

Ansante e sudata la bambina decise di arrendersi e si lasciò cadere a terra, incurante del vestitino bianco che, a contatto con la prima erbetta primaverile, si sarebbe potuto sporcare causandole non pochi rimproveri una volta tornata a casa.

Il prato era un soffice materasso e il calore del sole, misto al profumo dei fiori selvatici appena sbocciati, la faceva gongolare di felicità.

Iniziò ad osservare il cielo alla ricerca di qualche nuvoletta, ma i suoi occhi incontrarono un viso paonazzo che la osservava al contrario.

“Perché ti sei fermata?” chiese il bambino buttandosi a sedere vicino a lei,

“Ero stanca e tu non mi ascolti mai quando ti dico di aspettarmi” detto ciò mise il broncio, aspettandosi delle scuse dall’amico che, al contrario, rimase in silenzio stendendosi sul prato e chiudendo gli occhi.

La bambina girò il viso verso la sua direzione, studiandolo silenziosamente.

I capelli biondi erano fin troppo lunghi per essere un maschio, e gli ricadevano in ciuffi scomposti sulla fronte, che lui si divertiva a spostare soffiando o scuotendo il capo.

Le guance erano rosse, abbronzate dal sole e le piccole labbra sottili formavano sempre un sorrisino ebete che lei si divertiva a prendere in giro.

Cercando di non farsi sentire, si avvicinò a lui piano, prendendo tra le piccole dita un ciuffo di capelli e tirandolo.

Il bimbo spalancò gli occhi chiari e, lanciandosi sull’amica, iniziò a farle il solletico fino a quando non la vide singhiozzare, stremata dalle tante risate.

Poi l'aiutò a rialzarsi tenendola per mano, mentre con l’altra provava a ripulirle il vestito con scarsi risultati.

“Arriviamo fino al lago e poi torniamo indietro, ti va?”

La bambina annuì entusiasta.


Il lago era sempre stato l’attrazione di quel piccolo paese in mezzo alle colline.

Erano le sue strane zone di acqua salata, mista alla dolce, a destare la curiosità di molti. Non aveva fiumi affluenti che dal mare potessero portare l’acqua salmastra, perciò il come ci arrivasse dell’acqua salata lì restava un mistero.

Visitatori dalle città vicine facevano ore di macchina pur di avere la possibilità di passare giornate rilassanti, facendo pic-nic sui prati a bordo lago.

I bambini, in particolare, si divertivano a lanciare le briciole di pane alle anatre che ogni anno, nella stagione estiva, tornavano in quel luogo a nidificare e allevare i loro piccoli.

Ma negli ultimi anni l’affluenza di visitatori era diminuita, a causa di vari problemi di natura legale che avevano portato alla privatizzazione di quel territorio.

Non che la cosa dispiacesse molto ai due bambini che, anzi, avevano fatto di quel luogo il loro parco giochi privato e scenario di mirabili avventure.

Il tutto all’insaputa dei genitori che li avevano da sempre avvertiti di non avvicinarsi, perché pericoloso e loro troppo piccoli per cavarsela da soli.

Ma, come ogni bambino che si rispetti, ignoravano quegli avvertimenti troppo soffocanti e inventandosi scuse, si dirigevano quasi ogni giorno là all’insaputa di tutti.

Unici due bambini del paese, provenivano entrambi da famiglie benestanti tra loro amiche.

Non poche volte si era accennato ad un possibile matrimonio combinato in futuro, ma il più delle volte si trattava di battute che rivolgevano agli stessi interessanti solo per il gusto di vederli rabbrividire e fare smorfie disgustate.

In fondo avevano solo nove anni, anzi, per la precisione Grace ne aveva nove, mentre Evans teneva a sottolineare che di lì a pochi giorni avrebbe compiuto il suo decimo compleanno e a quel punto sarebbe diventato un uomo a tutti gli effetti.

Ogni volta che entravano in argomento Grace sbuffava rassegnata, anche perché il dislivello di pochi mesi rendeva lei la più piccola e indifesa agli occhi di tutti, cosa che la infastidiva non poco visto che dei due era lei la più coraggiosa e temeraria.

Queste caratteristiche, infatti, la mettevano sempre nei pasticci ed era Evans quello che la tirava fuori puntualmente dai guai, spesso addossandosi colpe non sue.

Non a caso era il suo migliore amico.


La tenne per mano camminando a suo fianco per tutto il tragitto, fino alla grande pozza.

Il vento accarezzava la superficie dell’acqua formando lievi increspature che illuminate dal sole brillavano come piccoli diamanti.

Gli occhioni scuri della bimba erano spalancati per la meraviglia, mentre Evans sorrideva compiaciuto, quasi fosse opera sua lo spettacolo che gli si presentava di fronte.

Scompigliò la frangetta dell’amica, facendole cambiare di colpo espressione che divenne furiosa e si mise a ridere quando lei tentò di fare lo stesso con lui, fallendo miseramente per il dislivello di altezza. Poi l’abbracciò forte per calmarla, e se in un primo momento Grace tentò di divincolarsi come un gatto, alla fine decise di arrendersi e godersi quel breve contatto civile che ogni tanto Evans, tra un dispetto e l’altro, le riservava.


La prima volta che lo aveva incontrato aveva da poco compiuto i sei anni e i suoi genitori avevano organizzato una cena invitando la famiglia di lui come ospiti.

“Sii gentile con Evans, ha cambiato casa da poco e non ha amici qui” l’aveva avvisata sua madre poco prima del loro arrivo, e la bambina, dalla mente sveglia e precoce, si era subito immaginata un piccolo emarginato, timido e silenzioso, e si era preparata di conseguenza.

Mai avrebbe pensato di ritrovarsi davanti ad un vero e proprio terremoto umano.

Una volta messo piede in casa sua il bambino aveva iniziato a parlare a macchinetta con ogni adulto, ma quando lei gli si era avvicinata per presentarsi, l’aveva snobbata in quattro e quattr’otto, quasi non fosse degna delle sue attenzioni.

L’aveva subito odiato e per tutta la serata non aveva aperto bocca, fissandolo imbronciata dall’altro capo del tavolo per l’intera durata della cena. Lui, da canto suo, era completamente a suo agio, scambiando battute e raccontando storielle che facevano divertire tutti i presenti.

Ogni tanto la guardava di sfuggita, distogliendo lo sguardo quando lei se ne accorgeva e lo guardava a sua volta piena di collera.

A fine serata, durante il momento dei saluti, fu l’ultima a cui si rivolse.

Inizialmente lei voleva rifiutarsi di stringere la mano che il bambino, molto rispettabilmente, le offriva. Ma non voleva scendere al suo stesso livello di antipatia e maleducazione, e con un sorriso falso lo salutò, ringraziandolo per la compagnia come le avevano insegnato i suoi genitori.

Alle sue parole il bambino scoppiò a ridere, per poi risponderle con un “Ciao nanerottola” che lei non avrebbe mai più dimenticato.


“Che ne dici, ci avviciniamo un po’ all’acqua?” le chiese, guardandola con gli occhi colmi di eccitazione.

Non era sicura fosse una buona idea, sua madre l’aveva sempre avvertita di stare lontana da potenziali pericoli e per lei quello era di sicuro un potenziale pericolo, visto che non sapeva ancora nuotare. Naturalmente la cosa non valeva per Evans, che fin dai primi giorni della loro amicizia, nata alla fine dalla trasformazione dell’odio in simpatia, aveva dimostrato le sue doti da nuotatore provetto nella piccola piscina comunale. La stessa piscina a cui lei si era iscritta per imparare a nuotare, ma era l’unica bambina del corso e la cosa le aveva creato non pochi disagi, tanto che alla fine si era arresa all’evidenza che l’acqua non fosse proprio il suo elemento.

Aveva invece la passione per la lettura, cosa che Evans trovava assolutamente noiosa e a cui si dedicava solo per gli studi scolastici, poiché costretto.

Grace era felice di avere l’esclusiva su quel suo piccolo mondo che custodiva gelosamente, difendendolo con le unghie e con i denti dalle beffe dell’amico, che nel corso del tempo erano andate scemando fino a scomparire del tutto in un rispettoso silenzio.

Evans proprio non riusciva a capire cosa ci trovasse l’amica in quelle pagine inchiostrate, per lui il mondo vero era fuori dalla porta, le avventure qualcosa di palpabile nell’aria, non potevano essere rinchiuse in dei polverosi volumi di carta, ma bisognava viverle di prima persona.

Ma quando aveva visto il vigore con cui Grace aveva difeso i suoi amati libri, un vigore tale da farle inumidire gli occhi mentre gli dava dell’insensibile, lo aveva spinto a smettere con le continue battutine e, per la prima volta, a mettersi in discussione.

Fu quando le chiese imbarazzato di prestarle un libro di “facile” lettura che la loro amicizia ebbe effettivamente inizio. Grace vide per la prima volta il suo impegno nel provare a venirle incontro, e anche se sapeva che quel libro sarebbe rimasto sul comodino, coperto da uno spesso strato di polvere, il solo gesto l’aveva resa immensamente felice.


Resa coraggiosa dalla stretta di mano dell’amico, lo seguì a bordo lago, rabbrividendo quando si trovò di fronte a quella piccola immensità.

Le strinse più forte la mano e lei lo guardò con la coda dell’occhio. Sorrideva, con lo sguardo perso in quei luoghi della sua mente a lei inaccessibili, e quasi lo invidiò; lei aveva bisogno dei libri per viaggiare, scappando dall’ordinaria realtà, lui ci riusciva da solo, con la forza della sua immaginazione. Rimase in silenzio per non rompere quel suo magico momento, anche se tanto avrebbe voluto chiedergli cosa, cosa vedesse davanti a sé, cosa lo faceva stare così bene e, soprattutto se un giorno, in quel luogo, l’avrebbe portata con sé.

“Un giorno questa diventerà la nostra casa”.

Ruppe così il silenzio, quasi intercettando i pensieri e i dubbi di lei, ma continuando a guardare verso l’orizzonte.

“Nostra?”

“Sì” rispose lui semplicemente, “Si un giorno ci sposeremo e comprerò l’intero lago. Ora però pensa a cosa regalarmi per il compleanno, che mancano pochi giorni!”.


Il fatidico giorno arrivò in fretta, Evans aveva già iniziato a sorridere ancor prima di aprire gli occhi. Era curioso di scoprire cosa lo attendeva una volta arrivato in cucina, dove i genitori lo aspettavano per far colazione e come ogni anno, sopra la tavola, un pacco regalo gli avrebbe dato il benvenuto.

Tutto si avverò secondo le sue previsioni, ma questo non gli impedì di essere assuefatto dalla gioia e dal senso di meraviglia quando, scartando il regalo, aveva scoperto che conteneva un bellissimo telescopio. Si rigirò la scatola tra le mani, tremando dall’emozione, mentre i genitori lo guardavano soddisfatti per la buona scelta.

“Ehi campione! Ti va di montarlo?”.


Non vedeva l’ora arrivasse la sera.

Aveva deciso di provare lo strumento vicino al lago, dove le luci della città erano lontane e non potevano disturbare la visione del cielo stellato.

Ci sarebbe andato con Grace, avevano già organizzato tutto durante la festa tenutasi nel pomeriggio.

Sicuramente i loro genitori non sarebbero stati d’accordo a farli uscire da soli col buio, tantomeno al lago, ma si misero d’accordo per un piano ai loro occhi infallibile.

“Vado a dormire da Evans”

“Vado a dormire da Grace”

Sapevano che i genitori non si sarebbero presi il disturbo di controllare se fosse esattamente così, era capitato già molte altre volte e non si preoccuparono della cosa.

Anche quando Evans insisté a portare con sé il telescopio per farlo provare a Grace non diedero peso alla cosa, acconsentendo alla richiesta del figlio. E visto che le famiglie non abitavano distanti e lui aveva compiuto dieci anni, gli permisero di andare da solo.


“Sicuro che sia una buona idea passare tutta la notte fuori?” Grace era titubante.

All’inizio l’idea di passare la notte fuori con l’amico a guardare le stelle l’aveva entusiasmata, ma ora il buio che inghiottiva ogni cosa e creava strane forme e rumori nell’aria, la terrorizzava.

“Certo, sarà come essere in campeggio! Vedrai che ci divertiremo”, ma la bambina non ne era molto convinta.

Passarono la prima mezz’ora a cercare di riconoscere le varie costellazioni, aiutandosi con un atlante, ma si stancarono presto di osservare quelle lucine lontane e proprio non riuscivano a vedere le forme a cui avrebbero dovuto assomigliare.

“Evans ho freddo”, il bambino ci rifletté un po’ su, poi l’illuminazione:

“Potremmo fare una corsa, così ci riscaldiamo”.

Ancora una volta la bambina si dimostrò titubante, temeva di perdere l’amico di vista, unica fonte di coraggio in quella situazione, ma il freddo pungente le era insopportabile, quindi decise di seguire la sua idea.

Iniziarono a rincorrersi e, dopo i primi momenti di tensione, a ridere e scherzare.

Arrivarono alle sponde del lago, che la notte aveva trasformato in uno specchio nero dove si rifletteva una luna tremante.

L’atmosfera era lugubre e a Evans venne un’idea,

“Dicono che di notte i mostri del lago si risvegliano e strisciano fuori dall’acqua per uccidere chi si avvicina alla loro casa” finì la frase con una risata malvagia e si beccò uno spintone da Grace.

“Smettila scemo. L’unico mostro qui sei tu e poi non ho paura.”

“Scommettiamo che non riesci ad avvicinarti e toccare l’acqua?”

La bambina lo guardò con aria di sfida e senza pronunciare parola, si avvicinò alla riva accucciandosi per arrivare a toccare l’acqua.

Fu allora che successe.

In un attimo sparì dalla vista di Evans e si udì un tuffo.

Il bambino si precipitò nel punto dove l’amica era scomparsa, ma l’oscurità non gli permetteva di vedere niente.

“Grace! Grace!!”

Ad un tratto una mano sbucò dall’acqua, seguita dalla faccia paonazza di Grace che boccheggiava alla ricerca di ossigeno.

“Aiuto Evans! Aiutami..”.

Era bloccato dal terrore.

Grace non sapeva nuotare, lui sì, ma era troppo terrorizzato per buttarsi e aiutarla. Aveva bisogno degli adulti.

“Resisti! Vado a chiamare mio padre!”.

Iniziò a correre a perdifiato mentre dietro di lui Grace lo implorava di non lasciarla sola, perché aveva paura.

Continuava a muovere tutto il corpo per riuscire a stare a galla, ma dopo pochi minuti iniziò a sentire i muscoli indolenzirsi e una stanchezza improvvisa le piombò addosso.

Delle voci in lontananza la chiamavano a gran voce, ma lei era troppo stanca.

Si lasciò cullare dalle onde del lago, affondando dolcemente giù, sempre più giù, finché tutto diventò nero.


Grace morì annegata. E il suo corpo non fu mai ritrovato.













- Halo-

Ciao a tutti, 

parto con il ringraziarvi per essere fermati a leggere questo primo capitolo, era da un po' che avevo in programma questa storia, ma a causa di impegni vari e scarsa autostima, non ho trovato mai il tempo e il coraggio per pubblicarla.

E' la prima volta che mi cimento a scrivere una storia fantasy, sono completamente uscita dalla mia "comfort zone" e la cosa, nel contempo, mi eccita e mi terrorizza. Perciò sarà una vera e propria sfida personale e spero con tutto il cuore che ci sarete per sostenermi. 

Ho sempre trovato Efp un'opportunità per mettersi in gioco e migliorare, perciò se avete consigli da darmi o anche un semplice parare personale, ne sarei davvero felice e immensamente grata <3

Che altro aggiungere?

Grazie ancora e al prossimo capitolo (si spera XD)!


   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Architetto di sogni