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Autore: tatagma_    09/08/2018    2 recensioni
[MPREG] Dopo sei settimane dall’ultima folle festa tenutasi a casa di Namjoon, una serie di nausee mattutine e strani cambi d’umore prendono pieno possesso del corpo di Park Jimin. Non ci vorrà molto prima che, attraverso una pigra ricerca dei sintomi sul web ed il ricordo di quella notte trascorsa fra i sedili posteriori di un Pickup, il giovane studente scoprirà di aspettare un bambino. [Jikook]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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3. Changes are not so bad  
 
“Lo uccido!”

Parole colme di rabbia e di disprezzo sibilavano ormai come un violento fiume in piena fuori dalle labbra sottili di Kim Taehyung, risuonando con un eco lungo l’intero e – a quell’ora ancora solitario – campo da football. Taehyung camminava avanti ed indietro per la gradinata con lo stesso fomento di una trottola impazzita, incredulo dopo aver ascoltato con pazienza, insieme ad Hoseok, il racconto singhiozzato sullo spiacevole confronto che Jimin aveva appena avuto con Jungkook.

“Chi diavolo crede di essere ? Non ci posso credere, quell’idiota ha davvero intenzione di abbandonarti in queste condizioni e fuggire così dalle sue responsabilità!”

E’ Jeon Jungkook, il quarterback della squadra, la stella del nostro liceo” borbottò Hoseok seduto accanto a Jimin, i capelli neri poggiati morbidi su quelli del biondo a formare un netto contrasto, la mano che invece su e giù accarezzava la sua schiena minuta. “Di cosa ti sorprendi ?"

“Speravo quel bellimbusto senza cervello dimostrasse per una volta di tenere oltre che la sua misera reputazione!” urlò Taehyung spalancando le braccia, “Mi vien voglia di strangolarlo, lui e quei suoi stupidi amici! Scommetto per certo che il suo ego sia anche più grande del suo –“

 “Taehyung, ti prego” implorò Jimin “Non voglio più parlarne”

“Questo non ti aiuterà a risolvere il problema Jimin-ah! Quel bambino è anche suo, Jungkook dovrebbe starti accanto e –“

“Taehyung!” lo richiamò Hoseok facendo un cenno col capo verso Jimin, il cui viso paffuto e gonfio dal pianto era nascosto nella sua giacca di jeans, “Dacci un taglio” sussurrò.

In seguito a quel rimprovero, e per il bene di Jimin, Taehyung si astenne dal ribattere e si accasciò invece sulla gradinata sbuffando con evidente frustrazione. La collera era palpabile e riconoscibile sul suo viso, il sangue ribollente nelle vene, il ragazzo dai capelli grigi si sentì presto sopraffare da un sentimento cieco, privo di razionalità, che lo fece persino dubitare della sua tanto vantata determinazione. Avrebbe preso Jungkook a pugni se solo avesse potuto, un diretto così forte che gli avrebbe fatto dimenticare quel nome tanto chiacchierato. Taehyung sapeva però di dover restare calmo, Jimin lo aveva pregato di non ricorrere a nessuna conseguenza affrettata e violenta, e lui – con una punta di amarezza sulla lingua – aveva accettato quel compromesso senza batter ciglio.

Non sarebbe diventato un ulteriore peso per il suo migliore amico, Taehyung si era invece ripromesso sarebbe stato a soli diciassette anni – per lui ed il bambino – quel pilastro, quella figura paterna, di cui Jungkook non voleva affatto sentirne parlare. Avrebbe aiutato Jimin come meglio poteva, durante tutto l’iter della gravidanza, con tutto quello che sarebbe stato a sua disposizione. Da quando aveva messo un freno alle lacrime del maggiore regalandogli il suo soffice peluche a forma di pulcino da bambino, il ragazzo dai capelli grigi e dal sorriso rettangolare come una scatola di merendine, aveva giurato a se stesso che Jimin non sarebbe rimasto mai solo, neanche per un solo istante.

“Ok prometto che non ucciderò quello stronzo” raccomandò Taehyung. “Ma gliene dirò comunque quattro!”

Nonostante le parole di sfogo furiosamente pronunciate, Jimin – seduto e coccolato fra i due ragazzi – sfoderò un lieve sorriso e poggiò la fronte stavolta sulla spalla di Taehyung. Era certo non sarebbe mai stato sufficientemente grato ai suoi due migliori amici per tutto il supporto donatogli, soprattutto per essergli accanto in un momento così drastico della sua vita quando sembrava che tutto, persino l’intero mondo, fosse sul punto di voltargli le spalle.

 “Non avremmo dovuto lasciarti solo con Jungkook quella sera alla festa” disse Hoseok spezzando il silenzio dopo un po’, i capelli mori scossi dalla lieve brezza del vento.

“Non dire così Hobi” cercò di dire Jimin con voce sottile e ancora un po’ tremante.

“Ha ragione invece” rispose Taehyung “Avremmo  dovuto starti accanto Jimin-ah, immaginare sarebbe successo qualcosa fra voi dopo un intero anno, e magari –“

“Tae, è tutto okay” rassicurò lui con una carezza sulla schiena “E’ stata solo colpa mia … beh nostra a dire il vero. Credevo che l’alcol mi avrebbe dato il coraggio necessario per affrontarlo, ma a quanto pare mi sbagliavo. E’ successo tutto così in fretta che non mi sono neanche assicurato Jungkook stesse usando precauzioni” Jimin abbassò lo sguardo angosciato verso il suo addome, ancora troppo presto per vederne un abbozzo, accarezzandolo non più con terrore e rinnego ma con la premura di chi stava pian piano cominciando ad accettare la nuova vita che era in lui. “Suppongo che questo bambino sarà una sorta di promemoria …” si morse un labbro “Per esser stato così incosciente”

Hoseok e Taehyung si strinsero attorno a lui in un lungo abbraccio, tempestandolo di pizzichi sulle guance e baci sulle tempie, lasciando sì che Jimin ritrovasse in loro non un’ulteriore radice di guai ma soltanto sollievo, quella protezione fraterna e senso di pace che tra le loro solide braccia sapeva non sarebbe mai mancata.

“Sai che ti ameremo anche quando diverrai grande e grosso come una balena, vero ?” domandò Hoseok scombinandogli i capelli con una mano.

“Lo dici soltanto perché col pancione che avrò, mi riuscirà impossibile batterti durante il freestyle del ballo di fine anno”

“Sciocchezze, sai che resterò sempre il re della pista”

“D’accordo voi due –“ fermò Taehyung alzandosi in piedi ed estraendo il cellulare dalla tasca del suo giubbotto. Le dita presero a muoversi incessanti lungo lo schermo luminoso dell’apparecchio fermandosi soltanto quando dall’altoparlante cominciò a risuonare, improvvisa e ad alto volume, una musica ai due fin troppo familiare. “Se proprio vogliamo essere onesti, l’anno scorso la pista è stata completamente mia” precisò.

Hoseok scoppiò in una risata non appena la riconobbe, niente meno che Fantastic Baby dei BigBang, la canzone che fece guadagnare a Taehyung notorietà lì al liceo e che fece, per una sola sera, accalappiare su di se lo sguardo e l’attenzione dell’intera squadra di football. Quella canzone era diventata con il passare del tempo un loro rito ballarla, segreta ed intima, riprodotta in qualsiasi luogo si trovassero, quando la tensione e le situazioni avverse non lasciavano loro più spazio per attimi di leggerezza e ricercata spensieratezza.

 “No Tae, non mi va!” protestò Jimin con un lamento quando il suo amico l’aveva tirato giù dalla gradinata per un braccio.

“Ah non fare storie!” rispose il grigio “Sai che non puoi sottrarti al richiamo di G-Dragon!”

Con una mano che timida prese a sfregare la nuca dall’imbarazzo, Jimin guardò i suoi migliori amici lasciarsi travolgere dal ritmo incalzante della canzone. Hoseok si muoveva ipnotico, con la stessa scioltezza e fluidità di chi sembrava avesse da sempre la danza incisa nel cuore. Ogni suo muscolo reagiva coordinato al crescere dei battiti, i fianchi ondeggianti che lasciavano trasparire nient’altro che una forte sicurezza e padronanza del proprio corpo. Jimin adorava allenarsi con il suo hyung dopo la scuola, trascorrere la restante parte della giornata in sala prove ad allenarsi e creare, da un ritmo abbozzato e da soli passi improvvisanti, coreografie mozzafiato. Ballare, ballare e ballare per ore, fermandosi soltanto quando il sole in cielo sarebbe calato, l’aria intorno satura del loro stesso odore e le ginocchia infine crollate sfinite sotto il loro peso.

Jimin era consapevole del fatto che nel giro di qualche mese il suo corpo sarebbe drasticamente cambiato e a causa delle sue presto rotondità non sarebbe stato in grado di nascondere la gravidanza più tanto a lungo. Nonostante il solo pensiero era in grado di agitarlo e di opprimergli la gola, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto mettersi comodo ad un tavolo ed affrontare la tanto temuta questione con i suoi genitori. Jimin sapeva inoltre che, per un tempo vitale e necessario, avrebbe dovuto accantonare quella passione che più fra tutte era in grado di farlo sentire libero e leggero come una farfalla, farsi carico di mille e cento responsabilità, prendere le redini fra le mani e comportarsi, per la prima volta, come un vero e proprio adulto in virtù della nuova e piccola vita che giaceva in lui.

Ma non appena Taehyung gli intimò con un dito di avvicinarsi, ed il ritornello della canzone prese presto piede, Jimin non riuscì a star fermo e trattenersi un minuto di più. Si gettò nella loro piccola mischia e ballò quella buffa melodia, ridendo a più non posso, con gesti e movenze che erano ormai soliti fare. Il ragazzo si lasciò così trasportare dalla musica ed abbandonò per pochi attimi tutto ciò che in quei pochi giorni gli era stato causa di angoscia, pensieri, preoccupazioni, Jungkook, lì alle sue spalle. Jimin guardò, quasi al rallentatore, i volti ridenti e luminosi di Hoseok e Taehyung e avrebbe giurato, anzi fu totalmente certo, che i loro sorrisi ed il profondo amore che aveva nei loro riguardi sarebbero state le uniche cose importanti che da lì a quella parte avrebbero dato senso ai suoi giorni e mandato avanti la sua semplice, ma fin troppo caotica, vita.
 




 
 
Dopo una rilassante passeggiata ed un gelato preso insieme ad Hoseok in uno dei suoi bar preferiti, Jimin rientrò a casa nel pomeriggio ormai inoltrato. Quando le chiavi smisero di armeggiare con tintinnii lungo la serratura della porta e non appena la soglia fu varcata dai suoi piedi già scalzi, un inconfondibile e forte odore di zuppa di pollo invase a pieno il suo piccolo naso. Sua madre doveva essere già rincasata dal lavoro e al biondo non bastò molto prima che, spogliatosi dello zaino e del suo giubbotto, riuscì a trovarla dinanzi ai fornelli come ogni sera, intenta nel girare la pietanza con un cucchiaio, in uno dei suoi impeccabili grembiuli colorati.

“Ciao tesoro, bentornato” sorrise sua mamma quando Jimin le si avvicinò per donarle un bacio sulla guancia.

“Sei uscita presto da lavoro” disse il biondo sedendosi su uno dei banconi liberi.

“Il signor Seo mi ha lasciato il resto della giornata libera, non c’era molto da fare in negozio” rispose lei “Com’è andata la giornata ?”

Uno schifo, avrebbe voluto dire, sentendo lo stomaco contorcersi al ricordo della lite e del volto infuriato di Jungkook. “Il solito” invece rispose “Ho fatto un giro con Hoseok e Taehyung dopo la scuola”.

“Nessuna sessione di allenamento oggi ?”

“No …” mentì schiarendosi la voce, “Hoseok hyung aveva da fare”.

Jimin cominciò a dondolare le gambe e a giocare nervosamente con l’orlo della sua felpa, guardando sua madre di sottecchi canticchiare e muoversi quieta da una parte all’altra della cucina con la speranza che invece la sua sprizzata e tagliente tensione non fosse nell’aria troppo palpabile. Una soffice calma regnante in casa, contornata solo da una leggero sottofondo jazz che sua madre era solita metter su quando era particolarmente di buon umore, garantì a Jimin l’atmosfera ideale per rompere finalmente il suo guscio di insicurezze. Quello sarebbe stato il momento perfetto per confessare tutto: la scoperta della gravidanza, la visita fatta a sua insaputa con il dottor Kim, la mai accennata relazione con Jungkook, ogni cosa. Jimin desiderava tanto scoppiare in un pianto rotto e disperato e gettarsi fra quelle braccia minute che era certo avrebbero saputo, in qualche modo, confortarlo ed aiutarlo. Perché il biondo sapeva che, a differenza invece di suo padre, sua madre, nonostante tutto, forse un po’ l’avrebbe capito.

“A che pensi, tesoro ?” chiese la signora Park dubbiosa, riportando Jimin alla realtà e facendolo così cadere dalla sua nuvola di dubbi. “Sei così silenzioso”.

Un brivido percorse la sua schiena, Jimin si morse un labbro con forza pentendosi quasi subito della scelta azzardata che stava per compiere. “Nulla di rilevante” rispose deglutendo a fatica. “Cosa stai preparando ?” chiese arricciando il naso e volgendo uno sguardo alle pentole poste sui fornelli.

“Ramen e Kimchi, il tuo preferito”

Quando sua madre sollevò il coperchio, sprigionandone vapore ed un forte odore di verdure piccanti lungo l’intera cucina, Jimin avvertì l’orribile sensazione di nausea salirgli dritto alla gola. La pelle d’oca si fece ben presto strada sui suoi avambracci così come la testa cominciò rapidamente a vorticare donandogli una visione intorno appannata e decisamente poco chiara. Il biondo chiuse gli occhi inspirando profondamente, così come il dottor Kim gli aveva consigliato di fare in caso di attacchi improvvisi. Non adesso piccolino, non adesso, mormorò fra sé e sé portandosi con istinto le mani sull’addome.

“Jimin-ah ?” quasi sentì sua madre con un eco in sottofondo. “Tesoro, ti senti bene ?”

Il suo tentativo di apparire calmo e rinsavito fallì miseramente, Jimin scese giù dal bancone con uno slancio e con una mano atta a coprirsi la bocca corse come un lampo su per le scale dritto verso il bagno. Spalancò la porta non curandosi affatto di chiuderla a chiave e inginocchiatosi sul pavimento proprio dinanzi al water, il biondo diede così di stomaco.

In preda agli spasmi, per il modo in cui il suo corpo reagiva al malessere, Jimin rigettò fuori ogni cosa, sentendosi improvvisamente sollevato quasi come se un enorme peso gli fosse stato appena tolto lì dallo sterno. Con la fronte imperlata di sudore, il respiro affannato e la costante stanchezza fisica di quella che era diventata ormai la sua orribile routine, il biondo si rialzò dal pavimento e reggendosi barcollante al lavabo, aprì il rubinetto sentendo i suoi sensi tornare al loro posto quando l’acqua corrente entrò finalmente a contatto con il suo viso.

Jimin lasciò il flusso scorrere fresco sui suoi polsi e solo quando alzò il volto allo specchio per darsi una sistemata e vedere quanto spossato potesse apparire in quel momento, che vide sua madre dietro di sé poggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto e un’evidente preoccupazione stampata visibile fra le sue rughe accennate.

“Mamma sto … sto bene” cercò di giustificarsi in preda al panico, “Ho mangiato un gelato con Hoseok prima e credo mi abbia provocato solo un po’ di – “

 “Avevo le tue stesse nausee quando ero incinta di Jihyun” disse lei con un flebile sorriso, un’esclamazione gettata lì dal niente che a Jimin invece fece raggelare il sangue nelle vene. La signora Park gli si avvicinò cauta, con gesti e movenze amorevoli, gli prese la soffice asciugamano rosa dalle mani e cominciò a tamponargli il viso pallido scostandogli con le dita i ciuffi biondi calanti ed inumiditi via dai suoi bellissimi occhi. “Per tre lunghi mesi, non ci fu giorno in cui tuo fratello non mancava di farmi sentire la sua presenza. Avrei dovuto capire sin dall’inizio che quel diavoletto mi avrebbe dato un bel po’ da fare” rise “Jihyun era così piccolo ma sempre lì pronto a rovinarmi qualsiasi pasto tuo padre cercava di prepararmi. Magari chissà, non apprezzava affatto i suoi ravioli al vapore, e non lo biasimo, tuo padre non è mai stato un grande cuoco” scherzò.

Jimin deglutì. “Eomma…”

“Quando ho scoperto di aspettare te invece, il nostro primogenito, il mio cuore è scoppiato di gioia, ero così emozionata che ero quasi certa sarei svenuta su questo stesso pavimento” Jimin vide gli occhi di sua madre farsi vitrei aneddoto dopo aneddoto, mentre un sorriso commosso le si fece strada sulle sue labbra sottili. ”Fissai quel test di gravidanza per ore interminabili, ero terrorizzata ma allo stesso tempo così ansiosa di conoscerti. Immaginavo spesso il tuo volto, le tue piccole e graziose mani, mi chiedevo se avresti preso gli occhi miei o quelli di tuo padre. Eri dentro di me da sole poche settimane ma ti amavo già così tanto, Jimin-ah”

Jimin strinse fra i denti il tremante labbro inferiore, trattenendo invano le lacrime che grosse gli si erano già formate agli angoli degli occhi. Non c’era più alcuna ragione per cui nascondersi, nessuna influenza stagionale avrebbe più retto le sue impagabili scuse. Nessun motivo per cui mentire, perché lì davanti a sé Jimin aveva il volto di chi non aveva bisogno di ricevere altre spiegazioni, il volto di chi, con soli silenziosi sguardi, aveva già capito ogni cosa. Il biondo scoppiò così a piangere, rumorosi e implacabili singhiozzi uscivano fiorenti dalla sua gola, la fronte poggiata contro la spalla di sua madre quasi in segno di resa, mentre le braccia della donna gli si avvolsero intorno in una dolce e tenera stretta in cui Jimin aveva desiderato da giorni ormai di affondarci. “Mi dispiace” mormorò aggrappandosi ai suoi vestiti. “Mi dispiace Eomma, mi dispiace così tanto”

“Shh va tutto bene tesoro, va tutto bene” rispose lei baciandogli il capo. “Lo affronteremo insieme, d’accordo ? Non piangere pulcino mio, andrà tutto bene”

“Non volevo tenerlo Eomma … sono andato da un dottore, volevo abortire, volevo sbarazzarmi di lui il prima possibile per continuare la mia vita e … non farvi arrabbiare” continuò Jimin con voce rotta dal pianto “Ma poi l’ho visto mamma, così piccolo … non ce l’ho fatta, mi dispiace mamma, so di avervi deluso … so di non meritare niente …”

Sua madre gli prese il volto fra le mani, asciugandogli le lacrime ed accarezzandogli le soffici guance con il palmo dei pollici “Non … non mi hai delusa, amore! Non riuscirai mai a renderci meno orgogliosi di te, hai capito ? Non ti cacceremo via di casa soltanto perché aspetti un bambino, che razza di genitori saremmo ? Mh ? Vieni qui” la donna lo trascinò con sé sul pavimento e lo strinse forte a sé cullandolo “Tu sei il mio bambino Jimin-ah. Il mio splendido e piccolo uomo. Io, Jyhun e papà ci saremo sempre per te, intesi ?”

Con la testa poggiata sulle sue gambe, Jimin annuì debolmente. Il ragazzo si lasciò così coccolare dalla stretta della sua mamma, accarezzare i capelli dalle dita piccole come le sue e farsi tempestare il viso da piccoli baci. Sentì così le palpebre farsi pesanti, troppo stanche da reggere altre lacrime, i singhiozzi placarsi attimo dopo attimo e il respiro tornare finalmente ad un ritmo regolare.

 “Come … hai fatto a capirlo ?” chiese Jimin dopo un po’.

“Vediamo …” titubò lei “Non bevi più il tuo amato caffè la mattina perché il solo odore ti disgusta, non ti alleni più con i tuoi amici dopo la scuola, sono settimane che invece vomiti e fingi di avere l’influenza. Sapevo che qualcosa in te non stava andando nel verso giusto”

“Mi dispiace”

“E’ tutto okay tesoro” rispose la donna chinandosi per dargli un bacio sulla tempia “Posso sapere di quanto … “

 “Quasi tre mesi. Il dottor Kim ha detto che adesso è delle dimensioni di un fagiolo” mimò Jimin con le dita. “Proprio così”

La signora Park sorrise alla notizia, “Ancora così piccolo per questo mondo” mormorò accarezzandogli la pancia ancora troppo distesa. “Il … tuo ragazzo lo sa ?” chiese poi con discrezione.

Il biondo annuì rabbuiandosi in volto, “Non l’ha presa molto bene … e non è più il mio ragazzo, abbiamo litigato qualche tempo fa … ci siamo rivisti alla festa di Namjoon hyung ed è successo … quel che è successo”

“Siete giovani ed ancora un po’ incoscienti, tesoro, sono certa che lui in questo momento sarà spaventato tanto quanto te”

Sdraiato su un fianco, Jimin strinse malinconico le ginocchia contro il petto, non affatto certo stavolta delle parole che sua madre aveva appena pronunciato. Lui era stato chiaro, non si sarebbe mai preso cura di quel bambino, quel piccolo bozzolo a cui insieme, inconsciamenteavevano dato la vita. Jimin ricordò d’un tratto la rabbia incisa sul suo volto, le iridi scure accecate da un sentimento furioso ed irrazionale; ricordò però quel suo lato bello, quello che conosceva soltanto lui e di cui Jimin ne era, a suo mal grado, ancora follemente innamorato. Un lato tenero fatto di imbarazzo, guance perennemente rosse, cuori battenti all’unisono, mani che timide si intrecciavano sotto il buio pesto di una sala da cinema e baci scambiati sotto le lenzuola del suo letto come se la loro piccola e romantica storia fosse il peggiore – se non invece il migliore – dei loro segreti.  

“Jeongguk” disse poi Jimin volgendo lo sguardo in alto verso il viso placido di sua madre “Il … il padre del bambino, si chiama Jeongguk”

 
Jeongguk” ripeté la donna con un sorriso, “Mi piace”.
 






 
Come in un principio d’incendio, un fiammifero gettato su una pozza di benzina, in un liceo in cui si era costantemente a caccia di feste sfrenate e succosi pettegolezzi, la notizia della gravidanza di Jimin si diffuse rapidamente, a macchia d’olio, finendo in un battito di ciglia sulla bocca di tutti.

Tutto ebbe inizio quando Jimin una mattina, prima dell’orario di lezione, si era presentato nell’ufficio dell’insegnante di educazione fisica con una certificazione medica firmata dal dottor Kim che gli proibiva di fare qualsiasi movimento che, in qualche modo, potesse compromettere il suo stato gravidico. Il docente aveva accettato il suo certificato con sorpresa dipinta sul volto, e a Jimin non gli fu così permesso di far parte della classe, ne di partecipare o assistere agli allenamenti, ponendolo così nella condizione di usufruire di quelle due ore libere per studiare fra le polverose mensole della biblioteca dell’istituto.

Nel giro di due giorni, tutti sapevano che Park Jimin, studente brillante e meritevole, aspettava un bambino. Di chi fosse quel piccolo bozzolo però, quello rimase un mistero fin troppo chiacchierato. Il biondo era consapevole del fatto che prima o poi i riflettori sarebbero stati tutti su di lui, che non sarebbe stato più in grado di nascondere la pancia sporgente che, rotonda sotto i suoi vestiti, stava crescendo lentamente.

Per i primi tempi Jimin si sentiva come un fenomeno da baraccone, un giocattolo nuovo che attirava curioso l’attenzione dei bambini, tutti lo guardavano con sguardi ammalianti, alcuni gli si avvicinavano per fargli congratulazioni fin troppo ironiche, altri ancora lo indicavano senza il minimo accenno di vergogna quando era di passaggio fra i corridoi.

Ma grazie alla solarità di Taehyung, Jimin fu in grado di scrollarsi di dosso tutti quegli stupidi pettegolezzi. Il suo migliore amico fece del suo meglio per aiutarlo e rasserenarlo; lo aveva accompagnato ad ogni appuntamento mensile con il dottor Kim, e pianse quando quest’ultimo gli mostrò sull’ecografo il bambino adesso delle dimensioni di un’albicocca. Taehyung aveva stretto forte la mano del biondo e si era morso un labbro alla visione, “Sarò zio” aveva detto con orgoglio facendo piangere anche un po’ Jimin e rendendolo così meno imbarazzato della sua stessa gravidanza.

Trascorse così un altro mese. La sua pancia cominciò ad essere morbida, evidente, e Jimin si accorse, guadagnò anche un po’ di peso. Essendo lui un ballerino agonistico, il dottor Kim gli aveva stilato un programma di dieta da seguire, in modo da non ottenere chili sufficienti e difficili così da smaltire dopo il parto, ma vivere con Taehyung non era semplice poiché il grigio cercava sempre il mondo per infilare nello zaino di Jimin caramelle e dolciumi, così che potesse essere in salute e ben nutrito.

“No Tae, non lo mangerò!” quasi strillò Jimin in mensa, attirando lo sguardo divertito dei tavoli accanto.

“Hai bisogno di mangiare Jimin-ah!” piagnucolò il minore, spingendo l’hamburger ancora incartato davanti la piccola testa bionda.

“Il dottor Kim ha detto che non devo ingrassare! Se non la smetti di ingozzarmi come un’anatra, dopo non riuscirò più a perde tutti questi chili in eccesso!”

“Un hamburger non può farti così del male” si imbronciò allora Taehyung.

“Okay dammi questo coso” disse Jimin allungando un braccio per scartare l’involucro del panino “Ma ne mangerò solo la metà!”

Taehyung batté le mani e sorrise fiero quando vide finalmente il suo piccolo migliore amico dare un morso all’hamburger, forse, più grande della sua stessa faccia. Il grigio mangiò sorridente la sua porzione di riso osservando di tanto in tanto le persone entrare nell’angusta e spaziosa mensa. Taehyung guardò a distanza un gruppetto di adolescenti del primo anno consumare, rumorosi ed allegri, il loro pasto, fino a quando il suo sguardo non si fermò su quello fisso di lui.

"Ti sta guardando di nuovo” disse il grigio, sorprendendo Jimin a metà boccone. Il biondo gli rivolse un’occhiata confusa prima di seguire i suoi occhi scuri e stabilire così un contatto visivo diretto con Jungkook, il quale rapidamente distolse a sua volta lo sguardo fingendo così di ascoltare con attenzione le parole dei suoi amici. Jimin lasciò cadere l'hamburger sul piatto, sentendosi improvvisamente lo stomaco chiudere da una morsa. Lui e Jungkook si stavano ormai evitando da mesi, e ciò sarebbe continuata in maniera perfetta se non fosse che il moro, da un po’ di tempo, appariva ovunque Jimin si trovasse.

"Non ho più fame" borbottò Jimin alzandosi in piedi e appollaiandosi la borsa sulla spalla.

"Hai mangiato appena!" protestò Taehyung preoccupato. "Hai di nuovo le nausee ?”

Jimin scosse la testa e fece cenno con la testa al suo amico di seguirlo, ben consapevole del fatto che gli occhi di Jungkook erano ancora una volta fissi su di lui.  “Ho solo bisogno di prendere un po’ d’aria".

Taehyung avvolse svelto il mezzo hamburger ancora intatto nell’incarto e seguì Jimin fuori dalla mensa. Mentre stava uscendo però il ragazzo si sentì minuziosamente osservato e non bastò molto prima di accorgersi che alla sua sinistra Min Yoongi era lì che lo guardava con un'espressione che Taehyung proprio non riuscì a decifrare. Il grigio smise di camminare e con la mano ancora libera accennò verso Yoongi un saluto amichevole, il quale invece dall’altro lato si limitò a mostrare soltanto un sorriso abbozzato. Taehyung aggrottò le sopracciglia, sorpreso dalla mancanza di entusiasmo da parte di Yoongi.
Min Yoongi era un ragazzo ambiguo e solitario, con piccole fossette ai lati delle labbra, occhi scuri e magnetici dalla forma delineata, e i capelli neri e lucenti con i quali Taehyung non desiderava altro che poterci scorrere le dita per un intero giorno.

"Tae ?" fu la voce di Jimin a tirarlo fuori dai suoi pensieri e riportarlo lì sul pianeta Terra. Taehyung voltò la testa verso il suo amico, il quale lo stava già guardando con aria interrogativa, e uscì dalla mensa, senza prima dimenticare però di rivolgere un’ultima sbirciata a Yoongi, che nel frattempo invece aveva già distolto via l’attenzione da lui.

"Mi dici perché guardavi Min Yoongi con gli occhi a cuoricino e la faccia da pesce lesso ?" si decise Jimin a chiedere una volta usciti fuori sul retro. Il biondo osservò Taehyung irrigidirsi e quasi sghignazzò dinanzi quella voluta reazione. Era tempo di fargliela pagare per tutte le volte in cui lui aveva riso della sua cotta per Jungkook.

"Di cosa stai parlan – " provò a dire il minore quando vide che il suo principio di scuse sarebbe stato del tutto fallimentare. “Ci siamo baciati okay ? Due settimane fa nel laboratorio di scienze dopo la lezione del professor Kang, sei contento ?!” confessò abbassando la testa per l'imbarazzo e per nascondere le guance ormai tinte di rosa.

Jimin spalancò la bocca e spinse il suo amico per un braccio, “E quando avevi intenzione di dirmelo? Sei un traditore!” disse drammaticamente spostando poi l’attenzione e le mani verso la sua pancia “Guarda piccolino, tuo zio non si fida abbastanza del tuo Appa da ammettere di essersi preso una cotta per il tenebroso Min Yoongi”

"Oh andiamo! Volevo dirtelo prima, lo giuro!” ridacchiò Taehyung “Solo ... non sono riuscito a trovare il momento giusto"

"Mi hai ferito Kim Taehyung, questa me la legherò al dito"

"Okay, ti dirò tutto" disse il grigio con malizia, gli occhi illuminati però dal ricordo delle labbra soffici di Yoongi sulle sue.

I due amici percorsero i corridoi, continuando a chiacchierare e ridacchiare delle proprie sventure, ignari del fatto che tutti gli altri studenti nel frattempo ormai da giorni avevano cominciato a speculare e rendere la scuola partecipe su una loro presunta relazione. Pettegolezzi che raggiunsero ben presto le orecchie di Jungkook e che il moro a sua volta reputava assolutamente ridicoli e ripugnanti. Molte persone avevano affermato di averli visti scambiarsi teneri baci sulle gradinate del campo da football e abbracciarsi come una coppia di fatto, da lì la nascita del gossip Taehyung potesse essere il padre del bambino.
Jeon Jungkook sapeva che quelle erano soltanto bugie, prima di tutto perché lui era il vero padre di quel bambino, e in secondo luogo perché Jimin e Taehyung non sarebbero mai stati una coppia, su nessun tipo di galassia esistente. Non erano fatti per stare insieme, non avrebbero mai avuto l’aria di due che stavano insieme. Non si sarebbero mai amati come si erano amati loro.  

Tutte quelle assurde voci lo stavano rendendo soltanto più impaziente e scontroso del solito. Jungkook sapeva che, nel profondo del suo cuore, quella rabbia repressa era soltanto data dal fatto che Jimin in qualche modo lo aveva sostituito, fatto sì che un altro fosse il padre del suo bambino. Non sarebbe stato lì a pensarci se fosse stato un pizzico menefreghista, si sarebbe tolto quel problema dalle spalle e detto a se stesso “forse è meglio così” se solo avesse smesso di fissare Jimin ogni volta che lo vedeva nei corridoi, fissare la sua pancia e quanto grande questa stesse diventando. Perché non riusciva a fermare la gelosia lampante nella sua testa ogni volta che vedeva quell'idiota di Kim Taehyung abbracciare Jimin, portargli da mangiare o semplicemente respirargli accanto ? Era stupido. Lui era stupido. Proprio come stupido riteneva fosse Taehyung in quel momento con l'orecchio poggiato al ventre arrotondato di Jimin, la bocca aperta mentre il biondo invece rideva a crepapelle per le buffonate del suo amico. Jungkook strinse la mascella per la rabbia e la frustrazione. Sapeva di essere controverso ed irrazionale, dopotutto era stato lui a spingere via Jimin, ma nonostante questo non riusciva a controllare le sue emozioni, la gelosia e la rabbia che lente lo stavano letteralmente logorando.

"Se gli sguardi potesse uccidere quei due sarebbero già morti da un po’" disse Namjoon al suo fianco con espressione divertita.

"Cosa ?" chiese Jungkook in tono piatto.

"Quei due ... perché li guardi come se fossi sul punto di sbranarli ?"

"Io non –" stava per protestare spudoratamente, ma Jungkook sapeva che d’altro canto Namjoon lo aveva già inquadrato "Li trovo osceni. Mostrarsi così davanti a tutti …”

Namjoon scoppiò a ridere affondandogli un palmo di mano lì sulla spalla. "Perché ridi ?" chiese il moro, schivando la mano di Namjoon quando questo arrivò per schiaffeggiarlo ancora una volta.

"Se non ti conoscessi, penserei che sei geloso."

“Perché dovrei essere geloso ? Come se mi importasse Jimin con chi va a letto!” urlò lui dirigendo uno sguardo furioso prima verso Namjoon e poi verso la coppia che chiacchierava allegramente vicino gli armadietti.

“D’accordo” disse quest’ultimo dopo aver assistito alla rabbia del minore. “Che cazzo succede fra te e Jimin ?”

"Niente" borbottò Jungkook troppo in fretta, gli occhi puntati verso il pavimento e la lingua premuta in una guancia, gesto che il moro faceva sempre quando qualcosa lo stava decisamente preoccupando o infastidendo.

"Jeongguk-ah …”

Il più alto lo osservò stringere la mascella, consapevole che Jungkook era sul punto di cedere e dare finalmente libero sfogo a quei pensieri che tanto lo stavano ormai tormentando. Funzionava sempre così fra loro: Namjoon era lì che parlava liberamente con l'altro delle sue preoccupazioni, mentre Jungkook tendeva a tacere, ad ammassare situazioni su situazioni fino a quando non avrebbe più retto e sarebbe scoppiato in frammenti come una bomba ad orologeria.

"Okay" disse infine Jungkook. "Ti dirò cosa c'è che non va, ma non qui. Ci sono troppe persone". Il moro afferrò così il suo amico per la giacca e lo trascinò verso le scale isolate che davano sul retro dell’istituto. "Allora ..." iniziò, leccandosi le labbra, un'abitudine ormai nervosa. “Ti ricordi la festa che hai organizzato per me ? Quella del mio ritorno a Seoul ?” Jungkook attese che l'altro annuisse prima di continuare il suo discorso. "Non ti ho detto che … quando sono sparito, non ero a fumare una sigaretta con Yijeong, ma ero sul mio pickup”.

“Che ci facevi sul tuo pickup ?”

“Facevo sesso … con Jimin”

Namjoon tacque, dando al suo amico uno sguardo perplesso. "E allora?" chiese.

 Jungkook alzò seccato gli occhi al cielo, dando un'occhiata intorno per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. "E allora Jimin adesso è ... lo sai" continuò, sperando che il suo amico avrebbe afferrato il suggerimento senza la necessità che lui lo dicesse ad alta voce.

"Sì, ma è stato detto che Taehyung ... Oh mio dio"

"Già …"

Il silenzio cadde impietrito su di loro, Namjoon fissò Jungkook a lungo con la bocca spalancata "Ecco perché eri così arrabbiato? Perché tu e Jimin avete scopato e adesso lui... Taehyung"

“Cosa ? No!” protestò lui “Non mi interessa se adesso sta con Taehyung! Gli ho già detto che non mi prenderò cura di quel bambino”

“Che cazzo, Gguk ? Perché ?” disse il suo amico ad alta voce, attirando loro degli sguardi. "Quel bambino è anche tuo” sibilò Namjoon "Devi anche assumerti le tue responsabilità."

"Perché?" scattò Jungkook, ferito nell’orgoglio poiché il maggiore non stava prendendo affatto le sue difese. "Non stiamo più insieme e Jimin sembra cavarsela alla grande senza di me."

"Stai scherzando vero ? Quel bambino è sangue del tuo sangue, vuoi sul serio tenerti fuori da tutto questo ? È successo perché entrambi siete stati irresponsabili, quindi, fatti crescere le palle amico e cerca almeno di stare dalla sua parte durante la gravidanza"

"C’è Taehyung" rispose petulante Jungkook, imbronciato e anche un po’ infantile.

"Quindi è questo il tuo problema? Ti secca che Jimin ti abbia sostituito con qualcun altro anziché implorarti di tornare con lui ?” il minore incrociò così le braccia al petto, frustrato. "Forse dovresti parlarci ..." sentenziò infine Namjoon.

"Non c'è nulla di cui parlare. Abbiamo chiarito che ... "

"Hai chiarito che non vuoi avere niente a che fare con lui e con il bambino. Mi sembra che Jimin abbia avuto ben poco da dire su questo" tagliò corto puntandogli un dito contro. Jungkook si zittì, continuando ad avere quel broncio che i bambini mostravano dopo esser stati sgridati dalla mamma per aver preso un biscotto senza permesso. "Sai quali sono le sue intenzioni ?”

"Vuole darlo in adozione" spiegò Jungkook con voce sommessa dopo un minuto di silenzio.

"Allora qual è il problema? Non vuoi ?” lo interrogò Namjoon con attenzione.

 Jungkook si limitò a scrollare le spalle e a mordersi il labbro nervosamente. "Non lo so, sono ... terrorizzato Joon. Un bambino è una responsabilità così grande e io sono troppo giovane per essere un genitore, ma allo stesso tempo mi fa male pensare che, dopo la nascita, mio figlio sarà dato nelle braccia di qualcun altro", confessò quasi tremante, sentendo la gola contrarsi per il pianto imminente che lo stava per cogliere.

"E pensi che Jimin non sia spaventato?" chiese Namjoon cauto. "Sta attraversando lo stesso, Jungkook. Probabilmente anche più di te, è lui quello che ha una persona che cresce dentro di se”.

Jungkook ridacchiò senza controbattere parola, cercando di nascondere gli occhi rossi ed il fatto che di lì a poco sarebbe scoppiato a piangere. Namjoon sospirò e passò il braccio sulle spalle di Jungkook per costringerlo ad abbracciarlo. "Va tutto bene Gguk. Parla con lui, chiarisci o altrimenti te ne pentirai in futuro”.

Jungkook annuì, alzando bandiera bianca ed ammettendo rassegnatamente la sconfitta. Realizzò di essersi sentito arrabbiato, frustrato, spaventato ed un sacco di altre emozioni che non riusciva ancora bene ad identificare, ma che adesso, solo dopo essersi crogiolato fra le braccia e le parole sagge di Namjoon, aveva visto la situazione formarsi da un altro punto di vista, completamente opposto al suo. Jungkook aveva pensato in maniera del tutto egoista, solo a se stesso, preoccupato soltanto di come questa situazione avrebbe influenzato la sua vita, la sua immagine di quarterback, e completamente dimenticato invece - o forse solo ignorato - che Jimin c’era dentro ed era turbato tanto quanto lui.

Namjoon aveva ragione, Jungkook aveva bisogno di schiarirsi le idee e parlare con Jimin. Aveva soltanto bisogno di pensare ad un modo per avvicinarlo da solo e convincere il suo piccolo Minnie ad ascoltare quello che il suo cuore invece tanto aveva da dire.

 
   
 
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