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Autore: Theredcrest    11/08/2018    1 recensioni
[Questa storia è liberamente ispirata a Detroit Become Human]
Un androide sperimentale viene inviato a Portland per assistere un Tenente in carriera in un caso di omicidio commesso da un altro androide. Ispirato liberamente a Detroit Become Human, ai personaggi di Connor ed Hank e al loro rapporto, questa fanfiction si propone come una storia alternativa alla trama, riprendendo alcune delle situazioni esistenti all'inizio del gioco ma in un'altra città, con elementi e ambientazione diversi.
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 4 – Human Being

 

Era una mattinata d'inverno che risplendeva di colori e movimento nel parco più famoso e frequentato di tutta Portland. Washington Park, pieno di verde, pullulante di bambini, genitori, coppiette e androidi badanti che rincorrevano vivaci vecchietti, sembrava brillare sotto lo sprazzo di sole che aveva illuminato il cielo e i cuori di chi lo poteva osservare. Richard faceva un giro, riflettendo ogni tanto su qualcosa, soffermandosi ad imparare la vita umana e ad imitarla al suo meglio.
Attraversava solo sulle strisce pedonali quand'era verde, ringraziando educatamente se lo lasciavano passare. Salutava i bambini che lo indicavano con un sorriso, e salutava gli altri androidi che passavano nonostante non fosse parte del suo programma. I vecchietti a volte gli parlavano, scambiandolo per un umano e chiamandolo “figliolo”, riempiendolo d'affetto e amore per quelli che sarebbero sempre rimasti “i buoni vecchi tempi andati”. Altre, si lamentavano di quello che succedeva ai loro figli, dei tempi bui che percorrevano. Qualcuno invece faceva joggin seguito da un modello sportivo appositamente creato per l'allenamento, dotato di borracce e della strumentazione adatta a cronometrare tempi e stabilire obbiettivi.
Gli alberi avevano perso lentamente le foglie, percorrendo il prestabilito ciclo vitale. Qualcuna era rimasta a terra, spazzata via dal vento pungente, e le varie sfumature della loro morte ricoprivano l'esteso manto di erba verde curato dagli androidi giardinieri, dotati di cappello e pettorina di riconoscimento. Svariati passaggi pedonali si intersecavano, permettendo a tutto questo di passare, confondersi, fuggire.
Richard percorreva in silenzio queste strade, o si sedeva nell'erba verde sfruttando i recettori del tatto per cercare di capire quale determinata sensazione si provasse e che emozioni apparenti scatenasse.
Quasi nessuno lo notava. Erano tutti talmente abituati a quegli strani esseri che correvano, facevano e servivano a comando che era diventata la normalità non percepirli neanche, come se facessero parte di un paesaggio lontano, minuscoli personaggi in un quadro cromatico. Ma mentre era lì sentì un fruscio, e voltandosi vide che qualcuno gli si era seduto al fianco.
'Nell'erba, accanto ad una macchina. Non su una panchina, una scelta particolare. Forse vuole godere della bella giornata o dell'erba. Il meteo registra sole per tutto il giorno.'
«Salve.»
Non era stato Richard a parlare, ma l'uomo. Un giovane ragazzo dall'aspetto atletico e mediterraneo con la testa quasi rasata che poteva aver passato da poco i venti. Portava uno spesso cappotto in lana blu, adatto al clima. L'androide rispose al saluto.
«Salve a lei.»
«Qual'è il tuo nome?» Richard lo guardò alzando le sopracciglia. Aveva un paio di luminosi occhi dorati che lo fissavano incuriositi, era privo di codici a barre e gli occhi non si accendevano durante l'analisi dei segnali. Non poteva neanche comunicare con lui wireless e sopratutto possedeva una temperatura corporea, quindi non c'erano dubbi, non era un androide. «Oh, scusa. Non volevo essere indiscreto.»
«Non lo è affatto. Mi chiamo Richard.»
«Io sono Jacob, piacere.»
L'estraneo allungò la mano verso di lui in maniera amichevole, e quando fece lo stesso gliela strinse.
'Solo il mio creatore si è comportato in questo modo con me, prima di oggi' pensò, le linee di espressione in fronte di nuovo marcate. Risultava... improbabile vedere un umano tanto pazzo o curioso da trattarli come qualcosa più che macchine.
«Mi spiace averti disturbato» proseguì Jacob, guardandosi attorno. «ma ti ho visto da solo nell'erba e ho pensato che... non so, magari non avessi un proprietario.» Lo sentì sbuffare, mentre elaborava i suoi gesti, le sue emozioni. «Sono stupidaggini, perdonami. In genere tutti gli androidi stazionano da qualche parte, su una panchina o in piedi in attesa. Ma tu stavi nell'erba. Magari stai solo aspettando anche tu.»
«A dire il vero, no.» C'era qualcosa che Richard non aveva specificato, non sapeva se volontariamente o meno, al Tenente Coleman. Aveva l'obbligo di tornare alla Torre o attenersi agli ordini del Tenente per quanto riguardava la ricarica, ma non c'era nulla nel suo programma che lo costringesse a restare in centrale, purchè si ricongiungesse con il suo partner quando richiesto o all'arrivo di nuovi ordini, notizie o casi. Poteva andare dove preferiva fintanto che restava funzionale, e così aveva deciso di visitare il parco seguendo la guida turistica scaricata in precedenza.
Il ragazzo al suo fianco si portò le ginocchia al petto, stringendo le braccia attorno ad esse.
«Tu mi sembri diverso dagli altri.»
«Sono un modello ancora non in circolazione. Sto eseguendo dei test per determinare se potrò essere messo in servizio.»
«Allora, forse è per questo.» Lo sguardo di Jacob si abbassò, poi si rialzò su di lui. «Anche il tuo aspetto. Comunque, mi sembra che il tuo funzionamento sia perfetto. E anche questo.» Lo vide indicargli l'erba. «Replichi molto bene gli umani, oserei dire perfettamente. Di cosa ti occupi esattamente?»
«Investigazione. Non posso dire altro per motivi di privacy.»
«Ero solo curioso di saperlo. Quindi sei un nuovo modello di androide agente?»
«Qualcosa di simile.» Richard gli sorrise, mostrando la linea dei denti perfetti. «Collaboro ai lavori sul campo, evitando che il partner che mi è stato assegnato corra rischi.»
«E questo partner non ti ha lasciato alla stazione?»
«No.»
«Non ti ha dato ordini? Non sei suo?»
«In prestito, attualmente. Comunque no.»
«Allora sei libero...»
«Fino a nuovo ordine.» Guardò l'orologio, erano le 10. Calcolò velocemente le ore di sonno di cui avrebbe avuto bisogno Aiden dopo la sbronza della sera precedente. «Il mio partner si sveglierà per l'una circa.»
Percepì una stranezza nell'espressione di Jacob, che il suo programma non riusciva a determinare. Di sicuro, lui e quell'umano si stavano osservando attentamente l'uno con l'altro, ma non c'era un vero motivo al suo fare così gentile nei suoi confronti. Lo sentì esitare, lo guardò aprire e poi richiudere la bocca ripensandoci, per un momento. Poi prendere coraggio e parlargli ancora.
«Trovi giusto quello che gli umani fanno alla tua gente?»
«Temo di non capire, Jacob.»
Il ragazzo trasalì un attimo, forse mosso dall'insicurezza.
«La tua gente. Gli altri androidi.»
«Ah.» Richard elaborò un secondo, trovando quella definizione poco calzante. Solo un umano così strano poteva pensare di definirli “gente” e non “macchine” come facevano tutti. «Non siamo gente, e neanche vivi. Ma comprendo il tuo punto di vista.»
«Quindi? Cosa ne pensi?»
«E' giusto che le macchine servano i loro creatori. E' un pensiero coerente con lo scopo della nostra creazione.»
«E non ti è mai venuto il dubbio?»
«Di cosa?» Più analizzava, e più non capiva il senso delle sue domande. Jacob invece stava cercando le parole per spiegarsi.
«Siete uguali a noi. Mangiate, bevete, pensate - “elaborate” se preferite – in maniera complessa e articolata come noi. Avete un cervello quantico che funziona come il nostro, semplicemente fatto da materiali diversi dal tessuto celebrale. Solo l'esecuzione corretta di un semplice programma fatto di zero e uno vi separa dall'eseguire un ordine oppure no.»
Tecnicamente era sensato, ma chi aveva davanti doveva avere delle conoscenze davvero specifiche per conoscere il loro funzionamento, cosa che la maggior parte della gente neanche si chiedeva. A molti bastava che il loro androide funzionasse e basta, e negli ultimi tempi, che possibilmente non diventasse un fuorviante. Richard stesso ancora non aveva elaborato la statistica perchè non c'erano abbastanza dati, o non sarebbe stato lì per collaborare con Coleman ed essere testato, ma c'erano molte ipotesi – tra cui un difetto di avvio del programma che generava errori incontrollabili.
«Sei un programmatore?»
«Ah, l'hai notato.» Il ragazzo gli sorrise raggiante, distendendo le gambe e protendendo le braccia all'indietro per sostenersi.
«Ci sono poche persone che conoscono il nostro funzionamento specifico.»
«Solo perchè nessuno si è mai interessato abbastanza della questione.»
«Quindi nella vita programmi androidi? Lavori alla Torre?»
Jacob sorrise ancora, ma non gli rispose. Guardò l'orologio piuttosto, e si alzò spolverandosi i pantaloni.
«E' tardi, dovrei andare.» Il programma di Richard lo lesse come un mero pretesto per spezzare la sua domanda, ma non era importante. Era stato gentile con lui. «Ma incontriamoci di nuovo qui al parco. Dopodomani, ti va?»
«Potrei essere chiamato per un caso. Non possiedo dati precisi su questo, Jacob.»
«Allora facciamo ogni giorno. Ti aspetterò qua, alle 10. Tanto il tuo collega dorme, no?»
«Non sempre.»
«Non importa. Posso permettermi di attendere per fare due chiacchiere con un essere così complesso.»
Per come l'aveva detto, suonava come un complimento nei suoi confronti. Come se avesse considerazione di lui. L'aveva definito... “essere”. Richard annuì, accennando un saluto. Il ragazzo lo lasciò allo stesso modo, infilandosi le mani in tasca.
«Buona giornata!»
«Buona giornata a te» gli rispose.
In procinto di avviarsi lungo la strada, lo vide dirgli ancora qualcosa che percepì a malapena, in quanto era stato sussurrato. L'androide spalancò gli occhi, leggendone il labiale, e tornò a farsi pensieroso.
Passò ancora un po' di tempo, dopodichè decise di proseguire la visita al parco e magari al giardino botanico, che ospitava le varietà di fiori più belli che Portland conoscesse. Avrebbe raccolto dati e forse sarebbe arrivato a capire il significato che il creatore dava alla parola “bellezza”, e compreso le parole di Jacob quella mattina. Non aveva idea di chi fosse, ma se lavorava alla Torre, raccogliendo dati dal suo profilo poteva capire che tipo di persona fosse e perchè volesse rivederlo, disposto ad aspettare al freddo ogni mattina alle 10 in un parco risaputamente umido. O magari aveva traviato il suo comportamento ed era semplicemente uno scherzo per prendersi gioco di lui, e in tal caso non sarebbe stato il primo a farlo. Succedeva continuamente, e in centrale gli avevano persino chiesto di portare un caffè, una mansione puntualmente svolta con precisione.
Verso l'una, come da previsione, venne contattato dal Tenente. Parlava con la voce roca e strascicando le parole, Richard non era del tutto sicuro che la bevuta gli avesse fatto bene.
«Richard, inizia a venire in centrale. Io sarò lì tra... quindici minuti? Cristo, che mal di testa...»


 


Ciao a tutti! Ecco a voi il quarto capitolo che introduce un nuovo comprimario, spero vi piacerà! Al momento sto andando più lenta nella scrittura a causa di un po' di stanchezza e svogliatezza dovute al caldo... per evitare problemi posterò all'incirca un nuovo capitolo ogni settimana, in modo da avere tutto il tempo necessario!
Intanto, grazie a tutti quelli che seguono e seguiranno ancora questa stramba ff! Siete dei pazzi, ma vi adoro xD
A presto col nuovo capitolo!
  
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