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Autore: steffirah    13/08/2018    2 recensioni
Sakura va avanti con la sua quotidianità, convinta di avere già tutto ciò di cui ha bisogno, nonostante sembri esserci un piccolo vuoto da riempire nella sua vita. Prova a farlo acquistando un libro per bambini, cercandovi una risposta, ed effettivamente sarà proprio esso a dargliela, facendole conoscere l’amore. Così nel corso di un anno, a partire da un incontro avvenuto casualmente in un treno, capirà di aver finalmente trovato quel pezzo che le mancava.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Un po' tutti | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lezioni di difesa

 
 
«Okay, Syaoran-kun, sono pronta.», dichiaro con determinazione.
«Sei davvero sicura di volerlo fare, Sakura?», mi chiede con una punta di incertezza.
«Certo che sì! Lo aspetto da tanto tempo!», esclamo convinta. È da quando ho preso questa decisione a Hong Kong che non attendo altro!
«D’accordo.», sospira, avvicinandomisi un po’ riluttante. «Ma ci limiteremo alle basi dell’autodifesa per il momento.»
Convengo con lui che considerando la mia inesperienza sia la decisione migliore e annuisco, entusiasta.
«Sono nelle tue mani, shīfu!», sorrido, inchinandomi e lui arrossisce un po’, passandosi una mano nei capelli in segno di imbarazzo.
Sono venuta qui oggi con quest’intenzione e non gli permetterò di svincolarsi dalla promessa che mi ha fatto. In alcun modo!
Mi metto dritta attendendo sue indicazioni e lui sospira ancora una volta, prima di assumere un’espressione seria e solenne.
«Va bene, mia allieva, prima di tutto devo assicurarmi di quanto siano pronti i tuoi riflessi. Quindi, se non ti dispiace…»
Non aggiunge altro e io sto all’erta, aspettandomi di tutto. D’altronde, contro Meiling ho saputo in qualche modo cavarmela. Tuttavia non finisco neppure di pensare ciò che nel giro di pochi secondi mi si avvicina con uno scatto, ghermendomi rapidamente per un braccio, lasciandomi sbigottita. Mi attira verso sé e fa oscillare un dito davanti al mio naso.
«Non ci siamo, devi essere concentrata.»
«Ma ti sei mosso in un micro-secondo!», ribatto, picchiettando sulla sua mano per farmi lasciare.
«È che già ti ero vicino.», replica semplicemente. «Guarda Sakura, se mai una persona dovesse afferrarti per il braccio come ho fatto io adesso tu posi qui la tua mano», spiega, accompagnandomi per mostrare i movimenti che dovrei fare, dandomi le spalle per continuare, «e giri il braccio in questo modo bloccandolo dietro la schiena dell’aggressore, approfittando dell’effetto sorpresa. Devi però avere prontezza.»
Si volta di poco per guardarmi dalla sua spalla e io gli lascio intendere d’aver capito.
«Riproviamo.», declamo sicura, allontanandomi da lui, ma stavolta non appena lo vedo muoversi lo anticipo, riuscendo a farlo voltare come mi ha spiegato e non perdo tempo per spingerlo contro la parete, immobilizzandolo contro essa.
«Questa non me la aspettavo.», sorride divertito e io mi affaccio su di lui, non lasciando il suo braccio contorto.
«Sono stata brava?»
«Abbastanza.» Detto ciò riesce in qualche modo ad acciuffare la mia mano, ribaltando la situazione, facendomi finire con la schiena verso il muro e mi taglia ogni via di fuga, appoggiando la mano libera accanto alla mia testa, sorridendo malizioso. «Ma è una vittoria mia.»
Arrossisco di botto, con i battiti cardiaci che raggiungono una velocità di cento all’ora e forse anche più. Lo so che non è la situazione giusta e so anche che non dovrei pensare ad altro che a imparare come difendermi in caso di pericolo, ma…. Ma questa è la prima volta nella mia vita che mi viene fatto un «Ka…!»
«Ka?», ripete confuso.
«Kabe-don!», esclamo in tono acuto, probabilmente facendomi sentire anche nell’appartamento affianco.
Lui sembra ancora più perplesso perché chiede: «Cosa sarebbe questo kabe-don?»
«Quello che stai facendo!»
Dato che ha allentato la presa riesco a portare le mani sul mio viso, nascondendolo per l’imbarazzo, scivolando giù sul pavimento. Lui si rannicchia dinanzi a me, avvilito.
«Temo di non capire.»
«È quando fai “don” contro la parete!», tento di spiegare, non sapendo come altro delucidarglielo. Non penso ci sia una vera e propria definizione!
«“Don”? Ho fatto “don”?»
Sbirciando attraverso le dita lo vedo appoggiare la mano contro il muro, ripetendo tra sé “don”, mostrandosi sempre più confuso. Trattengo una risata, mordendomi le labbra, ma trovo adorabile il fatto che lui non lo sappia. Preferisco mostrarglielo, forse se è lui a ritrovarsi nella mia posizione può capire cos’è, per cui lo faccio voltare, accerchiandolo mettendo le mani ai lati della sua testa.
«“Kabe-don” è quando blocchi una persona contro un muro e la guardi negli occhi torreggiando su di lei e -»
Sgrana gli occhi e non appena vedo le sue guance diventare rosse mi allontano di scatto, aggiustandomi i capelli, guardando altrove.
«E solitamente lo fanno i ragazzi, ma non lo avevo mai sperimentato prima.», ridacchio nervosa.
«Credo di aver capito…», sussurra, alzandosi per primo e poi porgendomi una mano per fare lo stesso.
Mi lascio aiutare a rimettermi in piedi e mentre mi sposto alcuni capelli dal viso con entrambe le mani sorride. «Grazie per avermelo insegnato. In cambio ti svelerò una cosa.»
Lo ascolto con attenzione e lui riprende da dove ci siamo fermati.
«Se ti ritrovi in una situazione come la precedente però senza che tu lo desideri, in un contesto quindi spiacevole e soprattutto con un uomo, ti basta tirare un calcio -»
«Ah, questo già lo so!», lo interrompo, ripensando a tutte le raccomandazioni con cui mi ha lasciata onii-chan prima di trasferirsi. Alzo l’indice nell’aggiungere: «E si tira un pugno sul naso e poi si può tentare di accecarlo, ma dato che non avrei mai il coraggio di infilare le dita negli occhi di qualcuno – la sola idea mi raccapriccia», mi interrompo, rabbrividendo, «penso che mi affiderei alle mie scarpe lanciandole dietro la persona in questione oppure se ho con me una borsa la sfrutterei come un’arma.»
Lui mi ascolta impassibile fino alla fine, prima di emettere una fragorosa risata.
«Mi stai dicendo che in un modo o nell’altro sapresti difenderti?»
«Probabilmente sì!», confermo con foga, prima di congiungere le mani in preghiera. «Quindi, perché piuttosto non mi insegni qualcuna delle figure che realizzi combattendo?»
«Lo trasformiamo in un gioco?»
Sorrido angelicamente, sperando che non rifiuti. D’altronde la serietà l’abbiamo persa da un pezzo.
«E va bene.», acconsente e nell’udire quelle parole comincio a saltellare dalla gioia.
«Evviva!»
«Quando ti calmi avvisami.», ridacchia e io mi mostro tranquilla, dentro di me continuando a rimbalzare per tutta la sua camera.
«Sono calma, possiamo cominciare.»
«Allora, meglio iniziare con una che sicuramente conosci: la posizione della gru.»
«Oh, quella la fanno spesso nei film!», mi esalto, imitandola, facendolo piegare in due per le risate.
«E infatti l’hai sbagliata del tutto!»
Gli sorrido dispiaciuta e non appena si asciuga le lacrime agli angoli degli occhi mi si affianca, aggiustandomi la posa, assumendo un’espressione pacata.
«Ecco così. Quando devi colpire ti basta allungare la gamba in questo modo.» Me la stende e sposta lui stesso, prima di porsi davanti a me, portandosi una mano al mento. «Su, provaci.», mi incita e io non me lo faccio ripetere due volte. Mi alzo sulla punta del piede come mi ha indicato e provo a colpirlo, ma lui riesce a parare il colpo con aria tranquilla, e con un rapido e fluido movimento dei palmi ha di nuovo la meglio su di me. Riesce, infatti, non solo a spostarmi la gamba, ma anche a bloccarla con soltanto un piede e a incrociarmi di nuovo le braccia dietro la schiena.
«Come ci sei riuscito?», domando, alzando il viso verso il suo piena di ammirazione. «È stato meraviglioso!»
«Non è tanto difficile, Sakura.» Mi libera per darmi un colpetto affettuoso sul naso, aggiungendo: «È sufficiente avere una buona padronanza del proprio corpo e sono certo che per te non debba essere difficile.» Mi volto su me stessa per essergli di fronte, chiedendomi come sia giunto ad una conclusione simile. «Voglio dire, hai già un equilibrio eccellente e sai cosa devi fare per non rischiare di farti male e poi sei già elastica con tutto lo stretching a cui hai dovuto sottoporti, sia per cheerleading che per pattinaggio e anche con ginnastica artistica.», spiega tutto d’un fiato, guardando ovunque tranne il mio viso.
Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima! Il che significa anche che potrei apprendere piuttosto in fretta, no?
Lo guardo piena di aspettative e poi mi pongo davanti al suo volto, chiedendogli: «Mi insegni qualche altra forma?»
Accetta immediatamente, e così mi mostra anche quella della tigre, facendomi pure vedere come passare dall’una all’altra senza dovermi fermare. Alla fine somiglia tantissimo ad una danza intrisa del furore di un guerriero, ed è così eccitante!
Ripeto ogni suo gesto e accetta tra l’altro di mostrarmi le tecniche di base dello stile del wing chun, illustrandomele passo passo, aiutandomi anche ad assumerne la giusta posizione. Oggi è stranamente arrendevole alle mie richieste, ma lo vedo anche molto sereno e rilassato e, soprattutto, mi dà l’idea di starsi divertendo un mondo. E in questo siamo in due, visto che non ho mai fatto nulla del genere prima e, in più, Syaoran-kun è un ottimo insegnante.
Giunta la sera ci accorgiamo che si è fatto più tardi del previsto e soltanto quando sto per valutare che tra non molto devo andarmene e voglio proporgli l’ultimo gioco di quel giorno, mi accorgo che intanto sta cadendo una pioggia torrenziale. Spostiamo la tenda dalla porta finestra, vedendo gli innumerevoli goccioloni che crollano violentemente dal cielo, schiantandosi sul pavimento della veranda in miriadi di particelle d’acqua. È talmente fitta che non si riesce a vedere quel che c’è a un metro di distanza e mi chiedo come abbiamo potuto non accorgercene, considerando il rumore assordante che fa.
Syaoran-kun richiude le tende, guardandomi impensierito e io sobbalzo, sorpresa dal rombo di un tuono. Sgrano gli occhi, portandomi una mano al cuore per richiuderlo nella gabbia toracica e lui assume un’espressione persino più preoccupata.
«Non posso farti tornare a casa da sola con questo tempo…», rimugina, in conflitto. «Ti accompagno.»
«Non se ne parla!», ribatto, scuotendo con vigore la testa.
Assolutamente no, sapendo la rapidità con cui si ammala non vorrei mai che gli venisse la febbre soltanto per riaccompagnarmi a casa.
Un lampo squarcia nuovamente il velo del cielo, cadendo a poca distanza da qui, facendo tremare il suolo sotto i nostri piedi. Mi appiglio alla sua manica, abbassando la testa, con le labbra tremanti, sentendomi un po’ codarda. In effetti, non sono molto sicura di voler uscire, se queste sono le condizioni.
Percepisco l’altra sua mano posarsi sulla mia testa e carezzarmi i capelli, in maniera rilassante. Alzo di poco il capo, trovandolo a sorridermi gentilmente.
«Puoi fermarti qui.»
«Eh? M-ma non vorrei essere un disturbo!», mi agito, nervosa.
«Non sei un disturbo e in ogni caso saresti stata da sola a casa, vero?», si accerta e mi limito ad annuire.
Papà è effettivamente partito oggi dopo aver pranzato e tornerà soltanto domenica.
«Meglio avere compagnia quando c’è maltempo, no?»
«Non ho paura dei fulmini.», spiego, convinta che si stia facendo l’idea sbagliata, sobbalzando alla caduta di un altro. «È il rumore forte a farmi sussultare.»
Lui si apre in un sorriso ancora più grande, dicendomi: «Allora credo proprio di avere avuto una buona idea.» Attendo che me la illustri, ma lui aggiunge soltanto: «Ora ci facciamo una doccia per toglierci il sudore di dosso, ti presto uno dei miei pigiami e poi dopo aver cenato ci sarà una sorpresa che ti farà dimenticare completamente quel che c’è fuori e non sentirai assolutamente più nulla eccetto le tue grida.» Ammicca e il suo sorriso mi sembra piuttosto subdolo, ma io sono troppo smarrita dalle sue parole per rifletterci ad oltranza.
Che cosa sta tramando? Che piani ha? E soprattutto…
«Ci… ci facciamo una doccia?!», ripeto, quasi sentendomi svenire. Intende insieme?!
Lui avvampa, scuotendo le mani davanti al viso, guardandomi con innocenza, balbettando persino nell’agitazione in cui l’ho involontariamente fatto precipitare.
«N-non è come pensi! Perdonami se sono stato fraintendibile, intendevo tu vai a farti la doccia e intanto ti preparo un pigiama e comincio a cucinare, poi appena finisci ci scambiamo i ruoli, ovviamente, mica intendevo in-insieme!»
Scoppio a ridere, portandomi una mano alle labbra.
«Va bene, però ricordati che dopo mangiato, prima di fare qualsiasi cosa tu abbia in programma, c’è un gioco che ci manca!»
«Quale gioco?»
«È un segreto.», cantileno, mettendomi l’indice sulla bocca, lasciandolo così ad interrogarsi per tutto il tempo – ossia, ore intere – sul cosa potrebbe essere.


 
Angolino autrice: 
Buongiorno! Quest'oggi devo spiegarvi solo 
shīfu = maestro e ci tengo a precisare una cosa: seppure abbastanza ignorante in materia so che lo stile di Syaoran (nel manga e anime) non è quello della forma dei 5 animali, tuttavia il vero scopo del capitolo era far divertire entrambi per cui le ho messe in mezzo. Non essendo esperta ho pensato anche che magari crescendo Syaoran ne potrebbe aver trovato uno "suo" fondendone di diversi (in maniera simile a Bruce Lee), ma al solito, se c'è poca verosimiglianza voi sorvolate e chiudete un occhio. 
A domani con il continuo!
  
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