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Autore: Lila May    16/08/2018    2 recensioni
/ Sequel di Disaster Movie / romantico, slice of life, comico (si spera) /
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10 anni dopo la terribile, anzi, mostruosa convivenza con i ragazzi della Unicorno, Esther Greenland passeggia per le strade di New York a tacchi alti e mento fiero. Il suo sogno più grande si è finalmente realizzato, e tutto sembra procedere normale nella Grande Mela americana.
Eppure, chi l'avrebbe mai detto che proprio nel suo luogo di lavoro, il gelido bar affacciato sulla tredicesima, dove non va mai nessuno causa riscaldamento devastato, avrebbe riunito le strade con una delle persone più significative della sua vita?
Il solo incontro basterà per ribaltare il destino della giovane, che si vedrà nuovamente protagonista del secondo disastro più brutto e meraviglioso della sua esistenza.
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❥ storia terminata(!)
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bobby/Domon, Dylan Keith, Eric/Kazuya, Mark Kruger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter twentyseven.

Everyone deserves a christmas gift.

 
Dopo aver pranzato con i biscotti al miele e le girandole alla panna e il cacao, Mark sorseggiò l'ultima stilla di caffé caldo rimasta dentro la tazza di ceramica bianca e si alzò dalla sedia per recuperare i bigliettini con le idee su “come passare una meravigliosa vigilia di Natale senza uccidersi”. << Abbiamo tutto il pomeriggio da spendere insieme. >> scosse il sacchetto con un sorriso. << Ripeschiamo? >>
<< Dai. >> assentì Dylan, battendo una mano contro il legno del tavolo che della farina di qualche ora prima ne aveva fatto soltanto un lontano ricordo. << Sono curioso di sapere come andrà a finire questa giornata. >>
Mark infilò la mano nel sacchetto e dopo aver miscelato ne estrasse uno accartocciato alla quasi perfezione. Ci mise diversi secondi ad aprirlo, per poi leggerlo ad alta voce di modo che tutti potessero sentire. << Scambio di regali. >> annuì divertito, e mentre si chiedeva di chi fosse quell'idea, lanciò via il sacchetto per sbarazzarsene.
<< Ottima proposta! >> esclamò Esther sorridente. << ora che ci sono i saldi, quale giorno migliore per comprare i regali? Di chi è stata l'idea? >>
Erik alzò timido la mano.
Mark si rigirò il bigliettino tra le mani con aria concentrata. In effetti, con tutto quello che era successo negli ultimi giorni, nessuno di loro aveva avuto modo di pensare a fare i regali. Eppure domani sarebbe stato Natale; rimaneva solo la vigilia per uscire e correre disperati verso il Mall più grande ed economico di Los Angeles. Meglio approfittare della calma e dedicarsi allo shopping sfrenato. << Ti va di spiegarci la tua idea più nel dettaglio? >> domandò, e si mise a giocare con la tazza che portava le tracce del suo dna su tutto il bordo.
<< Pensavo... riutilizzando i bigliettini, ognuno estrae dal sacchetto un nome. Colui che è stato estratto diventa automaticamente la persona a cui fare il regalo. >>
<< Va benissimo. >> soggiunse Mark con voce greve. << Adoro fare regali. >>
<< Stipendio da poliziotto e come vantarsen-- e le parole morirono nella gola di Dylan quando il gomito di Erik gli si schiantò contro le costole, facendolo ululare di dolore. << Almeno noi guadagnamo soldi facendo qualcosa di utile alla società, Keith. >>
<< Perché io non sono utile alla società? >>
<< Vuoi la triste verità, Keith? Non lo sei mai stato. >>
<< Parla Eagle. Un metro e un cazzo e ha il coraggio--
E la conversazione terminò con una seconda gomitata, talmente forte che a Dylan gli si spense la frase proprio sulla punta della lingua.
I cinque ragazzi così fecero un altro sorteggio, e il risultato finale di tanta ansia fu che ad Erik, purtroppo o per fortuna uscì Dylan, a Mary uscì Erik - ironia della sorte -, a Dylan Mary, ad Esther Mark e a Mark Esther.
I due si guardarono sconvolti, e la mora ne approfittò per venirgli incontro e scuotergli il braccio con fare amichevole. << Mi raccomando, o sei un uomo morto. >>
<< Mi raccomando tu! Non mi sembra di averti mai parlato dei miei gusti personali. Sai, sono cambiati molto in dieci anni. >>
Esther arricciò il naso. Ok, quello era un problema da risolvere con una bella, avvincente chiacchierata insieme a Dylan.
<< Come ci dividiamo con le macchine? Sono solo due. >>
Erik alzò di nuovo la mano. << Io direi di mantenere i gruppi di prima. >>
<< Ma siamo dispari. Mark lo lasciamo a piedi? >>
<< Sì, lo lasciamo a piedi. >>
A quel commento ironico di Dylan, Mark fece un sorriso calmo alla serial killer che ha alle spalle infiniti pluri-omicidi. << Disse colui che non sa stare senza di me. >>
<< Anzi. >> continuò imperterrito Keith, incapace di tenere a freno la lingua. << Lo facciamo montare sul cavallo. Che ne dite? >>
Ma Mark non se la sarebbe presa con lui, non quel giorno. Non in un momento in cui si stava divertendo con i suoi amici, e tutto sembrava starsi riaggiustando con una buona dose di collante. << Va bene, la metti così? La prossima volta ti costringo a venire con me a New York. >>
Quell'intimidazione bastò per far gemere Dylan di puro orrore. << Per carità no! La neve no, no no, oddio. >>
<< Sorteggiamo per stabilire con chi andrà Mark, allora? >>
<< Sorteggiamo, sì. >>
Mark si cinse le mani e attese il verdetto finale mentre quelle di Eagle sprofondavano con ansia nel sacchetto. Era curioso di sapere con chi sarebbe finito in auto, ma la voglia di stare con Esther un altro po' batteva quell'istinto mille a zero. La voglia di poterle passeggiare accanto come l'ultima volta che erano usciti, e magari farsi raccontare qualche aneddoto interessante sulla sua vita. E stringerle le mano. Prendere in giro Dylan e la sua mania per i pantaloni leopardati. E farsi trascinare ovunque mentre lei spariva in una manciata di vestiti e l'attimo dopo li scartava tutti, disgustata dai suoi stessi gusti. La cercò con lo sguardo, e quando la vide distoglierlo, capì che anche la mora voleva condividere quel momento solo con lui.
La sorte quel giorno però non girava dalla sua parte.
Quando Erik annunciò che Mark sarebbe dovuto andare con lui e Mary si alzò con un sopracciglio sollevato e un sorriso beffardo stampato in viso.
Non ci avrebbe mai scommesso, mai.


 
Los Angeles quel giorno aveva deciso di regalare un pizzico di inverno a tutti gli abitanti. Se quella mattina l'aria si era soltanto rinfrescata, nel corso del pomeriggio i gradi erano andati abbassandosi mostruosamente, ed erano pochi coloro che avevano scelto di rimanere  a maniche corte. Il vento spirava tra gli grattacieli del Downtown, sorvolando le strade, sibilando tra le palme che frustavano l'aria come a volerle dare un po' di controllo, invano. Un clima autunnale, che aveva costretto Mark a infilare la testa bionda in una felpa blu che nemmeno ricordava di aver portato. Parcheggiò l'auto nel primo buco libero che gli si presentò davanti, fregandolo a Dylan - che gli suonò in reazione -, poi scese e aspettò che Erik e Mary lo imitassero. Chiuse l'auto e strinse le chiavi, serrandole tra le mani. Con quel vento, girare per la città non avrebbe giovato alla gola di nessuno.
Per quello alla fine si era deciso di andare al Mall. Non era uno tra i più grandi del bel capoluogo californiano, ma possedeva una marea di negozi di marca e poteva vantare un set di decorazioni natalizie davvero niente male. Nell'osservare l'immenso albero di Natale che brillava oltre la grande vetrata “fulcro” della struttura, non si accorse di Esther.
<< Dylan guida... >>
<< … come un pazzo. >> la guardò e le sorrise. << I know. >>
<< Mi dispiace che tu non sia finito con... >> Esther si addentò il labbro inferiore prima di lasciarsi scappare un “me” forse troppo esplicito. << noi. >> e si voltò a cercare Dylan, che si stava rifacendo la coda ai capelli biondi.
<< Guardala dal lato positivo; così non hai più possibilità di spiarmi mentre pago il tuo regalo alla cassa. >>
<< Ti sei salvato, Kruger! >>
<< Mark, non si fraternizza col nemico! >>
<< W-wha--
Erik afferrò Mark per un braccio e lo spinse verso il suo spazio con finto fare geloso, sostenendo lo sguardo divertito della mora. << Scusa Esther, ma 'sto qui fa parte del nostro team, e le aquile hanno fretta. >> e detto ciò, congedò i due rivali con il suo solito saluto da pilota in carriera e cominciò a trotterellare verso la suggestiva entrata del Mall, trascinandosi con non poca grinta il metro e ottantasei di Mark e la massa da nuotatrice di Mary.
Dylan sbuffò e si posò le mani sui fianchi, il vento che gli scuoteva i lunghi capelli e il grigio delle nuvole che gli brillava opaco nelle spesse lenti degli occhiali. << Bene. Vamonos, unicorns. >>


 

Il Mall era immenso, proprio come Esther se lo era immaginato. Non aveva che un piano, eppure il lungo e ampio corridoio non sembrava avere fine, mentre alzava le punte dei piedi alla ricerca di qualche marca familiare che non sfociasse nella solita roba americana di dubbio gusto. Le decorazioni di Natale si intrecciavano come serpenti tra le insegne luminose che brillavano sulle teste della gente, le gambe snelle dei manichini e sulle casse.
Ogni cosa sapeva di Natale, e quando riconobbe “All I want for Christmas” di Mariah Carey, la mente corse al bacio. E si sciolse, in mezzo ad un vociferare troppo veloce perché potesse anche solo prestarci attenzione.
L'albero gigante che lei e Dylan si erano lasciati alle spalle sembrava il leader di quell'estroso ammasso di decorazioni, vestito di luci dorate e fiocchi color sangue. Non c'era più nessun dubbio che agli americani piacesse da morire quel periodo dell'anno. << Dylan >> esordì, e fu felice di trovarselo accanto a guardare meravigliato il fasto che lo circondava. In mezzo a tutto quel caos di gente, perdersi risultava fin troppo facile. << da dove iniziamo? >>
<< Da Mark, così ci togliamo subito la noia. Che dici? >>
Esther pensò che non avrebbero potuto iniziare nel modo migliore, e iniziò a cercare qualcosa che la colpisse. C'era davvero il mondo lì dentro. Gioielli, vestiti, scarpe. Ma il mondo non significava Mark, e per questo subito si appellò al suo migliore amico, perso a fissare un paio di mocassini color rosa sbiadito. << Dylan, ho bisogno di te. >>
<< Chissà perché, mi aspettavo questa domanda. >> Keith le venne vicino con un sorriso largo impresso nel volto squadrato. Prima o poi si sarebbe dovuta sdebitare anche con lui, in modo serio. L'aveva aiutata tantissimo in quelle due settimane, dando prova di essere un ragazzo altruista e in gamba. Si era rivelato il fantastico Dylan Keith di una volta, ed era felice di averlo come, se non amico, almeno conoscente fidato.
<< Cosa vuoi sapere? >> le chiese, le mani in tasca mentre un gruppetto di ragazze poco distante non smetteva di staccargli gli occhi di dosso. Esther si chiese se lo facevano anche con Mark.
Il che con ogni probabilità non era un dubbio, ripensò, considerando la sua bellezza. Ma una certezza. Se ci riusciva Dylan, perché non ci sarebbe dovuto riuscire lui?
<< Quanto è stretta la sua vita? >>
<< Cos--
<< Oppure quanto misura il suooooo... >>
<< No no, no! Dy-Dylan! >>
Dylan scoppiò a ridere nel vederla in difficoltà. << Immagino tu voglia scoprirlo da sola. Dico bene? >>
<< S-se ti sentisse Mark...! >>
<< Allora lo ammetti, eh? >>
Esher non rispose, gli occhi ridotti a due fessure divertite più scure di una notte senza stelle. Dylan aveva ragione. Ma non glielo disse, per non dargli la soddisfazione di averci preso giusto. << Lo ammetto, sì, va bene. Parlando di cose più ehm, consone... >> esordì, ritornando sui suoi passi. << non so cosa regalargli! Non conosco i suoi gusti, non so cosa gli potrebbe esattamente piacere. Cioè, li conosco, ma ti parlo di dieci anni fa. Quindi, che ne dici di darmi qualche suggerimento mentre passeggiamo? >>
<< Why not! >> esclamò Dylan, e cominciarono a muoversi in mezzo alla folla, costeggiando le vetrine su cui l'enorme scritta “SALES” sfoggiava i suoi colori fluo a caccia di avidi compratori. << Beh, Mark non è il genere di ragazzo a cui fa piacere ricevere vestiti o accessori. Si salva l'orologio, ma mi sembra esagerato per il livello di relazione che avete. >>
<< Concordo. >>
<< Quando sarete sposati potrai prendergliene quanti vorrai, non ti preoccupare. >>
<< Lo terrò a mente. >>
<< Gli piace molto leggere, ma non credo abbia il tempo per farlo ora che lavora ad orari improponibili. >>
Esther annuì, mentre il suo cervello registrava quelle informazioni come se fossero la cosa più importante della sua vita. E forse lo erano davvero. Così le dicevano i battiti del cuore mentre Dylan continuava a sciorinarle quei dettagli di cui sentì di non poter più fare a meno. Probabilmente erano stupidate, cose da niente... eppure erano frammenti di vita del ragazzo che le piaceva.
Erano fondamentali. Erano una parte di lui.
<< Di profumi ne ha anche troppi. Ha anche le fasce per i capelli, ma non le usa. >>
<< Davvero? >>
<< Ho una foto nel cellulare, da quando lo ha scoperto si rifiuta di portarle. Perché non ci fermiamo a bere un caffé mentre lo umiliamo insieme? >>
<< Continui con la lista? >>
<< Lo vuoi fare il regalo a Mark, sì o no? >>
Esther annuì contenta e trotterellò verso il primo bar che trovò dinanzi allo sguardo, piena di rinnovata energia. << E che ne dici di un donut? >>
<< Dico che dopo questa, sei la ragazza perfetta per Mark. >> ammise Dylan, e dentro di se sperava e sapeva che, per il suo migliore amico, le sofferenze erano appena arrivate con fatica al lieto fine.


 
Mark, le dita calde allacciate sotto l'enorme tasca ventrale della felpa, allungò un po' il collo per osservare l'indumento che Erik aveva scelto per Dylan e prepararsi a dare un giudizio soggettivo al riguardo. Si trattava di un maglione verde scuro, le lunghe maniche trapassate da righe rosse e bianche come quelle dei bastoni di zucchero. Al centro, un pinguino rosa sbiadito sfoggiava in grande stile le sue nuove mutande leopardate.
Dopo averlo saggiato con le mani e aver controllato che la taglia fosse la XL, lo depositò di nuovo tra mani abbronzate di Erik.
<< E' perfetto. >> fu l'unica cosa che si limitò a dire, perché non c'erano parole per descrivere tanto egocentrismo in un maglione di Natale che a Los Angeles nemmeno si portava, ma che Dylan avrebbe sicuramente trovato lo stesso il modo di sfoggiare. A costo di far abbassare la temperatura, sì. << Gli piacerà. Lo adorerà. Impazzirà e urlerà e griderà, e lo porterà per una settimana di fila. >>
Erik scoppiò a ridere, mentre Mary si portava le mani davanti alle labbra nello scoprire le stupende reazioni emotive di Keith. E quanto gli sarebbe mancato una volta tornata a New York, ma quello faceva troppo male perché fosse in grado di crederci, ancora.
<< Quello che speravo di sentire! >>
Mark si immaginò Dylan che per il troppo entusiasmo buttava giù un vaso con una manata delle sue. << Molto speranzoso, sì. >> disse, poi si rivolse a Mary. << Come facciamo per il regalo di Erik? Ci appartiamo solo io e te, non so... >>
Moore parve rifletterci su un momento. << Mmm. E' che non vorrei che poi ci smarriamo... >>
<< Andate se volete. Questo negozio è immenso! Penso che sceglierò qualcosa anche per Bobby e Aurelia. >> e Silvia, avrebbe voluto aggiungere Erik, la voce piena d'amore. Magari, diamine. Si addentò la lingua per tenere a freno il rimorso.
Magari poterle regalare ancora un cappello di lana del suo colore preferito, un biglietto per il cinema, un mazzo di rose, farci l'amore. E intanto che la pensava, un altro Natale senza di lei volava verso il passato, più schifoso della merda stessa. Quando avrebbe trovato la forza per dimenticare, il grande Erik Eagle? Non lo sapeva.
Mai.
<< Non ti perdere. >> gli sussurrò Mark all'orecchio, per poi guidare Mary verso l'uscita. Una volta fuori, la ragazza lo osservò prendere un respiro. << il periodo dei saldi è sempre così, negli States. Lo stress ti sale fino alla gola. Anyway >> Kruger le sorrise gentile. Non aveva molti legami con quella ragazza, anzi, era sicuro di non starle simpatico nemmeno a pagarla, ma era nella sua natura essere cordiale con la gente - almeno provarci -. L'avrebbe aiutata a scegliere il regalo per Erik, tenendo conto di ciò che era successo tra loro e tutto il resto. << Avevi in mente qualcosa, Mary? >>
Mary fece spallucce e incrociò le braccia, gli occhi grigi persi a fissare il viavai che le scorreva accanto con la debole forza di un ruscello. << Vorrei non dovergli fare nessun regalo. >> sbottò, ed era così. Non sarebbe mai riuscita a perdonarlo, e anche se i primi segni di un passo avanti avevano cominciato a farsi strada dentro di lei, dopo il discorso avuto con lui, fargli un regalo era una cosa che... non trovava giusta.
<< Immagino. >> Mark fissò gli occhi color tiffany su un'insegna del gelato. << Però potresti far finta di niente, almeno per Natale. Conosco Erik, non penso che meriti tutta questa chiusura. Soffre perché non ha la ragazza che ama. Ascoltami. >>
Mary finalmente si decise a guardarlo. Ora capiva Esther quando la sentiva sclerare sugli occhi di quel ragazzo; erano davvero belli, avevano un qualcosa che li rendeva unici, introvabili. Non erano ne blu, ne azzurri ne verdi. Una miscela di tutto, sfumature libere che gli fluttuavano intorno all'iride cobalto.
Era uno sguardo che trasmetteva sicurezza, fiducia.
Magari Erik avesse potuto avere lo stesso impatto visivo, forse perdonarlo sarebbe stato un po' più facile.
<< Quello che ha fatto è inaccettabile, me ne rendo conto anche io. E so che è difficile per te farti andare giù una cosa del genere, perché si tratta del tuo corpo. Ma si tratta anche di Erik. Erik... è disperato, ma credimi quando ti dico che ti voleva e ti vuole bene. La cosa finirà domani, in ogni caso. >>
Mary accavallò i sopraccigli. << In che senso? >>
<< Nel senso che sono riuscito a mettermi in contatto con Silvia e a convincerla a venire. E domani lei verrà davvero. Per Erik. >>
<< Davvero? >>
Gli occhi di Mark furono percorsi da un bagliore che aveva del segreto. << Vorrei mantenessi questa informazione per te. Vorrei che tu... gli dessi tregua, ora che sai. Perché non sarà facile per lui. Si sta scavando la fossa da solo e credimi che soffre anche per te. >>
<< Sì Mark. >> Mary annuì, e per la prima volta fu come se un peso le si fosse sbrogliato dal cuore. Era come diceva Dylan, e questa volta a confermarglielo non era più solo lui, ma anche Kruger.
E Silvia. Soprattutto lei. Perché una ragazza intelligente, sveglia e dolce del suo calibro sarebbe dovuta tornare a prendersi uno come Erik? Perché farsi i chilometri in aereo, solamente per uno stupido senza cervello che usava le ragazze per svuotarsi di uno stupido rancore?
Perché non era vero. Ecco perché.
Perché se una come Silvia aveva deciso di prendere l'iniziativa di raggiungerlo, allora voleva dire solo una cosa. Che Erik era in gamba, era onesto, leale, sincero, che non valeva le pena perderlo.
Che Erik era speciale.
Per lei, i suoi amici e persino Esther.
E che c'era solo da andare avanti.


 
Esther osservò le lunghe dita di Dylan digitare un rapido messaggio in inglese alla madre di Mark, curiosa.
Alla fine erano saltati alla conclusione che lì non avrebbero trovato nulla di interessante per il loro biondino, perché non c'era niente in grado di renderlo davvero felice quanto una cosa fatta col cuore, e la mora della Tripla C il cuore lo voleva usare tutto, fino a svuotarlo. Tuttavia, tra un donut e l'altro, Dylan le aveva suggerito una cosa che non apparteneva a quel centro commerciale, ma di cui lei avrebbe potuto ugualmente sfruttarne alcuni strumenti.
Rimaneva da aspettare la risposta di Hanagrace, che le avrebbe permesso di poter premere start a quell'idea che più i minuti passavano, più le ardeva di metterla in pratica.
<< Di un po', come fai ad avere il numero della mamma di Mark? >> chiese, facendo attenzione a non travolgere un bambino che senza pensare le era quasi venuto addosso.
<< Ad Hana serve sapere qualche notizia in più di Mark, ogni tanto, sai come sono fatte le mamme. E sai come è fatto Mark. Il suo massimo di parole è dodici. Non si spreca proprio. >> 
Esther sorrise a quell'ultima frase; allora non era l'unica che si stancava a scrivere messaggi troppo lunghi! Buono a sapersi, aveva cominciato a sentirsi cattiva nel rispettare un limite ben ristretto di parole. All'improvviso il cellulare di Dylan lampeggiò di viola, segno che gli era arrivata una notifica.
<< E' Hanagrace! Giusto in tempo! Cavolo, è un fulmine quella donna, mi chiedo perché Mark sia nato così lento. >>
<< Fammi vedere! >> Greenland si sporse per contemplare ciò che Hana aveva loro fornito come spunto, e mugolò compiaciuta quando vide il risultato soddisfacente scorrerle davanti agli occhi. Corsero a terminare il progetto e una volta concluso e assicurato in mano agli esperti, Keith si disse che era ora di dedicare tutte le sue attenzioni a quello di Mary. Gli bastò pronunciarne il nome per sorridere dolce, ed Esther capì che il ragazzo era interessato all'amica, con tutti i sensi, e forse anche qualcosa di più.
<< Grazie per avermi aiutata, Keith, non ci sarei mai saltata fuori senza di te! >>
<< Figurati bella. Allora domani aspettiamo la chiamata e veniamo a prendere il regalino per Kruger. >>
<< Certo! Posso darti qualche idea per quello di Mary? >>
<< Tranquilla >> le rispose il re delle triplette, e gli occhi nocciola brillarono sotto le lenti blu degli occhiali. << Non ho bisogno di suggerimenti per sapere cosa prenderle. >>


 
Mary aveva scelto una sciarpa, per Erik. Rossa, di lana, vellutata e morbida al tatto, economica e che non costasse troppo.
Non era stato Mark a suggerirle il regalo, ci era andata d'istinto; non appena l'aveva visto la mente le aveva suggerito un flebile “deve essere suo”. Aveva pensato a qualcosa che potesse portargli calore nelle fredde notti newyorkesi, che potesse avvilupparlo e proteggerlo non solo dal gelo, ma anche dal male.
Una sorta di abbraccio. Una sorta di segno di resa. E quella sciarpa faceva proprio al caso suo.
La pagò e si fece mettere una coccarda blu sul lucido sacchetto in cui la commessa aveva deciso di impacchettargliela, poi raggiunse Kruger a passo svelto. A quanto pareva, il ragazzo nel mentre si era occupato di prendere il regalo ad Esther. Sembrava contento, da come faceva dondolare la busta tra le dita rilassate, e gli sorrise nel venirgli incontro. Adesso le sembrava meno antipatico, meno stronzo. Era la magia del Natale oppure era lei, che improvvisamente aveva cominciato a sentirsi leggermente meglio? << E' fatta. >> gli disse.
Mark fece spallucce e si sistemò la felpa blu. << E' fatta anche per me. >>
<< Torniamo da Erik? >>
<< Torniamo da Erik! >>
Si avviarono, e Mary non si rese conto di tenere stretta quella sciarpa fino a quando le nocche non presero a sbiancarle come un cadavere esangue, i polpastrelli a cederle per lo sforzo. Sospirò e la infilò nella borsa per nasconderla agli occhi di Eagle, che smise di guardarla.
I loro occhi si incontrarono per un momento, e nelle profonde iridi nere del ragazzo Mary lesse solo una cosa. Una soltanto, eppure bastò, bastò davvero a farle sentire il cuore più leggero.
“Grazie.”

 
___________________________________
nda
occhei sono in estremo ritardo, lo so, lo so, il fatto è che con il debito in matematica ci si stanca di più e si trova meno tempo per stare al pc. Anyway, I'm back, ma con una triste notizia – cioè no è abbastanza normalein realtà, forse pure ovvia –; penso che riprenderò a pubblicare da settembre, precisamente dopo il 6. Questo perché agosto mi serve per ripassare, studiare, finire le robe che devo finire e soprattutto rilassarmi, ovvero non avere nessuna scaletta di cose da fare che non riguardino la ferrea e simpaticissima matematica :D comunque la storia è finita, praticamente, per cui oltre settembre non dovrebbe andare.
Parliamo del capitolo! Tutte le descrizioni che avete trovato riguardo il Mall (i centri commerciali americani) sono veritiere. Questo novembre sono stata negli USA – mi piace vantarmene posso?, sì, grazzzzzie. (?) –, ho avuto modo di guardarmi un po' intorno, e, anche se troppo in anticipo, era già tutto decorato in stile natalizio. Quindi alberi galattici, lucine, Mariah Carey, appunto. E poi vbb, i mall sono giganti, roba che se esci da un'altra parte non trovi più la macchina :D – hanno tipo come settemilanovecento uscite (?) –. Ma non è questo il problema dei nostri eroi, che hanno più ansia per i regali. Meno male che c'è super Dylan ad aiutare Esther.
L'ho detto che Dylan era UTILE.
Che ve ne pare di questo chappy? Nel prossimo sapremo che regalo riceveranno i nostri caVi bad boys (?), ma voi dovrete aspettare settembre.
Io invece lo so già.  
AHAHAH.


ps: il titolo fa più riferimento ad Erik, visto la poca fiducia che Mary ancora prova nei suoi confronti. Però a Natale si è tutti più buoni e soprattutto quando Mark ti ordina gentilmente di comprare un regalo per il suo amicoè ovvio che intende che LO DEVI FARE. :D
 
   
 
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