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Autore: Carme93    17/08/2018    0 recensioni
Anno 2021.
I Dodici della Profezia si preparano ad adempiere al loro destino, mentre la comunità magica piomba nel caos; ma è il tempo anche di affrontare i problemi e le discriminazioni sociali ignorate per secoli. E ancora una volta toccherà ai ragazzi far aprire gli occhi agli adulti. Ragazzi che a loro volta sono alle prese con i problemi tipici dell'adolescenza e della crescita.
Inoltre si ritroveranno a interagire anche con studenti stranieri e quindi con civiltà e realtà completamente diverse dalla loro. Questo li aiuterà a crescere, ma anche a trovare una soluzione per i loro problemi.
Questa fan fiction è la continuazione de "La maledizione del Torneo Tremaghi" e de "L'ombra del passato", la loro lettura non è obbligatoria ma consigliata.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo trentottesimo
 
Si vis pacem, para bellum
 
 «Bene, diamoci da fare» affermò Rose avviandosi verso la porta, ma Scorpius la trattenne per un braccio.
«Aspetta, ma che fai? Il Ministero è sotto assedio! Non puoi andartene a zonzo da sola, come se nulla fosse!».
«Scorpius, ha ragione. Agiamo tutti insieme» intervenne Robert, prima che la ragazza si arrabbiasse con il Serpeverde.
Ella sbuffò, ma attese ugualmente che tutto il gruppo arrivasse nel bagno. Avevano deciso di farsi portare dai due elfi in un posto potenzialmente sicuro. E neanche i Neomangiamorte avrebbero potuto ritenere utile tenere sotto controllo un bagno. Il problema era che cosa avrebbero trovato fuori da lì.
«Andiamo?» chiese impaziente Hugo.
«I più piccoli non avremmo dovuto portarli» sospirò Robert, sconsolato per la testardaggine dei Weasley e dei Potter.
«Piccolo, sarai tu!» sbottò Lily, appena arrivata insieme alle Malandrine.
«Siamo più grandi di Brian e duelliamo meglio di lui!» s’inserì Alice Paciock.
«Grazie tante» borbottò Brian imbarazzato.
«Stiamo parlando di mia madre» sibilò Hugo, pallido e tremante.
«Smettete di discutere» intervenne Scorpius con fermezza. «Tabi, Winnie, per favore, andate a prendere James e gli altri alla Dreamtime». Detto ciò si avviò per primo verso la porta e intimò il silenzio.  Rose fu la prima a seguirlo. «Sguainate le bacchette!» ordinò seccamente il Serpeverde prima di aprire la porta.
«Spostati» sibilò Lily a Gideon Weasley, guadagnandosi un’occhiataccia da Robert.
«Ci sentiranno» commentò turbato Marcellus Nott.
«Credo che a mio padre verrà un colpo quando scoprirà che quaranta persone sono sparite sotto i suoi occhi» borbottò Alice.
«Pensa, invece, a Williams» ghignò Gideon.
«Basta! Non è un gioco! Giuro che vi pietrifico e vi lascio qui, così quando Tabi e Winnie ritorneranno vi farò riportare a Hogwarts» li sgridò Robert.
Scorpius, ignorandoli, era andato avanti, mentre Rose, Cassy, Elphias Doge e Alex Dolohov gli coprivano le spalle.
«Benvenuti al Primo Livello, Ministro della Magia e Personale di Sostegno» mormorò il Serpeverde, imitando la voce degli ascensori del Ministero. «Vuoi fare strada, Rose? Io non sono mai salito quassù».
«E manco io» replicò la ragazza. «Dov’è Alastor?» chiese voltandosi verso gli altri, tentando di mantenere la voce bassa.
«Sono qui» sussurrò il ragazzo, avvicinandosi. «Non conosco tutto il piano, ma posso guidarvi fino al vecchio studio di mio padre».
«Forza, allora» ribatté Rose.
Procedendo lungo il corridoio, Scorpius indicò loro la spessa moquette che ricopriva il pavimento. Era macchiata.
«Che cos’è?» domandò spaventato Brian.
Robert e Fred si fermarono a esaminarla. «Credo sia fango» disse il primo.
«Anche secondo me» soggiunse Fred.
«Fuori piove. È plausibile» commentò Alex Steeval, uno dei migliori amici di Fred.
Lungo il corridoio si affacciavano varie porte dalla foggia elegante, accanto alle quali, sul muro, era affissa una targa dorata con il nome e il ruolo del funzionario.
«È normale questo silenzio?» domandò Samuel Vance. Infatti, a parte l’eco dei loro passi, non vi erano altri rumori. Nemmeno il più piccolo sentore che su quel piano qualcuno stesse combattendo. Il che non era un buon segno.
«Controlliamo tutte le stanze» replicò Scorpius, sempre più inquieto.
«Un gruppo dovrebbe tornare indietro e controllare gli ascensori» propose Robert.
«Hai ragione» assentì Scorpius, non smettendo di guardarsi intorno. «Vai tu? Dovreste essere almeno una decina».
Robert annuì. Lo seguirono Danny Baston, Tylor Jordan, Fred e i suoi compagni, Alex Steeval, Seby Thomas, Beatrice Jackson, Eleanor Mckenzie e Gaia Pratzel, ed Elphias Doge.
Gli altri ripresero a percorrere il corridoio sotto la guida di Alastor, mentre Scorpius, Alex e Rose aprivano tutte le porte.
«Non c’è nessun segno di lotta» borbottò Dexter Fortebraccio frustrato.
Alastor li condusse fino a un ampio open space.
«Questo è il cuore del Ministero» sussurrò il ragazzo. «Qui vi sono gli uffici più importanti».
Di fronte a loro vi era una lustra porta di mogano. La targa dorata, più grande di quelle viste nel corridoio, recitava:
 
Charles Abbott
Sottosegretario Anziano del Ministro
 
A sinistra vi era l’ufficio del Ministro della Magia, Hermione Weasley e, a destra, una Sala Riunioni.
Scorpius spedì parte del gruppo a controllare il resto del piano e rimasero lì solo lui, Rose, le Malandrine, Dorcas, Alastor, Fulton Collins e Hugo.
«Andiamo» disse Rose e si diresse verso l’ufficio della madre.
Qui le paure dei ragazzi si concretizzarono: una donna, sulla trentina, era riversa sul pavimento con gli occhi spalancati e vacui.
Rose si avvicinò e la osservò, tentando di rimanere impassibile, ma quando parlò la sua voce tremava: «Era la segretaria di mamma. Non so neanche come si chiamasse. Tu lo ricordi, Hugo?».
Scorpius avrebbe voluto stringerle la mano in quel momento, ma non lo fece, perché alla Grifondoro non piaceva mostrarsi debole.
Hugo non rispose, troppo occupato a vomitare.
«Che facciamo?» mormorò Dorcas, desiderosa di scappare il più possibile da quella trappola mortale in cui si era trasformato il Ministero.
«Alma McCarthy» biascicò Hugo, attirando l’attenzione di tutti. «I-il nome della segretaria di mamma».
Scorpius, in verità, non aveva la minima idea su come comportarsi in un simile frangente e osservò, impotente, Rose avviarsi oltre la porta che conduceva all’ufficio della madre. Incerto se seguirla o meno, non si mosse.
La ragazza, però, tornò subito dopo: «Non c’è nessuno. Qualcuno è entrato e ha rovistato tra le carte di mia madre, ma nient’altro».
«Magari era già tornata a casa» tentò Dorcas. «Dopotutto quando i Neomangiamorte sono entrati, l’orario di lavoro era terminato».
«Nostra madre si trattiene sempre un’oretta in più» sospirò Hugo e fu il primo a uscire dalla stanza. «È più probabile che abbia raggiunto papà e zio Harry al piano di sotto».
Scorpius, avendo visto la faccia terrorizzata della giovane recluta Auror, non ci credeva molto ma non disse assolutamente nulla per togliergli anche quell’ultima speranza. Rose, invece, non commentò proprio le parole del fratello e si diresse a passo svelto verso l’ufficio di Abbott, che si rivelò deserto sebbene qualcuno l’avesse messo a soqquadro.
«Non ci resta che la Sala Riunioni e poi potremmo raggiungere gli altri» disse Lily con voce rauca.
Nella vasta ed elegante Sala i presentimenti di Scorpius presero corpo nella forma più terribile.
Dorcas si bloccò sulla porta con le gambe tremanti, non riuscendo a fare un altro passo; ma anche gli altri ebbero un momento di sconforto e panico. Diversi corpi riversi a terra, chiazze di sangue sul parquet e sulle pareti e dei rantoli.
Il primo a riscuotersi fu Scorpius, che cercò la fonte di quel respiro affannato. Quasi cadde in ginocchio vicino alla donna. «Signora Weasley! Rose, Hugo» chiamò. I due si avvicinarono all’istante, ma il più piccolo si fermò prima colto da un nuovo conato di vomito.
«Mamma» mormorò Rose sconvolta. «Come accidenti hanno fatto? Hai sconfitto Voldermort!».
Alice li raggiunse e le tastò il polso, come aveva visto fare nei film babbani e in seguito la madre, che aveva studiato come medimaga per quanto non avesse poi mai esercitato, le aveva spiegato come funzionasse. «È viva, ma il battito è debole. Ha perso molto sangue».
«Sembrano le stesse ferite che aveva l’anno scorso Louis» commentò Lily flebilmente.
«Sectusempra» mormorò allora Scorpius. «È magia oscura. Jack Fletcher conosce il controincantesimo».
«Se fermassimo il flusso di sangue, sarebbe meglio» disse Alice.
«La formula è vulnera sanetur» intervenne Lily e allo sguardo interrogativo degli altri aggiunse: «Arthur ha visto Williams usarla su Jack durante il primo e unico incontro del Club dei Duellanti».
«E lo ha ripetuto più volte finché la ferita non si è rimarginata» soggiunse Alice. «È un incantesimo di guarigione, fallo tu Scorpius».
Il Serpeverde annuì automaticamente, ma senza una reale idea di che cosa fare. Alice se ne rese conto e intervenne: con l’aiuto della magia, tagliò la giacca e la camicia che Hermione indossava in modo da scoprire tutta la ferita. Infine fece cenno a uno Scorpius decisamente sconvolto, ma che riuscì a mantenere il sangue freddo ed eseguire l’incantesimo. La ferita si rimarginò totalmente sotto lo sguardo di approvazione di Alice.
«E ora bisogna portarla al San Mungo» dichiarò la ragazzina. «Dick».
Con un pop apparve un elfo domestico sconosciuto a tutti loro.
«La signorina ha chiamato? Dick, è venuto subito. In casa sua sono molto preoccupati e…». L’elfo non concluse la frase, i suoi occhi diventarono grandi come piattini e si riempirono di lacrime. «Padron Charles, padron Charles! Oh, padron Albert sarà distrutto».
L’urlo straziato della piccola creatura, attirò l’attenzione di tutti su Charles Abbott poco distante da Hermione.
Con un groppo in gola Alice saltò su e lo raggiunse. «Dick, è vivo! Smettila di strillare!» urlò per sovrastare la vocetta acuta dell’elfo di suo nonno.
Scorpius rimarginò la ferita sull’addome dell’uomo, ma il controincantesimo non ebbe alcun effetto su quella sul braccio.
«Si è spaccato» sussurrò Alice con consapevolezza. «Avrà provato a smaterializzarsi, ma non era abbastanza concentrato o l’hanno ferito mentre ci provava».
«Dick, portali al San Mungo» disse Lily. «Per favore».
L’elfo non se lo fece ripetere. Nel frattempo i ragazzi controllarono anche le altre persone, ma non poterono far nulla.
«Perché?» sospirò Gabriella Jefferson, una delle Malandrine. «Perché non hanno ucciso anche il Ministro e Abbott?».
Hugo le ringhiò contro, ma Scorpius rispose all’istante: «Perché volevano che avessero una morte lenta e dolorosa. Ci scommetterei».
Il Serpeverde era molto pallido e si guardava intorno come se mancasse qualcosa e non volesse convincersi della sua assenza.
«Non potevi chiamarlo prima Dick?» borbottò Lily alla sua migliore amica. «Saremmo arrivati prima».
Alice la fulminò con lo sguardo. «Avrebbe chiamato subito mio padre e non saremmo partiti proprio. Adesso era troppo sconvolto per preoccuparsi del perché siamo dove non dovremmo essere. Comunque mio padre lo scoprirà a breve».
«Scorp, che c’è?» chiese Rose.
«Questi sono tutti Capi Dipartimento» rispose il ragazzo. «Manca mio padre» disse affranto.
«Meglio!» sbottò acidamente Rose.
Dorcas esaminò rapidamente i documenti sparsi sul tavolo e ne individuò uno interessante. «Questo è il verbale della riunione».
«Chissenefrega, andiamocene di qui» borbottò Rose.
«Risultano assenti: Marcus Flint, Michael Corner e Draco Malfoy. L’ordine del giorno era… oh, Merlino… volevano dichiarare guerra ai Neomangiamorte…».
«Non mi sorprenderei più di tanto e comunque alla fine sono stati attaccati…» commentò Scorpius.
«Mio padre non salta mai le riunioni» intervenne Elisabeth Corner.
«L’incontro dev’essere iniziato prima che si accorgessero che i Neomangiamorte erano riusciti a penetrare nel Ministero. Probabilmente gli assenti sono stati trattenuti» disse Rose.
«Qui però ci sono solo tre corpi. Dov’è Susan Bones?» chiese Scorpius aggrottando la fronte.
«Non ci resta che scoprirlo» replicò Rose. «Raggiungiamo gli altri».
Perlustrarono tutto il primo livello, ma non trovarono nessun Neomangiamorte e neanche altri dipendenti del Ministero.
«Probabilmente sono sicuri di aver già in mano il Ministero» commentò Robert, appena si riunirono. «Non avrebbero mai immaginato che un gruppo di studenti si sarebbe smaterializzato con l’aiuto di due elfi domestici. Davano per spacciarti la Ministro e Abbott».
«Qualcuno dovrebbe rimanere qui a presidiare il piano. Noi non commetteremo il loro stesso errore» disse Scorpius.
Una volta accordatisi, entrarono in massa in un ascensore che partì sferragliando.
Si resero immediatamente conto che la battaglia al secondo livello ferveva e gli Auror, la cui divisa scarlatta risaltava nella confusione, non erano intenzionati a desistere sebbene sicuramente i Neomangiamorte dovessero aver diffuso la notizia di aver ucciso il Ministro della Magia.
«Non possiamo aspettare che arrivino gli altri» borbottò Scorpius.
«Ci raggiungeranno. Troviamo mio padre e mio zio Harry» replicò Rose.
 
*
 
«Maledetti incoscienti!» sbottò per l’ennesima volta James.
«Basta, Potter! Non la fare tanto lunga» lo redarguì Jack Fletcher. «Ormai è fatta. Adeguiamoci».
James lo fulminò con gli occhi, ma il Tassorosso non si scompose.
«Per pronunciare la nenia dobbiamo essere tutti insieme o non avrà effetto» intervenne Albus. «Dobbiamo ricongiungerci con gli altri».
«Tuo fratello ha ragione» commentò Jack. «E poi non sono del tutto sicuro che la tua idea di farci portare qui, sia stata il massimo».
«Dove siamo?» domandò Niki Charisteas guardandosi intorno accigliato e con la bacchetta sguainata.
«È un’aula di Tribunale, per la precisione quella dove si è svolto il processo per la morte di Dumbcenka, vero?» chiese uno dei due gemelli Nilsson. Per chi non li conosceva bene era difficile distinguerli.
«Come lo sai?» ribatté James sulla difensiva.
«Ho visto le foto sul giornale» spiegò il ragazzino con un’alzata di spalle.
«Sì, tutto molto interessante. Che ne dite di rimandare questa piacevole conversazione?» sbuffò Jack.
La porta dell’aula si aprì di scatto ed entrò un gruppo di Neomangiamorte, i ragazzi serrarono automaticamente i ranghi.
«Oh, i bambini vogliono giocare con noi».
«Come fanno a essere così tanti?» soffiò Emmanuel.
«Mercemaghi e gente di Tristan de Cunha» rispose Jack come se fosse ovvio.
La veridicità delle sue parole risultò evidente appena iniziarono a duellare: alcuni erano poco più che dei ragazzi come loro, senza la minima preparazione magica.
Combattere sui gradoni dell’aula e tra le panche era allo stesso tempo un vantaggio e uno svantaggio: potevi nasconderti, ma potevano farlo anche i tuoi avversari.
Non impiegarono molto ad avere la meglio sul gruppetto, anzi, a dire tutta la verità, sarebbe stato sufficiente il solo Niki Charisteas.
Il Neomangiamorte che li aveva chiamati ‘bambini’ entrando, non sembrava divertirsi più tanto.
«Avanti, mostrarci il tuo volto» ringhiò James con rabbia e con un gesto della bacchetta gli fece volare la maschera d’argento.
«Tu sei Gregory Goyle. Ho visto la tua foto sulla Gazzetta del Profeta» disse Jack.
«Mio padre mi ha parlato di te» ghignò James, ma il suo sguardo tornò a incupirsi quando Richard Parkinson entrò accompagnato da un gruppo numeroso di Neomangiamorte.
«Abbassa la bacchetta, Potter» ordinò l’uomo.
«Col cavolo!» sbottò Jack e lo attaccò.
Lo scontro si riaccese, ma questa volta durò ancora di meno e svolse a loro sfavore. Erano in netta minoranza e persino Niki Charisteas fu sopraffatto.
«Disarmateli e legateli» ordinò Parkinson.
James digrignò i denti, mentre veniva depositato ai piedi dell’uomo come un sacco di patate.
«Potter, Potter. Tu e la tua famiglia non imparate mai a non ficcarvi nei guai?».
«E la tua non impara mai a non sguazzare nelle arti oscure?» sputò James in risposta.
«Esattamente. E ne andiamo fieri» sibilò l’uomo in risposta. «Alzati e cammina, Potter. O vuoi che qualcuno ti porti in braccio?».
Il Grifondoro non rispose, avendo le braccia legate diede una colpo di reni e si sollevò in piedi. Ansimando cercò con gli occhi i suoi amici: Jack era tenuto sotto controllo da due uomini; Niki Charisteas da ben quattro; Albus aveva un occhio nero; Frank esibiva il labbro sanguinante; Elliott Castle zoppicava leggermente; Glykeria, compagna di Niki, i gemelli Nilsson e Tobia sembravano illesi, sebbene naturalmente fossero turbati; Emmanuel cercava il suo sguardo e quello di Jack in attesa di capire come si sarebbero dovuti comportare.
Il problema è che non ne aveva la minima idea. In quel momento vi erano troppi uomini per tentare qualsiasi cosa ed erano stati persino disarmati. Quella missione si stava rivelando un disastro. Non avrebbero dovuto permettere ai ragazzi stranieri di andare con loro. Non era giusto, quella non era la loro guerra.
Furono spinti fuori dall’aula e costretti a seguire Parkinson lungo il nero corridoio. James sapeva che quella era l’unica via per salire ai piani superiori, visto che a quel livello l’ascensore non arrivava.
Salire le scale fu difficile, legati com’erano i loro movimenti erano goffi. Frank inciampò, ma non sbatté la testa perché uno dei Neomangiamorte lo fermò in tempo. Dai vari insulti che si levarono dal gruppo in testa vicino a Parkinson, comprese che doveva essere un mercemago o qualcosa del genere.
Giunti al nono livello, gran parte dei Neomangiamorte, su ordine di Parkinson, si diresse agli ascensori, probabilmente per dare man forte al grosso del loro esercito.
«Oggi sarete ospiti del mio Ufficio» ghignò Parkinson conducendoli verso una porta nera in fondo al corridoio.
«Non è più il tuo ufficio. Solitamente il Ministero non offre lavoro ai ricercati» commentò sprezzante Jack sputando a terra. Goyle, unico senza la maschera oltre a Parkinson, lo colpì con una manata sulla spalla che gli fece perdere l’equilibrio.
«Jack!» chiamò Emmanuel preoccupato.
Due Neomangiamorte, a un cenno del loro capo, lo rimisero in piedi.
«Su, Goyle, non me li strapazzare. Ho bisogno di loro» disse Parkinson con un vago gesto della mano.
James contò gli uomini rimasti: una decina, compresi Goyle e Parkinson. Niki gli strizzò l’occhio. Fu solo un attimo tanto che il ragazzo temette di esserselo immaginato.
«Anzi, Goyle, vai anche tu su» ordinò Parkinson. «Io non ho bisogno di aiuto qui».
«Va bene, porto un paio di uomini con me allora» bofonchiò l’altro per nulla contento.
D’altronde doveva essere abbastanza fifone da non voler certo partecipare allo scontro principale.
Parkinson sbuffò. «Se proprio devi». Poi si rivolse ai ragazzi. «Allora qual è il vostro Stato di Sangue?».
«Il nostro sangue è sicuramente migliore del tuo!» sbottò James.
«Non esagerare, Potter! Impara a portare rispetto!» sbottò Parkinson tirandogli uno schiaffo in viso.
«Jamie» gemette Albus poco dietro di lui.
«Sei un mezzosangue, lo sanno tutti» sibilò Parkinson lanciando al Grifondoro un’occhiata malevola. Lo spinse a terra e gli puntò contro la bacchetta. «Non mi piace giocare con i bambini, perciò rispondetemi! Chi siete?».
«Sono un mezzosangue» rispose Jack con rabbia.
«Lo so chi sei tu. Il figlio di Mundungus Fletcher!» abbaiò Parkinson. «Tu, chi sei?» gridò indicando Frank.
«Frank Paciock» mormorò il ragazzino terrorizzato.
«Oh, oh, un Purosangue! Ci sono altri Purosangue?».
Emmanuel, Tobia e i due gemelli Nilsson si fecero avanti.
«Bene, bene» commentò Parkinson lisciandosi la barba non rasata da giorni. «Portateli tutti dentro».
James venne rialzato sgarbatamente da due mani forti e spinto dentro una stanza circolare. Sembrava una specie di pianerottolo, visto che vi si affacciavano una serie di porte nere come la pece.
Niki gli cadde addosso. «Oh, scusa ho perso l’equilibrio».
Per la seconda volta, James toccò il pavimento di pietre dura e gemette. Imprecò a piena voce, chiedendosi come l’altro potesse essere stato così imbranato.
«Quando ti dico ‘ora’, riprendi le bacchette alla babbana» soffiò Niki nel suo orecchio, prima che i Neomangiamorte li rimettessero in piedi.
Il Grifondoro adocchiò l’uomo che teneva le loro bacchette. Alla babbana aveva detto Niki. Lanciò un’occhiata a Jack e con la coda dell’occhio glielo indicò anche a lui.
Non c’era tempo né modo per spiegargli che Niki aveva un piano, ma il Tassorosso di solito aveva buoni riflessi.
«Loro cinque portateli nel mio ufficio. Sicuramente le loro famiglie si adegueranno al nuovo ordine e li rivorranno indietro». Aveva indicato Frank e gli altri Purosangue del gruppo. «A parte Paciock» si corresse immediatamente Parkinson. «La sua famiglia ha avuto fin troppe possibilità. Crucio».
L’urlo di Frank quasi coprì quello di Niki. James si sentì le mani improvvisamente libere e si gettò sul Neomangiamorte che teneva le bacchette, che gemette a sua volta cadendo a terra come un fuscello. Pochi secondi dopo Jack raggiunse il Grifondoro e legò le mani dell’avversario.
Niki aveva attaccato direttamente Parkinson e l’aveva schiantato con violenza sotto gli occhi di tutti. I Neomangiamorte apparvero terrorizzati dal veder crollare in quel modo il loro capo.
Albus si precipitò da Frank: il ragazzino a terra tremava e ansimava. Gli spostò i capelli dalla fronte sudata e si accorse che aveva le lacrime agli occhi.
«Vuoi che chiamo Winnie o Tabi?» gli chiese concitato.
Frank chiuse gli occhi e scosse la testa. «Aiutami ad alzarmi, per favore» chiese solamente.
Albus lo tirò su ed Emmanuel gli liberò le mani. James restituì le bacchette ai legittimi proprietari, mentre gli altri tenevano sotto mira i Neomangiamorte. Uno di questi provò a scappare, ma Jack chiuse di scatto la porta e gli bloccò il passaggio.
Fu una pessima idea. Il buio calò sulla stanza, che iniziò a girare. L’unica fonte d’illuminazione erano delle candele, appese tra le porte, che emanavano luce blu.
James imprecò.
«Oh, Merlino siamo nell’Ufficio Misteri» gemette Albus ricordandosi le storie dei suoi genitori. Il fratello gli lanciò un’occhiataccia.
I Neomangiamorte si tolsero la maschera e consegnarono le loro bacchette, senza che glielo chiedessero e senza provare a combattere. Ai ragazzi strinse il cuore, persino a Jack che faceva sempre il duro.
«Ma sono vecchi e ragazzi come noi!» commentò stranito uno dei gemelli Nilsson.
«Noi volere tornare solo a casa» pianse uno degli anziani.
«Siete di Tristan de Cunha?» domandò James consapevole.
«Sì» rispose un altro anziano, annuendo freneticamente.
«Che facciamo?» chiese Niki, che non aveva abbassato la bacchetta dopo aver legato e reso inoffensivo Parkinson.
«Leghiamoli» decise a malincuore James. Non avrebbe voluto farlo, ma non li conosceva e in un frangente del genere non poteva fidarsi di nessuno che non fossero i suoi compagni. «Quando avremo sconfitto Bellatrix Selwyn qualcuno si occuperà di loro».
Jack, Niki e Glykeria si premurarono di legare quegli uomini e con l’aiuto degli altri li spinsero in un angolo della stanza.
«E ora?» sospirò Albus, fissando le porte tutte uguali.
«Semplice» sbuffò Jack. «Dobbiamo trovare l’uscita».
 
*
 
Proprio come avevano immaginato, al secondo livello la battaglia ferveva. Incoscientemente si gettarono nella mischia senza neanche riflettere e senza il minimo piano. Fortunatamente prima di partire Fred aveva offerto loro quello che rimaneva della sua scorta di Felix Felicis. Non sarebbe durata molto, ma funzionava e Rose evitò per un pelo un lampo di luce verde uscendo dall’ascensore.
«Cerchiamo di non separarci» le gridò Scorpius, schiantando un Neomangiamorte che stava per colpirla.
«Dobbiamo trovare mio padre» urlò Rose in risposta.
Il Serpeverde annuì, benché non avesse la minima idea di dove trovare il signor Weasley e naturalmente Harry Potter.
«Scorp!». Lo strillò di Lily, richiamò la sua attenzione su una luce rossa che stava per prenderlo in pieno petto, ma s’infranse contro uno scudo invisibile che la ragazzina doveva aver evocato.
Anche un babbano avrebbe compreso che agli Auror era sfuggita la situazione di mano.
Combattendo Rose, Scorpius, Dorcas, Virginia, Jonathan, Roxi, Brian, Lily, Hugo, Alice e Alastor si avviarono verso il Quartier Generale, mentre Fred e altri li coprivano le spalle.
Gran parte del corridoio non esisteva più, probabilmente colpito da qualche potente incantesimo. I ragazzi, protetti anche dalla Felix Felicis, raggiunsero la loro meta, ormai irriconoscibile.
«Oh, Merlino» sospirò Scorpius scioccato.
I cubicoli, che fungevano da uffici per gli Auror, non esistevano più e al centro dell’area vi era un enorme cratere come se fosse esplosa una bomba babbana.
Dorcas si sentì mancare e non trovò il coraggio di guardare il volto degli Auror tra le macerie.
«Spostatevi! Ma che diavolo?!».
«Samuel! Samuel Harper!» urlò Rose fuori di sé dalla gioia. Quel ragazzo giovane e simpatico era vivo e aveva appena imprecato vedendoli. Quello le diede speranza.
«Attento!» gridò Jonathan evocando uno scudo che lo salvò da uno schiantesimo.
«Dov’è mio padre?» chiese concitata Rose.
«E che ne so? Andatevene!» sbottò Samuel Harper.
Anche lì come in corridoio, non si capiva molto e non sempre le vesti aiutavano a capire se i combattenti fossero amici o nemici.
«Da qua» strillò Lily correndo verso l’ufficio del padre.
Gli altri la seguirono, ma furono costretti a bloccarsi.
Harry duellava con Rabastan Lestrange. I ragazzi li fissarono turbati per un attimo, ma poi dovettero cercare riparo per non essere colpiti da qualche maledizione volante. Lily non aveva occhi che per suo padre e Scorpius dovette trascinarla di lato.
«Rosie».
Il debole richiamo sorprese tutti. Dietro una scrivania rovesciata c’era Ron Weasley con una donna ferita tra le braccia.
«Papà!» gridò Rose, raggiungendolo insieme agli amici.
«Sei ferito?» gli domandò Hugo concitato.
«Per Merlino, sei qui anche tu» replicò Ron, vedendo il figlio minore. I due ragazzi, però, lo abbracciarono, facendolo gemere.
«Allora sei ferito!» disse Hugo. «Dove?».
«Ragazzi, non dovete stare qui» tentò con voce flebile Ron.
«Invece sì» sbottò Rose. «Hai dimenticato la Profezia? Solo noi possiamo fare qualcosa!».
«Dove sei ferito?» insisté Hugo in lacrime.
«La gamba, Hugo. Stai tranquillo, starò bene. La mamma piuttosto…». Ron sembrava distrutto e non aveva idea di come continuare.
«La mamma è al San Mungo. Starà bene» gli disse Hugo, mentre Alice controllava la donna svenuta.
«Il suo cuore batte» mormorò perplessa, «ma non si sveglia».
«È stata colpita da una maledizione» replicò Ron. «Che stai facendo?» soggiunse vedendo che la ragazzina gli scopriva la ferita.
«È stato il sectusempra, vero?» chiese ella in risposta.
«No. Credo sia la nuova maledizione che si è inventata la Selwyn, quella che si può rimarginare solo con metodi babbani» gemette Ron.
Alice gli tamponò la ferita con un fazzoletto che aveva in tasca.
«Papà!» urlò Lily e uscì dal loro nascondiglio.
Scorpius imprecò e la seguì, conscio che James e Al non gli avrebbero più rivolto la parola se le fosse accaduto qualcosa.
Con un’occhiata colse la situazione: il signor Potter era caduto sbattendo contro il muro e un barcollante e altrettanto ferito Lestrange stava per dargli il colpo di grazia o almeno, questa era l’intenzione, finché Lily non gli era saltata sulla schiena urlando come una banshee e prendendolo a pugni e a calci.
«Se non si stacca, non possiamo colpirlo!» disse Jonathan alle sue spalle.
«Impedimenta!» pronunciò Scorpius, facendo cadere il Neomangiamorte. Jonathan era scattato e aveva aiutato Lily ad allontanarsi. Harry Potter aveva avuto il tempo di rialzarsi e schiantare Lestrange.
Ansimando Harry si rivolse a loro con occhi sgranati: «Che Merlino fate qui?».
Tutto sommato Scorpius non gli dava torto, in teoria loro avrebbero dovuto essere al sicuro tra le mura di Hogwarts.
«Siamo venuti per compiere il nostro destino» rispose Virginia, con una calma inquietante. Era pallida e leggermente graffiata in volto, ma a parte questo stava bene e fino a quel momento si era mostrata molto determinata.
Harry non sembrò contento della sua risposta e si rivolse a Lily: «Tu che c’entri?».
«Non potevo rimanere in Sala Comune e aspettare tue notizie!».
Harry fece per rimproverarla, ma la ragazzina si fiondò tra le sue braccia e scoppiò a piangere. Lily era come Ginny, non piangeva facilmente, specialmente in pubblico. Harry la strinse a sé e la portò dietro la scrivania.
«I ragazzi dicono che Hermione è stata portata al San Mungo» gli disse subito Ron.
«Come?».
«L’elfo di mio nonno. L’ho chiamato ed è venuto. Ha portato con sé anche mio zio Charles» rispose Alice.
«Per gli altri Capi di Dipartimento non abbiamo potuto far nulla» soggiunse Virginia.
«Avete visto mio padre?» chiese Scorpius, non riuscendo a trattenersi.
«No, magari era già tornato a casa» provò a tranquillizzarlo Harry. «Qui c’era solo la squadra di turno e noi ce ne stavamo andando quando hanno fatto esplodere tutto».
«Alice, puoi chiamare di nuovo il tuo elfo? La signora Matthews ha bisogno di cure» chiese Ron.
La ragazzina annuì e provvide all’istante.
Quando l’elfo apparve era agitatissimo. «Oh, signorina! Sua madre è molto in ansia! E anche padron Albert!».
«Sto bene. Devi aiutare anche questa signora» replicò rapidamente Alice.
«Per favore, porta anche Ron al San Mungo» Harry disse gentilmente all’elfo.
«No, non me ne andrò» ribatté quest’ultimo all’istante.
«E, invece, sì! Sei ferito gravemente e non puoi essere d’aiuto» replicò Harry. Vedendo che l’amico stava per protestare aggiunse: «È un ordine!».
Rose, per tutto il battibecco, aveva fissato il fratellino. Alla fine gli si avvicinò e gli pose una mano sulla spalla. «Hugo, vai con papà».
«Cosa? No, rimango con voi» disse il ragazzino.
«Forse è meglio Hugo, è troppo pericoloso» intervenne Harry. «Anche tu Lily». I due cugini protestarono concitatamente, ma Harry li zitti severamente. «Lily, non metto in dubbio la tua bravura, ma sarei più tranquillo a saperti al sicuro. Almeno tu che non sei coinvolta nella profezia, ti prego».
«Va bene» assentì la ragazzina a malincuore.
«Hugo, viene con me, per favore» intervenne Ron. «Potrai stare vicino alla mamma, visto che io non posso muovermi».
Il ragazzino non rispose, ma, quando fu il suo turno, accettò la mano di Dick e si smaterializzò insieme alla cugina.
«Signor Potter» intervenne Scorpius, «sappiamo come bloccare i Neomangiamorte, ma dobbiamo essere tutti uniti. Intendo tutti i Dodici».
«Dove sono Jamie e Al?».
«Non lo sappiamo. Chissà dove si sono fatti portare da Winnie e Tabi. Siamo rimasti, però, che se ci fossimo divisi in qualche modo ci saremmo riuniti nell’Atrium» aggiunse Scorpius.
«Ok, allora io e i miei uomini cercheremo di spingere i Neomangiamorte nell’Atrium. Voi andate avanti, vi raggiungeremo» disse Harry.
«Signor Potter» chiamò timidamente Dorcas, «mio padre?».
«Non lo so, ma sono sicuro che sta bene. Ora muoviamoci, abbiamo atteso fin troppo» replicò Harry, regalandole una lieve carezza.
«Dorcas, aspetta un attimo». Virginia trattenne l’amica, mentre gli altri iniziavano ad andare avanti. «Mi sono comportata male con te, scusami. Quando torniamo a Hogwarts dirò la verità al professor Williams».
La Tassorosso annuì distrattamente: in quel momento non le interessava più di tanto.
 
 
*
 
«Proviamo una porta a caso?» propose Jack.
«Non abbiamo altra scelta, a te l’onore» replicò James.
Allora il Tassorosso aprì quella di fronte a lui ed entrò seguito dagli altri.
Era una stanza rettangolare, illuminata da lampade appese al soffitto con delle lunghe catene dorate. Vi erano delle ampie scrivanie di legno e una grande vasca di cristallo al centro.
«Che roba è?» borbottò Frank, guardandovi all’interno.
«Non toccare» lo avvertì all’istante Albus, raggiungendolo. «Sono cervelli».
Frank inorridì. «Cosa?!».
«Cervelli?» gli fece eco uno scandalizzato Elliott Castle.
«Esattamente e non sono propriamente pacifici» disse James.
«Nostro zio Ron ha ancora le cicatrici sulle braccia» soggiunse Albus.
«Che posto è?» chiese Glykeria basita.
«Nell’Ufficio Misteri vengono effettuati esperimenti di varia natura per scoprire i misteri del vita e del mondo» spiegò Emmanuel.
«Usciamo di qui» borbottò Jack.
«Ora provo io» disse James, quando furono nuovamente nella stanza circolare.
«Aspetta» lo fermò Albus, proprio mentre si stava per chiudere la porta alle spalle. «Zia Hermione all’epoca le ha contrassegnante, in modo da non rientrare più volte nella stessa stanza».
«Giusto, allora fallo» commentò James.
Albus eseguì l’incantesimo e una grossa ‘X’ rossa apparve sul legno nero.
«Proviamo questa» disse allora James.
«E voi chi siete?».
«Stupeficium!». Jack schiantò la donna senza darle neanche il tempo di aggiungere altro. James schiantò l’altra donna presente.
«Oddio, ma che posto è?» domandò Tobia, visibilmente nauseato.
Frank fece un passo indietro e si attaccò allo stipite della porta.
La sala era vasta e vi erano una serie di lettini con delle cinghie che pendevano, armadietti a vetri, da cui si intravedevano ampolle varie, due ampie scrivanie piene di fogli, delle librerie ricche di tomi dall’aria antica e, sul fondo, alcune porte.
James si avvicinò al lettino su cui era china una delle donne prima che la schiantassero, mentre Jack, Niki e Glykeria provvedevano a legarle.
Il Grifondoro fu preso da un conato di vomito, ma resistette. Il bimbo che vi era legato respirava ancora e lo fissava con occhi sgranati per la paura. Forse era stato silenziato. Sul pavimento c’era il corpo di una donna, ma ormai privo di vita. Lentamente slegò il bambino e tolse l’incantesimo tacitante.
«Come ti chiami?».
«Liam» rispose tremante.
«Stai tranquillo, Liam, ti aiutiamo noi, ok?».
Il bambino annuì fiducioso e si lasciò prendere in braccio da James, che, impacciato, lo porse a Glykeria, al contrario molto più a suo agio.
«Innerva!» sbottò Jack puntando la bacchetta contro una delle due donne. James, furioso, si pose accanto a lui.
«Chi sei? E cosa fate in questo posto?» le chiese sprezzante James.
«E lo vengo a dire a te? Chi sei tu?» ribatté la donna.
«Lascia, James. Sono un’ottima legilimens» intervenne Glykeria, chiedendo a Niki di prendere il bambino.
Attesero tutti in silenzio mentre la ragazza carpiva le informazioni che volevano. Ella interruppe bruscamente il contatto e si allontanò.
«Glykeria!» disse sorpreso Niki, vedendo l’amica dare di stomaco.
«Che hai visto?» le chiese Jack.
«Da un po’ di tempo conducevano esperimenti su magonò, babbani e piccoli Nati Babbani» sussurrò la ragazza, fissando con odio le due donne. «Volevano capire come potessero possedere la magia… come si trasmette… È disgustoso… Dietro quelle porte ci sono dei bambini babbani rapiti in Gran Bretagna e non solo…».
James scattò insieme a Jack e liberarono i bambini rinchiusi. Grazie a Merlino stavano bene, ma erano certamente patiti e terrorizzati.
«Non pensavo che i Purosangue potessero spingersi fino a questo punto» mormorò Albus.
«Non tutti» lo corresse Emmanuel.
«Scusa» si affrettò a dire Albus.
«I bambini non possono rimanere qui» fece notare Glykeria.
«A maggior ragione dobbiamo trovare l’uscita. Non possiamo neanche chiamare Tabi, questo luogo ha protezioni tutte sue e sicuramente Parkinson non ha minimamente pensato a disattivarle» replicò James.
Jack schiantò nuovamente la donna, sibilandole: «Ti auguro di risvegliarti ad Azkaban».
Ritornati nella stanza circolare, Albus segnò anche quella porta prima di chiuderla, mentre James ordinava ai bambini di sedersi e non fare rumore, perché dovevano fregare i cattivi. I bambini annuirono tutti, convincendo Albus che suo fratello ci sapesse proprio fare. Non per nulla il piccolo Remus, di a malapena un anno, già lo adorava.
«Forza, proviamone un’altra. Prima o poi beccheremo quella giusta. In fondo sono solo dodici porte. Una è l’uscita, due le abbiamo già viste. Non potremmo mai trovare qualcosa di peggiore nelle altre nove» sospirò Emmanuel.
 
*
 
«Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici. Il nome è decisamente appropriato» disse atona Roxi.
Il grosso della battaglia sembrava essere al secondo livello, perciò avevano deciso di controllare ogni piano, man mano che scendevano verso l’Atrium. E lo spettacolo che li accolse al terzo livello non era dei migliori.
Partiti Lily e Hugo, al gruppo si erano aggiunti Samuel Vance, Elisabeth Corner e Gabriella Jefferson. Gli altri ragazzi partiti da Hogwarts erano rimasti al secondo livello per dare manforte agli Auror.
Roxi controllò tutti gli uffici e i vari corridoi insieme agli altri. Erano arrivati tardi. Molti impiegati si erano trattenuti oltre il consueto orario di lavoro per ultimare le ultime pratiche ed erano stati presi di sorpresa dai Neomangiamorte.
Oltre l’ufficio del Capo Dipartimento, occupato fino a poche ore prima da Cormac Mclaggen, il piano si divideva in tre ampie ale, dedicate rispettivamente alla Squadra di Cancellazione della Magia Accidentale, al Quartier Generale degli Obliviatori e l’Ufficio Relazioni con i Babbani.
Nella prima ala non avevano trovato altro che disordine, per fortuna; mentre nella seconda scoprirono che tutti gli Obliviatori di turno erano stati uccisi dai Neomangiamorte e qualche impiegato zelante delle Relazioni con i Babbani aveva avuto lo stesso destino.
Non avrebbero voluto commettere lo stesso errore dei loro avversari, lasciando sguarnito il piano, ma erano anche troppo pochi per dividersi ulteriormente.
«Gettiamo almeno degli incantesimi di protezione» propose Scorpius. Rose, Jonathan, Virginia e Dorcas gli diedero una mano.
«Non reggeranno se un mago come Rosier o una strega come la Selwyn dovessero forzarli» commentò Dorcas, mentre si dirigevano nuovamente agli ascensori.
«Lo so» replicò Scorpius. «Ma almeno ci abbiamo provato. Forza, si va al quarto livello».
Le grate dorate si chiusero e l’ascensore iniziò a scendere.
«Quarto Livello. Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche» annunciò la fredda voce metallica.
«Diamo un’occhiata veloce» disse Scorpius, ma fu costretto a fermarsi.
«Non un altro passo. Chi siete?» domandò un uomo alto, intorno alla cinquantina ma ben piazzato. Indossava stivali di pelle e una tuta scura e dall’aspetto resistente. A Roxi ricordò il modo di vestire di suo zio Charlie.
«Sono dei ragazzi. Indossano la divisa di Hogwarts» commentò perplesso un altro uomo sulla cinquantina, più basso e corpulento del primo e dall’aria più patita.
«Chi siete voi?» replicò Scorpius senza abbassare la bacchetta.
Insieme ai due uomini vi era anche una donna, alta e magra, che indossava un completo di pelle e li fissava con la schiena mollemente appoggiata a una parete del corridoio. Ella aveva immediatamente abbassato la bacchetta appena li aveva visti e li fissava con curiosità.
«Dorcas, che fai qui? Dovresti essere a Scuola» disse con voce piatta la donna.
Tutti si voltarono verso la Tassorosso, che arrossì.
«Ciao Nerissa» borbottò allora la ragazza.
«Abbassate la bacchetta, ragazzi. Non mordono e non sono loro il nostro nemico».
I due uomini obbedirono e allora Scorpius abbassò la propria bacchetta, imitato dai compagni. Dorcas presentò gli amici alla donna, che a quanto sembrava era una cara amica della madre.
«Loro sono Robert Jackson, il nostro capo, e Joachim Becker» disse Nerissa indicando i suoi colleghi.
«Non dovreste trovarvi qui, è molto pericoloso» li rimproverò Robert Jackson.
«Lo sappiamo, signor Jackson, non si preoccupi» rispose pazientemente Scorpius.
«Qual è la situazione su questo piano?» s’informò Rose, che non sopportava quando la trattavano da bambina.
Jackson si accigliò, ma rispose: «I Neomangiamorte hanno commesso l’errore di sottovalutarci, ma noi che ci occupiamo di creature magiche, a volte molto pericolose, non abbiamo avuto alcun problema a metterli al tappeto. Qui la situazione è sotto controllo. Purtroppo alcuni ragazzi sono rimasti feriti nello scontro».
«Avete un modo per portarli al San Mungo?» domandò Nerissa, staccandosi dal muro e avvicinandosi.
Roxi comprese che era una donna da non sfidare: era furba e doveva anche essere molto abile.
«Possiamo chiamare l’elfo di mio nonno, ha già portato in salvo delle persone» rispose Alice.
«Molto bene, seguitemi allora» disse Nerissa, conducendoli in un’ampia stanza alla fine del corridoio. Sulla targa alla parete scintillava la scritta: Divisione Bestie. Era una specie di piccolo ingresso su cui si aprivano altre porte. Sul pavimento vi erano due uomini feriti e una donna si affaccendava intorno a loro per alleviarne le sofferenze, ma era evidente che non stesse ottenendo grandi risultati.
Alice le si accostò all’istante, sorprendendola, ma vedendoli in compagnia di Nerissa non disse nulla.
«È la stessa maledizione che ha colpito zio Ron» commentò la ragazzina. «Dick».
L’elfo apparve immediatamente e strillò: «Oh, la padroncina sta bene. Dick è contento. E padron Albert e padron Hannah saranno tanto contenti!».
Alice gli sorrise spontaneamente e lo rassicurò, poi gli indicò i due uomini e l’elfo annuì, raccomandandole di chiamarlo in caso di necessità.
«Dick» lo fermò la ragazzina. «Hai detto a mio padre che siamo al Ministero?».
L’elfo le rivolse uno sguardo contrito. «Dick è dispiaciuto signorina, ma la padrona l’ha subito avvertito. La padroncina è arrabbiata con Dick?».
Alice scosse la testa e lo abbracciò. «No, stai tranquillo. Ora, vai».
«Voi chi siete nel nome di Merlino?» proruppe allora la donna, che fino a quel momento avevano ignorato.
Nerissa glielo disse, mentre tornavano da Jackson e Becker, e dal tono con cui le si rivolse compresero che ricopriva un incarico più alto.
«Bene, continuate a presidiare questo piano. Gli Auror spingeranno i Neomangiamorte verso l’Atrium e potrebbero tentare di rifugiarsi qui» disse Rose ai due uomini in tono autorevole.
Roxi per poco non scoppiò a ridere vedendo la faccia degli adulti che improvvisamente si vedevano comandati da dei ragazzi scappati da Scuola.
«Robert, io vado con loro» annunciò Nerissa.
«Non è necessario» sbottò Rose, che non voleva gli adulti tra i piedi.
«Questo lo decido io» ribatté Nerissa, evidentemente più testarda di lei, visto il gioco di occhiate cattive tra le due che ne seguì.
«In realtà avremmo bisogno di te. Rimarremmo solo in tre» intervenne Robert.
Dorcas capì che l’incertezza della donna dipendeva da lei. «Nerissa, stai tranquilla. Me la so cavare».
La donna non sembrò convinta, ma annuì, così i ragazzi risalirono sull’ascensore senza ulteriori indugi. Scorpius fremette quando le griglie si riaprirono: il signor Potter era stato gentile a tentare di rassicurarlo, ma lui era certo che suo padre fosse ancora al Ministero. Lo sentiva.
Ancora una volta controllarono ogni stanza presente sul piano, ma il Serpeverde era inquieto e lasciò i compagni indietro, bramoso di raggiungere l’ufficio del padre.
Prima di svoltare l’angolo di un corridoio sentì delle urla strazianti e non ascoltò neanche il richiamo di Rose, che lo invitava ad attenderli.
«Bombarda!» gridò facendo saltare in aria la porta dello studio di suo padre.
Il Neomangiamorte che stava torturando Draco Malfoy, fu colpito da un pezzo di legno e Scorpius schiantò l’altro prima che potesse reagire.
«Papà!». Il Serpeverde si inginocchiò accanto al padre. «Sei ferito?».
«Sto bene» disse Draco con voce rauca.
«Cavoli, li hai messi k.o. da solo!» commentò Rose, entrando seguita da gli altri.
Scorpius aiutò il padre a rimettersi in piedi.
«Lei è il padre di Niki, vero signore?» Brian chiese timidamente a uno dei due uomini legati a terra, affrettandosi a slegarlo.
«Sì, figliolo. Tu sei Brian, vero?».
«Sì, signore» rispose il piccolo Corvonero, finendo di liberarlo.
«Grazie» disse Edward Fawley alzandosi in piedi con l’aiuto del ragazzino.
Roxi, nel frattempo, aveva provveduto ad aiutare l’altro signore.
«Come mai non vi hanno ucciso?» chiese perplessa Rose.
«Il piano è libero» comunicò Jonathan, irrompendo nell’ufficio.
«Perché siamo esponenti di famiglie purosangue molto antiche. Sperano che ci ravvediamo e che prendiamo parte al nuovo regime» rispose l’uomo che aveva aiutato Roxi, mentre si risistemava le vesti eleganti. «Mi chiamo Abraham Shafiq e vi sono grato per il vostro aiuto. Sapremo come ricompensarvi».
«Lei è parente di Emmanuel?» chiese Alice senza riflettere.
«Sì, mio nipote è qui?» replicò l’uomo guardando verso la porta, come se si aspettasse che apparisse da un momento all’altro.
«Lo spero. Dovremmo incontrarci nell’Atrium e lì che siamo diretti» rispose velocemente Rose.
«Stiamo controllando ogni piano per essere sicuri che i Neomangiamorte non facciano qualche brutto scherzo» soggiunse Scorpius.
«Che senso ha? A quest’ora avranno già ucciso la Ministro» borbottò Shafiq.
«Mia madre sta benissimo, grazie» disse tagliente Rose. «Andiamo. Abbiamo ancora due piani. Non possiamo perdere tempo».
«Vi daremo una mano» disse Edward Fawley.
«So benissimo qual è il vostro compito» intervenne Draco, prima che Rose se ne uscisse con una delle sue solite rispostacce. «Vi copriremo le spalle e ci tireremo da parte quando sarà il momento».
«Mio figlio non è qui, vero, Brian?» domandò ansioso il signor Fawley.
«Stia tranquillo, è rimasto a Hogwarts» rispose Brian, sempre più stanco e turbato. E, indipendentemente da che cosa ne pensasse Rose, lui era contento della presenza dei tre adulti.
 
*
 
«Oh, Merlino. Fatemi scendere!» urlò Albus a pieni polmoni.
«Ma no, dai è divertente» provò Tobia, galleggiando poco distante.
«No, che non lo è» sbottò Albus. «James, fammi scendere!».
«Ma in che razza di posto siamo?» borbottò James in risposta. «E, Al, smetti di urlare. Sei il solito esagerato».
«Credo che studino la forza di gravità qui dentro. Non vedi i pianeti?» intervenne Emmanuel, mantenendosi sulla soglia della porta.
«Ho appena sbattuto contro Giove!» gemette Albus.
James roteò gli occhi e si rivolse a Jack. «Io entrò e lo tirò giù e tu poi mi tieni dalle gambe, così sconfiggiamo questa forza di gravità».
«Jamie, non credo funzioni proprio così» borbottò Frank perplesso, sentendosi in colpa per non ricordare quello che aveva imparato sull’argomento alla scuola babbana.
«No, Potter. Nessuno dei tuoi stupidi piani. Me la vedo io» sbottò Jack, puntando la bacchetta su Albus.
«Ehi» lo bloccò James indignato. «Quello è mio fratello! Non puoi farlo saltare in aria o qualcosa del genere!».
«Potrei anche farlo visto come si lagna» ribatté il Tassorosso, liberandosi dalla stretta dell’altro. «Non ti preoccupare, non gli farò nulla». Poi tornò a concentrarsi su Albus e formulò: «Carpe Retractum». Una corda luminosa si legò intorno ai piedi di Albus, che urlò scalciando come un forsennato, e Jack lo tirò con un forte strattone, lasciandolo cadere nella stanza circolare, sotto gli occhi atterriti dei bambini e quelli annoiati dei Neomangiamorte.
James utilizzò lo stesso incantesimo su Tobia e lo riportò giù. Uno dei gemelli Nilsson si affrettò a segnare la porta della Stanza dei Pianeti, come i ragazzi l’avevano battezzata nella loro testa, e la chiuse.
«Grazie» biascicò Albus, tastandosi la faccia gonfia nel punto in cui si era scontrato con Giove.
«Hai un bell’aspetto, Al».
Albus fulminò James con lo sguardo: poteva anche risparmiarsele le sue battutine in quella situazione.
«Proviamo con un’altra porta» disse Niki Charisteas.
«Oh, oh. Meglio non entrare qui» disse James seguendo il Greco all’interno e facendo segno agli altri di fermarsi.
«Che sono quelle palle scintillanti?».
«Profezie».
«Ci sarà anche la nostra?» domandò Emmanuel.
«Non avevo detto di aspettare fuori?» lo aggredì James.
«Ero curioso» rispose il Serpeverde con lo stesso tono.
«Beh, questa non è l’uscita. Andiamocene» disse Niki con praticità e li precedette.
James, una volta fuori, si premurò di tracciare una ‘x’ anche su quella porta e attese che la sala smettesse di girare per tentare ancora una volta, mentre la frustrazione si faceva strada in lui.
 
 
 
*
 
«Questo è il piano dove lavora mio padre» mormorò Elisabeth Corner, una delle Malandrine.
«Beh, la musica è diversa» quasi urlò Scorpius, scansando lo schiantesimo di un Neomangiamorte, che pattugliava la zona vicino all’ascensore.
«Stupeficium!».
Rose, Virginia e Jonathan avevano agito in contemporanea e avevano messo fuori gioco le tre guardie.
«Sbrighiamoci» disse Jonathan teso.
«Sicuramente saranno negli uffici che regolano i viaggi con la Metropolvere» disse Virginia.
«Facciamo come Scorpius prima» propose Jonathan. «Saranno pochi anche in questo caso».
«Per forza» borbottò Draco Malfoy, «loro non avrebbero potuto prevedere quanto siano incoscienti e pensino di essere degli eroi gli studenti di Hogwarts».
«Signor Malfoy, le abbiamo permesso di venire con noi. Non ce ne faccia pentire» sbottò Rose.
«Questo non è il momento di discutere» intervenne Virginia allarmata.
«Weasley sei una maleducata, proprio come tuo padre!» ringhiò, invece, Draco.
«Addio, effetto sorpresa» mormorò Jonathan sconsolato.
«Come osa?!» strillò Rose irritata.
«Attenta! Protego!» gridò Dorcas, evitando che la Grifondoro venisse colpita da un fiotto di luce rossa.
Edward Fawley e Abraham Shafiq agirono istintivamente e schiantarono i due uomini apparsi da un corridoio laterale.
«Di là c’è l’ufficio di mio padre» disse turbata Elisabeth Corner.
Gli altri non commentarono e si avviarono in quella direzione. Rose e Draco si lanciavano occhiatacce, sotto lo sguardo affranto di Scorpius.
La porta dell’ufficio di Michael Corner era aperta e dall’interno provenivano diverse voci: una senz’altro femminile e due maschili.
I tre adulti presero l’iniziativa e irruppero nella stanza, stordendo l’unico Neomangiamorte rimasto, che si era comodamente seduto sulla poltrona di Corner; quest’ultimo e una donna erano legati e sedevano sul pavimento.
«Oh, Merlino. Non ci speravo più!» disse la donna scoppiando in lacrime e aggrappandosi a Edward Fawley, che l’aveva liberata.
«Elisabeth, che diamine fai qui? Nessun insegnante può averti dato il permesso! Sai che sarai sospesa, per Merlino?».
La ragazzina fissò il padre con rabbia, mentre Draco sbuffò: «Non credo sia il nostro problema principale, Corner».
«Ah, certo Malfoy, tu e la tua famiglia farete girare un po’ d’oro, eh? Ma non siamo tutti sporchi mangiamorte!».
Draco lo minacciò con la bacchetta e i due iniziarono a lanciarsi contro incantesimi. Il signor Shafiq e il signor Fawley intervennero per separarli.
«Andiamocene» sussurrò Rose ai compagni, che obbedirono all’istante e si fiondarono in corridoio, diretti all’ascensore.
«Non sarebbe meglio aspettarli?» chiese Jonathan.
«Sono pur sempre delle abili bacchette in più» soggiunse Dorcas.
«Al prossimo piano dovremo fare attenzione» intervenne Roxi. «Il capo Dipartimento è Marcus Flint. Mio padre parla sempre male di lui».
«Perché è un cretino» affermò Rose con sicumera.
«Appiattitevi alle pareti dell’ascensore il più possibile» istruì Scorpius. «Se c’è qualcuno di guardia, non ci prenderà di sorpresa… o non del tutto, almeno…».
Come previsto un gruppo di uomini in nero, li accolse a bacchetta puntata quando le griglie dorate dell’ascensore si aprirono e provarono a colpirli. Grazie alla Felix Felicis, i ragazzi riuscirono a evocare in tempo degli scudi e attaccare a loro volta.
Brian, doveva ammetterlo, era il più terrorizzato di tutti, visto che non amava duellare. Inciampò ai piedi di un Neomangiamorte, ma per fortuna quello non ebbe il tempo di agire che fu prontamente schiantato da uno dei suoi compagni.
Nonostante l’aiuto della pozione della fortuna erano comunque in minoranza e, benché non potessero essere feriti, non riuscivano ad avanzare. La Felix Felicis avrebbe esaurito il proprio effetto, in quanto ne avevano bevuto solo poche gocce ciascuno e loro cominciavano anche a essere veramente stanchi.
«Ti aiuto io» disse Roxi, avendo visto la difficoltà e il turbamento del Corvonero, per giunta il più piccolo del gruppo. Brian gliene fu grato, ma continuò a sentirsi un peso per gli altri, chiedendosi per quale assurdo motivo fosse compreso anche lui nella Profezia di Cassandra Cooman.
A dare manforte ai suoi uomini giunse persino Marcus Flint e i ragazzi dovettero indietreggiare verso gli ascensori.
La situazione appariva così disperata, che Scorpius e Rose si pentirono di non essere scesi direttamente nell’Atrium.
Il pop della Materializzazione segnò un cambio di rotta: all’improvviso Maxi Williams, Justin Finch-Fletchley e Kingsley Schacklebolt apparvero nel corridoio stretto, prendendo di sorpresa i Neomangiamorte. E quando a loro si aggiunsero Draco Malfoy, Abraham Shafiq, Michael Corner ed Edward Fawley, uscendo da un ascensore, la situazione si capovolse nettamente, tanto che i mercemaghi furono messi fuori combattimento e rimasero a duellare soltanto Maxi Williams e Marcus Flint.
«State bene?» chiese subito Kingsley ai ragazzi, che annuirono senza molto convinzione.
«Spostiamoci da qui» borbottò Finch-Fletchley.
Lontano dagli incantesimi dei due duellanti, tutti presero fiato.
«Potevate aspettarci» partì all’attacco Draco, rivolto specialmente a Rose.
«Non abbiamo bisogno di aiuto» replicò la Grifondoro infuriata.
«A me è parso proprio di sì» urlò in risposta Draco.
«Andiamo a controllare se c’è qualcun altro su questo piano» disse Abraham Shafiq, seguito a ruota da Edward Fawley.
Intento a sentire il battibecco tra il signor Malfoy e Rose, Brian non si era accorto che il duello era finito e Maxi aveva vinto.
«Maledetto incosciente!» gli urlò il suo padrino a pochi centimetri dall’orecchio, aggiungendo uno scappellotto. «Ma che vi è saltato in mente di andarvene da Scuola in quel modo? Avreste dovuto avvertirci!».
«Perché ce l’avreste permesso?» chiese Scorpius, decidendo di ignorare il fatto che la sua ragazza e suo padre si stessero insultando senza alcun freno.
«No» ringhiò Maxi Williams.
«Maxi, calmati» intervenne il professor Finch-Fletchley. «Non è il momento di discutere. Ne parleremo quando torneremo a Scuola».
«Professore, solo noi possiamo mettere fine a tutto questo» disse Scorpius esasperato.
Finch-Fletchley lo fissò stranito, ma prima che potesse replicare Kingsley disse: «Dove sono gli altri? Tabi ci ha detto che eravate molti».
«Hugo e Lily sono andati al San Mungo con lo zio Ron, ma stanno bene. Zio Harry li ha convinti a stare lontano dal pericolo» rispose Roxi. «Qualcuno è al primo livello a fare la guardia, mentre gli altri stanno dando una mano agli Auror al secondo livello».
Maxi imprecò. «Decisamente vi piace giocare agli eroi» borbottò irritato.
«Alastor, Paciock, Corner e Jefferson tornerete a Hogwarts immediatamente» disse Kingsley.
Alice ed Elisabeth protestarono a viva voce, ma furono immediatamente zittite da tutti e tre i professori. «Questa è la passaporta. Prendetela e tacete» sbottò Maxi Williams porgendo ad Alastor un foglio di pergamena rovinato. Il ragazzo obbedì e attese che le compagne di Casa facessero altrettanto.
Quando sparirono Maxi si rivolse a ragazzi rimanenti. «Raggiungiamo l’Atrium e facciamola finita».
Rose, Scorpius, Roxi, Brian, Virginia, Jonathan e Dorcas annuirono prontamente e stancamente salirono per l’ennesima volta sugli ascensori del Ministero. In cuor loro speravano che gli altri fossero già arrivati.
 
*
 
«Questa non si apre» disse perplesso Jack, tentando di spingere una porta.
James e Niki intervennero, ma anche loro non furono in grado di aprirla.
«Non può essere l’uscita» commentò Albus.
«A meno che non esiste una specie di incantesimo protettivo che sigilla l’uscita quando vi sono degli intrusi».
«Frank!» urlarono tutti in coro.
«Sul serio, amico, dovresti imparare a essere un po’ più ottimista» bofonchiò Tobia.
«Tentiamo con un’altra allora» propose uno dei gemelli Nilsson, mentre Jack segnava anche quella porta con una ‘x’ rossa.
«Questa si apre» disse Albus. «Homenum Revelio» pronunciò cauto. «Via libera» soggiunse varcando la soglia per primo.
«Decisamente non è l’uscita» borbottò James esasperato.
«Che posto strano» disse Albus ignorandolo.
Una luce perlacea illuminava totalmente l’intera sala.
«È la Stanza del Tempo. Ti ricordi? Mamma e papà ce ne hanno parlato» disse allora James.
«Questo sì che è interessante» aggiunse Niki guardandosi intorno.
Erano circondanti da orologi di tutte le grandezze e forme e da varie librerie stracolme di antichi volumi. Se rimanevano in silenzio l’unico suono che si percepiva era il ticchettio ritmico degli orologi. L’attenzione dei ragazzi, però, fu attratta da un enorme campana di vetro, in cui un uovo luccicante veniva sospinto verso l’alto da un fascio di luce, man mano che saliva si schiudeva e si trasformava in un bellissimo colibrì, ma arrivato all’imboccatura della campana iniziava a ridiscendere e contemporaneamente a perdere le piume, che erano cresciute, fino a tornare un uovo una volta raggiunto nuovamente il fondo.
«La vita» sospirò Glykeria, affascinata come tutti.
«Forza, andiamo» li riscosse Jack all’improvviso. «Non abbiamo tempo da perdere».
I compagni, ancora con la mente all’uovo che si trasformava in colibrì e poi tornava a essere uovo, lo seguirono fuori. Il Tassorosso s’impegnò a segnare la porta, prima che uno stralunato e distratto Frank se la sbattesse incoscientemente alle spalle.
Arrabbiato e frustrato da quella specie di trappola in cui Parkinson li aveva trascinati, Jack aprì una nuova porta senza aspettare il parere degli altri e quasi imprecò quando finalmente si trovò di fronte il corridoio buio attraverso il quale si scendeva nelle aule del Wizengamot.
«Era ora» sospirò James.
«E di loro che ne facciamo?» chiese Elliott Castle, indicando i bambini e i Neomangiamorte.
«I Neomangiamorte lasciamoli qui» disse Jack con noncuranza.
«Non possiamo portare i bambini con noi, sarebbe troppo pericoloso» intervenne Glykeria.
«Non possono neanche stare soli però» obiettò James.
«Sono solo cinque. Portiamoli con noi» disse Emmanuel. «Una volta raggiunto l’Atrium li faremo fuggire con i camini».
«Credo sia la scelta migliore» commentò Jack.
«Non credo che abbiamo altra scelta» rettificò James.
«Speriamo che gli altri abbiano già raggiunto l’Atrium» sospirò Albus.
«L’ascensore è di là, forza» disse semplicemente James.
 
*
 
«Harry Potter ce l’ha fatta!» commentò ammirato Scorpius, quando vide la folla nell’Atrium.
Gli Auror erano riusciti a spostare la battaglia in un luogo più ampio, ma i loro avversari non si davano per vinti.
«Quella è la Selwyn» disse Maxi Williams.
«E quello è Thomas Rosier» soggiunse Scorpius, indicando l’uomo che combatteva fianco a fianco con la Signora Oscura.
«Mantenete una posizione più defilata e cercate i vostri compagni» suggerì Kingsley.
«Justin trova i ragazzi più piccoli e rimandali a Scuola» aggiunse Williams rivolto al collega, che annuì conscio dell’importanza del suo compito. «Buona fortuna, ragazzi» disse, invece, rivolto a Rose e amici.
Si fecero largo combattendo, ma fu difficoltoso specialmente perché i duelli in atto li costringevano a cambiare direzione per non venir separati.
L’Atrium era irriconoscibile e la fontana, ricostruita dopo la guerra contro Voldemort, era stata nuovamente distrutta, perciò i ragazzi dovevano stare attenti persino a non scivolare sul pavimento bagnato e sui resti delle statue.
Improvvisamente il silenzio scese sulla sala e i ragazzi si guardarono intorno per capirne la causa. E non ci impiegarono troppo: Bellatrix Selwyn, in piedi sulla vasca della fontana, minacciava con la bacchetta niente meno che Samuel Vance.
Scorpius imprecò.
«Non avremmo dovuto portarlo con noi» realizzò spaventata Rose.
«Deponete le armi finché siete in tempo» urlò la Selwyn. «La vostra Ministra a quest’ora sarà già morta dissanguata e io sono pronta a sostituirla. Arrendetevi e vi risparmierò la vita!».
«I cattivi sono tutti così prevedibili» mormorò Scorpius furioso perché si sentiva impotente.
«Inizierà una nuova era e voi ne sarete testimoni» continuò la Selwyn. «Vi dimostrerò immediatamente che non vi conviene sfidarmi! Questo bambino è figlio di mia sorella, che ha osato macchiare il nostro sangue con quello di un Mezzosangue. L’ho uccisa e ora ucciderò lui!».
Samuel, però, non si era perso d’animo e diede uno strattone improvviso prendendo di sorpresa la donna. Il ragazzino le diede un calcio sulla gamba e si gettò sulla sua bacchetta poco lontano.
La folla trattenne il respiro mentre un’incollerita Selwyn gridava: «Avada Kedavra!».
La maledizione, però, evitò Samuel per un pelo.
«Benedetta la Felix Felicis» soffiò Virginia esterrefatta.
«Forunculus» urlò Samuel, riempiendo il volto della zia di orribili pustole.
«Ma come…?» fece Rose perplessa, non avendo mai visto un incantesimo di quella portata, di solito il Forunculus faceva apparire un’acme diffusa sul volto, ma mai in quel modo.
«La sua bacchetta è di cedro. La Selwyn sta pagando il male che ha fatto alla sua famiglia».
Rose si voltò di scatto verso la persona che aveva parlato e gridò fuori di sé: «Albus!». Gli saltò al collo e gli urlò nell’orecchio: «Ce ne hai messo di tempo!».
«Rimandiamo i convenevoli a dopo» sbottò Jack Fletcher.
«Fletcher non mi sei mancato per nulla» ribatté Rose.
«Tranquilla, sentimento reciproco».
«Diamoci una mossa» li interruppe James.
«Prendiamoci per mano e cerchiamo di formare un cerchio intorno ai nostri avversari» intervenne Albus.
«Vi proteggeremo noi» disse Niki, indicando sé stesso, Glykeria, i gemelli Nilsson, Tobia ed Elliott Castle.
James li rivolse un cenno riconoscente.
«Usiamo il Sonorus su di noi prima» suggerì Virginia.
I Dodici obbedirono e si presero per mano.
«Avanti, facciamola finita» mormorò Scorpius teso.
 
Angolo autrice:
 
Ciao J
Come immaginerete, siamo quasi alla fine della storia.
Il titolo è in latino e significa: “ Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Si riferisce sia ai Capi Dipartimento riuniti per decidere se dichiarare ufficialmente guerra alla Selwyn, sia a quello che sta accadendo nel Ministero.
Se vi va, lasciate un commento ;-)
A presto,
Carme93
   
 
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