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Autore: Saruwatari_Asuka    21/08/2018    2 recensioni
"Lui è Shaka, ed è il pretendente a Cavaliere di Virgo, custode della Sesta Casa," lo presentò Saga con un piccolo sorriso, inginocchiandosi appena accanto a lui per essere all'altezza anche di tutti gli altri, "E' appena arrivato dall'India quindi, ragazzi, siate gentili."
Era stato Shion stesso, di persona, a disturbarsi ad andarlo a prendere, un onore che fino a quel momento era stato solo di Mu, suo allievo diretto per via delle sue origini e della capacità di sentire le armature.
Ma Shaka era speciale: per portarselo via aveva dovuto convincere i monaci ad affidarglielo, visto che lo consideravano prezioso come l'oro, essendo la reincarnazione del Buddha, e un emissario semplice non ci sarebbe riuscito. Almeno, quella era stata la spiegazione di Shion, che non si era esposto a riguardo, prima di assentarsi per due giorni e affidare tutto a lui e Aiolos. "
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{Ancora Baby!Gold}
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Cancer DeathMask, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Παιδική ηλικία - childhood'
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PARTE SECONDA - Extra

 

 

 

A fine Agosto, Mu aveva lasciato il Santuario per una settimana per dirigersi verso il Jamir e, su commissione di Shion, recuperare alcuni occorrenti per la riparazione delle armature. Era stato proprio al suo rientro che aveva scoperto che non solamente Angelo, Elias e Shura avrebbero lasciato il Santuario il giorno successivo, l'ultimo di Agosto, ma anche Shaka sarebbe partito, anticipando il suo allenamento sulle rive del Gange.

Era stato lui a dirlo agli altri, durante la pausa dall'allenamento. Non che se la fosse presa per qualcosa, ma aveva la sensazione che Shaka li stesse lasciando indietro, nonostante avessero la stessa età, e questo un po' lo faceva stare male. Non poteva fare a meno di chiedersi se, una volta tornati tutti lì investiti delle loro armature, per Shaka sarebbero stati solo esseri inferiori da guardare dall'alto al basso o se, invece, potessero riuscire ad essere amici come non avevano avuto il tempo di diventare in quel periodo.

"Però non vale!" borbottò Milo, mettendo il broncio, "Avevamo appena iniziato a fare amicizia!"

Camus inarcò un sopracciglio, con quel fare snob e irritante che innervosiva Milo più di qualunque altra cosa, "Veramente, mi pareva che la cosa fosse a senso unico. Lui vi rispondeva appena, solo per carineria!"

"Solo perché è timido," berciò Milo, "Vero, Lia? Chiacchieriamo sempre, la sera!"

Aiolia portò un dito al mento, inclinando il capo, "Lui parla poco con tutti, quindi chi lo sa!"

Milo sbarrò gli occhi, "Traditore!"

"Però anche secondo me è un poco timido," fece anche Thiago, ricevendo in cambio tutta la gratitudine di Milo, "Ma perché se ne va prima? Io pensavo che saremmo partiti tutti insieme..."

"Boh," scrollò le spalle Mu, "Forse Aiolos lo sa?"

"Sicuro!" saltò su Aiolia, "Glielo vado a chiedere!"

"Aspetta, aspetta! Io ho un'idea migliore, Lia! Andiamo direttamente da Shaka, così se domani parte anche lui possiamo salutarlo per bene!"

"Magari non gli fa piacere."

Milo sbuffò alle parole di Camus, "Ma solo perché non fa piacere a te non è che non deve far piacere agli altri. Sei tu quello antipatico! Io vado!"

"Vengo anche io!" decise Aiolia alla fine, seguendo subito l'amico verso i Dodici Tempi. Mu aveva detto che Shaka passava lì a meditare quasi tutto il tempo, e visto che era pieno pomeriggio, è lì che doveva essere.

"Secondo me si arrabbierà," sorrise Thiago, ma era già in piedi a sua volta, "Tu vieni, Mu?"

"Sì!"

Camus sbuffò, fermo al suo posto, "Se sapete che si arrabbierà, che ci andate a fare?"

"Per salutare, no? Vieni, Camus?"

"No, grazie Thiago. Io resto qui."

 

Shura, Elias e Angelo erano ancora sotto l'albero, all'ombra, con le bottigliette d'acqua che Angelo aveva reperito anche per gli altri due, quando si videro passare davanti quattro dei loro piccoli compagni. Mancavano solo Camus e Shaka, ma affacciandosi oltre il grosso tronco Elias notò subito che Camus era lì, anche se da solo e non vedeva bene cosa stesse facendo.

"Dove corrono tutti compatti? Guardali, sembrano una manica di pecorelle!" li prese in giro Angelo con un sogghigno.

"Ad occhio stanno andando verso le Dodici."

"E non è vietato?" inclinò il capo Elias, guardando lo spagnolo.

Shura scrollò le spalle, "Non so. Ma Shaka è lì, se non sbaglio."

"Ah, ho capito. Vanno a salutarlo prima della partenza. Non è più uscito da quando ha attaccato per sbaglio Angelo. E pensare che questo qui se lo meritava proprio, povero piccolo. Secondo me, si è spaventato più lui che te!" esclamò Elias, piantando il dito nel fianco dell'amico, "Ed è tutta colpa tua che sei un cafone maleducato!"

"Ahia! Bastardo, Elias, questa me la paghi! E poi non è stata colpa mia!" sbottò il diretto interessato.

"Mia no di certo!" gli fece notare Elias, "Sei stato cattivissimo."

"Ma non pensavo che quel santone si arrabbiasse davvero!"

"Nemmeno Athena in persona riuscirebbe a mantenere la calma con uno come te, Angelo," borbottò Shura, storcendo le labbra, "Sei insopportabile certe volte."

"E tu un amico di merda."

Shura scrollò le spalle, indifferente all'insulto.


"Ho deciso che lo vado a prendere," trillò Milo, già pronto a varcare la soglia della Prima Casa, incustodita, per raggiungere di corsa la Sesta, dov'era Shaka. "Così andiamo a mensa tutti insieme e lo salutiamo prima che parta!"

"Però se sta meditando forse ha ragione Camus, e non gli farà piacere..." esclamò Mu, che li aveva seguiti fiducioso fino a lì, ma adesso iniziava ad avere un po' di tentennamenti. Lui ci teneva tantissimo a salutare l'altro prima che partisse, perché anche se per troppo poco tempo avevano iniziato a fare amicizia e per Mu lo erano già, amici. Solo che credeva di aver anche un po' capito com'era, e di certo adesso voleva rimanere da solo. "Per non parlare del fatto che non dovremmo nemmeno essere qui!"

"E va bene, allora smetterà di meditare, no? E' quasi ora di pranzo, anche!" ribatté il piccolo greco, guardando l'amico del Leone in cerca di manforte. E stavolta, Aiolia glielo diede. "E' vero! Anche il fratellone dice sempre che non deve saltare i pasti! Ha detto che glielo ha detto il medico!"

"Sì, sì, l'ho sentito anche io!" annuì Milo, "Quindi lo andiamo a prendere noi, così se lo ricorda e possiamo anche salutarlo per bene come avevamo deciso. Non pensi anche tu, Mu?"

Mu sporse il labbro inferiore, spostando lo sguardo da Milo all'ingresso della Sesta, "Sì, però non voglio nemmeno che si offenda. E vi ripeto che in teoria non dovremmo essere qui!"

Thiago, vicino a Mu, inclinò un po' il capo, una mano al mento, "E' vero, non ci stavamo pensando. Non avremmo il permesso..."

"Secondo me esagerate," mise il muso anche Aiolia, "Alla fine non stiamo facendo niente di male, no? E anche Shaka non se la prenderà, in fondo stavamo facendo amicizia, no?"

"E allora perché se ne va?" domandò ancora Thiago, sinceramente curioso e per nulla intenzionato a litigare con nessuno. Alla fine, l'unica cosa che sapeva di Shaka era che la sera chiacchierava un po' con quei due, anche se più che altro rispondeva a monosillabi, e che di giorno preferiva rimanere da solo, in disparte nella sua futura Casa. Per il resto, non ci aveva mai parlato, se non il primo giorno, anche se la colpa probabilmente era sua: a differenza di Mu, Milo e Aiolia, lui non si era mai fatto avanti in prima linea con Shaka. Lo rispettava nel suo desiderio -sempre che lo fosse- di stare da solo e lo lasciava in pace.

"Secondo me se ne va per colpa di Angelo!" squittì Milo, "Quel brutto antipatico lo ha fatto proprio arrabbiare, l'altra volta, avete visto!"

"Però lì ha vinto Shaka..."

Aiolia sobbalzò come colto da un pensiero funesto, gli occhi sbarrati, "E se lo hanno mandato via perché ha fatto male ad Angelo? Il fratellone a volte lo dice, che non si litiga fra di noi o verremo puniti: perché dobbiamo essere tutti amici!"

Mu, a quelle parole, si aggrappò alla manica di Thiago, quasi spaventato, "Allora lo mandano via e non torna più? Ma il maestro me l'avrebbe detto!" Shion aveva rivelato solo che sarebbe partito in anticipo, e Mu era stato tranquillo perché era sicurissimo che comunque prima o poi l'avrebbero rivisto, anche se fra diversi anni, magari già investiti dell'armatura.

Però, se lo mandavano via perché aveva sbagliato, allora non sarebbe tornato e non si sarebbero più potuti incontrare.

"Non voglio che se ne vada per non tornare più!"

Thiago, trovandosi il piccolo tibetano praticamente addosso e sull'orlo delle lacrime, lo strinse subito in un abbraccio fraterno, "Non fare così, Mu, sono sicuro che tornerà anche lui!"

"Dovevamo chiedere al fratello, lui di certo lo sa," mormorò anche Aiolia, abbassando il capo con rammarico.

Anche lui non voleva che cacciassero Shaka. E poi, era convinto anche che Angelo un po' se lo meritasse, era lui che doveva essere mandato via.

Erano ancora tutti lì, in silenzio assoluto, gli sguardi bassi, quando Shura, Elias e Angelo li raggiunsero.

In verità, non sarebbero dovuti essere lì, né loro tre né i quattro più piccoli, ed era proprio per questo che erano andati a prenderli, prima che Saga e Aiolos li beccassero, considerando anche che la pausa data loro era quasi terminata.

Shura non era molto d'accordo nell'andarli a prendere, visto che significava raggiungere le case senza permesso, ma alla fine aveva ceduto.

"Che succede qui? Lo sapete che dovete tornare all'Arena?!" berciò Elias, guardandoli uno ad uno. Se volevano salutare Shaka, non aveva senso che restassero lì fuori, "Andate a pranzo e poi ad allenarvi, coraggio!"

Mu fu il primo ad alzare il capo, indeciso, "Però..."

"Shura!" la voce acuta di Aiolia lo anticipò, impedendogli di continuare. Il piccolo Leo corse subito verso l'amico più grande, che lo accolse gentilmente quando gli si gettò addosso e gli mise una mano sulla testa.

"Che succede?"

"Shura, senti, è vero che mandano via Shaka? Per punizione per aver fatto male ad Angelo? E non torna più? Tu lo sai, Shura?"

Shura aggrottò le sopracciglia, piegandosi un po' per essere all'altezza dell'altro, "Chi ve lo ha detto, questo?"

"Beh, ecco, veramente..."

"Ve lo siete inventati?" li prese in giro Angelo, il sogghigno divertito sul volto, "Ma che avete in testa voi microbi? Certo che ne avete di fantasia!"

"Non è fantasia, è stata colpa tua!" ululò Milo, "E' Aiolos che lo dice sempre, che non si deve litigare!"

"E' vero, ma non ti buttano mica fuori per una cosa simile," rise anche Elias, divertito e intenerito al tempo stesso, soprattutto quando i grandi occhioni verdi di Mu incontrarono i suoi azzurri, inchiodandolo sul posto, lucidi e spalancati com'erano.

"Sei sicuro?"

Elias sorrise, arrotolandosi una ciocca di capelli intorno all'indice, "Abbastanza, considerando che io e Angelo siamo ancora qui e non siamo stati mandati da nessuna parte."

"E' vero, Shura?" chiese di rimando anche Aiolia, guardando lo spagnolo dritto negli occhi. Così, giusto per essere davvero certi, perché anche se Elias era più simpatico di Angelo, non era quel genere di ragazzo con cui Aiolia stava volentieri, ed infatti parlavano appena.

"Verissimo, Aiolia. Shaka andrà solo ad allenarsi, e poi tornerà qui. Proprio come succederà a voi fra un po' di tempo."

A quelle parole, Mu sospirò di sollievo, "Meno male!"

Elias a quel punto alzò gli occhi al cielo, in un misto fra il divertito e l'esasperato, "Bene, risolto questo, che intendete fare?" chiese loro, incrociando le braccia al petto.

"Andarlo a prendere per salutarlo, come avevamo deciso!" esclamò Milo.

"Ma non si può superare le Case senza permesso," gli ricordò Angelo con scherno, "E tu non ce l'hai il permesso, mostriciattolo!"

"Però Mu sì!" rincarò Milo, tirando fuori la lingua all'indirizzo di Angelo, che alzò a sua volta gli occhi al cielo.

Mu arricciò il naso, a quella constatazione, "Non voglio far arrabbiare il maestro Shion," fece.

Milo strabuzzò gli occhi, davanti a quell'abbandono improvviso, "Ma non avevi detto anche tu che volevi venire a salutarlo?!"

"Beh, sì," ammise Mu, "Però magari si può aspettare che scenda no? Insomma, così siamo contenti tutti quanti..."

"Ma..."

"Ma dovresti proprio dargli retta, Milo!" tuonò la voce dura di Aiolos, insolitamente alterata. Se ne stava lì, vicino alla colonna più lontana, non l'avevano neanche sentito arrivare. O forse era lì dall'inizio e non se ne erano accorti?

In entrambi i casi, era più crucciato che mai, le braccia incrociate al petto, e non certo per trasmettere impazienza, com'era stato con Elias poco prima. No, Aiolos era decisamente arrabbiato. Milo non lo aveva mai visto così, anche se Aiolia diceva spesso che Aiolos, quando si arrabbiata, sapeva essere davvero spaventoso. E che fosse un maestro severo ormai lo avevano capito tutti quanti.

Chinò subito il capo, vedendolo venire verso di loro, e  una piccola parte di lui era già convinta che fosse stato Camus a fare la spia.

Ma Aiolos lo smentì subito.

"Sono tutti in mensa tranne voi sette, che cosa state facendo, qui? Lo dovreste sapere che non avete il permesso di starvene alle Dodici Case, vi ho detto un sacco di volte che potrete entrarci solo dopo aver ottenuto la Gold Cloth! Addirittura venite qui a bighellonare, invece di riposarvi e rifocillarvi per l'allenamento del pomeriggio!"

"Ma noi..."

"Nessun ma! Aiolia, sono molto deluso da te, eppure pensavo di essere stato chiaro. Quante volte devo dirtelo? Devi imparare a crescere! Va bene giocare e scherzare, ma infrangere le regole no!"

Aiolia alzò la testa di scatto, punto sul vivo, "Io non ho fatto niente, fratellone!"

"Ah no? E allora che cosa fai qui? Shaka scenderà a cena come ogni giorno, dovevate solo aspettare, per poterlo salutare. Non c'era alcuna ragione di venire fino a qui. Ancor più l'idea di andarlo a prendere con la forza è ridicola, Milo, non avete imparato niente fino ad oggi?"

Milo incassò il capo nelle spalle ancora di più, mentre Aiolia tornava ad abbassare gli occhi, "Ma non ho fatto niente davvero. Non è stata una mia idea, Los, è stato..."

Aiolos lo bloccò con un cenno della mano, fulmineo, "Non voglio sentire altro! Prenditi le tue responsabilità, invece di addossarla sugli altri. Nessuno ti ha trascinato qui con la forza!"

"Allora vale per tutti! Perché te la prendi solo con me?!"

"Non lo sto facendo,"  chiarì il più grande, "Siete tutti quanti in punizione. Mu, di te si occuperà Shion."

Mu spalancò gli occhi a quelle parole inaspettate. "Va bene la punizione Aiolos però...il maestro Shion è già molto impegnato!"

"Quanto la fai tragica per una cosa del genere!" berciò Angelo, giusto un attimo prima che Elias gli conficcasse un gomito nel fianco, piegandolo a metà per tappargli la bocca.

"Ignoralo!"

"Ahia..."

Aiolos incenerì tutti e due con un'occhiata torva. Shura rabbrividì, vedendolo, perché di solito anche lui avrebbe riso, o sorriso, dei battibecchi fra quei due. Avrebbe fatto meglio a rimanersene a leggere, come voleva fare prima di essere trascinato lì dagli altri. Per quanto gli dispiacesse vedere Aiolia così amareggiato si pentiva molto di più di essere parte della causa dell'ira di Aiolos.

"Anche se il Sommo Shion è impegnato, sei il suo allievo. Gli riferirò l'accaduto. E adesso andate in Arena, forza."

Shura lasciò passare avanti gli altri, inizialmente, puntando sul più grande uno sguardo rammaricato, e aveva già aperto bocca per parlare, quando Aiolos alzò di nuovo la mano, piccato. "Anche tu, Shura. E sono altrettanto deluso: non me lo aspettavo, da te!"

"Mi dispiace, Aiolos...Eravamo solo venuti a riprendere i più piccoli. Ma non è neanche colpa loro, Aiolia aveva buona intenzioni," mormorò, cercando di capire se quel movimento delle sopracciglia che aveva colto in Aiolos potesse significare qualcosa.

Sagitter, alla fine, sospirò, senza più riuscire a mantenere la sua espressione arcigna, "Ne terrò conto. Per oggi siete comunque in punizione," fece, le braccia incrociate. In fondo, lo sapeva che avevano buone intenzioni, l'unico di cui poteva dubitare un po' era Angelo, visto il suo carattere. Ma restava il fatto che avessero sbagliato.

Shura annuì, abbozzando un sorriso, prima di seguire gli altri. Affiancò Angelo e lo superò, ma rimase a portata d'orecchi il necessario per sentire che ancora si stava lamentando.

"Gli verrà il sangue acido se se la prende in questo modo per ogni stronzata! Che tipo noioso!"

"Ma la voi piantare?  Se ti sente e raddoppia la punizione, io non ne voglio sapere niente! Proprio l'ultimo giorno al Santuario, dico io! Ma non potevamo farci i fatti nostri?"

"Guarda che l'idea è stata tua, principessina!"

"Se sento ancora la tua voce ti tiro la lingua, Angelo!"

Shura sospirò, spazientito. Non era Aiolos ad aver esagerato, perché per quanto solo temporanea per loro -sempre se fossero riusciti a vincere le Armature- quella era pur sempre una richiesta diretta del Gran Sacerdote. Praticamente una legge invalicabile. E loro erano andati a tanto così dall'infrangerla.

 

Quando l'allenamento finì, Mu era già proiettato alla ramanzina che Shion gli avrebbe sicuramente fatto, se non quella sera stessa il giorno successivo, visto che doveva andare da lui di prima mattina. Ma era così stanco, in quel momento, che non aveva nemmeno la forza di alzarsi.

Aiolos li aveva fatti penare, tutti quanti, dando a loro sette il doppio degli esercizi. Ad un certo punto Elias aveva anche provato a chiedere a Saga di farlo ragionare, ma quello aveva scosso il capo, serio.

"Se Aiolos ha deciso di punirvi, evidentemente ve lo meritate," l'aveva liquidato, le mani sui fianchi. Elias aveva borbottato qualche imprecazione in lingua madre, alzando gli occhi al cielo, poi era tornato dagli altri, già stanco e con lo stomaco che brontolava per la fame.

L'unico che se l'era cavata con niente era stato Camus, per il dispiacere di Milo, perché non essendo con loro in quel momento non era stato punito. Eppure, nonostante questo, era rimasto ad aspettarli seduto sugli spalti dell'arena. Era stato lui che, non appena Aiolos li aveva lasciati andare, dicendo che avrebbero ripreso il giorno successivo -per chi restava- e che non l'avevano ancora scontata tutta, aveva portato a tutti una bottiglia d'acqua fresca, tenendole a malapena tutte quante fra le braccia.

Senza riuscire a vedere dove metteva i piedi per via dell'ingombro delle bottiglie, appena li raggiunse finì per inciampare ai piedi di Milo, impedendosi per puro spirito di sopravvivenza di cadere ma senza riuscire a prendere due delle boccette che, invece, finirono dritto contro Milo.

"Tu!"

"Prima che tu lo dica, non l'ho fatto apposta!" esclamò subito il francese, "Sono inciampato. Dovresti ringraziare per l'acqua: tieni, questa è per te."

Milo mise subito il broncio, sporgendo il labbro inferiore, ma accettò la bottiglia e dovette persino ammettere che, in fin dei conti, quel francesino con la puzza sotto al naso era stato gentile. "Grazie," brontolò controvoglia.

Aiolia non si fece pregare, aprì la bottiglia dopo aver appena ringraziato il coetaneo e la bevve tutta d'un sorso, poi guardò il cielo. La luna e le stelle erano già sorte. Avevano saltato la cena e a lui brontolava lo stomaco. Anche quello doveva far parte della punizione. Aiolos li aveva fatti allenare ben oltre l'orario e ormai in mensa non doveva essere rimasto più nulla.  "Muoio di fame..." brontolò.

"Io invece sono arrabbiato, ecco!" esclamò Milo, mordicchiando il tappo della bottiglietta. Si passò una mano fra i capelli, ma poi rinunciò: erano ormai una zazzera incontrollabile a causa del sudore, era impossibile dargli un ordine. A suo confronto, quelli di Aiolia erano perfetti.

"Perché?" chiese anche Thiago, ancora sdraiato di schiena e a pancia in su, a guardare il cielo stellato. Lo faceva anche quando era in Brasile, e lo amava. Adesso, poi, che pian piano stava imparando almeno le costellazioni principali -ma un giorno sarebbe stato in grado di riconoscerle tutte, gli avevano assicurato- passare le serate col naso all'insù era il suo hobby preferito.

"Perché ci aveva detto che avremmo potuto salutare Shaka a cena, e invece ci ha tenuti qui!"

"Tecnicamente non partiamo domani all'alba, Milo," fece notare con un sospiro esasperato Elias, "E poi dormite nello stesso dormitorio. Vi potete vedere anche lì."
"Ma non è la stessa cosa!" brontolò il più piccolo, "Io volevo fare una cosa carina, visto che partite anche voi tre, ma voi mica dormite nella stessa ala nostra visto che siete grandi e domani partite e allora non vi possiamo più salutare e dovremmo anche salutare Shaka di corsa prima che le tutrici ci mettano a letto e..."

"Buono, buono, buono!" sbottò Angelo, tirandogli la bottiglietta in fronte, "Respira quando parli, che non si capisce un cazzo!"

"Ahia! Ho solo detto che..."

"Ho capito che hai detto, ma riprendi fiato qualche volta o morirai asfissiato!"

Milo spalancò la bocca, "Si può morire parlando troppo veloce?!"

"Davvero?" domandò anche Aiolia, girandosi a pancia in giù, "Allora Milo dovrebbe essere morto da un pezzo, parla sempre così!"

Angelo, per tutta risposta, spalancò gli occhi e si portò una mano sulla fronte, scoppiando a ridere in modo quasi convulso.

Camus scosse il capo, "Vi sta prendendo in giro."

"Ah sì?"

"Lo sapevo," fece subito Milo, impettito, "E comunque io dicevo sul serio! Non sul morire. Prima. Sul saluto."

"Non ti metterai il cuore in pace, vero?" chiese quindi Elias, fissando il bambino con la coda dell'occhio. Era fastidioso, irritante, invadente...ma anche un poco tenero, tutto sommato. E voleva solo salutarli per bene.

Si poteva provare a fare qualcosa. Aiolos permettendo.

Anche perché poi non si sarebbero rivisti davvero per molti, molti anni.

"Mai! Me ne pentirò per il resto della mia vita!"

"Ho capito," sospirò, e volente o meno si alzò, per quanto tutte le ossa del suo corpo gli dicessero di dormire fino alla partenza, se possibile, "Non muovetevi da qui, piccole pesti, dico a tutti quanti. Torno subito!" esclamò, sparendo poi alla velocità della luce.

Li raggiunse di nuovo qualche minuto dopo, un grosso cartoncino bianco e una manciata di pennarelli in mano. Lo divise in quattro e diede ad ognuno un cartoncino e un pennarello.

"Ma noi siamo cinque," notò Camus, rimasto a mani vuote. 
"A partire siamo in quattro. Passatevelo" berciò Elias, "Scrivete il vostro saluto! Breve, veloce e duraturo. E poi a letto!"

"Un bigliettino?" domandò Mu, mentre invece Milo si era subito fiondato sul foglio, iniziando a scarabocchiare dall'angolo più in alto a sinistra.

Elias gli sorrise e annuì, "Certo, anche questo è carino, no? Direi che Milo è soddisfatto," spiegò, "Inoltre, chi vorrà potrà portarselo sempre dietro, e non potrà dimenticarlo come si perderebbero le vostre parole."

"Ma sanno scrivere, già?" curiosò Shura, affacciandosi dalla spalla di Aiolia, che si era posizionato accanto a Milo e aveva già fatto diversi scarabocchi poco definiti con il suo pennarello rosso. Milo disegnava scorpioni ovunque -più o meno, almeno credeva fossero scorpioni-. Camus borbottava in francese, come se fosse contrariato, ma si impegnò a disegnare due bellissimi fiocchi di neve col pennarello blu. Mu aveva un pennarello arancione e stava disegnando tutto concentrato un gigantesco sole. Aldebaran si era unito ad Aiolia per aiutarlo nel suo disegno che forse -forse- doveva raffigurare tutti loro. Forse. Più o meno.

Shura non ne era del tutto sicuro. Aveva un po' di dubbi.

Elias gli rispose con una risata divertita, "Non importa. Quando hanno finito, per Shaka scriveremo noi qualche saluto comprensibile, e lo firmeremo per tutti. Per quel che mi riguarda invece penso che tutti questi disegnini valgano più di un semplice ciao." decretò. Ed era sincero.

Shaka avrebbe riconosciuto i suoi amici dai loro disegni, sarebbero stati più che sufficienti, e riguardandoli, da grande, avrebbe ricordato che gli volevano bene. Lui aveva fatto contento Milo e gli aveva impedito una nottata insonne e poi, beh...non si poteva fare come voleva Milo, perché era troppo tardi per una festicciola.

Shura scrollò le spalle, ma non fece obiezioni, a differenza di Angelo.

"Mi sembra strano che tu gliene abbia dati anche per noi..." notò invece.

Elias sorrise appena, tornando a giocare con la solita ciocca bionda sfuggita alla cosa, "Avevo pensato di no, ma Milo non l'avrebbe mai finita e poi...e poi sai, mi fa piacere l'idea di portarmi qualcosa da qui. Visto che non sappiamo se torneremo."

Shura schioccò la lingua, "Pensavo volessi far vedere ad Angelo che cosa sai fare."

"Lo farò," ghignò lo svedese, "Ma non so se tornerete voi."

"Ma sentilo, questo qua!" sbuffò Angelo, per nulla concorde, "Al massimo sarai tu a rimanerci secco!" ma era una paura che davvero non aveva, perché dopo la promessa che si erano fatti, a modo loro, sotto l'albero che li aveva visti avvicinarsi e diventare amici, era certo che sarebbero tornati tutti e tre. A qualsiasi costo.

Quando i cinque bambini ebbero finito, Aiolia corse subito a dare il suo cartoncino a Shura, che lo accolse con un sorriso e una carezza fra i capelli. Mu, che teneva ancora in mano quello che avevano fatto lui e Thiago, alzò su Angelo due occhi spalancati, "Tornerete, vero?"

Angelo sbuffò un sogghigno, "Preoccupati per te, bamboccio. E adesso su, che vi accompagniamo nella vostra ala!"

"Okay. Questo è per voi!" fece anche Thiago, porgendo i cartoncini colorati e lui e Elias. Lo presero entrambi, nonostante tutti i brontolii dell'italiano.

 

Arrivati al dormitorio, le tutrici erano già lì ad aspettarli. Erano quelle povere donne che si occupavano dei più piccoli, senza di loro Aiolos non avrebbe saputo come fare, per crescere il fratellino dopo la morte di entrambi i genitori. Sempre loro si erano occupate di Shura, quando era arrivato, e l'avevano praticamente tirato su come delle mamme.

Come ogni giorno, erano già pronte a rimboccarsi le maniche per convincere Milo e Aiolia a dormire, o quantomeno a lasciare in pace gli altri che volevano farlo, quando proprio Aiolia si avvicinò loro.

"Abbiamo fame! Non è avanzato niente, dalla mensa?" lamentò, lasciando che Kyriake lo prendesse per mano.

"Controlleremo," disse la donna con un sorriso, "Di sicuro qualcosa c'è!"

A Mu venne subito in mente una cosa che nascondeva sotto il letto, perché in teoria non avrebbe dovuto tenerla. Ma l'anziana del villaggio vicino al promontorio dove sorgeva la pagoda in cui era cresciuto con Shion gli aveva regalato un sacchetto pieno di Tingmo e lui se l'era tenuto, dimenticando poi anche di cederlo alle tutrici.

Lo aveva ancora nello zaino sotto il letto.

Forse, invece di darlo alle tutrici potevano mangiarlo, tutto sommato.

Salutarono l'anziana donna che, dopo averli messi a letto, diede un bacio sulla fronte a ognuno di loro e rimboccò ad loro le coperte.

"Non fate confusione," raccomandò, carezzando i capelli perennemente scombinati di Milo, "Non disturbate Shaka. Tornerò a controllare, Milo. Non urlare, non correre e dormi."

"Sì, Kyriake!" sorrise Milo, del suo sorriso furbo che non presagiva nulla di buono.

"Torno a controllare!" minacciò di nuovo la donna, bonariamente. E sarebbe tornata, Milo lo sapeva bene.

Avevano mezz'ora, poi si sarebbero beccati anche la sua ramanzina. E dopo Aiolos, non ne aveva davvero voglia.

Aiolia aspettò appena che Kyriake uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, poi si alzò e si sporse verso Shaka, che aveva il letto accanto al suo.

"Già dormi? Shaka?"

Shaka di solito andava a letto prestissimo perché si svegliava prestissimo, la mattina, e visto che teneva già le coperte fin sopra la testa non si sarebbe sorpreso di trovarlo a ronfare.

Ma per fortuna, non era così. Appena sentì la voce del vicino di letto, e futuro vicino di Casa, Shaka scostò le lenzuola e si alzò a sedere.

"Sono sveglio," fece, "Voi siete in ritardo. Avete saltato la cena. E' successo qualcosa?"

"Eravamo in punizione," annunciò Milo tutto orgoglioso, dondolando la testa a destra e a sinistra, come una molla.

"In punizione? Per che cosa?"

"Per venire a salutare te!" sorrise apertamente Thiago, a cui pareva sempre non pesare nulla. Thiago trovava sempre il buono e il bello in tutto, anche quella sera, nella punizione.

In fondo, per una volta avevano potuto vedere nascere le stelle senza starsene chiusi in mensa. Era perché in Brasile la sua vita era davvero dura, da solo con tanti fratelli e senza più i genitori, mentre lì aveva trovato una famiglia accogliente che gli aveva garantito anche la sicurezza dei pochi familiari che gli erano rimasti. Così aveva detto a Mu quando glielo aveva chiesto.

"Salutarmi?"

"Sì, perché poi parti e starai via tanto!" spiegò meglio Milo.

"Spero che tu non parta perché ti senti in colpa per Angelo. Stavamo appena diventando amici!"

Shaka chiuse la bocca, ingoiando qualsiasi cosa stesse per dire, l'irrefrenabile voglia di schiudere gli occhi e studiare i visi di ognuno di loro. Solo un po'. Per imprimerseli in mente e ricordarseli per sempre.

Fino a che non fosse tornato, almeno.

Ma non poteva.

"Non è solo per quello," fece, e non era pentito di aver chiesto a Shion di partire, però una piccola parte di lui si dispiacque lo stesso.

"Ti abbiamo fatto questo!" Mu gli porse il cartoncino, che Shaka prese senza pensarci troppo.

La vivacità dei colori, i disegni, quelle scritte in greco che non era ancora in grado di tradurre, perché per imparare velocemente la lingua aveva tralasciato lo scritto...non riusciva a goderle appieno, non era ancora abbastanza forte da vedere bene nonostante gli occhi chiusi.

Ma li percepiva lo stesso.

Percepiva il calore di quei bambini.

Bambini che nonostante la sua stranezza, perché lo sapeva che lo pensavano, non si erano arresi e avevano fino all'ultimo tentato un approccio.

Shaka lo apprezzò. Immensamente.

"Grazie," mormorò, senza però sapere che altro dire.

Fu Mu a toglierlo dall'impiccio, per sua fortuna. Forse perché aveva compreso, o forse solo per coincidenza.

Ad ogni modo, tirò fuori il sacchetto con i Tingmo e ne porse anche agli altri, "Ne volete? Sono buonissimi, vengono dal Tibet. Prendine uno anche tu, Shaka! Sono buoni e leggeri! Anche tu, Camus!"

Shaka scosse il capo, "Io ho già mangiato, voi no. Prendetene voi."

Aiolia mise il broncio, prese il Tingmo e glielo piazzò, quasi a forza, in mano, "E' un'offerta, non si rifiuta un'offerta! Mangiamo tutti quanti insieme!"

"Ma io..."

"Dai!"

Shaka guardò il panino e poi Aiolia e gli altri. Persino Camus ne aveva preso uno, visto che nell'aspettare gli altri, alla fine, aveva a sua volta saltato il pasto.

Così annuì, "Va bene," accettò.

Mangiò in silenzio, mentre invece gli altri chiacchieravano, sussurravano, ben attenti a non farsi sentire dalle tutrici, che altrimenti sarebbero subito corse a rimetterli a letto.

"Ti piacciono?" indagò Mu quando notò che aveva la mano vuota.

Shaka allungò il braccio d'istinto e ne prese un altro, "Sì," ammise. Erano gustosi, leggeri. Gli altri li divoravano uno dopo l'altro, ma lui aveva già lo stomaco pieno, e non riuscì a fare di più.

Ma ci teneva che Mu capisse che gli erano piaciuti, perché era davvero così.

"Allora alla fine perché te ne vai?" gli chiese dopo un po' Camus, curioso. Prima aveva risposto a metà, ma Mu aveva deviato il discorso sul cibo ed era passato in secondo piano. Solo che lui era curioso.

Shaka ci pensò un po' prima di rispondere, poi decise che, a quel punto, non c'era niente di male, "Perché ho capito che qui non farò progressi," spiegò.

"Ma sei appena arrivato, come fai a saperlo?"

"Lo so e basta."

"Non è una risposta!" obiettò Milo.

"Lo so perché me l'ha detto il Buddha. Ha fatto in modo che lo capissi. Non sono riuscito a controllarmi minimamente, con Angelo, e invece avrei dovuto."

Aiolia inclinò il capo, "Ma è stato lui! E poi che ne sa, il Buddha, di come ci si allena e si combatte?"

"E' stato il Buddha a dirmi che dovevo chiudere gli occhi, e vedere il mondo in un altro modo, se quello che vedevo con gli occhi non mi piaceva." sospirò Shaka, chiedendosi appena per un secondo se fosse il caso di tacere o no. "Il mio paese in India è molto povero, e tante persone muoiono di fame ogni giorno. Così l'ho fatto, e ho iniziato a meditare...per poter cercare qualcosa. Perché non avevo potere per fare altro. I monaci che mi hanno cresciuto hanno sempre detto che è importante, meditare ed estraniarsi. Meditavano tutto il giorno, e io con loro."

Ricordava come si togliessero il cibo di bocca, per darlo a lui che era il Buddha, a lui che doveva essere il più sano possibile. Però, lo istruivano anche al digiuno, quando era necessario, indispensabile per raggiungere l'illuminazione. Lui era l'illuminato, dicevano. Shaka non lo sapeva, ma aveva fame e allo stesso tempo era dispiaciuto per quelle persone, per questo mangiava quel poco che gli davano e seguiva le regole del posto. Teneva gli occhi chiusi, ciechi davanti ad un mondo che non aveva niente di bello da mostrargli, e meditava. Tutto il giorno. Era stato così che aveva manifestato per la prima volta il Cosmo, durante la meditazione. E avevano gridato al miracolo, quando la luce dorata l'aveva avvolto. Non c'era umano più prezioso di lui, né in cielo né in terra, così avevano detto.

Ma l'unica cosa che Shaka sentiva di aver capito era quanto importante fosse, per lui, quello stile di vita, e aveva continuato incessantemente.

Quando erano venuti a prenderlo, Shaka lo sapeva già. Aveva guardato Shion con le palpebre chiuse e poi il Monaco che gli aveva fatto, in un certo senso, da padre, e si era inchinato a lui, chiedendogli di lasciarlo andare. Il Buddha stesso, credeva, gli aveva rivelato che quella era la sua strada.

"Ma da solo non va bene. Ho bisogno di un maestro che mi guidi..."

"Qui non va bene? Non puoi proprio?"

Camus storse le labbra, "Con voi che non sapete mantenere la concentrazione neanche dieci minuti?"

"Non è vero!" squittì Milo, finendo steso a terra quando Aiolia si saltò sopra per chiudergli la bocca.

"Shh!" intimò.

Shaka sorrise, "Qui non va bene," riprese, "Perché non c'è un maestro della meditazione, qui."

Aiolia inclinò il capo, "Ma non sei tu Buddha?"

"Eh," fece eco Milo, "Infatti."

Mu ridacchiò, "Non lo è ancora, no? Non si nasce già maestri."

"Vero," ammise Milo.

"Allora parti," concluse il discorso Aiolia, tacendo subito dopo. Non era più una domanda, solo un'affermazione. Sarebbe partito, aveva scelto. Era giusto così, anche se a lui sembrava ancora presto. E in fondo prima o poi sarebbero partiti tutti quanti, quindi andava bene anche così.

Riordinarono la stanza e gettarono nella pattumiera il sacchetto ora vuoto, prima di infilarsi tutti quanti sotto le coperte. Appena in tempo perché Kyriake venisse a controllare e non trovasse nulla fuori posto.

Anche se nessuno stava ancora dormendo.

"Anche se ti allenerai quasi tutto il tempo seduto cerca di tornare tutto intero," disse Aiolia di punto in bianco, gli occhi verdi a fissarsi in un punto indefinito nel buio totale della stanza.

Milo affondò la faccia nel cuscino per non scoppiare a ridere, mentre Mu scuoteva il capo divertito e Thiago si lasciava andare ad una risata il più muta possibile.

Shaka sorrise a sua volta, la mano sul cartoncino che aveva messo sotto il cuscino. Non disse che non era proprio corretto, il fatto che si sarebbe allenato seduto. Non era importante.

"Tornerò per primo e vi aspetterò qui. Va bene?"

"Bravo," annuì Milo, "E Mu ci porterà un sacco di altri Tingmo, vero?"

"Verissimo," garantì il diretto interessato.

"E li mangeremo di nuovo tutti insieme," affermò anche Thiago, chiudendo per primo gli occhi, "Magari non di nascosto, questa volta, che ne dite?"

"Mi sembra una grande idea!" fece Aiolia.

Shaka si girò verso il muro, dando la schiena a tutti gli altri e portandosi di nuovo la coperta fin sopra la testa. Dormiva sempre così, anche se era Agosto e faceva caldo. Ma scoperto non riusciva proprio a prendere sonno. Anche se era solo il lenzuolo, doveva portarselo fin sopra il naso.

Aiolia gli aveva detto che era strano, la prima volta, perché lui invece dormiva in boxer e sentiva caldo lo stesso. Ma non l'aveva preso in giro, per questo, era solo curioso.

Nessuno di loro lo aveva mai preso in giro, a parte Angelo, anche se faceva cose che per loro erano bizzarre. A volte glielo facevano notare, che era buffo, che era strano che non avesse voglia di aprire gli occhi e ammirare i colori e i panorami di quel mondo che era diverso dall'India, e che non conosceva, ma poi tornavano a fare quello che stavano facendo.

"Non ti manca mai guardarti intorno?" Gli aveva chiesto un pomeriggio Mu, che ormai si fermava sempre alla Sesta Casa, dov'era lui, quando scendeva dall'allenamento con Shion, "Conosci l'India ma la Grecia è molto diversa."

"E' vero," aveva ammesso l'altro, "Ma va bene così. Io vedo in un altro modo, non mi perdo niente."

"Davvero? Allora okay," lo aveva liquidato così, quella volta. Perché non era importante, gli aveva detto ancora. Sicuramente, se a lui andava bene non c'erano problemi, no?

Tutto sommato, Shaka si disse che quei bambini gli sarebbero un po' mancati, la notte, quando il chiacchiericcio sommesso del dormitorio avrebbe lasciato spazio al silenzio assoluto, sul Gange.

 

 

Angolino Autrice:

Okay ammetto che forse, forse, mi sono lasciata prendere la mano. Ci ho preso gusto. Ho dato ai pargoli il giusto spazio, che all'inizio voleva essere una cosa leggeva e fluffosa senza impegno e poi invece si è conclusa con...beh la storia di Shaka che non avevo messo nel capitolo principale perché non sapevo come inserirla.
Ammetto che mi sono divertita a rendere, per una volta, i bambini dei veri bambini. Non solo soldati.
Ho buttato lì anche la rivalità fra Milo e Camus, perché in verità vorrei scrivere anche di loro, se ci riesco. Chi lo sa!
Spero piaccia anche a voi, perdonate eventuali incongruenze e altro e gli errori che ci saranno, perché in questi giorni sono stanca morta e mi si incrociano gli occhi, oltre al fatto che sono mezza scassata xD
Un bacio,

Asu

   
 
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