«Siamo
arrivate.»
Nova abbassa il cappuccio della giacca. L'ombrello
è stato affidato all’androide, perché
coprisse la bambina dalla
pioggia. Ha scoperto che la piccola si chiama Alice, ma non
è
riuscita a farsi dire il cognome o in quale zona della città
abitino. E i tentativi di
rallegrare Alice con la promessa di una fetta di meringata al limone
non hanno scalfito di un millimetro la loro reticenza.
Nova scivola nell’androne e la AX400 la segue a ruota,
tenendo per mano Alice; e continua a tenerle la mano mentre lei
chiude il portone e fa cenno di seguirla, in silenzio, verso le scale
male illuminate.
La speranza di un rientro in sordina si infrange contro la signora
Sondergaard. È di nuovo sul pianerottolo, più
cosciente del solito. Lo sguardo cesio si pianta su Nova.
«Dove sei stata a quest’ora di notte?»
bercia, con la voce catarrosa di chi ha più catrame
che ossigeno nei polmoni.
Nova resta calma. Nessun inquilino si prenderà il
disturbo di mettere il naso fuori per scoprire contro chi stia
abbaiando la Sondergaard; sono assuefatti ai suoi deliri.
Così si ferma, attende che l’androide conduca
Alice verso la rampa successiva e poi, con un placido «Torni
a dormire, Joan», riprende la salita.
«Non voglio sconosciuti del mio palazzo!» La voce
della signora Sondergaard rimbomba nella tromba delle scale.
«Non voglio sconosciuti nel mio palazzo!»
«Quella
donna fa un sacco di confusione ma è innocua»
assicura Nova, chiudendo la porta del suo appartamento.
«Lascia lì l’ombrello.»
Accenna alla sagoma del portaombrelli, in un angolo del corridoio in
penombra, e un sommesso tump la informa che l'androide ha obbedito.
Nova fa strada fino al soggiorno.
Accende la luce.
La AX400 resta sulla soglia, una mano sulla spalla della
bambina, e la bambina spia la stanza
da dietro la gamba dell’androide, entrambe palesemente
sospettose nei confronti di Nova almeno quanto lei lo è
nei loro.
La donna si sforza di tenere le labbra stiracchiate in un sorriso. Chiama
la polizia e facciamola finita, suggerisce
il
buon senso. «Non è una suite ma il divano
è comodo
e non mi hanno ancora tagliato il riscaldamento.»
Androide e bambina la guardano, in silenzio.
Nova ci riprova.
«Non c’è
nessuno in casa, okay? Dove potrei nasconderlo un altro inquilino? Nel
frigorifero? A proposito... Alice, che ne dici di uno di quella fetta
di torta?»
La bambina abbassa lo sguardo e scuote la testa.
«Biscotti e latte caldo? Possiamo metterci del
cioccolato.»
«Non ho fame» mormora Alice.
«Mai hai freddo» interviene dolcemente
l’androide. «Dobbiamo togliere questi vestiti
bagnati.»
«Potete usare il bagno.» Nova gesticola verso il
corridoio. «Gli asciugamani puliti sono nella cesta vicino al
lavandino.»
Una parvenza di sorriso, piccolo e formale, affiora sul volto della
AX400. «Va bene... andiamo, Alice.» Si volta,
sospinge la bambina fin dentro il bagno e chiude la porta.
Nova resta piantata al centro della stanza in
balia dell'indecisione. Poi una goccia d’acqua precipita
giù dall’orlo della giacca a vento e rimbalza sul
linoleum e lei si riprende.
Deve
sistemare una cosa alla volta. Sfila la giacca, la appende al gancio
fuori dalla porta della camera da letto, sta per entrare in camera ma
le voci che arrivano dal bagno la bloccano con le dita strette sul
pomello.
L’appartamento è piccolo, i muri sottili e riesce
a distinguere le parole sussurrate.
«Pensi che possiamo fidarci?» sta dicendo Alice.
«Non lo so, Alice» replica l’androide
con una placida tenerezza. «So solo che per questa notte
starai al caldo e all'asciutto.»
Una pausa.
Un fruscio di stoffa.
Poi la voce avvilita della bambina. «Perché non mi
voleva bene? Perché era
sempre arrabbiato con me? Volevo solo vivere come le altre bambine.
Forse ho sbagliato qualcosa. Non ero abbastanza brava. Ecco
perché era così arrabbiato. Volevo che fossimo
una famiglia. Volevo che mi volesse bene. Non potevamo essere
felici?»
Le risposta dell’androide giunge dopo un lungo silenzio.
«Non lo so, Alice.»
«Tu non mi lascerai, vero? Prometti di non andare?»
Di nuovo silenzio.
«Te lo prometto.»
«Noi staremo sempre insieme?»
«Per sempre.»
Nova si accorge di star trattenendo il fiato. Ruota il pomello e si
rifugia in camera. Respira normalmente ora, eppure i polmoni le
fanno ancora male; è un dolorino sottile, affilato e
continuo, come uno spillo infilato in mezzo al petto.
Accende la luce sul comodino e un soffuso chiarore dall’anima
violacea si diffonde nella stanzetta: i muri sono della stessa
tonalità di blu slavato del soggiorno e
l’arredamento è altrettanto essenziale; tre ante
di un armadio a muro, un letto a due piazze, una sedia e una scrivania.
Nova apre le ante
dell’armadio e deve issarsi sulle punte dei piedi per
recuperare un plaid dal ripiano più alto.
Quando torna in soggiorno, Alice sta osservando i soprammobili sotto la
TV; indossa una lunga t-shirt bianca e verde fa a mo' di camicia da
notte.
«Ho lasciato i vestiti di Alice in bagno ad
asciugare» comunica l’androide. «Non
disturberemo a lungo. Ce ne andremo domani mattina presto.»
Nova, appoggiando sul divano la coperta, sta per chiedere dove
esattamente abbiano intenzione di andare.
Crack!
La ballerina di vetro è andata in frantumi; testa, braccia e
gambe sono sparpagliati sul pavimento. E Alice ha un'espressione
terrorizzata. Il terrore puro di chi attende
una punizione inevitabile.
Il dolorino al petto di Nova si trasforma
in qualcosa che le ricorda quanto sia accurata la frase
‘una stretta al cuore.’ «Beh, non
è successo nulla» sospira, allegramente.
«Stiamo solo attente a non mettere i piedi sul vetro.
Ora puliamo tutto.»
«Posso occuparmene io.» Qualcosa di paragonabile
a un senso di urgenza vibra nella voce dell'androide, quasi il suo
fosse un desiderio di fare ammenda per il danno piuttosto che l'input
della programmazione.
«No, tu bada a lei.»
Per qualche secondo si sente solo il picchiettare della pioggia contro
la finestra e il grattare delle setole della spazzola: Nova raccoglie i
frammenti di vetro in una paletta, la AX400
prepara il divano, spostando i cuscini e stendendo la coperta, Alice
è seduta
sul bracciolo del divano, la testa bassa, le manine in grembo e le
gambette a penzoloni.
Nova la osserva con la coda dell'occhio. Abbandona spazzola e paletta
sul pavimento, prende il
peluche di patchwork dal ripiano sotto la TV e si avvicina ad Alice,
accucciandosi sui
talloni per portarsi all'altezza del suo sguardo umido. Sorride. E
scopre di non doversi sforzare adesso.
«Questo ti piace?»
Alice guarda il pupazzo e non dice nulla.
«Se ti piace, puoi prenderlo. Te lo regalo.»
Il broncio della bambina trema. Forse è ancora troppo
diffidente. Forse non si capacita del perché stia ricevendo
un regalo, dopo che ha rotto qualcosa. Ma alla fine trova il coraggio
di accogliere tra le mani il
gattone di pezza.