Capitolo
13
Il
clima che si respirava in quel momento era quantomeno
strano, considerò Lucas mentre osservava India che veniva
tirata fuori dalla
fossa dalle mani delicate di Olivia. Prima Damon, adesso lei
… chi si sarebbe
mai immaginato che quella prova avrebbe messo a nudo tutte quelle
questioni
sentimentali irrisolte.
Non
di certo lui.
Si
voltò verso Amaranthe, che appariva a sua volta incuriosita
e sorpresa.
-
Tu avevi capito qualcosa? –
La
ragazza scosse il capo.
-
Evidentemente oltre a Scarlett e Kate ci sono anche
moltissime altre persone all’interno del castello che si
tengono le cose per sé.
–
Annuì
in silenzio, rabbrividendo leggermente quando le iridi
di Alther si soffermarono su di loro.
-
Direi che è ora di far entrare nella fossa qualcun altro o
rimarremo qui per tutta la notte … Amaranthe che ne dici di
essere la prossima?
–
La
Corvonero deglutì e prese un respiro profondo prima di
farsi avanti a testa alta.
Aveva
affrontato di peggio, poteva andare fino in fondo a
quella prova.
Sentì
la mano di Lucas accarezzarle appena la spalla in un
muto incoraggiamento.
Si
avvicinò al margine della fossa e attese pazientemente che
si occupassero di lei e la calassero all’interno, voltandosi
appena verso l’amico
per rivolgergli un’occhiata volta a rassicurarlo.
Sarebbe
andato tutto bene.
Amaranthe
fece per alzarsi dal letto, attirata dal rumore che proveniva dalla
stanza dei
genitori, ma suo fratello maggiore la richiamò.
-
La mamma e il papà stanno litigando di nuovo. Lo sai che la
mamma non vuole che
usciamo dalla stanza quando succede. –
Annuì
in silenzio, rimanendo seduta con i piedi fuori dal bordo del letto e
la
vestaglia semi infilata.
Henrik
la raggiunse, sedendole accanto e abbracciandola stretta.
-
Vuoi che ti faccia spazio nel mio letto? –
Sforzandosi
di reprime le lacrime, mentre le urla crescevano, Amaranthe
seguì il fratello
verso il suo letto e si lasciò aiutare a sdraiarsi. Si
rannicchiò contro di
lui, nello spazio tra la schiena di Henrik e il muro, lì
dove sapeva che
sarebbe rimasta protetta da ogni cosa.
-
Non è un litigio come tutti gli altri, le urla della mamma
sembrano di paura. –
Questa
volta Henrik non riuscì a convincerla a rimettersi a letto e
tornare a dormire,
non quando sentiva sua madre urlare contro il marito con quanto fiato
aveva in
gola.
Il
frastuono fu tale che per un attimo Amaranthe si chiese se non fosse
crollata
una parte della casa.
Fu
allora che sfuggì all’abbraccio di Henrik e
scappò fuori dalla loro stanza,
gridando a gran voce il nome della mamma.
Sentiva
i passi di suo fratello mentre le correva dietro, provando a
convincerla a
tornare in stanza … e poi li videro.
Sua
madre aveva un’espressione che non le aveva mai visto prima,
a metà tra il
terrorizzato e il furioso, e puntava la bacchetta contro il loro
papà che
appariva spiritato e dagli occhi vacui.
-
Non ti permetterò di fare del male a me o ai ragazzi, Isaak,
non più … Avada Kedavra!
–
La
luce con cui i ragazzi del Club illuminavano la fossa per
un atttimo le ricordò il luccichio verde emanato dalla
bacchetta di sua madre
dieci anni prima.
Scosse
il capo, imponendosi di mantenere la lucidità.
Era
nel presente, tornare con la mente al passato non l’avrebbe
aiutata.
-
Tutti noi sappiamo più o meno nel dettaglio
dell’incidente
occorso a tuo padre -, iniziò Alther, - dopotutto tua madre
era pur sempre una
Travers prima di essere diseredata. Sappiamo che lei scelse di sposare
un Nato Babbano,
ma tu cosa pensi della sua decisione? Dopotutto per quanto ne so tu e
tuo
fratello non avete avuto un’infanzia semplice. –
Sentendo
nominare Henrik non potè fare a meno di serrare la
mandibola con decisione.
Lui
era l’ultima persona a cui avesse tenuto davvero e da quel
momento aveva sempre avuto paura di affezionarsi agli altri.
Le
persone non erano eterne e certe volte sapevano deluderti
in modo tremendo.
-
Le cose non sono state semplici -, confermò gelida, - ma
sono qui quindi suppongo che abbia la scorza abbastanza dura da saper
resistere. Quanto a mia madre, non posso dire di approvare la sua
scelta … o
per meglio dire non approvo l’uomo sul quale è
ricaduta. –
-
Avesti fatto una scelta diversa, dunque? –
-
Sicuramente. –
-
Henrik sei sicuro di sentirti bene? –
Suo
fratello finì di preparare il baule in vista del loro
ritorno a Hogwarts,
riponendo la sciarpa con i colori di Grifondoro con estrema cura.
Dopotutto
tutti gli anni passati ad aiutare la madre nella cura della casa e nel
mandare
avanti quanto rimaneva della sua famiglia lo avevano reso un perfetto
“uomo di
casa”.
-
Certo che sto bene, perché non dovrei? –
Era
difficile da dirsi, ma nell’ultimo periodo Amaranthe aveva
notato che Henrik
sembrava estraniarsi e aveva cominciato ad avere un aspetto malaticcio
e poco
curato.
Cose
strane per un tipo preciso e ordinato come lui.
-
Mi sembri un po’ pallido e hai delle brutte occhiaie
… non vorrei che avessi l’influenza
o qualcosa di simile. –
Le
rivolse un sorriso lieve, scompigliandole i capelli.
-
Se tutti quelli con cui fai la burbera a scuola ti vedessero in questo
momento
cambierebbero idea sul tuo conto all’istante. Amaranthe
passione crocerossina. –
Sbuffò,
rivolgendogli una linguaccia.
-
Spiritoso. Mi preoccupo solo per te, sei tutto quello che mi resta.
–
-
C’è sempre la mamma. –
-
Non è lo stesso e lo sai. –
-
Ti ringrazio per la tua sincerità, Amaranthe;
un’ultima
domanda e ti lascio uscire di lì. Come stai dopo quanto
è successo ad Henrik?
Dopotutto è passato poco tempo … -
Lasciò
in sospeso la domanda e assunse un tono leggermente più
pacato; la ragazza suppose che fosse il massimo in fatto a tatto che
potesse
ottenere da Alther Rosenrot.
Tuttavia
parlare di Henrik era una fitta al cuore.
Quando
era morto un pezzo di lei se n’era andato per sempre.
-
Sto bene -, replicò consapevole che il terriccio aveva
cominciato a franare verso di lei, - Cioè intendo dire che
sto bene quanto
possa starlo una persona che ha perso suo fratello. Dubito che la mia
reazione
potrebbe essere diversa da quella di chiunque altro abbia un fratello o
una
sorella a cui è legato. –
Killian
si fece avanti tossicchiando discretamente e
picchiettando sulla spalla dell’amico.
Doveva
essere un invito a mettere termine all’interrogatorio e
tirarla fuori di lì … o perlomeno così
parve interpretarlo Alther perché i
legacci che tenevano Amaranthe si dissolsero nel nulla e la mano del
Serpeverde
si tese verso di lei tirandola fuori dalla fossa.
Henrik
era riverso sul pavimento del bagno di casa loro.
I
suoi sospetti si erano rivelati fondati già settimane prima,
quando aveva
scoperto che suo fratello aveva trovato rifugio dal dolore e dal
ricordo della
morte paterna negli oppiacei, ma affrontarlo sembrava non essere
servito a
nulla nella lotta per arginare quella spaventosa dipendenza.
E
alla fine se n’era andato.
Amaranthe
non sapeva se fosse stato un incidente, una fatalità, oppure
la sua volontà.
Sapeva
solo che adesso era davvero, ineluttabilmente, sola.
*
Damon
trascinò nervosamente i piedi a terra osservando il
volto di Elizabeth a pochi centimetri da lui.
Fu
lei a rompere il silenzio con la sua solita schiettezza.
-
È vero quello che hai detto? Da quanto va avanti questa
storia? E perché non me lo hai mai detto prima? –
Alzò
le mani per arginare quel fiume di domande in piena che
lo stava per sommergere.
-
Una domanda per volta, Effy, o finirò con il dimenticarmi
persino quello che mi hai chiesto. Sì, è ovvio
che è la verità oppure la terra
mi avrebbe sommerso, lo sai. Va avanti da … non so con
precisione, sicuramente
anni. E non te l’ho mai detto prima perché ho
visto come ti sei comportata dopo
quella volta in cui ci siamo baciati da sbronzi – concluse
mestamente.
La
vide arrossire e tentennare.
Sembrava
che per la prima volta nella vita le avesse tolto
ogni parola dalla bocca.
-
Tu … Tu ti ricordi di quella sera? –
-
Molto nitidamente, non basterebbe tutto l’alcol del mondo
per farmi dimenticare la sensazione delle tue labbra sulle mie e del
tuo corpo
contro di me. –
-
Io credevo che non te lo ricordassi, che fossi troppo
ubriaco, non avrei mai immaginato che avessi fatto finta di nulla per
tutto
questo tempo. –
-
Come hai fatto tu? –
-
Già. –
-
Credo di averlo fatto perché non avrei sopportato
l’idea di
perderti. Siamo amici da anni, Effy, e a te ci tengo davvero.
–
La
mora annuì, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
-
Provo lo stesso per te, spero che tu lo sappia, e l’idea di
incasinare tutto mi spaventava da morire. –
-
E adesso che sai che per me è lo stesso cosa pensi?
–
-
Che questa storia mi terrorizza – ammise.
-
Di sicuro non può essere più terrificante di tuo
fratello –
scherzò Damon di rimando.
Risero
all’unisono, avvicinandosi ancora di più
l’uno all’altra.
Le
cinse i fianchi con una mano mentre con l’altra saliva ad
accarezzarle il volto dagli zigomi alti.
-
Se io sono riuscito ad affrontare Killian tu pensi di
riuscire a darci un’occasione e stare a vedere come va a
finire? –
Si
alzò in punta di piedi, posando le labbra sulle sue.
-
Lo prendo per un sì – replicò il
ragazzo a fior di labbra
prima di rispondere al bacio.
Assaporò
il sapore delle labbra di Effy, beandosi della
sensazione di poterla tenere stretta a sé senza temere
nulla, finchè l’urlo nei
pressi della radura in cui si stava continuando a tenere la prova non
li spinse
a separarsi.
Le
iridi verdi di Elizabeth si sgranarono quando alle loro
orecchie giunse anche un cupo ruggito sommesso.
C’erano
pochi animali all’interno della Foresta Proibita
capaci di un verso simile e le sue paure peggiori sembravano sul punto
di
prendere forma in modo molto reale.
Spazio
autrice:
Ebbene
sì, Bea ha ragione quando dice che sono una persona
veramente bruttissima xD
Scherzi a parte, in realtà avevo un’altra idea
circa il capitolo e come farlo
terminare, ma motivi indipendenti dalla mia volontà mi hanno
costretto a
modificare leggermente la trama. Perciò mi dispiace
lasciarvi nuovamente in
sospeso, ma vi annuncio che mi impegnerò affinchè
il capitolo seguente arrivi
con un limite temporale ragionevole come nel caso di questo
perciò entro la
fine della settimana saprete a cosa andranno incontro i vari OC.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary