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Autore: ClodiaSpirit_    23/08/2018    2 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Clodia's: ♪ ♫ I'm singing in the rain I'm singing in the rain
what a glorius feeling I'm haaaappy again
♩ ♬
Oggi ritorno in anticipissimo causa?
Molto probabilmente noia che mi assale e la
consapevolezza che quest'estate - che non è stata tale -
sta finendo.
Raga sto troppo overthinking in questi giorni - non è un buon segno -
vabbè lasciamo star e vi lascio questo chapter
lululuuulalalaaà

 



Magnus si svegliò dolorante a terra.
La testa gli pesava, aprì piano gli occhi facendo attenzione a cosa ci fosse davanti a sé… quello che vide gli fece venire voglia di vomitare. Vedeva una mano che si agitava sopra di lui, sentiva la voce di Mr. Sanders aumentare di tono e venire coperta da quello dell’arma. La visuale della stanza si disegnò davanti ai suoi occhi: il legno della roulotte era perso nella penombra.
Ricollegò insieme i pezzi e capì di essere svenuto a pochi metri dalla soglia della roulotte. Si alzò a fatica, guardando fuori dall’apertura ovale della porticina: era aperta. Molto piano, Magnus allungò la mano per chiuderla raggiungendo la maniglia...
Ricostruì la scena: era arrivato a piedi fino a lì, aiutandosi a camminare con qualsiasi cosa potesse aggrapparsi come sostegno.
Il cielo era buio pesto e piccoli puntini invisibili e bianchi dovevano essere stelle ma a lui sembrarono solo pallini sfocati. Appena aprì la porticina, guardò davanti a sé, tutto era in ordine, tranne forse per lui in quel momento, in piedi confuso, dopo aver appena perso i sensi pochi minuti o ore prima. Respirò faticosamente e si avvicinò lentamente allo specchio ai lati del letto. Magnus deglutì cacciando via la sensazione di rifiuto che lo veniva a perseguitare ogni dannata volta. Sfilò delicatamente la maglia, accorgendosi che era macchiata. Da lì a poco, avrebbe dovuto lavarla con del sapone e strizzarla per bene. Non si sarebbe messo a dormire fin quando non avrebbe tolto l’ultima sfocatura di rosso. Riuscì nell’intento e sollevandola, la testa che uscì fuori dalla copertura del tessuto di cotone impregnato di umido.
Strizzò gli occhi.
Aveva paura ad aprirli, ma prima d’ora c’era sempre riuscito, perché non ci riesco adesso?
La maglia fu infine tolta con un unico colpo e tenuta tra le mani, appallottolata appena. Tutto si limitò a pochi secondi. Lo specchio oblungo e vecchio riflesse l’immagine creatasi come un incubo.
A torso nudo, osservò la sua pelle marchiata, spire rosse la solcavano dietro la sua schiena ma evitò di soffermarcisi a lungo. Il sangue si stava seccando, ma il suo odore era presente e subito riconoscibile, pungente e ferroso. Sapeva che si sarebbe richiusa l’apertura attorno, ma non sarebbe comunque servito.
Le sue dita tracciarono piano le curve come strisce però rette, i cerchi lividi all’altezza dell’addome calciati da pugni e scossoni, la pelle che si contorceva cercando di venire a patti con l’immagine che ne rifletteva lo specchio. Più ci ripassava, meno sussultava, come abituandosi. Una traccia bagnata, come un’impronta umida, gli bagnò la guancia, scendendo libera.
Sentì il corpo vibrare, l’anima farsi pesante. Il rumore della cinghia che si dimenava avanzando vicino alla sua carne.
La stanza riprese a girare come se fosse la terra o qualche strano universo nascosto.
Cadde all’indietro, in ginocchio, ai piedi del letto.





« Magnus tesoro » l’immagine splendeva come fosse una visione violenta e calda, un raggio in pieno viso. Magnus sentì la voce femminile già ascoltata prima di allora, davanti a sé la figura era opaca, ma alta, un vestito leggero svolazzava e dei capelli raccolti in delle trecce erano visibili mentre il viso era un incognita. « Tesoro sono io » echeggiò di nuovo e più dolcemente questa volta.
« Mamma? » si trovò più confuso di quanto fosse prima di cadere sul pavimento.
La figura si piegò, accovacciandosi verso di lui, i suoi capelli lunghi intrecciati sembravano pura poesia. Magnus riuscì a vedere un sorriso pieno, a denti scoperti.
« Magnus, devi alzarti e combattere » disse mentre la sua voce flebile si mischiava con il gesto delle sue mani poggiate sulle ginocchia del figlio. Magnus vide gli occhi di sua madre e si sentì traboccare di felicità e anche di colpevolezza.
« Mi dispiace » Magnus venne irradiato da una brezza proveniente da chissà dove « Sarei dovuto venire da te » lamentò « E abbandonare questo posto, per stare con te»
« Oh, mio dolce bambino, » le mani della donna gli accarezzarono la pelle, poggiandosi a coppa sulla guancia del figlio, ma quel tocco sembrò a Magnus più che il poggiarsi di una piuma che qualcosa di reale e tangibile. « Io sto bene e so che da poco anche tu, riesci ad esserlo. Non in solitudine. So che ami spingerti sul filo e al limite e danzarci sopra, ma non continuare sopportare questo peso da solo. » la voce della donna quasi come una dolce litania, portò Magnus a cercare dentro di lui il significato di quelle parole.
« Non capisco, mamma »
Magnus voleva soltanto rimanere con sua madre più di un attimo, più di un semplice soffio di vento. Il vestito bianco della madre si alzava creandone una figura angelica, un misto tra il sogno e l’arte, con quei suoi lineamenti fini, il suo stesso naso e lo sguardo pieno di mistero, impregnato di luce.
« Non preoccuparti, non sta a me spiegartelo, » e dicendo così, sorrise come solo una madre riesce a fare, portandosi via il contatto con un leggere tocco di labbra che sfioravano la fronte di Magnus « Lo capirai. La libertà è quella a cui puntare, ricorda » La donna venne a confondersi nella luce, creando una nebbia vaporosa, lasciando quel pensiero in sospeso nella mente del figlio.





Alec si alzò da una delle panchine vicino il monumento del grande cervo al centro della città. Andò avanti anche quella volta, la musica nelle orecchie. Non rinunciare mai, sentiva cantare, verserò una la lacrima, intonava la voce che adesso, si univa in coro ad altre. E’ facile nuotare quando le onde non sono contro di te. Alec pensò subito a una cosa bella, stupendosi di aver raggiunto qualcosa di completamente opposto a ciò che si sentiva. Ricordò che Magnus non aveva mai visto Hetford o si era fermato a guardare qualcosa fuori dal circo per più di un secondo. Corse fino al seguente svincolo, il filo delle cuffie che rimbalzava sul suo giacchino beige, i piedi che avanzavano come se andassero letteralmente a fuoco.
Se fosse andato al rallentatore forse sarebbe stata una buona idea per girarci un filmato, ma Alec non aveva tempo per farsi distrarre. Il tempo scorreva.



Appena arrivato, Alec non trovò nessuno fortunatamente davanti il tendone. L'ultima cosa che voleva era cominciare di nuovo a discutere sul perché fosse lì e perché dovesse esserci. Gli sembrava piuttosto chiaro, ma esitò ancora di introdursi in spazi misteriosi della sua mente che non voleva aprire. Entrò dentro spostando i due lembi. Notò subito che non c'era nessuno ad allenarsi. Si agitò. Continuò a guardare senza sapere cosa fare. Si portò una mano alla tempia. Pensa Alec, pensa. Devo trovarlo.
Avanzò oltre, l'apertura era stata lasciata aperta. Passò. L'aria era in subbuglio, alcuni degli artisti erano in giro e Alec conosceva almeno di vista alcuni di loro: Jay, Dustin, il ragazzo che lo aveva fermato più di una volta, doveva chiamarsi T-Jey. Beccò solo lo sguardo di Dustin, che gli sorrise, gli fece un cenno con la testa e con il braccio, indicandogli una roulotte a destra in fondo.
Alec annuì e mimando un grazie, superò un altro paio di quei veicoli, arrivando alla porticina ovale.
Fece un breve respiro e bussò. Aspettò. Sentì dei passi all'interno muoversi a poco a poco verso di lui.
La porta si aprì.
« Alexander- » Magnus boccheggiò, la mano ancora sulla maniglia. Alec lo guardò: indossava solo una canotta bianca da cui si notavano subito i muscoli delle braccia che ne uscivano fuori, i pantaloni da tuta. I suoi capelli erano ricadenti da una parte, il viso al naturale senza trucco. Alec pensò fosse bello anche in quel modo.
« Non...non hai ricevuto il messaggio? » cominciò a dire improvvisamente « Non posso oggi, ho da provare, io-» era preoccupato. Certo che Alec aveva ricevuto il messaggio, a piene lettere maiuscole, ma sapeva che non lo intendeva in modo arrabbiato quanto più per avvisarlo. Era arrivato ma non era sempre meglio stravolgere i piani qualche volta?
« Sì, lo so, ma » Alec afferrò delicatamente il suo braccio e si spinse in avanti sulla piccola scaletta, adesso erano meno distanti « devi venire con me » lo guardò dritto negli occhi. Magnus restò con il braccio a mezz'aria, la mano di Alec ferma all'altezza del gomito. Si sentiva osservato da quegli occhi grandi, entusiasti.
« Alec, mi piacerebbe, ma come ti ho già detto-»
« Esatto, ti piacerebbe » lo riprese Alec, si avvicinò di più inconsapevolmente spinto da una forza determinata « quindi, per favore, » lo pregò ma fu serio « riposati per un giorno e dimenticati di seguire le regole, » poté vedere un guizzo di sorpresa negli occhi di Magnus, un guizzo felice attraversarli « e vieni » terminò.
Magnus restò fermo, Alec a due soli scalini di distanza che attendeva una sua risposta. Si guardò attorno: quel pomeriggio c'era il sole, casualmente. Ritornò a guardarlo. Annuì piano, per poi accelerare più convinto. Alec si accese completamente.
« Ma prima, » esitò un secondo soltanto « Vorrei... vorrei cambiarmi se per te non è un problema » si indicò il petto. Alec disegnò un 'o' con la bocca e chiuse gli occhi, consapevole.
« Sì, certo, vai » Per un attimo Alec fu convinto di aver finito di rispondere. Ma mancava solo una cosa: la mano era ancora ferma sul braccio dell'artista. Magnus sollevò lo sguardo nello stesso momento in cui l'altro lo fece.
« Sì, scusa, » rise nervosamente « non me ne ero accorto » Magnus si concentrò su come Alec potesse essere adorabile anche in quel frangente.
« Tranquillo, io...entro, non ci metterò molto » disse soltanto ed entrò dentro richiudendo la porta dietro di sé.




Magnus non credeva di essere saluto su un autobus. Era solo abituato alla sua roulotte. Ai treni. Ma non era mai salito sopra uno di quelli. L'autista gli riservò un’occhiata speciale e Magnus ricambiò, perché anche per lui era la prima volta che ne vedeva uno. Si ricordava vagamente i vari capo treno durante i loro lunghi viaggi e traslochi in capo al mondo, ma vedendo quell’uniforme mancante e il signore dotato di sola camicia dentro ai pantaloni, gli destò curiosità.
Durante tutto il tragitto, Alec lo vide concentrato a fissare il paesaggio che scorreva sul finestrino, ogni tanto sorridere a bocca aperta. Arrivati, scesero e si trovarono in una delle tante traverse di Hetford. Magnus si girò intorno, camminando indietro.
« Tu vivi qui?» gli chiese. Alec ridacchiò.
« Sì, non proprio qui qui,» evidenziò « la mia casa è un po' più in periferia ma sì» Magnus avanzò, sentiva il mormorio delle strade, la gente che ci camminava, le facciate dei negozi, le case di mattoni dalle finestre ampie. Alec gli si mise affianco e cominciarono a camminare. Ad ogni volta che Magnus si girava, Alec coglieva il suo stupore, la sua attenzione crescere sempre di più. « E così, è davvero la prima volta che vedi Hertford?»
« Te l'ho detto, » Magnus si portò un dito della mano dietro l'orecchio « Sono stato in tanti posti ma non ho visto mai qualcosa che fosse oltre il tendone del circo » confessò. L'aria si era un po' alzata e Magnus si teneva stretto con una mano al petto, l'unico dei due giacconi che possedeva. Aveva scelto quello rosso, anche se molto usato, era ancora quello che preferiva. Alec se ne accorse.
« Hai freddo? »
« Non molto, » biascicò « ma di solito non mi rendo conto di quanto sia volubile il tempo, dato che non mi muovo mai dal-»
« Tendone. . Il dio, la divinità suprema, colei che è sacra » lo prese in giro Alec, riempendo i polmoni in una voce tronfio. Magnus gli rivolse un espressione torva ma poco dopo scoppiò a ridere. Gli diede un colpetto sulla spalla.
« Hai ragione, » disse Magnus sconfitto « basta parlarne. Solo, devo ritornare per le sette » Alec roteò gli occhi infastidito. « Ho finito, » Magnus portò le mani in alto « lo giuro » Si avviarono verso la piazza di Parliament Square. Magnus si fermò in mezzo, osservando come il cielo plumbeo si adattasse perfettamente con la punta del muso dell'animale in cima dominante dall'alto. « Perché un cervo? » chiese Magnus incuriosito.
« Perché la città prende il nome dal lemme ford che significa guado e hart, cervo. E perché si pensava che il cervo, » spiegò Alec conciso « fosse il protettore delle contee inglesi » Magnus si girò di scatto, oscillò il capo, fece una piccola smorfia.
« C'è qualcosa che non sai? »
« Oh, ci sono molte cose che non so...» Alec pensò che forse erano più le cose che non sapeva rispetto a quelle che conosceva: i libri erano un po' come la sua seconda casa, l'arte erano come qualcosa che si proiettava ai suoi occhi con meraviglia e potenza. Nuotare gli era sempre sembrato più un bisogno fisico che uno sport, la cucina era qualcosa che gli riusciva ma mai quanto sua sorella Isabelle. Non conosceva cose come: la prima sensazione che si prova quando qualcuno ti tocca dentro, quando si arriva alla sommità dell'anima; la consapevolezza del sapere cosa si prova ad innamorarsi. Mentre pensava a questo, Magnus andò verso il monumento in modo teatrale, le mani in fuori, il passo cadenzato... puntò lo scalino e si ci sedette sopra incrociando le gambe.
« Che cosa non sai fare, Alexander? Avanti, sono tutto orecchi » lo stuzzicò. Alec si grattò la testa, arricciò il naso.
« Non so ballare » ammise. Magnus scoppiò a ridere. Alec lo guardò serio « Dico sul serio, non so ballare, » sottolineò « sono un pezzo di legno » Magnus riacquistò compostezza.
« Tutti sanno ballare, » sospirò tranquillamente « chi bene, chi male ma tutti appena sentono della musica sentono il bisogno di muoversi » scrollò le spalle.
« Anche chi non sa seguire il ritmo? »
Magnus si alzò in un balzo e raggiunse l'altro che gli stava di fronte ora. Gli mise una mano sulla spalla e con l'altra cercò quella destra di Alec. « Magnus, che stai- »
« Ssh. Segui me, » lo guardò dando istruzioni « prendi la mia mano, ecco e porta l'altra dietro la mia schiena » suggerì mentre seguiva attentamente che Alec non sbagliasse quelle due semplici cose « ora, questo è un ballo classico e mi stupisci che tu non lo conosca- »
« Per la cronaca sono i più difficili e andrebbero evitati proprio per questo » puntualizzò Alec. Magnus ridacchiò cercando di abbassare il tono alla vista di alcuni bambini che stavano passando per la strada.
« Bene, allora partirai avvantaggiato, » si morse le labbra « è un semplice valzer, niente di più, niente di meno » Alec provò a districarsi ma Magnus lo bloccò tenendolo fermo « Due passi indietro, due in avanti, appena vado indietro io, vai indietro tu. E così via, » rialzò l'attenzione sui sulle punti dei suoi capelli neri che ora si muovevano « Capito?»
Il ragazzo annuì. Appena Magnus si mosse, Alec lo seguì. Appena però andò avanti Alec rimase fermo. Magnus lo spronò ancora una volta, provando di nuovo. Bastarono solo altri pochi tentativi. Quella volta Alec osservò come le punte dei piedi dell'altro andando avanti e indietro era come se saltellassero o comunque mettessero la spinta verso la fine del passo. Cercò di fare lo stesso. Dopo alcuni secondo aveva capito come guidare Magnus e i due stavano già ballando da soli, senza musica, la gente passava ma Alec sembrava concentrato solo a non pestare i piedi di Magnus o di fargli male. Magnus si ritrovò a guardarlo fin troppo, memorizzando piano la sua testa che si abbassava a guardare i loro piedi muoversi e che si sollelevava, rivelando occhi verde denso.
« Vedi? » gli ripeté, riprendendo la sua convinzione « Tutti sanno ballare, anche tu » mormorò.
Alec sorrise, guardando lateralmente ora, che la gente ogni tanto si girava e buttava uno sguardo interessato. Si concentrò meglio e provò a non farsi cogliere mentre diventava rosso.
« Credo non lo sappia più soltanto io, adesso » tossicchiò e Magnus si girò per notare che un gruppo di bambini li osservava incuriositi lì davanti.
« Meglio, » ridacchiò Magnus ritornando ad Alec che cercava di nascondere l'imbarazzo « hai già il tuo primo pubblico »



**



« No, no, no » Magnus cercò di schivare Alec mentre cercava di macchiarlo di panna con la sua cioccolata calda che teneva in mano. Erano passati al The Old Bridge e Alec aveva insistito per pagare, mente Magnus gli aveva ripetuto più di una volta che gli avrebbe restituito presto i soldi che aveva speso. « Alexander non osare, » alzò l'indice della mano libera che non teneva il bicchiere con all'interno la bevanda calda « Questi capelli sono delicati e l'unica cosa in cui non trovo nessun sforzi a fare » disse chiaramente, girò il cucchiaio nella panna immergendola dentro quel colore marrone invitante e caldo.
Camminarono avanti, notando le piccole lucine dei lampioni che piano piano si accendevano illuminando le zone che ormai stavano diventando buie. Magnus prese altri due sorsi di cioccolata e si sentì subito meglio. Un altro e la panna gli coprì dolcemente il palato.
« Fammi indovinare, » azzardò Alec col cucchiaio sollevato « Anche questa non c'è al tendone del circo? » rise poco. Magnus si girò e per tutta risposta finì quello che c'era dentro il bicchiere in un sorso. Alec rise ancora di più guardandolo, l'altro lo guardò subito accigliandosi confusamente.
« Aspetta, » Alec si tastò la giacca con la mano libera e uscì dalla tasca un paio di fazzoletti e lo porse a Magnus, « ecco » Magnus capì di essere leggermente sporco con una striscia di residuo di cioccolato e la mandò via usando uno di quelli.
« Grazie » sussurrò, fu un suono impercettibile. Dopo che ebbe buttato il bicchiere in uno degli appositi contenitori, si stinse nel suo indumento, mente l'aria sferzava e tagliava un po' di più i visi della gente. Soprattutto il suo. Alec lo vide tremare e anche lì fu preparato all'evenienza. Cucchiaino alla bocca, bicchiere in mano a Magnus.
« Tienilo un attimo solo » biascicò col cucchiaino di plastica in bilico sulla bocca, era un immagine divertente. Alec si sfilò la sciarpa che aveva intorno al collo velocemente.
« No, no sto bene, Alexander davvero, » Magnus obbiettò allontanandosi dall'altro che cercava di coprirlo. Era una scena più che comica « Sto già meglio, non c'è bisogno-» Finalmente Alec riuscì a raggiungerlo correndo, il cucchiaio che rimbalzava su e giù, le mani che finalmente coprivano il collo di Magnus con la sciarpa.
« Io sono abituato a questo tempo, » soffiò fuori, riprese il suo bicchiere « è meglio coprirsi altrimenti ti beccherai qualcosa e non voglio che il tuo capo ti picchi per questo » scherzò. Ma Magnus questa volta non rise. Proseguì avanti e così calò giusto un po' di silenzio. Sembrava a disagio, come se avesse toccato un punto dolente. Stai calmo, calmo. Magnus serrò gli occhi e ingoio parte della saliva che gli impastava il palato. Il silenzio però non durò perché l’altro lo spezzò.
« Ehi, » lo fermò Alec « Sicuro di stare bene? » Magnus sembrò sorridere stancamente.
« Sì, credo di essere solo.. solo un po' stanco » Alec annuì poco convinto, c’era qualcosa che lo turbava, era evidente.
« Quindi, » cambiò discorso « ti sta piacendo ugh, il libro che ti ho dato? » Magnus si illuminò un po' con lo sguardo, soffermandosi sulla luce di una casa che veniva da una dentro una finestra aperta.
« Sì, moltissimo,» sospirò « Ma è triste sapere che soltanto perché Orfeo si volta indietro, con un semplice gesto rovini tutto » mormorò.
« Se ci pensi è del tutto normale, » spiegò l'altro « Voglio dire, dopo che non vedi da tanto qualcuno, avresti voglia di abbracciare quella persona, guardala »
« Sì, ma Orfeo avrebbe dovuto pensare prima a lei, avrebbe comunque avuto tutto il tempo del mondo dopo, una volta ritornato sulla terra per farlo,» evidenziò Magnus deluso « e invece la guarda proprio quando gli viene detto di non farlo. Un atto coraggioso ma pur sempre rischioso » sussurrò.
« Credo che tutti sarebbero stati un po' egoisti, la cosa è, » si fermò un solo secondo e notò che Magnus si sistemava meglio la sciarpa, per un attimo Alec pensò stesse respirandoci l'odore dentro ma forse fu solo un impressione « che nessuno sarebbe disposto ad ammetterlo »
Stettero un po' fermi, così senza parlare, camminarono soltanto. Il buio stava per mangiare il cielo. Magnus fissò l'orologio panciuto fissato ad una casa. « Alexander » disse scosso, i numeri che non volevano tornare indietro, l'altro si girò a guardare il quadrante.
« Merda » esclamò. Magnus fu sorpreso di sentirlo usare quel linguaggio e ridacchiò. Il quadrante segnava le sei e mezza.
Magnus doveva essere di ritorno alle sette. E dovevano ancora arrivare in piazza. Senza preavviso però, Magnus afferrò la mano di Alec e cominciò a correre senza perder tempo.
« Ricordi dove dobbiamo andare, vero? » gli urlò Alec senza fiato dietro. Magnus si voltò. « No, ma è questo il bello, » ritornò a guardare la strada davanti a sé « sarai tu a guidarmi! »

**



Presero il bus per un pelo, ci salirono su e per tutto il tempo Magnus batteva entrambi i piedi sul piccolo spazio in cui stava seduto, impaziente. Guardava ansiosamente la campagna che ora s’affacciava in vista.
« Ehi, stiamo arrivando » provò a rassicurarlo Alec. Magnus annuì, il panico che gli si leggeva in faccia. Aveva bisogno di essere distratto. Alec, allora, si riempì i polmoni d’aria, chiuse gli occhi e…
« Cantami, o Diva, del pelide Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
»


Alec cominciò a intonare quasi come un canto, una melodia e Magnus si lasciò scappare lo stupore dal viso: il ragazzo aveva gli occhi chiusi e con una voce bassa e lenta, pronunciava a memoria le parole. Era incredibile come tutto pronunciato da lui, assumesse un significato denso e pieno.

« Generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò
»


Magnus era senza parole, sembrava che Alec stesse declamando i versi importanti, - che ovviamente lui riconosceva, ma solo in piccola parte – ed era tutto preso nell’esposizione.

« […]
Da quando primamente disgiunse aspra contesa
il re de' prodi Atride e il divo Achille.
»



Appena finì Alec riaprì gli occhi e si sentì lo sguardo colpito dell’altro addosso. Sorrise piano, la sua testa aderì sullo schienale del sedile.
« Non smetti mai di stupirmi, Alexander » sussurrò Magnus. Alec si ritrovò a implodere per quelle parole, ma in segreto, soltanto nella sua testa sentiva un piccolo lume accendersi: era caldo, era scatenato da come l’altro lo guardava con interesse.




Al tendone, Magnus si guardò circospetto, Alec guardò il suo orologio.
« Le sette e dieci » mormorò dispiaciuto. Magnus entrò di soppiatto dentro, tirando un sospiro di sollievo non vedendo nessuno. Si girò verso Alec. Notò quasi la sua preoccupazione per l’essere arrivati un po’ in ritardo, però non ce ne era bisogno, d’altronde non dipendeva da lui.
« Grazie » pronunciò con una sfumatura di voce diversa dal solito « Per la giornata, per… tutto »
Il ragazzo si limitò a sorridere mentre muoveva gli occhi ovunque.
« Quando vuoi, dove vuoi, non c’è… problema »
Magnus annuì grato, i ciuffi di capelli che ondulavano quasi danzando. Si voltò verso la direzione opposta: eccomi di nuovo, pensò.
L’avventura è finita. Ritornò per un’ultima volta a guardare Alec e piano si sporse, lasciandogli un bacio sulla guancia. Alec rimase immobile, evidentemente sorpreso.
« Buonanotte Alexander » sussurrò e con un piccolo movimento ritornò alla base, diretto verso la porta ad arco oscura. Alec rimase lì, senza neanche avere il tempo di
rispondere.
   
 
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