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Autore: _Eclipse    25/08/2018    2 recensioni
{Storia ad Oc | iscrizioni chiuse| ex Eternal Darkness}
Dopo anni e anni di guerra, alla fine l'umanità è crollata. Un nuovo potere in mano ad una razza di esseri mostruosi è sorto.
Vampiri, principi della notte, ormai signori anche del mondo. Una cortina di oscurità è calata sulle rovine degli uomini.
Ma una fioca luce brilla nelle rovine dell'umanità. Una piccola scintilla di speranza, la scintilla della resistenza. Un gruppo di giovani uomini e donne che nel buio della notte agiscono come ombre che mira alla liberazione degli uomini dal giogo di quest'oscuro nemico. Un gruppo di persone che mira a far risplendere un nuovo sole sulla terra.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Axel/Shuuya, Mark/Mamoru, Nuovo personaggio, Shuu, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 2: VENATORES

 

Buio. Non pensava fosse così buio.

Un vortice oscuro pareva sommergere l’intera città.

Ines non era mai uscita di notte, suo padre gliel’aveva sempre proibito, soprattutto dopo ciò che successe ai suoi nonni.

Una forte folata di vento le scompigliò i capelli biondo miele.

La ragazza camminava faticando, allungando le braccia in avanti per non urtare un muro o un palo, non c’era un lampione acceso, nessuna luce illuminava la strada.

Ad un tratto un forte rumore. Era caduto qualcosa, probabilmente di metallo.

La ragazza si fermò improvvisamente. Cercò di scrutare in direzione della fonte del rumore. Un lungo vicolo tra due case.

Socchiuse gli occhi, ma non riusciva a vedere nulla.

“Sarà il vento che gioca brutti scherzi” pensò facendosi coraggio.

Ricominciò a camminare. Non conosceva la sua destinazione, sperava solo di incontrare qualcuno della Gilda per poter chiedere di unirsi a loro.

Un altro rumore. La ragazza si fermò nuovamente.

Le gambe tremavano. Trattenne il respiro e voltò nuovamente la testa. Un’ombra si era mossa furtivamente dietro di lei.

Cercò di calmarsi, il suo cuore batteva all’impazzata, lo sentiva nelle tempie e nei polsi. Il respiro era affannoso.

 

“Dovevo dar retta a mio padre e cercare i cacciatori di giorno, perché mai sono uscita a quest’ora?”

 

La ragazza di fatto era “fuggita”, suo padre voleva che cercasse un cacciatore di giorno, tuttavia quando il sole è alto i membri della Gilda non escono. Non ci si può fidare della gente. In molti hanno aderito alla Gilda ma tanti altri invece si sono uniti ai vampiri e spiano gli altri umani.

Se si vuole entrare nella Gilda bisogna chiedere ad un cacciatore e per incontrarlo bisogna incontrarlo la notte mentre gira di ronda alla ricerca di vampiri o non morti.

Lentamente la ragazza riprese il controllo di sé.

Per la seconda volta proseguì il suo vago cammino, allungò il passo.

Aveva raggiunto la corte del paese, una piazza lastricata di sanpietrini sconnessi che si affacciava davanti al vecchio municipio, un edificio decadente, disabitato. Completamente vuoto da tempo immemore. Il vecchio orologio meccanico sulla facciata era fermo e mancava metà lancetta dei minuti.

Per la terza volta, la ragazza venne sorpresa da un rumore.

Nuovamente si voltò. I suoi occhi lentamente si erano abituati al buio e riusciva a vedere nitidamente una sagoma irregolare. Sentì uno sbuffo seguito da un latrato, un verso grave e distorto.

Un cane. Tuttavia era un cane ben diverso. Ringhiava ferocemente con la schiuma alla bocca. Le fauci bianche rilucevano alla luce della luna e gli occhi rossi brillavano nel buio.

Ines, era paralizzata dalla paura.

Avrebbe voluto correre ma le sue gambe erano bloccate, avrebbe voluto gridare aiuto ma la parole si smorzavano nella gola.

Un mastino infernale, una belva allevata dai vampiri, ben più grandi dei cani normali, dal pelo nero e forti quanto un orso ma veloci quanto un cavallo.

Questi mastini sono solo una delle minacce della notte insieme ai vampiri e ai loro succubi non morti.

La bestia avanzava ringhiando orribilmente, le orecchie pelose toccavano il selciato mentre con il naso fiutava l’odore lasciato da Ines.

Ad un tratto un botto. Una scia bianca sfiorò il fianco destro di Ines per colpire in pieno l’animale. Un ringhiò squarciò l’aria. Altri due colpi vennero esplosi andando perfettamente a segno.

L’animale a terra guaiva, i fori dei proiettili ancora scintillavano di bianco per poi spegnersi pochi secondi dopo.

Il predatore era diventato preda.

Ines li aveva trovati, o meglio i cacciatori avevano trovato lei. Due ragazzi uno biondo e uno moro dagli occhi blu avanzavano verso di lei.

-Guarda Axel l’abbiamo preso!- disse il primo.

-Ma i colpi mortali sono stati i miei- rispose il secondo, -Tutto bene ragazzina?- continuò Axel rivolto a Ines.

-Sì, sì tutto bene- replicò lei con voce tremolante.

-Come ti chiami?- domandò il primo cacciatore.

-Ines Leblanc- rispose dopo un momento di esitazione.

-Austin Hobbes, piacere di conoscerti- il cacciatore allungò la mano amichevolmente.

-Che ci fai qui fuori da sola in piena notte? Non lo sai che è pericoloso?-

-Axel, non essere scorbutico-

La ragazza non rispose subito, ma poi balbettando disse:

-So che è pericoloso, ma cercavo voi-

I due non capivano.

-Voglio entrare nella resistenza, nella Gilda- continuò.

-Possiamo fidarci? È alquanto sospetto che una ragazza giri da sola di notte… potresti essere una vampira sotto mentite spoglie o una Rinnegante-

-Axel, era fiutata da quel segugio infernale… quelli non seguono la gente con l’odore dei vampiri- notò il moro.

L’altro cacciatore sospirò.

-Portala dal capo, io continuo il turno di ronda da solo-

Axel si mise il fucile sulla spalla destra e a gran passo si allontanò dai due.

Il cacciatore più giovane fece un cenno di seguirlo.

La base sotterranea aveva più ingressi, quattro in totale, sparsi per la città e facilmente isolabili in caso di emergenza.

Fortunatamente il ragazzo possedeva una torcia, appesa alla spalla sinistra come se fosse una spilla la luce rischiarava le strade buie in cui la ragazza aveva brancolato per un tempo indefinito.

La porta numero tre era piuttosto vicina, nella parte orientale della città.

A prima vista sembrava un pozzo, chiuso da un coperchio di ghisa simile alla cisterna che il padre di Ines possedeva a casa.

Il pozzo aperto sembrava una fossa, buia e maleodorante. Dall’alto non si vedeva il fondo.

-Prima le signore, io devo chiudere il passaggio- disse Austin.

La ragazza era piuttosto insicura, il fondo non si vedeva, anzi non si vedeva nulla, come se fosse un buco nero.

-Non ti fidi? Tutti gli accessi alla nostra base sono segreti e misteriosi, non preoccuparti! Tieni, ti farà comodo- il cacciatore le passò la propria torcia di scorta.

Ines riuscì a intravedere una scala metallica poco sotto il bordo, dei pioli di acciaio che arrivavano fino a toccare il fondo.

Con un po’ di insicurezza residua, la ragazza iniziò a scendere nella cisterna.

Dopo essere arrivata a metà della discesa, si calò anche il proprio accompagnatore, che richiuse l’accesso.

Il frastuono del coperchio che chiudeva l'entrata rimbombó fortemente nella cisterna, dopotutto era un enorme cilindro di metallo interrato.

Giunsero entrambi sul fondo. Con sua grande sorpresa la ragazza notó che erano rimasti ancora pochi centimetri di acqua melmosa, piuttosto fastidiosa dato che la ragazza era abituata a portare dei sandali tutto l’anno.

-Per di qua, non siamo ancora giunti a destinazione!-

La voce del ragazzo rimbombò e si mischió al rumore dell’acqua mossa dai suoi passi.

Sollevò una griglia alla base della parete della cisterna.

-Dobbiamo passare per il condotto, non preoccuparti, il passaggio è stretto solo all’inizio-

La ragazza si accucciò e a carponi percorso il condotto. Un tubo alto poco meno di un metro che conduceva ad una stanza spoglia dalle pareti macchiata di muffa e umidità con l’ultima porta.

Un uscio blindato a chiusura stagna nascosto.

Era quello il vero ingresso, la cisterna e il condotto erano solo degli escamotage per poter nascondere la vera entrata.

L’enorme portone di metallo venne aperto grazie ad un codice numerico inserito da Austin su una tastiera affianco alla porta.

Una volta aperta avevano dieci secondi per entrare, dopodiché si sarebbe richiusa automaticamente.

Dall’altra parte della porta, Ines incontrò altre scale e corridoi stretti come tutti gli altri.

L’ingresso est era tra tutti il meno utilizzato data la scomodità per raggiungerlo ed era di fatto in stato di decadenza. I neon che funzionavano erano pochi e i muri erano completamente scrostati e un forte odore di muffa e aria viziata era diffuso nella tromba delle scale, anche gli impianti di ventilazione a quanto pare non funzionavano in modo eccelso.

-Scusa se te lo chiedo, ma… perché vuoi unirti alla Gilda?- domandò il ragazzo.

-Per vendicare i miei nonni-

-Capisco, i vampiri li hanno…- non concluse la frase per non sembrare scortese, ma Ines capì lo stesso dove voleva arrivare.

-Sì, avevo solo due anni-

-Mi dispiace-

La ragazza non rispose.

Dopo qualche minuto di camminata arrivarono finalmente nel cuore del quartier generale della Gilda.

Dovevano raggiungere l’ufficio del capo, David Evans, arrivati alla davanti alla porta, Austin prese parola:

-Parlerò con il capo, gli spiegherò chi sei, come ti abbiamo trovata e perché vuoi unirti alla Gilda, non dovrebbe volerci molto, aspettami qui e se ti vorrà vedere di persona ti chiamerò io-

La ragazza annui.

Si ritrovò sola in un luogo a lei sconosciuto, ma non poteva ancora crederci, finalmente era nella Gilda o meglio le mancava poco per entrare ufficialmente come cacciatrice.

Si sedette ad una sedia fuori dall’ufficio.

Rimase a fissare la parete grigia in attesa che venisse chiamata.

Il tempo scorreva lentamente, un minuto pareva un ora.

Ad un tratto passò un ragazzo con degli improbabili capelli rasta e occhiali da aviatore… Jude.

Gli occhi della ragazza si illuminarono.

-Jude- lo chiamò.

Il ragazzo si voltò verso di lei. A prima vista non la riconobbe ma poi i ricordi iniziarono a riaffiorare.

-Ines?-

-Che bello vederti! Ho mantenuto la promessa e sono qui per diventare una cacciatrice! Non sei cambiato per nulla in questi anni!- esclamò la ragazza.

Il cacciatore era rimasto un po’ spiazzato, davanti a lui ormai non c’era più la bambina di una volta, era cresciuta e diventata una ragazza, tuttavia dopo tutti quegli anni portava ancora quegli orecchini a forma do girasole che le aveva regalato la madre poco prima di morire di tumore.

-È un piacere rivederti anche per me. Alla fine tuo padre si è convinto-

-Sì, anche se sono dovuta “fuggire” per venire qui, non voleva uscissi di notte ma gli ho lasciato un biglietto mentre dormiva in cui lo avvertivo della mia partenza e…-

La ragazza non poté finire di parlare che la porta si aprì.

Austin uscì per chiamarla.

-Il capo vuole vederti di persona-

Nonostante il dispiacere, la ragazza dovette salutare l’amico ritrovato ed entrò, da sola nell’ufficio.

 

****

 

Una palazzina abbandonata, fuori dai confini della città nella zona disabitata. Quattro piani più un quinto, l’ultimo, in rovina. Finestre completamente infrante, pareti crollate e il pavimento coperto di calcinacci e detriti, polvere di cemento e frammenti di vetro.

L’edificio sorgeva davanti alla vecchia centrale elettrica.

Qualche notte prima, un gruppi di vampiri decise di staccare la corrente ad alcune zone della città con il solo scopo rallegrarsi nel vedere gli umani disperati nel buio eterno.

Un commando della Gilda aveva il compito di ripristinare il circuito.

Un incarico tutt’altro che semplice, dovettero camminare per due giorni cercando di nascondersi durante la notte dagli attacchi di vampiri e non morti.

Otto persone avevano dormito nell’edificio abbandonato, uno dei pochi luoghi piuttosto sicuri.

Dovevano ora cercare di entrare senza dar nell’occhio e ripristinare le zone al buio. Uno di loro aveva un binocolo, nonostante il buio poté vedere un piccolo gruppo di non morti grazie alle luci dei lampioni che illuminavano la strada principale che separava la centrale dall’accampamento dei cacciatori.

Sette di essi, con le armi in mano, scesero le scalinate per poter uscire.

L’ottavo membro della squadra era rimasto nel punto più alto dell’edificio in modo da avere una buona visuale della zona.

Un ragazzo alto e piuttosto magro, ma non troppo, anzi le sue braccia lasciavano intravedere i muscoli seppur leggermente.

Stava preparando un fucile di precisione, montò l’ottica sulla canna, avvitò un improvvisato silenziatore alla volata e si sdraiò sul pavimento.

Il fucile aveva un bipode, una forcella di metallo che gli permetteva di appoggiarsi a terra rimanendo stabile, davanti al ragazzo il nulla. La parete era crollata e ora stava, piuttosto scomodamente, in mezzo ai calcinacci.

Improvvisamente sentì un ronzio seguito subito dopo da una voce rauca di un uomo adulto.

Il suo auricolare funzionava perfettamente.

-Ehi KD, che ne dici di darci un aiutino? Laggiù abbiamo visite, almeno un paio di scheletri e forse qualche cagnaccio. Che ne dici di accopparli?-

-Sono già in posizione Alfa, attendo un tuo segnale- rispose.

-Affermativo KD… ci muoviamo. Coprici il più possibile-

Il cecchino aveva già individuato dei bersagli.

Scostò un ciuffo di capelli castani scuri dagli occhi, del medesimo colore, con un cenno della testa.

Inquadrò l’obiettivo. Una specie di zombie, un essere mostruoso, certamente un non morto.

Alto, dalla carnagione grigia a chiazze violastre e occhi gialli che brillavano nella notte.

Le poche luci non aiutavano a distinguere il nemico, tuttavia quegli occhi erano un bel bersaglio.

Trattenne il respiro per stabilizzarsi meglio. Il mirino era segnato da una croce nera, a lato della croce erano segnate alcune tacche per le distanze.

Il ragazzo si assicurò che la testa del bersaglio fosse al centro della croce, sessanta metri all’incirca.

Le dita lunghe e affusolate della mano destra premettero il grilleto.

Un botto sordo risuonò nell’aria nonostante il colpo fosse silenziato, come se qualcuno avesse sbattuto con violenza una porta.

In una frazione di secondo, il colpo fece saltare in aria la testa del bersaglio in una serie di scintille bianche. Il cristallo del sole caricato nei proiettili stava bruciando sui resti del non morto.

KD espulse il bossolo con un rapido movimento della mano facendo scorrere l’otturatore e si rimise in posizione.

Nuovamente prese la mira e sparò, questa volta uno scheletro.

Cadde una seconda testa.

Per un’altra volta rimosse il bossolo del proiettile esploso e sparò, un cane infernale latrò per poi cadere come gli altri.

I suoi compagni avanzavano cercando di approfittare del caos scatenato dal cecchino. Rapidamente e silenziosamente attraversarono il cortile recintato da una rete ed entrarono.

-Avevo sentito di un cecchino dalla mira infallibile ma non pensavo fossi tu!- eslcamò la stessa voce di prima.

-Alfa, fate presto. Non credo di avere abbastanza munizioni per potervi coprire a lungo-

Il cecchino frugò nelle tasche dello zaino che aveva con sé, trovò due clip da cinque colpi l’una, dodici colpi in totale per dodici bersagli, contando i due proiettili ancora nel fucile.

-Non ce ne sarà bisogno Kim, se le mappe che abbiamo sono corrette saremo alla centralina in pochi minuti- rispose l’uomo.

-Kangdae, il mio nome è Kangdae Choi, non Kim…- rispose freddamente il cecchino.

-È uguale, ma credo ti debba lasciare, abbiamo visite-

La conversazione venne interrotta bruscamente.

Le piccole ricetrasmittenti a onde corte erano l’unico modo per poter comunicare a distanza senza farsi scoprire, la difficoltà stava tuttavia nel reperire i pezzi alla loro costruzione. Alcune volte mostravano dei segni di malfunzionamento e si accendevano da sole KD sentì improvvisamente dal suo auricolare spari e urla. La situazione non doveva essere delle migliori laggiù.

Una serie di fastidiose interferenze bloccò la trasmissione.

-Alfa, Alfa mi senti?-

Kangdae chiamò più e più volte la squadra ma non ottenne risposta.

-Ragazzo, ci siamo. Stiamo ripristinando la corrente ai settori al buio- la voce non era quella dell’uomo di prima, era una donna a parlare.

-Ma abbiamo perso Alfa e un altro. Rimani lì e spara a chiunque cerchi di entrare- continuò la donna con un tono freddo ed estremamente distaccato.

Il ragazzo si rimise in posizione senza rispondere. Con un binocolo scrutava l’area circostante, soffermandosi di tanto in tanto sull’ingresso. Il tempo passava lentamente quando finalmente uscirono la donna che aveva sentito prima e un altro uomo. Erano rimasti solo in tre. Fortunatamente non vennero altri non morti o, peggio, vampiri.

I superstiti si riunirono.

-Siamo caduti in una trappola. Abbiamo ripristinato la corrente ma abbiamo fallito- sbuffò la donna.

KD la guardò con aria interrogativa.

-I vampiri ci hanno teso un agguato. Continuano a  prendersi gioco con questi scherzi, hanno staccato l’elettricità solo per far fuori noi. Siamo partiti in otto e torniamo in tre per un qualcosa di inutile. Se ai vampiri fosse interessato questo posto avrebbero sicuramente inviato più guardie per non farci uscire! Vogliono solo dissanguarci e logorarci!- la donna si sfogò con una serie di imprecazioni.

Kangdae rimase in silenzio. Non sapeva cosa rispondere.

La donna sbuffò per l’ennesima volta:

-Avanti, torniamo indietro a dare la cattiva notizia-

Il gruppo prese i propri zaini e l’equipaggiamento e si mise in cammino verso la base sotterranea.

 

****

 

Un gatto nero passeggiava placidamente per la base. Silenziosamente si aggirava tra i corridoi agitando sinuosamente la lunga coda.

Qualche volta si fermava e guardava le luci inclinano la testa, in altri casi si strofinava sulle gambe dei cacciatori passanti, miagolando pigramente.

Si fermò davanti alla porta di legno dell’ufficio del signor Evans.

Pochi istanti e uscì Ines dopo il breve colloquio con il capo.

Il gatto si avvicinò e con la stessa rapidità, dopo aver fiutato la sconosciuta, riprese il proprio cammino nell’intricata rete di corridoi del tunnel.

Come aveva promesso, Austin era rimasto al di fuori.

-Allora, cosa ti ha chiesto il capo?- domandò il ragazzo.

-Non molto, voleva sapere chi sono… e perché voglio entrare nella Gilda- rispose con un filo di voce.

-E sei dei nostri?-

-Sì, sono ufficialmente una cacciatrice- replicó con una maggiore dose di entusiasmo.

-Ehi ehi, chi è la nuova recluta?- la domanda proveniva da una voce femminile dal fondo del corridoio.

Capelli rosa con ciocche turchesi e un logoro camice, non c’era dubbio, Ryoko Tachibana, accompagnata da una ragazza dai capelli blu, Celia Hills, infermiera della Gilda nonché cacciatrice.

-Ah, ciao Ryoko, ehm… è un piacere vederti- la salutò Austin in modo abbastanza impacciato, dopotutto Ryo era una ragazza forte e determinata, più di lui, o almeno così la pensava il giovane cacciatore.

-Abbiamo visto il tuo gatto passare per di qui poco fa- continuò.

-Robin Hood? Lascialo girare liberamente, finché non da fastidio a nessuno. Ma parlando d’altro chi sarebbe la ragazzina? E’ la nuova recluta?- chiese con un sorriso sul volto.

-Sì, Ines Leblanc-

La ragazza arrosì, nonostante che a presentarla fosse stato Austin.

-Molto piacere Ines! Io sono Ryoko, ma puoi chiamarmi Ryo- allungò la mano che venne stretta delicatamente dalla nuova recluta.

-E lei è Celia, una delle nostre migliori infermiere! Se mai ne avessi bisogno dopo un combattimento, chiedi di lei. Ci sa fare con i bendaggi- continuò.

-Molto piacere- sorrise la ragazza affianco a Ryoko.

-Se sei nuova credo ti servirà un’arma, in quel caso potrei costruirne una io, sai sono piuttosto brava in questo campo…- Ryo venne interrotta da un lieve colpo di tosse di Celia.

-Non credo sia il caso. Non voglio sembrare antipatica ma i materiali scarseggiano mentre l’armeria è piena di armi inutilizzate, quindi credo sia meglio prendere una di quelle- disse la ragazza dai capelli blu.

-Forse hai ragione, Austin potresti accompagnarla tu a prendere un’arma, così sarà una cacciatrice a pieno titolo. In ogni caso è stato un piacere conoscerti, spero di incontrarti nuovamente!-

Le due ragazze si allontanarono per andare verso i dormitori.

La loro stanza non era il miglior esempio di privacy, una camerata con cinque letti a castello di metallo, una serie di scaffali di legno per gli oggetti personali, uno specchio e un lavandino per ogni evenienza.

Il pavimento era di mattonelle azzurro spento, mentre le pareti erano di un colore indefinibile tra il bianco e il giallo pallido. Anche l’estetica lasciava a desiderare.

Ryo e Celia condividevano lo stesso letto a castello. La prima salì con uno scatto sul suo letto, quello più alto.

La rete di metallo cigolò rumorosamente, ma senza una scaletta si poteva salire solo arrampicandosi.

-Non ho capito il tuo atteggiamento prima- disse la ragazza più in alto

-In che senso?-

-Prima, volevo solo costruirle un’arma su misura, niente di che… un favore alla nuova arrivata-

-Ma è anche vero ciò che ho detto… non abbiamo molti materiali e l’armeria è piena…-

Ryo scese con un balzo facendo cigolare un’altra volta la fragile rete di metallo che sosteneva il materasso. L’altra ragazza era seduta sul materasso del piano inferiore.

-Celia, quante volte te lo dovrò dire, non devi essere gelosa. Per me tu sei l’unica!- esclamò dolcemente.

Celia non rispose ma arrossì improvvisamente.

La ragazza dai capelli rosa avvicinò il proprio volto e diede un candido bacio sulle labbra di Celia, un bacio leggero come un battito d’ali.

-E ti dirò un segreto, sei ancora più carina quando arrossisci- sussurrò.

A quelle parole il viso di Celia si imporporò ancor di più.

-Credo sia meglio che vada a cercare Robin Hood, ho paura che quel gatto arrivi nuovamente nella dispensa e combini qualcosa-

Stava per uscire dalla stanza quando si alzò anche Celia.

-Vengo anche io, dopotutto Robin Hood mi sta simpatico… forse più della padrona- scherzò.

Risero entrambe per poi andare alla ricerca del felino girovago.

 

****

 

-Fuggono, fuggono come ratti!-

-Claude, non credo stiano fuggendo, anzi sono riusciti a ripristinare l’elettricità nei settori al buio-

-Sempre il solito guastafeste Viktor…- rispose il rosso.

-A chi dovrei guastare le feste se non a te?-

Il secondo vampiro sbuffò.

Entrambi erano a cavallo nascosti tra gli alberi su un’altura nei pressi della vecchia centrale elettrica.

Dalla distanza erano riusciti a godersi lo spettacolo, le brillanti scie dei colpi del cecchino dalla palazzina in rovina, l’entrata del gruppo di cacciatori e l’uscita dei due reduci.

-Direi di inseguirli e dar loro il colpo di grazia- propose Claude.

-E perché dovremmo? Quel cecchino è stato piuttosto bravo, secondo me potrebbe divertirci ancora…-

-Godi nel vedere quando eliminano le nostre creature?-

-Certamente, soprattutto se quelle che vengono eliminate sono le tue- il Barone accennò un sorriso malizioso per poi dare un colpo al cavallo per farlo muovere.

-Vai a farti fottere Viktor-

Un terzo vampiro iniziò a ridere mentre avanzava verso gli altri.

-Proprio come cane e gatto!- esclamò il nuovo vampiro, Aiden.

-Zitto moccioso- sbottò il rosso. Moccioso, nonostante dimostrassero entrambi all’incirca vent’anni, era vero. Aiden era un moccioso in confronto al pluricentenario Claude. Tuttavia era certamente più maturo del vecchio vampiro.

-In questo caso, con permesso- rispose freddamente l’altro passandogli affianco per raggiungere il Barone.

Quest’ultimo si era fermato poco più avanti, tra alcuni alberi di pino e scrutava il gruppo di cacciatori che si ritirava grazie ad un vecchio cannocchiale.

Il vampiro più giovane si affiancò a lui.

-Tu e Claude non andate proprio d’accordo!-

-Lunga storia Aiden e non vorrei annoiarti-

-Considerato che siamo qui a far nulla potrei anche perdere qualche minuto… sono proprio curioso di sentire-

Il vampiro più anziano sorrise e iniziò a narrare la storia.

 

“All’epoca l’ambizione più grande per un giovane dell’aristocrazia era la carriera militare e questo voleva dire, per noi vampiri, avere anche una grande disponibilità di sangue e nutrimento a disposizione. Fu così che sia io che Claude entrammo negli eserciti delle rispettive nazioni. La Gran Bretagna per me e la Francia per lui. Sono secoli che ci scontriamo, direi all’incirca dalla guerra dei cent’anni. Alle volte vinceva lui, altre volte io. L’ultima battaglia fu sui campi di Waterloo, in Belgio.

Mi ricordo benissimo quel giorno. Giugno del 1815. A quel tempo avevo perfezionato le mie capacità, potevo nascondermi tra gli umani apparendo con un colorito di carnagione molto più sano e senza queste cicatrici sugli zigomi e potevo resistere ai malefici raggi del sole anche se questo voleva dire che dovevo poi nutrirmi assolutamente una volta giunte le tenebre oltre che concedermi almeno qualche giorno di riposo se non volevo rischiare la vita, senza contare tutti gli altri effetti collaterali.

Ero un capitano di un reggimento delle Highlands, un intero gruppo di fieri uomini provenienti dalla Scozia. I più coraggiosi del nostro esercito, vestiti di giubba rossa e kilt, e qui mi vergogno a dirlo ma era parte integrante anche della mia di divisa nonostante fossi a cavallo.

Come la quasi totalità delle forze britanniche, eravamo dispiegati su un colle, a valle tre fattorie in nostro possesso e l’armata francese che avanzava. Il nostro generale ci ordinò di rimanere al nostro posto. Solo la Union Brigade, la nostra cavalleria poté caricare, ma nonostante dei successi iniziali… vidi una strage. Un gruppo di cavalieri francesi riuscì ad accerchiare i nostri uomini. Guardai la scena dal cannocchiale e vidi lui, Claude alla guida dei Lancers, i temibili lancieri a cavallo di Napoleone. Ben pochi dei nostri tornarono tra noi.

Nel pomeriggio i miei uomini non avevano sparato che qualche colpo, i francesi non erano così stolti da salire il colle da soli. Ricordo che l’attesa snervante rendeva irrequieti i miei uomini, eravamo un bersaglio per l’artiglieria. Posso ancora sentire il rombo dei cannoni e il fischio delle palle che fendeva l’aria. Alcune riuscirono a passare piuttosto vicine.

Ma all’improvviso una carica di cavalleria nemica. Dovemmo ritirarci dietro al colle per formare dei quadrati di fanteria, la formazione più efficace contro una carica di cavalleria.

Ero convinto della forza dei miei uomini. Indietreggiammo e al suono delle cornamuse formammo il quadrato. Con i fucili e le baionette puntate verso la cavalleria che arrivava, dietro di noi gli altri uomini si disponevano nella medesima formazione.

-Uomini, diamo una lezione a quei dannati francesi! Ricordiamoli chi devono temere!- tuonai.

Un urlo di approvazione si levò dai miei soldati. Ordinai alle cornamuse di suonare il più forte possibile e la piccola banda intonò con tutto il fiato che avevano Scotland the brave, Scozia la coraggiosa.

-Ricordate, nessuno può provocarci impunemente!- sfoderai la spada di mio padre citando il motto della Scozia.

Un secondo urlo si levò.

Il rombo degli zoccoli dei cavalli nemici scuoteva la terra e l’aria, poi li vedemmo.

Sparammo a più non posso, lo stesso fecero tutte le altre brigate. Nuvole di fumo bianco si levavano in alto dai fucili, lo scoppio dei proiettili fendeva in innumerevoli fischi.

Alla fine mi trovò. Mentre sia cavalieri che fanti cadevano sotto i colpi di lancia e del moschetto, Claude mi vide all’interno del quadrato e caricò verso di me con alcuni lancieri.

Il suo cavallo venne colpito da una pallottola e cadde rovinosamente a terra a pochi metri da noi.

-Aprite un varco, lasciatelo a me!- ordinai.

I miei ragazzi mi guardarono sorpresi, ripetei l’ordine e scesi da cavallo.

Nella mano destra impugnavo ancora la spada di mio padre, la stessa che sta al mio fianco in questo momento. Una spada contenente argento, ero deciso di dare il colpo di grazia a Claude.

Si alzò improvvisamente anche lui, prese la sciabola dal fodero nella sua sella sul cavallo ormai a terra.

Era ritto nella sua uniforme rossa fuoco come i suoi capelli, coperti da un alto copricapo del medesimo colore.

Brandì il primo colpo. Lo parò. Cercai allora di sfondare la sua difesa colpendo più volte la sua spada con più fendenti.

-È ora di farla finita Claude, una volta per tutte!-

-Quanto sei orgoglioso e pieno di te Viktor, perché non provi un po’ di acciaio francese?- detto questo passò al contrattacco.

Le posizioni si invertirono, ora ero io a dovermi difendere ma mentre attaccava riuscì a intravedere un varco e con un affondo lo ferì al braccio sinistro. La piccola quota di argento fece il suo effetto, la ferita si allargò e iniziò a sanguinare copiosamente. In ginocchio davanti a me, si teneva la mano destra sulla ferita.

Stavo per levare la spada per finirlo quando sentì un botto e un urlo dietro di me.

Un cavaliere era stato colpito e cadde.

-Sir, tornate all’interno, stanno arrivando i rinforzi francesi- urlò il mio secondo in comando.

Dovetti lasciarlo lì agonizzante, per non mettere a rischio la mia vita.

Tornai nel quadrato a combattere.

Verso sera con l’arrivo dei prussiani riuscimmo a vincere, ma a caro prezzo. Quando tornai a sul campo, non trovai il corpo di Claude, era sopravvissuto. Ma ero ormai troppo debilitato, ero arrivato al limite, resistere alla luce del sole per tutto quel tempo mi aveva portato ad un collasso e svenni.”

 

Il vampiro contemplò il buio orizzonte, in effetti era in una situazione simile a quel giorno di giugno, a cavallo su di un colle mentre osservava i nemici in ritirata.

-Davvero una gran bella storia Viktor- disse Aiden.

-Alla fine, da allora Claude cerca di sembrare migliore di me per quanto possibile dato che ora non gli conviene uccidermi per vendicarsi-

-Ancora con quella storia Viktor? Ricordati, avete vinto solo per pura fortuna, se non ci fosse stato l'esercito prussiano avreste subito una sonora sconfitta- soffiò Claude che lentamente aveva raggiunto gli altri due.

-E se voi avete perso è sicuramente  anche merito tuo che hai deciso di caricare contro una selva di scintillanti baionette britanniche!-

Aiden scoppiò a ridere mentre Claude guardò in cagnesco entrambi per poi andarsene.

-Non gli è ancora andata giù la sconfitta, ma Bryce ha ragione. Dovremmo mettere da parte le divergenze, i cacciatori stanno diventando sempre più forti e numerosi… andiamo Aiden, assicuriamoci che quel folle non faccia nulla di avventato-

Il secondo vampiro annuì ed entrambi partirono al galoppo.

 

****


Ed ecco a voi il secondo capitolo!

Venatores ovvero cacciatori

In lingua latina, come avrete intuito

i titoli dei capitoli saranno latini,

una lingua che da quel tocco di arcaico

alla storia…

spero come sempre che vi piaccia e

che non vi abbia annoiato con il racconto di Viktor, ma volevo

mettere in luce il rapporto di estrema

rivalità tra lui e Claude.

Per il momento è tutto, alla prossima!

 

_Eclipse

 
   
 
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