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Autore: tixit    26/08/2018    11 recensioni
Breve storia triste con molte licenze cronologiche e un po' di vago soft porn.
Fersen è tornato, è ospite di Oscar ed ha portato con sé il caos.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti

Qualcosa non cambia mai

André seguì le impronte di lei nell'erba gelida di brina, come un vecchio e paziente segugio, fedele alla propria padrona.

Tutta la notte si era agitato nel buio appiccicoso della sua stanza, ad un certo punto aveva sognato di percorrere uno spazio che gli era sembrato estraneo, seguendo l'odore familare di una donna, come un predatore.
L'aveva cercata a tentoni, percependone la presenza davanti a sé, dietro di sé, infine accanto a sé, mentre cercava di afferrarla, il suo respiro un suono quasi impercettibile. 
"Chi sei?" le aveva chiesto, ma l'aveva sentire ridere sommessamente e basta.

L'aveva attirata verso di sé, con delicatezza, e aveva affondato il viso alla base del collo di lei, godendo dell'odore della sua pelle nuda - rose, aveva pensato, rose bianche. Le aveva baciato il collo, poi era sceso con le labbra lungo le spalle, scoprendole nude e fresche contro la sua pelle bollente. Delicata, aveva pensato, delicata come petali di rose

"Chi sei?" aveva mormorato, mentre con le dite le cercava le mani, "Chi sei?" lei gli si era stretta contro e lui si era subito eccitato - era questo il semplice l'ardore del desiderio, quindi? Spogliato della tenerezza? Del senso di protezione? Di quell'orribile sensazione di essere costantemente invisibile? Se toglievi tutte le invenzioni degli uomini, gli orpelli su come le cose avrebbero dovuto ragionevolmente essere, i dettami della Chiesa, le leggi di Dio, quello dello Stato, era questo? questo era quello che restava? Un uomo e una donna?

Lei gli aveva sfiorato le dita con le sue ed erano tornati nel suo letto stretto, adatto da sempre ad una persona sola, una specie di presagio di tutta la sua vita, mentre i loro corpi si erano sfiorati impazienti, nel buio.
Le aveva cercato le mani, per stringerle tra le sue, palmo contro palmo, le dita intrecciate. Poi aveva inarcato il suo corpo su quello di lei, sentendosi finalmente libero e spensierato, come era tanto che non si sentiva.
La voleva, ah come la voleva. Un uomo e una donna e niente altro, solo il buio. Buio e petali di rosa.

L'aveva spinta sul letto, sentendola ridere, poi aveva afferrato il mozzicone di candela sul comodino e l'acciarino e con le dita che tremavano l'aveva accesa - voleva vederla. Prima di prenderla per sé, voleva vederne il viso, assicurarsi che anche per lei quello fosse piacere. Piacere condiviso.
Soprattutto voleva  poterla ritrovare il giorno dopo per farlo ancora ed ancora fino ad esserne sazio.

A quel punto si era bloccato. 

Era Oscar.


Si era svegliato di colpo, con una monumentale ed imbarazzante erezione, sentendosi stanco e svuotato. Riaddormentarsi gli aveva fatto paura - s'era sentito patetico: di notte, nei sogni, ogni uomo poteva essere quello che voleva, e lui, come il supplizio di Sisifo, pure nei sogni era costretto sempre allo stesso desiderio, sfiancante ed inutile come un macigno da spingere su per una salita. 
Non poteva sognare di essere un pirata che solcava libero i mari sotto la pioggia? Un falco che volava nel cielo? In un sogno si poteva fare qualunque cosa, pure baciare la Regina e lui... petali di rosa. Patetico.

S'era rivestito in fretta ed era uscito nel cortile a fissare l'alba pallida. Il freddo l'aveva colpito come uno schiaffo che lui lo aveva accettato con gratitudine.

Poi aveva preparato il vassoio per lei, rassegnato ad un'altra giornata che non sarebbe stata veramente sua, pallida imitazione di una vita.
Il sollievo del letto con una sola impronta - Fersen non l'aveva mai raggiunta, quindi - aveva lasciato in fretto il posto alla preoccupazione per le bottiglie e per la sua assenza.

Come un vecchio segugio, era uscito a cercarla.


Alla fine l'aveva scorta vicina al canale, là dove avevano visto Fersen qualche giorno prima, appena tornato dall'America - alto, biondo, occhi chiari, segni particolari: bugiardo. E lei gli era corsa incontro. Alta, bionda, occhi chiari, segni particolari: bellissima.

La osservò mentre caricava il fucile e sparava irritata alle oche selvatiche dal collo proteso - oltre 40 piedi, non avrebbe mai colpito il bersaglio, nessun fucile aveva quelle precisione. Avrebbe voluto gridarglielo, chiederle perché era così arrabbiata, ma si sentì ridicolo, proprio lui parlava di desideri inutili? Che consigli le avrebbe mai dovuto dare? Lui era tornato, erano passati anni da quando lanciava sguardi languidi a Maria Antonietta. Forse non valeva la pena - non valeva la pena - ma era tornato e cianciava di nuove possibilità e di bambini. Bugiardo, bugiardo, bugiardo.

Si accoccolò sui talloni poco distante da lei, appoggiandosi al tronco di un albero - l'aria di novembre aveva una consistenza sottile, quasi rarefatta, gonfia di pioggia rappresa e freddo. Gli alberi senza foglie gli parvero pieni di snodi, infiniti bivi, decisioni possibili che comunque non portavano a niente. Come la sua vita del resto.

Lei si voltò verso di lui e sussultò sorpresa. "Non ti ho sentito arrivare." poi gli si avvicinò. André ne osservò il pallore - era un poco oltre ciò che era considerato di moda, c'era qualcosa di traslucido. Troppo.
Dalla giacca estrasse una fiaschetta e gliela porse.

Lei bevve avidamente una lunga sorsata per poi sobbalzare ridendo "Ma è cioccolata!"

"Dire che di alcol ne hai avuto abbastanza." rispose severo.

Oscar sorrise come quando era ragazzina, una ragazzina spontanea e a suo modo affettuosa, e si accoccolò accanto a lui. "Si Nonnina..." disse con una vocetta compunta, prendendolo in giro.

"Non hai fatto colazione." la accusò irritato.

"No Nonnina. Ma che occhi grandi che hai."  proseguì con l'aria fintamente contrita

"E' il pasto più importante della giornata e ieri sera non hai cenato." e sei diafana in un modo che piace ai poeti ma non a me che sono solo un servo e ti striglio il cavallo.

Lei lo guardò da sotto in su, seducente con quegli occhi che sembravano un universo di stelle. "Se eri così preoccupato, potevi cenare con me... in camera mia. Ieri sera, intendo." si leccò le labbra screpolate dal freddo, poi aggiunse "Non ti avrei detto di no."

André si mosse a disagio ripensando a quando l'aveva vista lavarsi allo specchio. Si chiese se lei stesse alludendo a qualcosa tra loro, qualcosa di impensabile, qualcosa che non doveva assolutamente essere.
Subito scacciò il pensiero - molto probabilmente lo considerava come un bambino, con niente tra le gambe, nessun desiderio che lo potesse davvero infiammare, il caro vecchio André, il vecchio segugio che le era stato regalato da bambina e che da allora le faceva la guardia da sempre, accucciato ai piedi del letto. Uno davanti a cui spogliarsi era facile, perché non implicava niente, solo la confidenza fatta dalle mille volte in cui avevano dormito assieme fin da bambini. 

"Ti ricordi quando eravamo piccoli?" lei lo guardò ansiosa, "venivamo qui a caccia di anatre, e poi scendevamo giù al laghetto, vicino al canneto."

André annuì.

"Bei ricordi, vero?" lei lo frugò negli occhi con lo sguardo, lui si guardò intorno borbottando un si.
"Ci pensi mai?" chiese lei. André non rispose - era difficile starle dietro e conciliare la ragazzina rigida e un poco prepotente, che era stata, con la pazza che si spogliava senza pudore davanti al camino. Ritenne, così, che fosse più saggio tacere.

"Vedo che non hai i guanti." soggiunse Oscar, poi gli prese una mano, "Sono gelate, poi quando torniamo a casa le avvicinerai al fuoco, ti conosco, facevi così anche quando eravamo bambini. Ti faranno solo male, lascia che le scaldi tra le mie." 

"Si mammina,"  mormorò e la lasciò  fare.

"Che mani grandi che hai..." disse prendendolo in giro, ma lui le scoccò uno sguardo severo. Non gli sfuggivano i cerchi intorno agli occhi e di certo la testa le faceva male, ma come le era venuto in mente di bere ben due bottiglie di vino? A stomaco vuoto, per giunta? Per ingoiare le bugie di Fersen? O per dimenticarlo?

"Sono forti e morbide." aggiunse Oscar senza guardarlo, poi si tolse i guanti e gli strinse la mani, palmo contro palmo. "Va meglio così?"  chiese in un soffio. Ad André tornò di colpo in mente il suo sogno e meccanicamente incrociò le dita con quelle di lei, pensando che la sua pelle davvero era fatta di petali di rosa. Come i suoi seni alla luce delle candele. 
Sgomento si ritrasse borbottando che non era necessario - irritato cercò nei recessi di una tasca un vecchio paio di guanti di lana appallottolati e se li infilò con gesti sbrigativi. 
Non era timido, non era disinteressato, ma era orgoglioso e non voleva commettere errori. E non voleva che ne commettesse lei, ma cosa le era preso? O era lui che stava immaginando cose che non c'erano? Forse lei stava solo strofinando le orecchie del suo vecchio segugio, e poi gli avrebbe tirato un bastone per farglielo riportare. Patetico.



"E così eccovi qui." la voce di Fersen era allegra. Dall'alto del suo cavallo le guardò le cosce senza curarsi di dissimularlo - non somigliava affatto a Lancillotto, decise André spassionatamente, ma a Gargantua, un animale che non si sarebbe inginocchiato davanti al Santo Graal per adorarlo, ma lo avrebbe riempito di vino per poi ingozzarsene e ruttare.
Oscar si alzò in piedi senza fretta e Fersen seguitò ad osservarne le ginocchia magre ed i lunghi polpacci inguainati negli stivali. Poi, risalì irriverente fino al sedere "Siete bellissima," disse con ammirazione sincera. Poi smontò da cavallo.

André si ritrasse, allontanandosi in fretta da quei due. Era un uomo facile Fersen, con appetiti che non nascondeva: buon cibo, buon vino, belle donne. Sicuramente scopate rumorose. 
Il ricordo di lui sulle scale che la stringeva contro il muro, le mani avide sotto quella camicia slacciata ansiose di profanare il candore della sua pelle, e lei che non si offendeva, che non gli tirava un pugno, ma che anzi rideva divertita, lo colpirono dritto allo stomaco. Due ragazzini ubriachi che non sapevano che diavolo stavano facendo, accidenti a loro. Il motore del mondo. Accidenti a lei.

"Credo che dovreste tornare a casa. Tutti e due," disse severamente. "Si sta per alzare il vento. E quelle nuvole all'orizzonte non promettono niente di buono."

"Non hai anche qualche vecchio reumatismo che si fa sentire?" lo prese in giro Oscar irritata.

"Io invece volevo sparare a qualche anatra," ribatté Fersen deciso.

Oscar spostò lo sguardo tra i due uomini, come se li stesse soppesando, ed André si infilò irritato le mani in tasca "Vedo che avete fucili, munizioni e polvere da sparo. Non vi servo." disse con voce ferma. 

"Se resti ci fa piacere." disse Oscar pacata.

"Non aggiungerei nulla alla Vostra compagnia" poi aggiunse "Ho delle cose da sbrigare..."

"Tipo cosa? Cosa c'è di così urgente da fare?" insistette lei irritata.

"Svuotare pitali." rispose lui. Io non voglio essere Sisifo e desiderare ancora e ancora e di nuovo quello che non devo avere pensò. E non dovresti nemmeno tu con quell'animale.

Lei sobbalzò ed arrossì violentemente, le guance in fiamme.

Fersen rise.
   
 
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