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Autore: crazy640    27/08/2018    8 recensioni
SEGUITO DI "IL PAGAMENTO DI UN DEBITO"
I personaggi di Harry Potter appartengono a J.K. Rowling. NON permetto la pubblicazione della storia in altri siti.
"Hermione Granger-Malfoy osservò il via vai di gente che quotidianamente animava la stazione di King’s Cross dal proprio tavolino e, puntuale come ogni anno, il ricordo del suo primo arrivo in quella stazione riaffiorò alla sua mente: una ragazzina di undici anni, ancora una bambina, in mezzo ai propri genitori, spaventata a morte da quella novità inaspettata, ma allo stesso tempo elettrizzata per il nuovo mondo cui andava incontro.
A ripensarci adesso sembrava un’altra persona.
Tante cose erano successe dalla prima volta che aveva messo piede sul binario che l’avrebbe condotta a Hogwarts: aveva combattuto tante battaglie, personali e non, si era fatta degli amici che capivano la sua intelligenza e non ne erano spaventati, aveva conosciuto la paura, la rabbia, l’odio…l’amore."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Blaise Zabini, Ginny Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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it wont be long

 

"If I fell in love with you
Would you promise to be true
And help me understand
'Cause I've been in love before
And I found that love was more
Than just holding hands"

 

Prudence Malfoy entrò nella cucina del suo appartamento alla disperata ricerca di un caffè che la aiutasse a rimettere in moto il cervello. Quella notte aveva dormito cinque ore, un lusso che poteva concedersi raramente vista la sua vita frenetica di specializzanda al San Mungo e ora, in vista della giornata piena d’impegni che la attendeva aveva bisogno di qualcosa che la aiutasse a svegliarsi.

Si avvicinò al bollitore e, dopo averlo riempito, lo accese per poi con gesti lenti prendere una bustina di caffè decaffeinato solubile. L’attimo dopo, si avvicinò al tostapane e con un incantesimo non verbale lo mise in funzione: all’istante, due fette di pane si sistemarono tra le griglie e la temperatura si regolò automaticamente.

Proprio in quel momento, il bollitore iniziò a fischiare permettendole di versare l’acqua bollente nella propria tazza, controllando poi che ne fosse rimasta abbastanza per una seconda tazza.

Ben si sarebbe svegliato di lì a poco e, come lei avrebbe avuto un disperato bisogno di caffè.

Quando la sua colazione fu pronta, la ragazza prese il primo sorso di caffè della giornata, e soltanto dopo aver bevuto metà tazza, si sentì nuovamente un essere umano.

Ora era pronta ad affrontare una nuova giornata.

Sarebbe stata ancora più agguerrita se ci fosse stata anche una minima traccia di caffeina in quella bevanda, ma dopo tre mesi aveva quasi dimenticato il sapore di un vero caffè.

L’unica cosa che la consolava era sapere che stava facendo quell’enorme sacrificio per un’ottima ragione.

-Giorno babe-.

Una voce profonda, resa ancora più bassa dal sonno, la allontanò dai propri pensieri e la portò a voltare la testa verso destra posando lo sguardo su Ben, il suo ragazzo, che era comparso nello specchio della porta con indosso i pantaloni del pigiama e una vecchia t-shirt scolorita dai troppi lavaggi.

Prue gli rivolse un sorriso e fece i pochi passi che la separavano dall’uomo, posandogli un bacio veloce sulle labbra chiuse.

-Giorno babe- ripeté sorridendogli. – L’acqua è ancora calda-gli disse prima di tornare verso il tavolo, di nuovo concentrata sulla propria colazione.

Per alcuni istanti i due restarono in silenzio, entrambi ancora troppo assonnati per iniziare una conversazione, ma in quei pochi minuti Prue osservò attentamente Ben.

Fin dal loro primo incontro, era rimasta sorpresa della leggerezza dei suoi movimenti, dalla delicatezza che accompagnava ogni gesto di Ben e che non gli avrebbe mai attribuito visto il suo fisico possente; eppure Ben, era un vero e proprio “gigante buono”, un ragazzo capace di incutere timore con un solo sguardo ma dolce e premuroso con le persone cui teneva di più.

Si era innamorata di lui velocemente e senza neanche rendersene conto, mentre era impegnata a osservarlo lavorare in coppia con i loro colleghi o prendersi cura dei pazienti, specialmente quelli più piccoli.

Da piccola aveva sempre creduto che l’amore tra i suoi genitori fosse un amore irraggiungibile, che capitava una sola volta ogni secolo, ma da quando aveva incontrato Ben, aveva iniziato a ricredersi: fin dal loro primo appuntamento, Prudence aveva capito che l’uomo era la persona giusta per lei, quella che i babbani chiamano “anima gemella”.

Il tempo, soprattutto gli eventi degli ultimi mesi, le aveva dato ragione.

-Vuoi che ti prepari qualcos’altro da mangiare?-si sentì chiedere, ritornando presente a se stessa.

Prue scosse la testa, facendo ondeggiare i suoi boccoli castani attorno al viso.

-Sto bene così-lo rassicurò.

-Hai mangiato soltanto due toast…non è abbastanza per te e Pancake- le disse Ben, prima di prendere la propria colazione e dirigersi verso il tavolo.

Ben sistemò il piatto e la tazza alla destra di Prue e, prima di sedersi, si sporse verso di lei per posarle un bacio fra i capelli arruffati e, quando Prudence alzò la testa le baciò delicatamente le labbra.

-Stiamo bene- disse nuovamente lei. –Devi smetterla di essere così apprensivo- lo rimproverò bonariamente la ragazza.

Ben sospirò e si mise a sedere accanto a lei.

-E’ il mio lavoro preoccuparmi per voi.

Sono un medico. Oltre ad essere un futuro padre-commentò, l’uomo prima di portarsi la tazza di caffè alle labbra.

Prue sorrise nuovamente a quelle parole: già, stavano per avere un bambino.

Era stata una sorpresa per entrambi, ma fin da quando avevo scoperto dell’esistenza di quello che poi avevano soprannominato Pancake, non avevano avuto il minimo dubbio: sarebbero diventati genitori.

Erano consapevoli che non era il momento perfetto, visto che erano entrambi impegnati con il loro internato al San Mungo e i lunghi turni in ospedale, ma erano certi di riuscire a bilanciare i diversi impegni e il neonato.

Inoltre, non avevano il minimo dubbio che una volta resa partecipe la loro famiglia del loro segreto, tutti si sarebbero fatti in quattro per dar loro una mano.

-Anche io sono un medico e, dall’alto del mio sapere scientifico, posso affermare che è tutto a posto-lo prese in giro Prue.

Ben alzò gli occhi al cielo a quelle parole per poi scuotere la testa sconsolato, provocando una risata divertita da parte di Prudence.

-Non so davvero come faccio a sopportarti… poi adesso senza la tua dose giornaliera di caffè sei anche peggio- scherzò Ben.

-Perché mi ami follemente?- commentò ironica lei.

Come risposta, Ben alzò le spalle.

-Mh, forse è per quello-

La risata argentina di Prudence si diffuse nuovamente per la cucina, prima che la ragazza si alzasse in piedi e si sedesse sulle ginocchia del compagno, accolta subito dall’abbraccio sicuro di Ben che le circondò la vita con un braccio.

-Sei sexy quando ti preoccupi per me…-gli disse, accarezzandogli distrattamente i capelli.

Ben alzò un sopracciglio, un’espressione divertita sul volto.

-Veramente io sono preoccupato per Pancake.

Non vuoi che cresca forte e grande come il suo papà?-le domandò, flettendo i muscoli del braccio sinistro a dimostrazione della sua forza.

-Vi prego!- una voce s’intromise nel loro dialogo, portando entrambi a voltare la testa verso la porta della cucina.

Sadie, anche lei in pigiama, scosse la testa sconsolata di fronte allo spettacolo che si presentò davanti ai suoi occhi non appena mise piede in cucina.

-Non sono neanche le nove del mattino, potreste evitare di essere così sdolcinati?

Preferirei fare colazione senza essere colta da un improvviso attacco di nausea-aggiunse, agitando velocemente la bacchetta per preparare la colazione.

-Buongiorno anche a te Raggio di Sole-la salutò Prue, tornando a sedersi al proprio posto.

-Ho fatto un turno di quindici ore, non so neanche cosa sia il Sole-ribatté Sadie, lanciando uno sguardo all’amica.

Prudence e Sadie erano amiche fin da quando la ragazza aveva memoria. Le due erano inseparabili ed erano l’una l’opposto dell’altra: Prue aveva un umorismo cortese mentre Sadie aveva uno spiccato sarcasmo e un’ironia carica di doppi sensi; Prudence aveva una visione molto romantica dell’amore, anche grazie alla sua relazione con Ben, Sadie invece si dichiarava “allergica all’amore” totalmente focalizzata sul proprio lavoro e sul suo sogno di diventare un giorno un grande cardiochirurgo.

Entrambe però avrebbero dato l’anima per l’altra, sempre pronte a supportarsi e a confortarsi nei momenti difficili della loro vita e nessuna delle due era disposta a immaginare un futuro di cui l’altra non facesse parte.

-Tu adori i turni lunghi-le fece notare Prudence.

Sadie annuì, sistemando il pane tostato caldo su un piatto e iniziando a spalmarvi sopra il burro, mentre accanto a lei, un cucchiaino girava lo zucchero nel tea nero.

-Non c’è stato neanche un intervento! Mi sono occupata soltanto del reparto e dei post- operatori. Avrei speso meglio il mio tempo se fossi stata rinchiusa in caffetteria a servire caffè a zombie in camice bianco-commentò amareggiata la ragazza.

Sia Ben sia Prue risero alle sue parole, consapevoli di quanta verità fosse racchiusa in quella frase.

-Vedrai oggi sarai più fortunata-la rassicurò Ben, alzandosi in piedi e sistemando le proprie stoviglie nel lavandino. –Vado a farmi la doccia. A che ora dobbiamo essere in ospedale?-domandò poi rivolto a Prudence.

-Alle undici-

Ben annuì e si avviò verso la porta della cucina.

-Vi lascio al vostro pettegolezzo mattutino-disse, prima di sparire nel corridoio che lo avrebbe condotto al piano di sopra.

Prue ridacchiò e scosse la testa: era finita in una gabbia di matti!

L’attimo dopo riportò lo sguardo su Sadie e si accorse dello sguardo attento che l’amica le stava rivolgendo.

-Che c’è?-le domandò.

-Oggi è il gran giorno, giusto?-le domandò con un lieve sorriso sulle labbra.

Prue alzò gli occhi al cielo e annuì.

L’attimo dopo, Sadie si lasciò andare ad un grido di gioia totalmente inaspettato che fece sobbalzare Prue.

-Sei diventata completamente matta?-le chiese la mora.

-Finalmente! Sono due mesi che non vedo l’ora di liberarmi di questo segreto. Hai idea di quanta gente in ospedale mi ha fatto domande su di te?- aggiunse Sadie sedendosi accanto a Prudence intorno al tavolo.

-Non è una novità che il nostro ospedale sia un covo di pettegoli, comunque ti concedo il permesso di rispondere a ogni domanda ti facciano su di me o su Pancake- le disse.

-Sei tranquilla?-le domandò ancora Sadie, fra un boccone e l’altro.

Prue alzò le spalle.

Era terrorizzata: c’era una moltitudine di rischi in una gravidanza e sapere di aver superato il primo trimestre non la rassicurava.

Se avessero fatto di testa sua, quel bambino sarebbe rimasto un segreto fino al quinto mese, quando avrebbe avuto maggiori possibilità di essere sano e forte, ma allo stesso tempo Prudence sapeva che sua madre l’avrebbe disconosciuta se l’avesse tenuta all’oscuro di una cosa così importante per tutti quei mesi.

-Relativamente tranquilla. Ben si preoccupa abbastanza per entrambi, quindi cerco di pensare sempre al lato positivo di questa gravidanza.

Il bambino sta bene, le nausee sono sparite e oggi avremo una nuova foto da appendere sul frigorifero.

L’unica cosa che mi renderebbe veramente felice è una tazza di vero caffè - disse con un lieve sorriso.

Sadie sorrise a sua volta.

-Continua a sognare-commentò.

Nonostante il suo atteggiamento verso i rapporti amorosi, la ragazza era stata al settimo cielo per l’arrivo di quel bambino fin dal primo momento, scegliendo per se il doppio ruolo di zia e di madrina.

-Ora ti toccherà affrontare i tuoi genitori. Posso esserci quando farai il tuo grande annuncio? Non voglio perdermi la reazione dello zio Draco-disse Sadie con un sorriso divertito sulle labbra.

Prue abbassò leggermente la testa a quelle parole, quasi un peso mastodontico fosse caduto sulle sue spalle.

Amava i suoi genitori, sapeva che non avrebbe potuto chiedere di meglio, ma sapeva che per loro la notizia della sua gravidanza avrebbe avuto l’effetto di una bomba, specialmente per suo padre.

-Non voglio pensarci adesso. Voglio godermi queste ultime ore di pace prima della guerra-commentò allontanandosi alcune ciocche di capelli dal viso.

-Secondo me, tua madre scoppierà a piangere. Hai presente uno di quei pianti imbarazzanti che alle volte dobbiamo sorbirci dai parenti dei nostri pazienti?

Credo proprio che tua madre reagirà così.

Tuo padre piuttosto… Se fossi al posto di Ben, inizierei a temere per la mia vita-aggiunse chiaramente divertita dallo scenario che stava dipingendo.

-Sapevo di poter contare su di te per una parola di conforto-commentò con altrettanta ironia Prue.

-Vorresti che ti raccontassi una spudorata bugia? Dovresti saperlo ormai che non sono capace di mentire- ribatté l’altra.

Prudence rise, ma la sua ilarità scomparve velocemente quando si accorse dell’espressione seria comparsa sul volto di Sadie.

-Gli parlerai anche di quell’altra cosa?-le domandò con voce cauta.

Quello era un argomento che non affrontavano quasi mai.

C’era stato un periodo della loro vita, subito dopo la scoperta, che Prudence non aveva fatto altro che sviscerare ogni singolo aspetto di quell’enorme novità, cercando appoggio e conforto in Sadie, l’unica oltre a Ben, cui aveva parlato dei suoi dubbi.

-Forse… non lo so.

Durante questi tre mesi ho iniziato a farmi delle domande riguardo alla salute del bambino-.

-Che vuoi dire?-le domandò Sadie, corrugando la fronte.

-Questo enorme punto interrogativo sopra la mia testa avrà delle ripercussioni su mio figlio? Ci sono delle malattie genetiche, dei problemi di cui dovrei essere informata, in modo da essere pronta nel caso dovessero presentarsi?-le spiegò Prue, cercando di non agitarsi come le succedeva sempre quando affrontavano quell’argomento.

-Quindi vuoi parlarne con loro?-chiese nuovamente l’altra.

Prudence affondò le mani fra i folti riccioli castani e sospirò.

-Non lo so. L’unica cosa che so è che voglio delle risposte senza far soffrire nessuno. Credi che sia possibile?-le domandò, cercando lo sguardo dell’amica.

Sadie allungò un braccio sul piano del tavolo e strinse una mano in quella di Prudence.

Entrambe sapevano la risposta a quella domanda, quindi sia Sadie sia Prudence lasciarono che il silenzio si diffondesse nella cucina, consapevoli che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti di tranquillità prima del grande annuncio.

 

 

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Dal suo ritorno a Hogwarts due settimane prima, James si era lasciato trasportare da una girandola d’impegni che lo avevano distratto quasi completamente dalle lezioni giornaliere.

Come ogni anno, aveva dovuto riallacciare i rapporti con i suoi vecchi compagni di Casa e stringere nuove amicizie con gli studenti del primo anno; ristabilire la propria supremazia all’interno della Casa dei Grifondoro, ruolo che gli spettava di diritto visto il suo legame con il “Salvatore del Mondo Magico” Harry Potter. Inoltre aveva preso parte alla selezione dei nuovi giocatori della squadra di Quidditch e, infine nei pochi momenti liberi, aveva concesso la propria attenzione ad alcune ragazze che, come ogni anno, scalpitavano per ricoprire il ruolo di fidanzata del meraviglioso James Potter.

Questi impegni però, lo avevo distratto dal suo obiettivo principale: trovare suo padre.

James doveva trovare ed entrare in contatto con suo padre entro il suo diciassettesimo compleanno, in modo che lui fosse presente alla festa che sua madre e Blaise organizzavano ogni anno.

Riusciva quasi a immaginare la sorpresa che si sarebbe dipinta sui volti di tutti i suoi familiari quando avrebbero visto il grande Harry Potter entrare in quel covo di Serpi.

Sarebbe stato un compleanno da ricordare per tutta la vita.

Per realizzare il suo piano, però, doveva prima di tutto trovare il proprio genitore.

Nella terza settimana dal suo arrivo a Hogwarts, James iniziò a rinchiudersi in biblioteca attirandosi le prese in giro dei suoi amici, passando sempre più tempo sui volumi che si occupavano della Seconda Guerra Magica.

Lesse avidamente ogni minima informazione che riuscì a trovare su suo padre, la zia Hermione e un altro ragazzo, di cui non aveva mai sentito parlare, Ron Weasley, inorgogliendosi sempre di più a ogni azione coraggiosa compiuta da suo padre.

Dopo aver letto dell’avventura nella Camera dei Segreti, che aveva letteralmente salvato la vita di sua madre, James si domandò per l’ennesima volta come avesse fatto la donna a lasciare un uomo pieno di qualità come Harry: perché si era accontentata di una vita scialba e senza emozioni accanto ad una Serpe come Blaise?

Era una scelta veramente inconcepibile.

Quando ebbe consultato anche l’ultimo libro disponibile nella biblioteca, James si rese però conto di una cosa strana: le informazioni disponibili sul Salvatore del mondo magico si limitavano ai suoi anni a Hogwarts e alla sua lunga battaglia contro Voldemort.

Perché non esisteva un libro o una biografia che raccontasse la sua vita dopo Hogwarts?

Il fatto che James si trovasse lì in quella scuola, così come Albus, era la prova inconfutabile che Harry Potter non era perito in battaglia, quindi perché non si sapeva nulla sui suoi ultimi vent’anni?

Tormentato da quel dubbio, James si era avvicinato a Mrs. Ferguson, la bibliotecaria, e non appena questa aveva alzato lo sguardo sul suo volto, il ragazzo le aveva rivolto un sorriso cortese.

-Mrs. Ferguson, ho bisogno del suo aiuto. Ho guardato in tutti gli scaffali, ma non riesco a trovare il libro che sto cercando-disse a bassa voce.

-Di che libro si tratta?-gli domandò la donna.

-Sto cercando una biografia su mio padre-le disse.

La donna corrugò leggermente la fronte.

-Credo che troverà qualcosa nella sezione sulla Seconda Guerra…-iniziò.

James la interruppe scuotendo la testa.

-Ho già letto tutti i libri in quella sezione, ormai posso definirmi un esperto- rispose, con un sorriso seducente.

Sapeva che il sorriso era una delle sue armi vincenti: alle volte bastava un ghigno malizioso per ottenere tutto quello che voleva da una donna. Questa volta, però, Mrs. Ferguson lo osservò per pochi secondi, mentre la sua fronte si corrucciava maggiormente.

-Non capisco cosa sta cercando Mr. Potter - gli disse con voce seria.

-Beh, mi stavo chiedendo: nella nostra biblioteca abbiamo un libro che parli degli ultimi quindici, vent’anni della vita di mio padre? Sarei curioso di sapere se parlano anche di me-aggiunse continuando a sorridere, nella speranza che la sua richiesta sembrasse meno strana.

Ancora una volta, Mrs. Ferguson lo fissò per qualche secondo, poi l’atteggiamento della donna cambiò radicalmente: la bibliotecaria raddrizzò la schiena e il suo viso s’indurì in un’espressione di rimprovero.

-Farò finta di non aver sentito la tua richiesta Mr. Potter.

Questa conversazione non è mai avvenuta- gli disse.

-Ma Mrs. Ferguson…- tentò di rabbonirla James.

-Se proverai a chiedere nuovamente queste informazioni a un altro membro della biblioteca, sarò costretta a informare la Preside McGranitt-lo avvisò.

Quelle parole misero definitivamente fine alla conversazione.

James annuì e dopo aver salutato la donna, si avviò verso l’uscita della biblioteca.

Le risposte e soprattutto il comportamento di Mrs. Ferguson non avevano fatto altro che aumentare i suoi dubbi.

Perché la donna aveva reagito in quel modo a una semplice domanda? Cosa c’era di strano nel voler sapere qualcosa di più su suo padre?

Era una richiesta legittima!

Possibile che non ci fosse il minimo rispetto nei confronti di suo padre? Quell’uomo aveva rischiato più volte la sua vita per il bene della comunità magica, eppure quella vecchia strega sembrava aver ingoiato un rospo soltanto a sentire il suo nome.

Quell’atteggiamento era veramente vergognoso!

Ribollendo di rabbia, James s’incamminò a passi veloci per uno dei lunghi corridoi, senza neanche guardare dove metteva i piedi.

Sapeva che la sua ricerca non sarebbe stata facile e che avrebbe incontrato molti ostacoli sul suo cammino, ma non si aspettava di imbattersi nel primo problema così presto e proprio a Hogwarts.

Questo non lo avrebbe di certo scoraggiato: aveva ben chiaro il proprio obiettivo e avrebbe fatto qualunque cosa pur di raggiungerlo.

Presto avrebbe incontrato suo padre.

 

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Richard era convinto, fin dal momento in cui il Cappello Parlante lo aveva smistato nella Casa di Grifondoro, di essere finito nella Casa sbagliata.

Non si riconosceva per niente nella descrizione classica dei Grifondoro: impavidi, altruisti e alla ricerca della verità sopra ogni cosa.

Lui non era così! Chiunque lo avesse incontrato, anche soltanto per cinque minuti, avrebbe affermato senza ombra di smentita che lui non era proprio il Grifondoro ideale.

Innanzitutto era incredibilmente pigro. La sveglia ogni mattina per lui era un trauma, e alle volte anche compiere un’azione semplice come attraversare il giardino per arrivare alla Sala Grande era troppo faticoso.

James aveva provato più volte a convincerlo a presentarsi alle selezioni per la squadra di Grifondoro, ma come risposta aveva ottenuto soltanto un’espressione scioccata e un secco rifiuto.

Praticare dello sport? All’aria aperta? Decisamente troppo faticoso.

 

Ovviamente non si riconosceva neanche nel Serpeverde ideale e il suo disinteresse per alcune materie escludeva categoricamente anche la Casa di Corvonero. Probabilmente sarebbe stato un perfetto Tassorosso: in quella casa avrebbe passato sette anni diventando il Re della propria Casa, accerchiato da una schiera di fedeli ammiratori, studiando il necessario per superare gli esami, godendosi in tutta tranquillità i suoi sette anni a Hogwarts.

Invece il Cappello aveva riscritto il suo destino, mettendolo fra i Grifondoro.

Proprio grazie a quella decisione, la sua strada aveva incrociato quella di James Potter, il figlio del Grande Harry Potter.

Fin da subito era apparso evidente chi avrebbe assunto il comando della loro Casa e sarebbe diventato a tutti gli effetti, il Re di Grifondoro e Richard non aveva potuto fare altro che ritagliarsi il ruolo di migliore amico e di compagno di avventure.

Il buffone della Casa.

Richard non aveva problemi a ricoprire quel ruolo: aveva uno spiccato senso dell’umorismo e una pungente ironia che gli tornavano utili in molte situazioni diverse.

Inoltre la sua amicizia con James gli permetteva di vivere di gloria riflessa, senza doversi impegnare troppo.

James non parlava molto della sua famiglia; Richard sapeva che i suoi genitori erano divorziati e che sua madre da più di dieci anni era la compagna di Blaise Zabini, il direttore de “La Gazzetta del Profeta”.

Se James preferiva mantenere il silenzio sulla sua famiglia, non passava giorno senza che pronunciasse almeno una volta il nome del padre.

Il Grande Harry Potter.

Anche se l’uomo aveva lasciato la famiglia quando James era ancora bambino, il ragazzo era completamente innamorato del padre: aveva passato ore davanti alla bacheca dei trofei nella sala comune dei Grifondoro, osservando le coppe vinte dalla Casa grazie al padre, aveva letto ogni libro su di lui su cui era riuscito a mettere le mani, aveva approfondito le battaglie della Seconda Guerra Magica che avevano portato alla sconfitta di Voldemort e il ruolo fondamentale che suo padre aveva ricoperto in ogni battaglia.

Cercava di imitare il look del padre, ad eccezione degli occhiali ovviamente, arrivando ad assumere alcuni atteggiamenti che, ne era certo, suo padre aveva alla sua età, mostrandosi generoso e disponibile con gli amici e leggermente battagliero con i professori, specialmente con quello di Pozioni quasi volesse riportare in vita la vecchia rivalità tra il leggendario Professor Severus Piton e suo padre.

All’inizio, Richard aveva scambiato il comportamento di James nel tentativo di avvicinarsi a un padre perduto troppo presto, ma con il passare del tempo, approfondendo la sua conoscenza e con il rafforzarsi della loro amicizia, Richard era riuscito a capire molte cose.

Il comportamento di James poteva essere spiegato in parte dal desiderio di conoscere il padre- idolo che lo aveva abbandonato senza voltarsi indietro, ma allo stesso tempo era una sfida dichiarata e un rifiuto per la nuova famiglia che sua madre aveva costruito dopo il divorzio: Zabini era un Serpeverde e in maniera molto marginale aveva preso parte agli sbeffeggiamenti e agli atti di bullismo che suo padre aveva subito da parte dei verde-argento durante la sua infanzia e adolescenza.

Era chiaro che James imputasse alla madre la colpa di tutto: era stata lei a passare al nemico, costruendo una nuova famiglia e cancellando ogni traccia di Potter dalla vita dei due figli e impedendo ogni possibile contatto tra padre e figlio.

I suoi sospetti furono confermati un anno dopo con l’arrivo di Albus Potter a Hogwarts.

James aveva assistito alla cerimonia dello Smistamento con assoluta convinzione che suo fratello lo avrebbe raggiunto nelle fila di Grifondoro, ma le sue speranze si erano frantumate nel momento in cui il Cappello aveva urlato “Serpeverdesul groviglio di capelli neri.

Richard aveva osservato quel bambino alto e magro, dirigersi con incertezza iniziale e poi sempre con maggiore sicurezza verso il tavolo dei Serpeverde, e una cosa aveva colpito la sua attenzione: il sorriso sollevato che incurvava gli angoli delle labbra.

Grazie a quel sorriso, Richard aveva sentito un sentimento di empatia nei confronti di Albus, un sentimento che in quel momento non era riuscito a spiegare.

Durante gli anni grazie all’amicizia con James, aveva avuto modo di frequentare la sua famiglia e di conseguenza anche Albus e aveva scoperto che il ragazzo era l’opposto del fratello: mentre James voleva ripercorrere la strada già tracciata dal padre ed era propenso a scegliere una carriera di Auror oppure di giocatore di Quidditch, il sogno di Albus era diventare insegnante.

Nonostante fosse più giovane del fratello, Albus aveva ben chiaro il proprio futuro, almeno dal punto di vista professionale e, fin dal suo arrivo a Hogwarts aveva iniziato a gettare le basi che gli avrebbero permesso un giorno di realizzare il suo sogno.

Fin dal primo incontro con la famiglia di James e Al un altro particolare attirò la sua attenzione: il rapporto tra Albus e Blaise Zabini.

Aveva creduto che anche Albus avesse un rapporto conflittuale con il nuovo marito di sua madre, ma si era dovuto ricredere quando aveva visto con i propri occhi l’affetto che c’era tra i due.

Quando la sua amicizia con Al era diventata più profonda, Richard gli aveva chiesto se fosse stato difficile per lui affezionarsi a Zabini.

-E’ mio padre. L’unico che abbia mai conosciuto. Che importa se ha un cognome diverso dal mio?- aveva risposto con una saggezza che poco si adattava ai suoi quindici anni.

Richard non aveva saputo dargli torto e, stranamente, aveva iniziato a guardare sotto un’ottica diversa sia Ginny sia Blaise Zabini; si rese conto che per la donna non doveva essere stato facile affrontare la fine del suo primo matrimonio, soprattutto visto l’ombra ingombrante che un uomo come Potter si porta sempre dietro, ma era riuscita a rialzarsi ed era riuscita a far fronte alle sue necessità e a quelle dei due figli.

Dal canto suo, Mr. Zabini aveva avuto molto coraggio. Non doveva essere stato facile iniziare una storia con una donna ancora ferita per la fine del suo primo matrimonio, ma ciò che agli occhi di Richard era veramente degno di ammirazione era il modo in cui l’uomo avesse fatto da padre a quei bambini, con l’obiettivo di non far sentire loro la mancanza del grande Harry Potter.

In fondo, un uomo che abbandona la moglie e i propri figli senza comunicare più notizie di se poteva essere considerato un grande uomo?

Il suo smistamento nella Casa dei Grifondoro gli aveva quindi permesso di conoscere persone che altrimenti non avrebbe mai incontrato e di ottenere dei buoni risultati con poco sforzo.

 Richard, però, non si sentiva per niente un Grifondoro; infatti, fra tutte le qualità che non potevano mancare a un Grifondoro, Richard sapeva che la più importante era l’altruismo.

Qualità che a lui mancava completamente.

Forse era colpa della sua infanzia e dell’essere cresciuto con quattro sorelle ma Richard era l’egoismo fatto persona: se qualcosa o qualcuno attirava la sua attenzione, questo doveva essere suo.

Non ammetteva rifiuti.

Il problema era che ormai da quasi due anni ciò che desiderava sopra ogni altra cosa era Albus.

Il caro tenero Albus.

Come accidenti era finito in quel guaio?

Si era accorto che c’era qualcosa di strano due anni prima, durante la cena di Halloween che la scuola organizzava come ogni anno; più e più volte il suo sguardo era caduto sul tavolo dei Serpeverde, nella parte opposta della Sala Grande, osservando Albus impegnato in varie conversazioni con i suoi compagni di Casa.

Il destino aveva voluto che, una volta, i loro sguardi s’incontrassero e senza neanche rendersi conto di quello che stava per fare, Richard gli aveva fatto l’occhiolino, accompagnato da un sorriso malizioso che più volte aveva fatto centro con le sue conquiste.

In risposta a quelle attenzioni, Albus gli aveva sorriso: un sorriso radioso che aveva illuminato tutto il viso del ragazzo, prima che questi tornasse a voltarsi e a prestare attenzione alla conversazione in cui erano impegnati i suoi vicini.

Da quella sera, Richard si era ritrovato più volte a fissare Albus, oppure a guardare attentamente le sue labbra impegnate in una conversazione ritrovandosi a pensare che il ragazzino aveva labbra perfette, o peggio ancora a osservare le mani enormi in continuo movimento di Al e a chiedersi se la sua mano sarebbe completamente scomparsa quando Al l’avrebbe stretta tra le sue.

Aveva cercato di tenere a freno quei pensieri, facendo il cascamorto con tutte le ragazze che si mostravano anche solo minimamente interessate a lui, ma neanche questo sembrava essergli d’aiuto.

Stava impazzendo lentamente e non c’era alcun rimedio alla sua pazzia.

Il colpo di grazia era arrivato tre settimane prima alla stazione, quando al posto del ragazzo impacciato e mingherlino si era trovato davanti ad un dio greco.

Tutto merito dello sport!

Quel ragazzo voleva davvero la sua morte.

Perché doveva complicargli la vita in quel modo? Lo aveva fissato con i suoi occhi castani da cerbiatto, con lo stesso sorriso timido di sempre e Richard era stato ad un passo dall' afferrarlo per la t-shirt e baciarlo davanti a tutti.

Doveva mettere un freno, bloccare quei sentimenti prima che fosse troppo tardi.

Era uno dei migliori amici di Albus ed era legato anche a James, anche se il loro rapporto non era più stretto come durante i primi anni.

Non poteva perdere l’amicizia dei due ragazzi per colpa dei suoi ormoni in subbuglio.

Doveva assolutamente fare qualcosa, altrimenti avrebbe finito con il perdere tutto.

 

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Albus osservò la montagna di libri davanti a sé e si lasciò scappare un gemito.

Le lezioni erano ricominciate solo da tre settimane ed era già indietro con i compiti. Perché i Professori si accanivano su di loro in quel modo barbaro? Credevano veramente che sarebbero stati in grado di scrivere due tesine, studiare tre capitoli ed esercitarsi nei vari incantesimi di magia, trovando anche il tempo per mangiare e dormire?

Lanciando un ultimo sguardo disperato ai libri, si alzò dal tavolo che aveva requisito per se nella Sala Comune dei Serpeverde e si avvicinò al divano, dove incurante delle sue sofferenze Michelle era immersa nella lettura di un libro.

-Non ce la farò mai!- si lamentò, lasciandosi cadere a peso morto sul divano.

Michelle alzò lo sguardo dal libro che aveva tra le mani e lo guardò, notando per la prima volta la sua espressione sconsolata.

-Di che parli?-domandò poi.

-Non riuscirò mai a fare tutti i compiti. Questo vuol dire che quest’anno non avrò il massimo dei voti e quindi i miei G.U.F.O. saranno pessimi-riassunse brevemente il ragazzo.

Michelle ridacchiò.

-Assomigli sempre di più a mia madre-commentò divertita.

Albus si sistemò meglio sul divano e la fissò incredula.

-Perché tu non sei preoccupata? Anche tu hai gli esami quest’anno!- le ricordò, cercando qualcuno che condividesse il suo dolore.

La ragazza annuì, ma l’attimo dopo alzò le spalle.

-Per mia fortuna, ma anche di Ellie e Jude, Prue ha sempre ricoperto il ruolo di secchiona nella nostra famiglia. Neanche passando giorno e notte sui libri riusciremmo a eguagliare il suo successo. Ma capisco che per te è diverso-rispose serena.

-In che senso?-le chiese Al corrugando la fronte.

-Tutto si può dire di Jim, tranne che sia uno studente modello-rispose lei costatando un dato di fatto.

Albus sospirò sconsolato.

Purtroppo Michelle aveva ragione: James era un ragazzo estroverso, un ottimo giocatore di Quidditch e sicuramente un giorno avrebbe trovato un lavoro che gli avrebbe permesso di mettere in mostra le proprie capacità, ma non era quello che si definiva un secchione.

-Perché proprio io? E se volessi essere anch’io uno scansafatiche?-le domandò ancora.

Michelle lo fissò qualche istante, poi gli rivolse un sorriso dolce.

-Vorresti farmi credere che non stai impazzendo sapendo di avere una montagna di cose da studiare e poco tempo per farlo? Non preferiresti essere seduto a quella scrivania circondato dai tuoi libri piuttosto che qui accanto  a me?-gli domandò lei conoscendo già la risposta.

Albus sospirò e chiuse gli occhi: Michelle lo conosceva troppo bene, quindi non aveva bisogno di nessuna risposta.

Cercando un po’ di conforto, Albus si avvicinò alla ragazza e gli posò la testa sulla spalla sinistra, nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla e il collo; l’attimo dopo, le dita di Michelle affondarono tra i suoi capelli accarezzando le ciocche ribelli in un gesto calmante.

-Perché non vai a cercare Richard? Lui riesce sempre a calmarti quando sei in questo stato- gli propose la ragazza.

-E’ impegnato con Andrea Kipling. Li ho intravisti mentre stavo tornando qui- le disse cercando di non lasciar trasparire la rabbia.

-Oh…-disse Michelle voltando leggermente la testa verso di lui.

-Già.

Anno nuovo, vecchie abitudini. Non è passata neanche una settimana dal suo arrivo a Hogwarts ed è già ricominciata la caccia.

Secondo te quante ragazze si faranno ammaliare dal suo fascino quest’anno?-le domandò un tono acido nella voce.

-Albus…Devi smetterla!-lo ammonì l’altra.

Infastidito, Albus si allontanò da Michelle e si alzò in piedi, fermandosi davanti a lei, sentendo scorrere nelle vene un’energia nervosa.

-Io devo smetterla? Lui corre dietro ad ogni ragazza ed io devo smetterla?

Perché non vai a dirlo a lui?-ribatté Al cercando di tenere a freno la propria rabbia.

-Ti sfugge un particolare fondamentale in questa situazione: Richard è single.

Può fare quello che vuole, anche portarsi a letto tutte le ragazze della Casa di Grifondoro-gli fece notare con voce calma.

-Quindi dovrei restare a guardare come un povero idiota?-ribattè ancora Al.

Michelle alzò le spalle.

-Oppure potresti dirgli cosa provi per lui. Non avevi detto che questo era l’anno in cui gli avresti parlato?-gli ricordò lei.

La rabbia che fino a quel momento aveva animato Albus scomparve all’istante, lasciando il posto allo sconforto.

Michelle aveva ragione. Durante l’estate, forse spinto dai subdoli cambiamenti che avvenivano nel suo corpo, Albus aveva deciso di farsi coraggio e di parlare a Richard dei suoi sentimenti.

Voleva confessargli che era innamorato di lui, fin da quando era ancora un ragazzino idiota incapace di rendersi conto di quello che gli stava succedendo, di spiegarsi perché il suo cuore aumentasse i battiti ogni volta che Richard incontrava il suo sguardo o gli sorrideva.

Ovviamente non sarebbe stato facile e Albus era consapevole del rischio che correva con quella confessione, ma durante quelle settimane di lontananza era deciso a dichiararsi al suo ritorno a Hogwarts.

Ma ormai erano passate tre settimane, il loro rapporto d’amicizia era sempre lo stesso e Albus non sapeva come affrontare l’argomento.

-Servirebbe a qualcosa dirgli cosa provo per lui?-le domandò dando voce al dubbio che lo attanagliava e lo faceva restare sveglio la notte.

Ancora una volta Michelle alzò le spalle, uno sguardo dolce simile a quello che Albus aveva visto tante volte negli occhi della zia Hermione.

-Forse. O forse no.

Richard potrebbe dirti che ricambia i tuoi sentimenti oppure ringraziarti e dirti che ti vede soltanto come un amico.

Non lo saprai finché non apri bocca e non dai voce a quello che provi.

Quale altra alternativa hai? Ricoprire il ruolo di migliore amico e osservarlo mentre passa da una ragazza all’altra per il resto della sua vita, sperando che non incontri il grande amore? Vivere il resto della tua vita con il dubbio?

E’ veramente un’alternativa del cazzo-commentò spietata come al suo solito.

Albus sospirò e annuì lentamente.

Già, era proprio un’alternativa del cazzo.

 

__________________________________

 

-Buongiorno Sexy Sadie-

Sadie sentendosi apostrofare con quel soprannome si voltò verso destra e si trovò a faccia a faccia con il Dr. Scott Dean.

 All’età di trentadue anni, Scott Dean era uno dei responsabili più giovani del San Mungo, uno dei medici più preparati dell’ospedale e sicuramente la persona da avere accanto nei momenti di crisi.

L’uomo aveva passato diversi anni all’estero, partendo con organizzazioni di volontariato, e da queste esperienze era tornato con un grande bagaglio di conoscenze sia dal punto di vista organizzativo che personale.

Nei due anni che lo conosceva, da quando il Dr. Dean aveva assunto il comando del pronto  soccorso del San Mungo, le volte in cui Sadie lo aveva visto perdere la calma si contavano sulla punta delle dita, e ogni volta si era trattato di situazioni in cui la sicurezza dei membri dell’ospedale era a rischio.

Nel caos dell’ospedale, Scott e il suo atteggiamento zen erano un istantaneo calmante per Sadie.

La ragazza aveva sentito un’immediata affinità con il responsabile e la cosa sembrava reciproca visto che, nonostante le poche occasioni in cui si erano ritrovati a lavorare insieme, non passava giorno senza che i due non si ritagliassero un po’ di tempo per raccontarsi gli avvenimenti più importanti della giornata o semplicemente bere una tazza di caffè insieme.

Essendo completamente sincera con se stessa, Sadie doveva ammettere che l’aspetto fisico dell’uomo aveva contribuito non poco alla nascita e all’evolversi della loro amicizia.

L’uomo aveva origini scozzesi, com’era facilmente intuibile dai capelli e dalla barba rosso fuoco che gli copriva le guance e il mento; ogni volta che Sadie posava lo sguardo sul suo volto, restava affascinata dalla sua bocca, con il labbro inferiore leggermente più carnoso di quello superiore e soprattutto dagli occhi grigi.

Più di una volta si era ritrovata a pensare che neanche lo zio Draco aveva occhi tanto belli.

Scott aveva un’altezza nella media, ma il suo fisico era compatto e muscoloso, retaggio dei suoi anni passati in giro per il mondo, dando l’impressione di avere forza sufficiente da spostare una montagna soltanto con una mano.

-Buongiorno anche a te. Non te l’hanno mai detto che non è carino fare commenti del genere a una donna?-gli domandò rivolgendogli un piccolo sorriso.

Scott inarcò un sopracciglio a quelle parole, chiaramente confuso.

-Io non ho alcun problema a essere chiamata Sexy ma altre ragazze potrebbero considerarla una molestia-gli spiegò.

Scott ridacchiò.

-Sexy Sadie è il titolo di una canzone. Non l’hai mai sentita?-le disse chiarendo l’equivoco.

Dandosi mentalmente dell’idiota, Sadie scosse la testa.

-Dimentico sempre che hai vissuto tutta la tua vita nella comunità magica-commentò ancora Scott. –Ti perdi il meglio che il mondo babbano ha da offrire-aggiunse.

-Ovvero? Cosa c’è d’interessante in un mondo senza magia?-.

Scott rise divertito, per poi avvicinarsi a lei e assumere per qualche istante un’espressione pensierosa.

-Fammi pensare… La musica, l’arte, il cibo.

Sono sicuro che resteresti piacevolmente colpita dalle meraviglie del mondo babbano-le disse fissandola con un lieve sorriso a distendergli le labbra.

Sadie restò in silenzio alcuni istanti, sviscerando velocemente le parole dell’uomo alla ricerca di qualche doppio senso: era una velata proposta?

Le stava chiedendo di approfondire la loro amicizia?

Allontanando lo sguardo dal suo per posarlo sulla cartella che aveva continuato a tenere tra le mani per tutta la durata della loro conversazione, Sadie sospirò.

-Dimentico sempre che tu sei di una famiglia mista… Sei sicuro di aver ricevuto la tua lettera di ammissione da bambino e di non esserti soltanto infiltrato a Hogwarts?

A sentirti parlare ti si scambia facilmente per un babbano-lo punzecchiò per riportare la conversazione su un argomento neutrale.

Ancora una volta, Scott rise, attirando l’attenzione di un paio d’infermiere che si trovavano a poca distanza da loro.

-Se vuoi posso mostrarti la mia cravatta di Corvonero- rispose l’attimo dopo.

Sadie alzò gli occhi al cielo.

-Ti prego la Casa dei topi di biblioteca. Ora si spiegano molte cose-lo provocò.

-Ehi! Non mi sembra di aver mai offeso la Casa delle Serpi-la punzecchiò a sua volta Scott.

-Eravamo i migliori! Non c’è niente che potresti dire che mi farebbe cambiare idea-ribatté ancora Sadie con un sorriso smagliante.

L’uomo sorrise nuovamente per le sue parole.

-Devo tornare dai miei pazienti quindi sarà meglio rimandare questa discussione a un altro momento, non vorrei mi lanciassi contro un incantesimo per aver detto la cosa sbagliata- le disse cercando il suo sguardo.

Sadie sorrise.

-Lo sapevo che sarei riuscita a convincerti- commentò ironica.

-Per il momento resto fermo sulle mie idee, ma non è detto che tu non riesca a convertirmi davanti ad una birra.

L’alcool fa vedere tutto da un’altra prospettiva- disse, facendo un passo indietro, la mente già parzialmente rivolta verso i suoi pazienti, ma lo sguardo sempre fisso sul volto di Sadie.

-Oh… Ok-disse Sadie colta di sorpresa.

Scott le rivolse un ultimo sorriso prima di voltarle le spalle e avviarsi a passi veloci verso una corsia del pronto soccorso.

Sadie lo osservò finché la sua figura non si perse fra quella dei pazienti e del personale e soltanto allora si voltò e si avviò a passi svelti verso la mensa, dove era certa di trovare la coppia prima che i due iniziassero il turno.

Prudence! Aveva bisogno del parere di Prudence!

Cosa le era venuto in mente? Com’era potuto succedere?

Un attimo prima erano impegnati nel loro classico sparring fatto di battute ironiche e l’attimo dopo aveva accettato di uscire con lui per bere una birra.

Perché era caduta comunque nella trappola di quegli occhi grigi, anche quando aveva cambiato argomento nel momento esatto in cui la conversazione si era fatta troppo intima?

Doveva trovare Prudence! Doveva parlarne con lei e trovare un modo per riparare a questo errore colossale senza rovinare la sua amicizia con Scott.

Una volta arrivata nella mensa, le bastò guardarsi intorno per individuare il tavolo al quale erano seduti Prue e Ben, il vassoio del pranzo davanti a loro.

-Devo parlarti!- le disse una volta arrivata al loro tavolo.

Prudence alzò leggermente la testa per posare lo sguardo sul volto dell’amica e aggrottò subito la fronte.

-Va tutto bene?-le domandò.

-No! E’ successa una catastrofe di proporzioni bibliche!-disse Sadie sedendosi accanto all’amica.

Prue voltò la testa verso Ben, concentrato sul proprio pranzo, e ricevette una scrollata di spalle in risposta dall’uomo.

Dopo aver vissuto insieme alle ragazze per più di due anni, Ben aveva imparato che Sadie aveva una naturale tendenza all’esagerazione, soprattutto quando il problema interessava la sfera affettiva.

 Prudence era perfetta per riportare ogni problema di Sadie nella giusta prospettiva, facendo capire alla ragazza che quello che sembrava una difficoltà insormontabile era invece facilmente risolvibile.

C’era anche un’altra cosa che Ben aveva imparato in quei due anni di convivenza: durante quelle sedute, quando gli era impossibile dileguarsi come in quel caso, doveva restare nel più completo silenzio e non gli era permesso lasciarsi andare a considerazioni o esporre il proprio pensiero.

In quei momenti Sadie era incredibilmente vulnerabile, anche se avrebbe ucciso chiunque avesse anche solo osato accennare alla sua fragilità, ed era capace di ferire mortalmente una persona con poche parole.

-Di quale catastrofe stiamo parlando?-domandò Prue all’amica.

Sadie si nascose il viso tra le mani e si lasciò scappare un gemito d’insofferenza.

-Credo di aver accettato un invito…- iniziò.

-Che genere d’invito?- la esortò ancora Prue.

-Un invito a uscire con Scott-ammise la mora.

Quelle parole furono seguite da un lungo silenzio, talmente prolungato che Sadie si scoprì il volto e portò lo sguardo sull’amica, sorprendendosi quando la vide sorridere chiaramente divertita.

Portando brevemente lo sguardo su Ben, vide che anche le labbra dell’uomo si erano distese in un sorriso accennato, altrettanto divertito.

-Non capisco cosa ci troviate di divertente in tutto questo- chiese a entrambi.

-Era ora! Stavo iniziando ad avere dei dubbi sulla tua capacità di giudizio- commentò Prue continuando a sorridere.

Sadie corrugò la fronte.

-Ma di che diavolo parli?-le domandò.

Prue alzò gli occhi al cielo e rivolse una veloce occhiata a Ben che, per la seconda volta, si limitò ad alzare le spalle.

-Ok, cercherò di essere il più chiara possibile.

Non sono sorpresa che Scott ti abbia chiesto di bere qualcosa dopo il lavoro, perché ero certa che sarebbe successo fin dal primo momento che voi due siete diventati amici-le spiegò.

Sadie, allibita, spalancò gli occhi a quelle parole.

-La gravidanza inizia a farti male… Scott ed io?- le domandò poi ancora incredula.

Prudence annuì.

-Non ti ho mai visto così rilassata in presenza di un uomo come quando sei con lui; riesce a farti ridere anche quando hai avuto una giornata difficile o non hai assistito neanche a un intervento.

Hai idea di quante volte ti ha portato il caffè quando avevate lo stesso turno?-le domandò poi.

-Questo non vuol dire nulla!-ribattè Sadie, mentre nella sua mente ritornavano chiaramente tutte le volte in cui Scott l’aveva sorpresa con quel gesto inaspettato.

-Ah davvero? Ben ha fatto la stessa cosa per tre mesi prima di trovare il coraggio di chiedermi un appuntamento-le fece notare l’amica.

Sadie lanciò uno sguardo verso l’uomo e lo vide annuire.

Colta nuovamente dallo sconforto, la ragazza scosse la testa con veemenza.

-Ma io non sono te!-le disse tornando a guardare l’amica.

-Potrei offendermi, sai?- le disse Prudence divertita dalle parole dell’altra. –Ma ti conosco troppo bene e so perfettamente cosa vuoi dire.

Per questo ti chiedo di riflettere con calma un attimo: credi veramente che in questi anni Scott non abbia capito chi sei?

Se ha deciso di chiederti di uscire l’ha fatto sapendo perfettamente che la tua vita ruota intorno alla medicina, che probabilmente non c’è niente che ami di più della sensazione che provi ogni volta che entri in una sala operatoria.

E’ stato un gesto veramente coraggioso-aggiunse Prue.

-Stiamo parlando di un Corvonero! A stento sa cos’è il coraggio!-ribatté l’altra provocando una risata nell’amica.

Prue restò qualche istante in silenzio, lasciando all’amica il tempo per scendere a patti con i propri sentimenti.

-Non ti ha chiesto di andare a vivere insieme o di sposarlo-le disse Prue poco dopo. –Esci con lui, cerca di capire se l’alchimia che c’è tra voi quando siete in ospedale sopravvive anche al di fuori di queste quattro mura.

Che male c’è in una birra tra amici?-le domandò infine.

Sadie incontrò gli occhi dell’altra e soltanto con quello sguardo rispose alla sua domanda e, mossa dall’espressione sincera dell’amica, Prudence si sporse leggermente verso di lei e le prese una mano, stringendola tra le sue in un gesto rassicurante.

Prudence aveva ragione: non c’era nulla di male nell’uscire con un amico dopo il lavoro. La situazione si complicava quando quella persona non era un semplice amico, ma era diventato velocemente qualcosa di più.

Sadie era spaventata dalla possibilità che la loro amicizia naufragasse miseramente dopo quell’appuntamento, ma allo stesso tempo era terrorizzata dall’idea che il loro incontro fosse perfetto, che tutto andasse a gonfie vele tra loro complicando ancora più le cose.

Se, come sospettava, la chimica tra lei e Scott fosse stata forte anche durante il loro appuntamento, cosa avrebbe fatto?

Sarebbe stata capace di mettere da parte il suo primo e finora unico amore, la medicina, per lasciar posto a un nuovo amore?

 

 Salve a tutti! Sono tornata una settimana prima del previsto! ^_^

Agli inizi di settembre avrò un esame quindi ho pensato di postare adesso il capitolo, piuttosto che farvi aspettare altri 10 giorni.

Prima di tutto, vorrei ringraziarvi per le recensioni e dare il bentornato a coloro che seguivano 10 anni fa "Il pagamento di un debito". Ammetto che dopo tutti questi anni non ero sicura di trovare qualcuno ancora interessato al sequel di quella storia e devo dire che mi avete lasciato piacevolmente sorpresa.

Ma allo stesso tempo devo fare una precisazione: recentemente ho ricevuto una recensione a "Il pagamento di un debito" in cui, tra le altre cose, mi si accusava di voler descrivere sotto attraverso degli occhiali rosa la "vendita di una donna e di una bambina" leggittimando così un atto disdicevole come il traffico di esseri umani.

Questa non era ASSOLUTAMENTE la mia intenzione.

Non lo era nel 2008 quando ho scritto la prima FF, ne lo è adesso con questo sequel. Chiedo scusa se qualcuno di voi ha avuto all'epoca o recentemente la stessa impressione rileggendo "Il pagamento", perchè ripeto, MAI mi sarei sognata di giustificare un'azione disdicevole come il traffico di esseri umani e ad essere sincera l'idea non mi è mai neanche passata per la mente.

Un'altra "accusa" fatta in quella recensione è stato l'enorme numero di errori grammaticali, ortografia e battitura. Questa volta non posso dare torto alla ragazza che ha scritto la recensione: durante questi anni, mi sono ripromessa più volte di rivedere attentamente i 35 capitoli che compongono la FF, ma non ho mai avuto il tempo per vari motivi. Anche in questo caso, chiedo scusa e vi ringrazio per non avermi mandato lettere piene di insulti per i tanti errori duranti questi anni. Prometto che farò del mio meglio per rivedere e correggere i vari capitoli della FF.

Ora per le note più piacevoli: al momento ho già scritto 6 capitoli di questo sequel( anche se il 6 si sta rivelando molto lungo e ostico). Contrariamente alla FF originale, non sarà un fiction lunghissima, anche a causa dei miei impegni universitari e, anche se tutti i personaggi compariranno in un modo o nell'altro, le linee narrative saranno soltanto 4.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di ortografia e di battitura.

La frase ad inizio capitolo è tratta da " If I fell" dei Beatles, mentre il titolo è preso da una canzone omonima sempre dei Beatles.

Vi lascio una foto per Scott, il collega di Prue e Sadie:

https://pbs.twimg.com/profile_images/692538690908864512/DZUlZ8c6_400x400.jpg

Ed ora i ringraziamenti: Claralala(Bentornata e Grazie per la tua costanza! Spero solo di non deluderti con questo seguito dopo anni di attesa), Germana(Bentornata! Mi ricordo di te! ^_^

Grazie per la perseveranza avuta in tutti questi anni nel rileggere le storie...Davvero non ti hanno mai annoiato? Quasi tutti i personaggi presenti nella 1 FF torneranno anche qui, ma ovviamente non posso dirti di più altrimenti ti rovinerei la sorpresa. Per quanto invece rgarda "What I did for love", si spero un giorno di continuarla, perchè ho ben chiaro come voglio concludere quella FF, ma devo riscrivere quasi interamente gli ultimi due capitoli perchè la storia proceda e adesso ho poco tempo...Magari un giorno riuscirò a terminare anche quella), Jiuliee(Grazie per i complimenti! Hai indovinato, più o meno... Si concentrerà principalmente sulla young generation, ma vedremo anche i vecchi personaggi. James è un personaggio particolare, in continua evoluzione: quando ho iniziato a scrivere avevo un'idea sul suo percorso, ma andando avanti ho cambiato completamente strada e anche per m è una continua sorpresa. Come sa chi ha letto le mie storie, Albus è il mio preferito e credo che lo sarà sempre. ^_^), RTT(Grazie per i complimenti! Spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento), Isabel1(Grazie per i complimenti! Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensi!),ElizabethEowyn(Bentornata e Grazie per i complimenti! So che ritrovare Prue adulta è un grande shock, l'ho sperimentato in prima persona, ma in questo modo abbiamo modo di vedere la splendida persona che è diventata grazie agli insegnamenti di Draco ed Herm. Eh già, il titolo della FF è un grande aiuto, ma può anche portare fuori strada: posso solo dirti che il passato è un arma, e può fare enormi danni. Sei l'unica ad aver notato l'assenza di Amy, quindi Complimenti! Tranquilla, la sua assenza verrà spiegata più avanti).

Ok, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Buon ritorno a scuola e, per chi come me è all'università, buona sessione d'esame.

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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