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Autore: Abby_da_Edoras    28/08/2018    8 recensioni
Questa mia storia è una long fic ispirata agli avvenimenti di Infinity War. La storia inizia legandosi alle storie su Steve e Bucky che avevo scritto tre anni fa, riallineando ciò che è accaduto in Civil War secondo la mia versione e preparando la strada a quello che dovrà succedere in Infinity War. Si tratta però di una storia AU, in cui tengo conto solo marginalmente dei film e faccio andare diversamente molte cose: Visione ha una premonizione del futuro e perciò avvertirà in anticipo tutti gli Avengers del pericolo rappresentato da Thanos, spingendoli a rimanere uniti e a combattere insieme.
Nella mia storia le ships saranno:
Steve/Bucky
Stark/Parker
Grazie a chiunque seguirà questa mia storia.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori dell'universo cinematografico Marvel e a chiunque ne detenga i diritti.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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Capitolo 13: Your body is a battleground

 

One for your heart for your head
One for every monster under your bed
Kill the pain
Your body is a battleground
And chemicals are scattered round
Your body is a battleground
But don't think you can do without
Your body is an industry
Your pain nothing but gain to me
Your body is an industry
You can't break free
You can't break free…

(“Your body is a battleground” – Delain)

 

La mattina era arrivata troppo presto.

Questo pensò Tony Stark, svegliandosi nella sua stanza con Peter teneramente accoccolato tra le sue braccia e ancora profondamente addormentato.

Accarezzando i capelli del ragazzo, Tony si concesse di rivivere ogni istante della sera e della notte precedenti, quella magica danza tra le stelle, la gioia e la spensieratezza negli occhi e nel sorriso di Peter, gli scherzi, le risate e poi… la dolcezza infinita dell’intimità, quell’abbandono tenerissimo di Peter in lui.

E quel giorno, con ogni probabilità, sarebbero dovuti andare su Titano.

La sera prima era sembrato tutto facile, tutto roseo: l’entusiasmo di Peter lo aveva coinvolto e anche lui aveva iniziato a pensare che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero sconfitto Thanos, ma adesso… adesso l’angoscia tornava a tormentare il cuore di Stark.

Non poteva accettare che succedesse qualcosa a Peter, semplicemente non poteva.

E no, non sarebbe successo. Sarebbe andato tutto bene. Avrebbero sconfitto Thanos e poi lui si sarebbe dedicato a rendere felice quel ragazzino che gli aveva cambiato la vita. Lo avrebbe portato a vedere tutta la maratona cinematografica di Star Wars al cinema. Se lo sarebbe portato a casa e avrebbe creato per lui mille novità per la sua tuta… non aveva detto che gli sarebbe piaciuto volare? Avrebbero trascorso nottate a guardare film dell’orrore stravaccati sul divano, mangiando pop-corn… e lui si sarebbe divertito a spaventare Peter per poi stringerlo forte tra le braccia.

Doveva pensare a questo, al loro futuro insieme, altrimenti non ce l’avrebbe fatta.

Riluttante, si decise a svegliare il ragazzo, chiamandolo gentilmente, baciandolo sulla fronte e scrollandolo appena.

“Ah… eh? Chi c’è… Oh, buongiorno, signor Stark!” anche al risveglio, Peter era un dolcissimo raggio di sole.

E lui non avrebbe permesso che quel raggio si spegnesse. Mai e poi mai.

 

Quando gli Avengers si ritrovarono in sala riunioni, il Dottor Strange aveva un’espressione cupa in volto e, al solo vederlo, Stark sentì una morsa di angoscia assalirlo. Era dunque giunto il momento? Quella notte di spensieratezza e gioia era stata l’ultima oasi di felicità concessa a lui e a Peter?

“Thanos ha conquistato la Gemma dell’Anima e presto sarà qui. Dobbiamo teletrasportarci su Titano al più presto per mantenere quel poco vantaggio che abbiamo” esordì lo stregone in tono grave.

“Shuri è stata in gamba, le Gemme sono già pronte, almeno questa è una buona notizia” disse Steve cercando di risollevare il morale ai compagni, caduti in un cupo silenzio. “Penso che dovremo prendere le nostre armature e prepararci per il trasferimento.”

Gli altri Avengers annuirono, ma con ben poca convinzione. Adesso che il momento era vicino, ognuno di loro rivedeva nella mente le immagini del sogno indotto da Visione e sentiva venir meno la speranza di una conclusione positiva della missione. Così gli eroi si diressero verso il laboratorio dove erano custodite le loro tute e armature, mentre T’Challa e Shuri restavano indietro a parlare con il Dottor Strange.

“Cosa ne sarà di mia sorella?” domandò T’Challa allo stregone. “Dovrà venire anche lei su Titano ed esporsi al pericolo? Oppure tornare in Wakanda? Ma, se torna al nostro Paese, come farò a sapere che anche lei non… non svanirà come altre persone?”

Il giovane aveva uno sguardo molto cupo e preoccupato e sembrava sentirsi responsabile per averla in qualche modo coinvolta in quella terribile battaglia.

“Shuri deve restare sulla Terra, dove sarà al sicuro” rispose Strange. “Thanos e il suo esercito non attaccheranno il pianeta, poiché le Gemme che desidera saranno con noi su Titano. Tua sorella potrà tornare in Wakanda, se lo vorrà, oppure restare qui, nell’Avengers Tower, dove sarà protetta.”

“E chi mi assicura che lei non scomparirà? Ho parlato con Rogers, so come agirà Thanos e…”

“Shuri non corre alcun pericolo” lo interruppe lo stregone, fissandolo profondamente negli occhi. “Posso assicurartelo io stesso, perché ho già avuto visioni del futuro e in nessuna di esse tua sorella sarà colpita da Thanos.”

Non gli disse che, al contrario, aveva visto che lui sarebbe svanito, così come molti degli Avengers, ma T’Challa dovette leggerlo nel suo sguardo, perché si strinse nelle spalle e poi salutò Shuri con un lungo abbraccio.

“Allora va bene così” tagliò corto. “Shuri, sei libera di scegliere se tornare al nostro Paese o rimanere qui fino… al nostro ritorno.”

“Rimarrò qui ad aspettarti” promise la ragazza, ricambiando l’abbraccio del fratello. Anche lei aveva avuto un brutto presentimento mentre ascoltava le parole di Strange, ma non disse niente.

Nel frattempo, gli Avengers si erano armati e, poco per volta, stavano facendo ritorno nella sala riunioni.

Stark e Peter, però, avevano fatto in modo di attardarsi per avere ancora qualche attimo da soli, prima di partire per quella missione che aveva tutte le caratteristiche per definirsi suicida. Tony aveva finto di voler spiegare al ragazzo come funzionava la nuova tuta che aveva messa a punto per lui e Peter gli aveva retto il gioco.

Era straziante per entrambi trovarsi di nuovo lì, con i dispositivi pronti all’uso, e ripensare alla sera precedente, quando tuta e armatura erano state solo un pretesto per un indimenticabile viaggio nel cielo, una danza tra le stelle piena di gioia e spensieratezza. Adesso, invece, avrebbero dovuto indossarle per andare a combattere contro Thanos, su un pianeta sconosciuto e ostile, e non potevano sapere come sarebbe andata a finire…

Tony, in particolare, non si decideva a premere il pulsante del Reattore Arc che aveva sul petto, quasi illudendosi che, se non avesse fatto niente, il tempo si sarebbe fermato e Peter non avrebbe dovuto rischiare la vita su Titano.

“Signor Stark” gli disse il ragazzino, sfoderando tutto il suo ottimismo, “dobbiamo raggiungere gli altri, ci staranno aspettando. Stia tranquillo, io sono sicuro che andrà tutto bene. Abbiamo cambiato molte cose e questo avrà per forza delle conseguenze anche sul futuro. Non ha mai visto quella serie TV sulla macchina del tempo, Timeless?”

Stark guardò con tristezza il dispositivo che Peter teneva in mano e che emetteva una pulsante luce blu.

“Avrei dovuto sistemartelo, fartelo portare al polso come fosse un orologio… non ne ho avuto il tempo” mormorò.

“Lo farà quando torneremo” lo incoraggiò Peter, cercando di esibire un sorriso sincero. Anche lui era preoccupato, ma voleva convincersi a tutti i costi che sia lui sia il signor Stark sarebbero tornati sulla Terra sani e salvi. “E poi, magari, troverà perfino qualche nuovo accorgimento per la mia tuta… lei ha sempre un sacco di idee!”

“Ho molte cose in mente da fare con te quando torneremo” replicò Tony, soprappensiero, poi dovette rendersi conto di essersi ancora una volta espresso molto male e si corresse subito, dandosi mentalmente dell’idiota. Diamine, non era da lui fare quelle figuracce, cosa gli stava succedendo? “Sì, cioè, volevo dire che voglio lavorare ancora alla tua tuta e poi avevo pensato che potremmo fare una maratona di quei film e di quelle serie TV che ti piacciono tanto e poi…”

Peter scoppiò a ridere, ma divenne rosso fino alla radice dei capelli, perché anche lui, questa volta, aveva colto l’allusione involontaria di Stark…

“Ma certo, signor Stark, quando avremo sconfitto Thanos potremo fare tutto quello che ci pare… almeno fino al prossimo nemico!” disse, in tono scherzoso.

“Vorrei che tu potessi restare al sicuro” confessò poi Stark, cingendo la vita del ragazzo con le braccia e attirandolo a sé.

“Non sarei al sicuro nemmeno sulla Terra, signor Stark, ha sentito cosa ha detto lo stregone, no? E poi è anche mio dovere dare una mano per neutralizzarlo: come potrei fare l’amichevole Spiderman di quartiere se… non ci fosse più un quartiere?” ribatté Peter, sforzandosi di mantenere un tono disinvolto.

Tony sapeva che il ragazzo aveva ragione, erano ormai sei anni che sapeva che non ci sarebbe stata né pace né sicurezza fino a quando Thanos non fosse stato eliminato. Quel Titano pazzo doveva morire, altrimenti non sarebbe esistito alcun futuro felice per lui, per Peter e per nessun altro dei suoi amici. Per un attimo ebbe il fugace ricordo di un altro sogno, un sogno che aveva fatto molto prima di quello inviatogli da Visione, ancora prima di incontrare Peter… tutti i suoi amici morti e lui, l’unico sopravvissuto, completamente solo e consapevole che era stata tutta colpa sua.

No, no, non doveva pensare a quegli incubi. Doveva essere concentrato, come al solito.

Questa volta avrebbero distrutto Thanos per sempre e poi… e poi lui e Peter sarebbero stati insieme, avrebbero continuato a lottare fianco a fianco, godendosi i momenti felici proprio come avevano fatto la notte prima.

Tony si chinò su Peter, lo strinse più forte a sé e lo baciò con un’intensità disperata, come se volesse fondersi con lui, inebriarsi di lui, conservare sulle labbra il suo sapore prima di affrontare una battaglia dall’esito incerto. Sentì la bocca morbida e dolce del ragazzo schiudersi per accogliere quel bacio sempre più intimo, i loro respiri che si confondevano, i loro corpi che si aggrappavano l’uno all’altro per non perdersi nell’oscurità della paura.

Poteva essere il loro ultimo bacio per molto, molto tempo…

Ma non era il momento per i pensieri negativi. Stringersi e baciarsi a quel modo diede forza e speranza a entrambi, ognuno trasse coraggio dal calore e dal contatto con l’altro e, quando si staccarono, sia Tony sia Peter erano più sereni, pronti finalmente ad affrontare la loro missione.

Premettero il dispositivo e la tuta di Spiderman e l’armatura di Iron Man si materializzarono sui loro corpi, lasciando scoperte solo le teste, almeno per il momento.

“Porca paletta, questa tuta nuova è davvero una figata…” si lasciò sfuggire Peter, preso da un momentaneo entusiasmo.

Il commento spontaneo e inopportuno del ragazzino fece, suo malgrado, sorridere anche Tony. Prese sottobraccio Peter e si avviò con lui verso la sala riunioni dove gli altri Avengers li attendevano.

“Ricordi la regola, vero, ragazzo? Dovrai stare a non più di tre passi da me” scherzò Stark.

“Mi sembrava fossero cinque!”

“Non provare a contrattare con me, ti avverto…”

“E va bene, tre!” sorrise Peter.

Un avvenire oscuro e ignoto li attendeva, ma ciò che contava, per loro, era essere insieme. Insieme avrebbero saputo affrontare qualsiasi pericolo e difficoltà.

Fine capitolo tredici

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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