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Autore: steffirah    28/08/2018    2 recensioni
Sakura va avanti con la sua quotidianità, convinta di avere già tutto ciò di cui ha bisogno, nonostante sembri esserci un piccolo vuoto da riempire nella sua vita. Prova a farlo acquistando un libro per bambini, cercandovi una risposta, ed effettivamente sarà proprio esso a dargliela, facendole conoscere l’amore. Così nel corso di un anno, a partire da un incontro avvenuto casualmente in un treno, capirà di aver finalmente trovato quel pezzo che le mancava.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Un po' tutti | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La mia piccola magia, la mia grande fortuna

 
 
Alla fine sono crollata a telefono, ma stando al messaggio di buongiorno che mi ha mandato stamani Syaoran-kun, sembra che lui sia stato ancora abbastanza lucido da staccare la chiamata – dopo essersi accertato che mi fossi definitivamente addormentata. E così proprio oggi che si era deciso unanimamente di andare ad Hachiōji per la festa dei ginkgo mi sveglio in ritardo. In previsione di ciò mi ero già preparata ben tre sveglie, ma a nulla sono servite perché poi otou-san è dovuto venire a svegliarmi a forza, scuotendomi per ridestarmi, circa mezz'ora prima che avessimo appuntamento per prendere il treno. Pertanto, come d’abitudine, ho dovuto fare i salti mortali e corse olimpioniche per potermi lavare, vestire, fare colazione al volo, raggiungere la stazione e non perdere il mezzo.
Ovviamente è bastato uno sguardo degli altri a farmi intendere che avevano capito tutto, conoscendomi, per cui mi sono scusata a lungo, mortificata per questo mio ritardo perenne, rassettandomi soltanto una volta sedutici in treno. Finalmente ho il tempo di rispondere a Syaoran-kun e ne approfitto per informarlo anche del vagone in cui ci troviamo; intanto Tomoyo-chan mi aggiusta i capelli scompigliatisi durante la corsa, mentre Naoko-chan racconta che qualche anno fa ha scritto una short story ispirata proprio all’Hachiōji Ichou Festival. Non oso immaginare di cosa tratti, anche se un po’ sono curiosa, ma il timore che possa essere qualcosa di spaventoso mi trattiene dal chiedere di più e, fortunatamente, dopo pochi minuti basta l’apparizione di Syaoran-kun a distrarmi.
Si accomoda nel posto libero accanto a Yamazaki-kun, di fronte a me, e io lo ammiro in silenzio, col suo bel maglione di una calda e confortevole tonalità di marrone, simile al legno che brucia in un camino, al di sopra di una camicia verde scuro e un pantalone altrettanto scuro. Come sempre, ogni volta che lo guardo mi sembra di vedere la Terra stessa: il mondo intero è tutto racchiuso in lui.
Posa lo sguardo su di me dopo aver salutato tutti e il suo sorriso si allarga, attorcigliandomi e sciogliendomi le budella.
Ricambio con tutta me stessa ma, dato che il viaggio è lungo e non posso rimanere troppo imbambolata, facendo così una figuraccia davanti agli altri, entro non appena mi si presenta l’occasione nel discorso generale.
Si parla non so per quale ragione dei momiji, dopodiché Yamazaki-kun spiega che l’acero è il simbolo della bandiera del Canada perché molti espatriati dal Giappone portarono con sé quegli alberi che, sin dai tempi antichi, erano venerati per le loro foglie scarlatte, essendo il rosso legato alla prosperità. Gli chiedo, interessata, come abbiano potuto portare quegli enormi alberi con sé fino ad un altro continente e lui racconta che fu costruita una nave enorme, simile all’arca di Noè, ma invece delle specie animali come nella storia religiosa cristiana – di cui, confesso, conosco poco e niente – ogni spazio vuoto fu riempito di vasi con gli aceri trapiantati, tanto che chi vedeva quella gigantesca imbarcazione a distanza era colpito dal bagliore rosso che emetteva persino sul ponte. Così riuscirono a fuggire dalla depredazione dei pirati, pensando questi ultimi che quel colore rosso fosse dovuto alle fiamme e che fosse quindi ormai troppo tardi perché un incendio già la aveva inghiottita.
«Pertanto approdarono sani e salvi sulle coste americane e decisero di ringraziare ulteriormente quella pianta che li aveva protetti, imprimendone una foglia sulla vela di quella nave che, da quel momento in poi, sarebbe stata la loro bandiera.», conclude.
Sia io che Syaoran-kun lo guardiamo affascinati, sebbene lui commenti dubbioso: «Mia sorella vive in Canada, però non mi aveva mai raccontato una storia del genere. Forse non la conosce.» Gli rivolge uno sguardo grato nell’aggiungere: «Grazie per averla condivisa.»
Yamazaki-kun si apre in un sorrisone pieno di soddisfazione e Chiharu-chan, seduta all’altro lato, gli si avventa addosso, stavolta tirandogli con forza le guance.
«Non ti vergogni neppure un po’ di fronte alla sua innocenza?»
«Ma è il tratto migliore di Li!», riesce in qualche modo a dire, liberandosi della sua presa.
Syaoran-kun alza un sopracciglio mentre Rika-chan, Naoko-chan e Tomoyo-chan ridacchiano, scuotendo la testa.
«Siete impossibili.», commenta una.
«Non cambierete mai.», aggiunge l’altra.
Sorrido a quelle battute, rammaricandomi un po’ del fatto che non sia potuta venire anche Akiho-chan oggi con noi. Si sarebbe sicuramente divertita. Tuttavia quando  Tomoyo-chan le ha esteso l’invito, lei ha risposto che non poteva partecipare perché già aveva in programma di fare una visita di cortesia ad alcuni suoi conoscenti qui in Giappone. Mi fa piacere sapere che, a differenza di Syaoran-kun, almeno lei non si sia trasferita tutta sola e abbia delle persone cui appoggiarsi in caso di bisogno. Ovviamente ciò vale anche per noi. Seppure ci conosciamo da pochi mesi siamo già diventate buone amiche e la cosa mi rende estremamente felice.
Quando giungiamo a destinazione ci rechiamo prima di tutto a vedere la sfilata delle auto d’epoca, ringraziando l’essere riusciti a farcela in tempo nonostante il mio essere ritardataria.
Successivamente, sempre immersi in quell’atmosfera retrò, pranziamo comprando il cibo offerto in diversi stand gastronomici. Sebbene non faccia freddissimo si è proposto inizialmente di mangiare l’oden, ma nel timore che potessero aggiungervi del konnyaku sia io che Syaoran-kun abbiamo storto il naso. Non vogliamo di certo rischiare.
Alla fine, quindi, invece di acquistare cose liquide – onde evitare di rovesciarne il contenuto nel muoverci continuamente da un posto all’altro – optiamo per gli yakitori e i takoyaki. Ce li gustiamo per strada, esplorando le diverse bancarelle e assistiamo poi a diversi spettacoli di taiko e yosakoi. Durante quest’ultima il mio piede, inevitabilmente, comincia a battere a tempo con la musica, senza che possa controllarlo. Un sorriso affiora sul mio viso, riempiendomi di nostalgia.
«Waah, natsukashii!», esclamo, facendomi sentire.
«È dai tempi dell’ultimo festival sportivo che non ne vedevo una.», sorride Chiharu-chan, emozionandosi.
«Eseguiste questo tipo di danza?», chiede Syaoran-kun, interessandosi.
«Sì.», conferma Chiharu-chan. «Fu divertente inventare la coreografia, neh?»
«Assolutamente sì! Peccato che non facciamo più questo genere di attività all’università.», mi rammarico.
«Almeno voi lo avete fatto! Nel nostro liceo non abbiamo mai realizzato esibizioni simili.», interviene Rika-chan.
«Il vostro era un istituto femminile, giusto?», richiama Tomoyo-chan per lei e Naoko-chan.
Loro confermano mentre io ricordo il giorno in cui, dopo che ci eravamo presentate tutte, parlammo delle nostre rispettive scuole e si sorpresero entrambe nello scoprire che avevano frequentato la stessa, senza mai incontrarsi.
«Sarebbe bello vedervi eseguire questa danza.», sorride Naoko-chan, illuminandosi.
«Tranquillizzatevi, ho il video di quel giorno!», garantisce Tomoyo-chan, facendo loro l’occhiolino. Non ne dubitavo.
Ridacchio, tornando a guardare lo spettacolo, godendomelo, e quando finisce ci fermiamo a comprare dei ginan, prima di ritornare sul viale Koshu. Questa è la prima volta che Syaoran-kun li sente nominare, per cui gli spieghiamo che si tratta dei frutti del ginkgo e Chiharu-chan ci tiene a precisare che solitamente non hanno un buon odore, ma dopo che vi si toglie il seme e si estrae la parte carnosa diventano deliziosi.
«Vengono cotti in diversi modi e, come immagino sia usanza anche in Cina, non è raro trovarli anche grigliati.»
«Sarà anche un’usanza, ma a casa mia non li abbiamo mai mangiati.», replica Syaoran-kun, studiandoseli per bene prima di assaggiarli.
«No?», chiediamo tutte e due, sorprese.
«Però non sono male.», commenta, dopo averne ingoiato uno. «Meglio che nelle medicine, comunque.», aggiunge con repulsione.
«Questo senz’altro!», ride Naoko-chan e Rika-chan rievoca di una volta in cui da piccola assaggiò uno sciroppo con l’estratto di ginan e allora dovette necessariamente tapparsi li naso per buttarlo giù perché l’odore era veramente sgradevole.
«Non essere fine, ammetti che era disgustoso.», interviene Yamazaki-kun, alzando un dito. «Ma è tutto fatto apposta per evitare che venga colto.»
«Ecco che ci risiamo.»
Chiharu-chan si porta una mano alla fronte e Tomoyo-chan sorride beffarda, avvicinando per qualche ragione la videocamera al mio viso, imbarazzandomi.
«Al di là di ciò, sapete che c’è una specie del ginkgo chiamata biloba?», cambia argomento Yamazaki-kun, senza concludere quel che stava dicendo. «È un riferimento alla divisione in due lobi delle foglie a forma di ventaglio.»
«Questa cosa è vera.», dichiara Chiharu-chan, non nascondendo la sorpresa, che le si palesa nel formare una “o” perfetta con le sue labbra. Ma, in maniera repentina, la sua espressione muta, mostrandosi immediatamente sospettosa.
«Mia cara, lo sai che dico sempre la verità.», ribatte lui con fare teatrale.
«No comment.»
Scoppiamo a ridere e lei scuote la testa, chiedendo a Syaoran-kun: «Li-kun! Passando a cose più interessanti e pur sempre restando in tema, in cinese il ginkgo si chiama yín… qualcosa. Era “argento e albicocca”, giusto? Quindi… “yínxìng”?» Lui annuisce e lei esulta, avendolo finalmente ricordato. «Lo sbagliavo sempre!»
Scoppio a ridere, raccontandogli di quando la lăoshī ci insegnò i nomi delle piante e noi convintissimi dicevamo che si pronunciasse “yinkuo”, visto che noi lo chiamiamo “ichou”.
«Però ci siete andate vicine, visto che si può anche chiamare “yínguŏ”, “frutto d’argento”.»
«Lo vedi Sakura-chan, sono un genio incompreso!»
«Anche se,», aggiunge immediatamente, «lo si usava di più in passato.»
Lei sospira abbattuta mentre Syaoran-kun, sentendosi probabilmente in colpa (anche se senza ragione) cerca di consolarla. Sorrido osservandoli, notando quanto si sia integrato bene con tutti. Ne sono così lieta.
Sposto lo sguardo solo nel rendermi conto che Tomoyo-chan continua imperterrita a zoomare sul mio viso e guardo altrove, abbassando gli occhi sul tappeto dorato ai nostri piedi.
Ammiro gli alberi che costeggiano il viale, così brillanti nelle loro chiome e mi rendo conto che, dopotutto, anche l’autunno è una bella stagione, così ricca di colori accesi, con quest’aria frizzante ma piacevole. A modo suo, pure essa segna un passaggio. Qualcosa finisce, qualcos’altro sopravvive, come quei fiori che proprio adesso cominciano a sbocciare, facendo i dispetti alla primavera. E anche se molte cose si spegneranno non sarà per sempre, perché questione di pochi mesi e sarebbero tornate, più vive di prima.
L’anno sta quasi per giungere al termine e ora, mentre mi guardo attorno, nell’ambiente che mi circonda, con tutte queste risate e i sorrisi delle persone a cui più tengo, mi chiedo se sia questa la magia cui faceva riferimento il biglietto della fortuna il primo dell’anno.
O forse è qualcosa di ancora più straordinario nella sua pochezza, qualcosa che il mio piccolo principe mi dona, approfittando di un momento in cui restiamo indietro rispetto al gruppo perché, come tanto tempo fa, dopo che mi incanto nelle mie elucubrazioni lui penetra nel mio campo visivo, riportandomi alla realtà col suo splendido sorriso, per porgermi un piccolo ventaglio dorato.
«Vale come fiore?», domanda un po’ impacciato, facendomi sorridere.
Poggio le mie dita sulle sue, stringendo il sottile stelo della foglia con delicatezza.
«Vale molto di più.»
Come ogni volta che sono preda di un interrogativo, lui sembra mostrarmi la risposta ad esso, per cui forse è proprio questa la mia piccola magia, la mia grande fortuna.
 
 


 
Angolino autrice:
Buongiorno! Eeee manca solo l'epilogo! (Ne sono felice ma anche un po' triste).
Bando alle ciance, passo subito alle spiegazioni: 
Hachiōji è una città che fa parte dell’agglomerato metropolitano di Tokyo, il momiji è l'acero palmato, i taiko sono i tamburi e la yosakoi è una danza tipica esguita durante i festival ed eventi vari in tutto il Paese.
Per quanto riguarda il cibo, l'oden è un piatto invernale, una minestra che prevede la cottura di vari ingredienti (ad es. il daikon - ossia una varietà di ravanello -, uova, tofu fritto e appunto il konnyaku, che già vi dissi essere una pianta) in un brodo fatto col katsuobushi (tonnetto secco e alghe konbu). Gli yakitori sono spiedini di pollo alla griglia, mentre i takoyaki sono polpette di polipo.
Traduzioni: natsukashii = che nostalgia!, lăoshī = equivalente di "sensei" (quindi prof/professoressa).
Alla prossima e grazie infinite a chi ha avuto la forza di andare avanti per ben 100 capitoli! 
  
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