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Autore: Stella_Potter394    28/08/2018    3 recensioni
[...]Un altro giorno, ancora. Mi chiedo ancora come abbia fatto a non diventare pazzo nelle mie condizioni, credo che se non avessi avuto una ragione per resistere, qualcosa, un pensiero, a cui aggrapparmi adesso sarei già scivolato da tanto nella pazzia o, peggio, avrei chiesto pietà e allora avrei dovuto vuotare il sacco. Solo al pensiero rabbrividivo. No, non avrei mai fatto nessuna delle due opzioni a costo di morire qui, da solo, solo per proteggerli.
Come un futuro può essere cambiato. Un intreccio di ricordi, sensazioni, sguardi e sentimenti che (spero) vi sorprenderà: è la storia di Jenna e di lui. Lui che le è sempre vicino e che deve proteggerla.
entrate e scoprirete il loro mondo
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12
 


«Va meglio?» chiesi dal mio posto sul divano, osservando Jenna mentre preparava del tè caldo, come piaceva a lei.

Quando ero arrivato a casa sua e l'avevo trovata a piangere sul pavimento, il cuore mi si era stretto in una morsa dolorosa. Odiavo vederla piangere, perché tutte le volte che succedeva mi sentivo impotente, incapace di fare qualsiasi cosa che potesse farla stare meglio. 

Inconsciamente mi ero avvicinato a lei, aspettandomi di vederla rialzare velocemente le sue barriere. Sorprendendomi, però, aveva lasciato che l'aiutassi a sopportare quel dolore che le opprimeva il cuore. 

L'avevo stretta forte a me, cullandola, incurante delle lacrime che mi bagnavano la maglietta, sentendola così fragile tra le mie braccia.

Jenna era quel tipo di persona che avrebbe fatto di tutto pur di far star meglio chi le stava cuore, ma che si teneva tutto dentro fin quando non arrivava al limite. Esprimere i sentimenti, per lei, era una cosa molto privata che le richiedeva un'immensa fiducia nell'altra persona.  

La vidi annuire e poi prendere le due tazze che aveva preparato, porgendomene una.
«Spero che lo zucchero vada bene. Attento che è bollente.» mi avvisò, lasciandomi un sorriso leggero che raggiunse di poco i suoi occhi ancora rossi. 

Si sedette in silenzio accanto a me, la tazza bollente a riscaldarle le mani. Volevo  sapere cosa fosse successo ma non volevo darle fretta, quindi mi limitai ad aspettare, soffiando piano sulla bevanda.

«Grazie per... per prima.» esclamò improvvisamente, facendomi voltare il capo nella sua direzione, scoprendo che teneva lo sguardo basso mentre le sue gote erano arrossate. Sorrisi. 

Lei nella mia vita era così familiare che pensavo di conoscere tutti i suoi tratti a memoria, invece alcune volte mi sorprendevo ad osservare un tratto nuovo, che fosse questo un rossore, un'espressione buffa, un luccichio nello sguardo, mi ritrovavo ad ammirarlo attentamente.

«Non so cosa mi sia preso...» si morse un labbro, scuotendo piano la testa. «Ad un tratto è diventato tutto buio e la paura mi ha assalita. Non riuscivo a muovermi, o a pensare, o perfino a respirare.» continuò, quasi in panico. Io non osavo interromperla, non smettendo di osservarla. «Poi tutto è divenuto troppo luminoso, ma era una luce rassicurante, mi faceva sentire protetta.» si fermò un attimo, forse per riordinare i pensieri, bevendo un piccolo sorso di tè. «Mi è sembrato come se in passato fossi stata parte di quella luce ma che mi sia allontanata da questa per molto, molto tempo. Non... non capisco perché sento tutte queste cose. Sento un vuoto dentro, come se mi fosse sempre mancato qualcosa che solo adesso ho scoperto mancasse. Vorrei crogiolarmi nelle lacrime e chiedere perdono ancora e ancora, non so a chi o a cosa o il perché e...» si ferma e si volta a guardarmi, gli occhi resi lucidi da lacrime non versate. «Non mi capisco. Non capisco, Cameron. Per favore, dimmi perché sento tutto questo.» finì, quasi implorante. 

Sospirai guardandola, gli occhi lucidi e rossi che non mi lasciavano andare, tenendomi incatenato a lei, il labbro inferiore sottoposto ad una tortura dai suoi denti, e i suoi capelli scuri scompigliati. Senza pensarci avvicinai una mano per spostarle una ciocca dietro l'orecchio, indugiando per un momento sulla sua guancia, incantato dall'effetto della mia mano scura e piena di piccoli taglietti sulla sua pelle candida e soffice. La sentii trattenere il fiato e, lentamente, ritrassi la mano.

«Quelli come noi vengono chiamati Discendenti della Luna.» iniziai così le mie spiegazioni. La vidi sgranare gli occhi, evidentemente non si aspettava che gliene parlassi davvero.

«Il nostro è un popolo antico come gli anni del mondo. Si dice che fu la Luna  stessa a crearci grazie alla sua Luce. Una Luce pura, eterea e immortale che, oltre a donarci la vita, ci affidò anche il difficile compito di vegliare sul mondo con la sua energia.» mi fermai un attimo per mettere in ordine i pensieri. Era difficile raccontare quello che eravamo stati, sapendo quello che ci era successo nel tempo. 

«All'inizio il nostro solo scopo nella vita era quello che Lei ci aveva affidato. Vivevamo secondo le Sue leggi e nella Sua Luce. Questi primi uomini erano i diretti Figli della Luna, coloro che si erano crogiolati nella Luce per molto tempo. Ma, col tempo che avanzava, questo cambiò. 
I Figli di Luna lasciarono questo mondo per tornare alla Luna stessa e rimasero le generazioni future, quelle che, pian piano, persero le loro origini.
Con loro crebbe anche l'avidità del nostro popolo, ormai stufo di dover solo combattere contro i demoni del mondo. Crearono posti nascosti nel tempo, dove la Luce veniva oscurata dalle barriere di quei luoghi. Vennero creati incantesimi per aumentare la propria forza e disporre più facilmente dell'energia affidataci, non curandosi di contaminare una cosa sacra con quelle azioni. Quel legame che avevamo con la Luna andò assottigliandosi giorno per giorno.» mi fermai per prendere un sorso del liquido ambrato, ormai tiepido.

«I Discendenti della Luna...» capì Jenna, guardandomi e aggrottando le sopracciglia.
«Esatto. Non figli diretti, ma discendenti della loro Luce.» risposi alla sua implicita domanda. 

«Col tempo, quegli uomini cominciarono ad essere egoisti e a non voler aiutare il fragile equilibrio del mondo, in questo modo i demoni cominciarono a camminare sulla terra, tra gli umani, senza che il nostro popolo facesse niente per fermarli, lasciando l'umanità a sé stessa, rinchiudendoci nella nostra dimensione.» 

Alzai lo sguardo dalla tazza, finendo poi la bevanda in due sorsi. La vidi elaborare quello che le avevo appena detto, la sua tazza ormai posata sul basso tavolino.
«Quindi la luce che ho sentito questa sera era in realtà la Luce di cui tu stai parlando.» dedusse. Al mio cenno d'assenso continuò: «ma... perché fino ad oggi non ne sapevo niente? Insomma, per quanto questo legame si sia logorato, non si dovrebbe esserne almeno a conoscenza? Perché io non conosco niente di tutto questo e di... di queste energie?»  chiese cercando il mio sguardo che, prontamente, distolsi.

«Non... non saprei. La Luce in te esiste ed è forte, per questo osservarla ti ha lasciato nostalgica, ma nella tua famiglia, non riesco a scorgerne nemmeno un po'. Forse il loro legame era così lieve che si è spezzato.»  conclusi giocherellando con la tazza.
«In pratica, come se avesse saltato diverse generazioni.» continuò imperterrita. Annuii distrattamente. 

«Cameron» alzai lo sguardo al suo richiamo, incontrando i suoi occhi chiarissimi. Emanavano piccoli riflessi di luce che mi incantarono. «quindi i miei... la mia energia era come bloccata, giusto?»
Le rivolsi un lieve sorriso, annuendo. «Esatto. Erano bloccati, ma sei riuscita a svincolarli in una qualche maniera a me sconosciuta, e ad utilizzarli al momento più appropriato. Purtroppo, a causa di questo sblocco improvviso, hai attirato le attenzioni di qualcuno che era meglio non svegliare.»

Inclinò di poco la testa, arricciando le labbra e aggrottando le sopracciglia. «Che intendi dire?»
«Ecco... ti ho raccontato di come il nostro popolo è diventato sempre più corrotto. In questi ultimi diciannove anni ha subito delle grandi rivoluzioni. La Luna stessa è stata rinnegata da persone che vogliono il potere tutto per sé. Il Lui di cui ti ho parlato due settimane fa, e che ha tentato di ucciderti, sta cercando energia ovunque. Brama quel potere e ne vuole essere il Signore. 
Molti di noi, coloro che non vogliono sottostare a qualcuno di così spregevole, abbiamo ormai imparato ad ostruire volontariamente la nostra energia per non essere presi dal suo esercito, costituto da Ombre e demoni, oltre che da tanti Discendenti. 
Lui... ha bruciato le nostre case, ucciso le nostre famiglie e ci ha costretti a dividerci e a nasconderci. Capisci? Il nostro popolo, nato per combattere il male, adesso deve sottostare ad esso.» risi sprezzante, solo il pensiero mi faceva rabbia. Aveva distrutto tutto. 

«Il fatto che tu abbia usufruito di questa energia, deliberatamente e in così grande quantità, ha attirato la sua attenzione. Per questo ti sta cercando, ed è per questo che non sei al sicuro.» risposi anche ad una domanda che sicuramente avrebbe fatto, dicendole una mezza verità. Non era ancora giunto il momento.

Il silenzio calò tra di noi, il ticchettio dell'orologio come unico suono nella stanza. I suoi genitori sarebbero tornati da un momento all'altro vista l'ora.

Quest'attimo venne interrotto nuovamente dalla sua voce. «Dove sei stato in queste settimane?»
Sorrisi colpevole, arrossendo vagamente colpevole. «Ero andato a cercare una Sciamana, una Maestra delle Stelle. Volevo sapere come tu fossi riuscita a sbloccare i tuoi poteri da sola e cosa fare adesso, ma non l'ho trovata. Sarebbe stato certamente meglio per te parlare con lei.»

Mi guardò, corrucciata «Quindi non ti sei fatto vivo per due settimane, lasciandomi col pensiero di essere pazza, perché dovevi trovare questa... sciamana?» 

Quasi le scoppiai a ridere in faccia per quanto era buffa in quel momento la sua espressione, ma mi trattenni, per fortuna. «Bé... scusa?»  provai. 

La vidi sgranare gli occhi e le labbra in un espressione offesa e poi prendere un cuscino per colpirmi. Mi difesi con le braccia e scoppiai a ridere, riuscendo a trascinare anche lei nella risata.

Ridemmo così tanto che lo stomaco ci doleva e gli occhi lacrimavano, sembravamo degli stupidi ma proprio non riuscivamo a smettere, e quando ci fermavamo bastava una sola occhiata per ricominciare. 

A poco a poco, le risa si placarono, i capelli di Jenna erano ormai  scomposti e gli occhi brillavano di divertimento, mentre si teneva lo stomaco.
«Okay, ti do questa tregua. Ma non scomparire mai più così all'improvviso.»  esclamò, cercando di essere autoritaria ma fallendo miseramente quando si lasciò scappare una risatina.

«Non si preoccupi, madame. Non mi allontanerò più dal suo fianco, senza il suo permesso.» stetti al gioco, inscenando un piccolo inchino. 

«Sarà meglio.»




Il mio angolino:
BÉ... che dire? Finalmente si scopre cosa effettivamente Jenna é. 
Ve lo aspettavate? Io no in realtà, mi sono messa a scrivere e alla fine é arrivato tutto da sé.
Comunque questo capitolo é stato una tortura, ho cambiato così tante volte alcune frasi che quasi mi strappavo i capelli. Spero si capisca tutto *prega*
Ringrazio, di nuovo, chiunque segua questa storia❤
Alla prossima settimana,
-Stella*
   
 
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