I.12
Come
la verità sbattuta in faccia, con una pistola piantata in mezzo
agli occhi, una
nove millimetri a punta cava diventa complicata da ignorare.
Eppure,
una parte di Heero cerca comunque scuse, o una spiegazione, il
trucco
seminascosto dal sipario che sveli l'illusione; almeno una buona
ragione. Questa
parte di Heero, che ostinatamente vorrebbe aggrapparsi ancora a
una speranza, però
non è disarmata né ha entrambe le braccia fratturate; un taglio
di machete da un
lato all'altro della spalla, passando l'osso come fosse burro; e
la canna d'una
semiautomatica posata sulla fronte, ancora bollente, in uno
strambo bacio della
buonanotte.
Da
protocollo, questa parte andrebbe eliminata, immediatamente,
prima che possa
compromettere il resto della missione. Ma la missione è già
naufragata; e tutti
loro, i rimasti, saranno sommersi dai marosi, spolpati dalle
onde alla deriva –
inclusa la parte difettata e le altre parti di Heero, che a
stento sta in piedi
e senza dubbio sragiona.
Oltre
alle fratture, oltre alla ferita, oltre all'intimità
indesiderata con una
Magnum – che ha i suoi anni, ma è perfettamente curata, e puzza
di polvere da
sparo consumata, lealtà cieca, del sangue sulle mani da una vita
–, Heero probabilmente
ha almeno una contusione. Lo stomaco gl'è stretto in una morsa e
dalla nausea (o
forse è solo l'agonia); il neon anonimo è stranamente morbido,
sfocato; la
stanza (tutta: il muro segnato dagli spari, sotto la sua
schiena; il soffitto,
sul punto di cadere; il pavimento, ch'è pura gravità,
esponenziale) respira, si
contrare, sembra farsi più piccola e più grande, quasi viva,
trema come una
convulsione. E la voce del buon senso è diventata quella di Duo,
con tanto di
tono, di registro, del monologo che già gli ha ripetuto quasi
all'infinito –
uscendo di casa, trenta secondi dopo la convocazione;
bisbigliando, in un
controcanto sottovoce, per tutta la riunione; poi saccheggiando
l'armeria, tra
un ordine, un per favore
furioso
quanto una bestemmia, ed un segno di croce; sul jet anonimo e
straordinariamente
silenzioso, pilotando con una tensione che non gl'aveva mai
visto addosso; infine,
un attimo prima d'andare a piazzare gli esplosivi nei punti
nevralgici della
base nemica, supplicandolo, con disperazione... Aspettami. Non fare niente d'avventato. Non entrare da
solo, nel caso
fosse vero.
È
vero. È tutto vero. Heero non ha aspettato.
Ed
ora non c'è niente a frapporsi tra lui e Trowa – tranne la
pistola sulla pelle,
pesante come un abbraccio troppo forte quando ci si saluta a
malincuore.
Vent'anni
d'amicizia giacciono di lato, trafitti dal coltello ormai
spezzato che Heero
non ha usato – avrebbe potuto, avrebbe dovuto; il cuore gliel'ha
impedito.
Trowa
l'aveva raccolto quando era appena un burattino rotto,
autodistrutto; l'aveva
portato a casa, cullato nel pugno di Heavyarms; l'aveva curato;
l'aveva
nutrito; l'aveva ascoltato confessare che morire fa atrocemente
male, e insieme
ne avevano riso; l'aveva accompagnato nella sua cerca della
redenzione, per tenergli
la mano e seppellirlo nel caso in cui avesse ottenuto la sola
che potesse
comprendere o volere, la sola commisurata all'errore. Vent'anni
d'amicizia... La
parte sciocca di Heero, no, non ha potuto; nessun'altra ha
osato.
Ma vent'anni
d'amicizia – di guerra che, bambini, non hanno saputo lasciar
nel passato – sono
fuochi di paglia di fronte a Quatre e ad ogni sua parola, ad
ogni suo desiderio
sottaciuto, anche se Quatre è impazzito. Per Trowa tutto vale il
prezzo d'un
sorriso, pure la pace per cui hanno combattuto; l'orrore d'una
sorella tradita
e di un vecchio amico; finanche Wufei, ch'è saltato in aria col
Senato.
Heero
vorrebbe potersi dire che, al posto suo, se fosse stato Duo ad
aver perso il
senno e la morale, l'avrebbe giustiziato; però non può mentire.
D'altronde, Duo
è vissuto sempre delirando, col cuore al posto giusto, ma lungi
dall'essere uno
stinco di santo; e raramente Heero l'è stato a sentire, sebbene
troppo spesso
abbia avuto ragione. Avrebbe dovuto ascoltarlo, avrebbe dovuto
aspettarlo,
lasciarsi accompagnare e custodire... Poco male: Duo ha sempre
vestito meglio i
panni dell'angelo vendicatore.
Zero-Due
verrà, sta già venendo: arriverà discreto, arriverà in silenzio,
l'ombra d'una
morte rapida, gentile – ché questa volta viene a spigolare un
compagno d'arme,
quasi un fratello. Forse ormai ha mietuto o sta mietendo; ma,
Heero, lo dovrà
vendicare, ché per salvarlo neppure il Mietitore può arrivare in
tempo.
Heero,
è da una vita ch'è pronto a morire: certo, ha qualche rimpianto;
ma questa è la
sua ora e lo accetta in pace. Rivolge, dunque, l'ultimo pensiero
a chi è
dovuto; recita le sue prime ed ultime preghiere: che Duo abbia
pietà, prenda la
sua vendetta; che non sia crudele e non renda Trowa il solo
sopravvissuto, con
tutto quello che ha tradito, che ha sacrificato, alla fine per
niente – soltanto
un altro po' di sangue che, dopo averne versato così tanto, è
insignificante.
Annuisce
infine a Trowa e alla pistola.
Per
premere un grilletto basta un secondo: poco, troppo poco, per
ammazzare
vent'anni d'amicizia – una parte di Heero ancora ci crede,
ancora ci spera.
Trowa
spara.