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Autore: Bodominjarvi    29/08/2018    1 recensioni
Provenivano da due paesi distanti e anche da due decenni differenti, ma le loro storie erano quantomai analoghe...Travagliate e senza nessun lieto fine all'orizzonte. Loro non vivevano...Sopravvivevano. Era un condizione che ormai avevano accettato entrambi da tempo.
Ambientata durante e post Tekken 7.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jin Kazama, Kazuya Mishima, Nina Williams, Sorpresa, Steve Fox
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Non aveva nemmeno la forza per piangere, figurarsi per tornare a casa: nella sua testa regnava una tale confusione da disorientarla a tal punto da farle momentaneamente dimenticare la strada verso la sua dimora. Continuava a sbattere contro pali della luce e pedoni, a inciampare nei suoi stessi piedi e a barcollare come un'ubriaca vagabonda. Anche se non fosse stata imbaccuccata dalla testa ai piedi per celare la sua identità, nessuno l'avrebbe riconosciuta in quello stato semicatatonico simile a quello nel quale si era ritrovata al risveglio dal sonno criogenico. La mente le si era completamente svuotata dalla razionalità, mentre continuavano a sfrecciarle davanti agli occhi flashback di un passato recente e immagini apocalittiche. 

"EHI! ATTENTA!" urlò una voce.

Non fece nemmeno in tempo a processare il messaggio che venne strattonata per un braccio.

"SEI IMPAZZITA? STAVI PER PASSARE COL ROSSO, VOLEVI FORSE FARTI INVESTIRE?" le inveì contro un passante.

Farsi investire? Bhe, forse avrebbe così risolto tutti i suoi problemi in un colpo solo? Da quando meditiva il suicidio? Forse ora date le circostanze sarebbe stata una buona opzione per abbandonare questo mondo in modo rapido e indolore, prima che qualcun'altro provvedesse per lei. 

"Prego eh! Ma guarda questa...." borbottò l'uomo che le aveva appena salvato la vita, allontanadosi da lei con sdegno.

Nemmeno quello scampato incidente riuscì ad interrompere il suo vagabondare, tantomeno il calar del sole sembrò destarla. Aveva camminato per tutto il giorno e ora non aveva seriamente idea di dove fosse finita. Si rese conto di essere in prossimità di un parco di cui ignorava l'esistenza, e vi si addentrò senza indugi. Tuttavia quando scorse una panchina in lontananza realizzò improvvisamente quanto fosse stanca: le gambe e i piedi le dolevano per il troppo camminare sui tacchi a spillo, inoltre la nausea e le vertigini non le stavano dando tregua. Si trascinò quindi verso di essa e vi si rannicchiò sopra in posizione fetale, chiudendo gli occhi e lasciandosi scivolare nell'incoscienza.

 
~

Steve si arrestò sul posto, appoggiandosi alle ginocchia cercando di riprendere fiato: era decisamente fuori allenamento e il lasciarsi andare alle notti bagorde con Paul e Law non aveva certo giovato al suo fisico, data anche la carenza di attività agonistica che lo obbligava a rimanere sempre in forma. Ora che anche l'occasione di riscattare la sua carriera grazie a Morozov era andata in fumo, dopo giorni di ozio e depressione aveva deciso di riprendere in mano il controllo della situazione e rincominciare ad esercitarsi. La gente credeva davvero che Heihachi fosse morto, ma lui non era per nulla convinto di quella frottola, quindi convenne con se stesso che era meglio non abbassare la guardia perchè il peggio non era certo passato. Rallentò il passo, ma non smise di muoversi, continuando a seguire il sentiero al centro di quel piccolo parco, una minuscola macchia di verde in mezzo a tutta quella civiltà e tecnologia: gli piaceva quel posto, trovava estremamente rilassante stare a contatto con la natura. Gli mancavano le lunghe passeggiate a Hyde Park che soleva fare ogni fine settimana quando ancora viveva a Londra, la città dove aveva passato gran parte della sua vita assieme ai suoi genitori adottivi. 

In realtà lui era nato proprio in Giappone, in modo tutt'altro che consensuale e felice. Lui non era venuto al mondo come frutto dell'amore di due persone, era stato creato in laboratorio con delle cellule in una provetta. La cosa lo riempiva di tristezza ripensando a quanto poco fosse sensata la sua esistenza: i primi anni di vita erano stati una vera e propria agonia in quel laboratorio e, probabilmente a scopo difensivo, la sua mente aveva rimosso tutti gli orribili esperimenti e soprusi ai quali quegli scienziati lo avevano sottoposto, come se fosse una semplice cavia. A salvarlo da quell'inferno fu la dottoressa Kliesen, che riuscì a farlo scappare e successivamente adottare da una coppia di coniugi inglesi. Emma era stata quanto di più simile aveva avuto ad una madre, era sempre stata dolce e gentile con lui e probabilmente lei stessa ad avergli dato quel nome, quando tutti si riferivano a lui semplicemente come "NT01", il codice del suo esperimento. Successivamente era passato in custodia ai Fox, delle brave persone residenti a Londra, ma nonostante le cure e il sostentamento che gli avevano donato non si era mai sentito veramente a casa con loro e non era mai stato in grado di considerarli davvero come la sua famiglia. Certo, gli era indubbiamente grato, ma nemmeno da parte loro c'era tutta quella manifestazione di chissà quale sentimento genitoriale: erano una semplice coppia di alto rango, strettamente religiosi e che non potendo avere figli loro erano ricorsi all'adozione per formare quella famiglia stereotipata da loro tanto voluta.

E poi due settimane fa la svolta. Il ritrovarsi faccia a faccia con la donna che lo aveva messo al mondo a sua insaputa, colei che condivideva parte del suo DNA, il cuo sangue scorreva nelle sue stesse vene. Per quanto tecnologicamente avanzata fosse la Mishima Zaibatsu, si erano comunque serviti di un essere umano per ottenere il materiale su cui svolgere i propri perversi esperimenti. Una donna come tante altre, intrappolata in un sonno profondo e indotto, che era stata brutalmente violata e obbligata a portare avanti una gravidanza senza nemmeno esserne conscia. Ogni donna aveva il diritto di decidere se avere figli o no mentre a lei era stato imposto. Per questo non aveva potuto biasimare la sua brusca reazione quando si erano ritrovati faccia a faccia assieme alla verità: lei non lo voleva, le era stata negata ogni libertà ed era stata utilizzata come un oggetto senza un minimo di valore. Considerando poi chi fosse sua madre lo stupore si era ridotto ai minimi termini: nessuno sano di mente avrebbe mai osato mettersi contro di lei, che lui sapesse era la donna più temuta di sempre. Ma rimaneva sempre sua madre e il toglierla dai guai era stato istintivo. Nonostante la fama di fredda e spietata assassina, gli aveva comunque risparmiato e salvato la vita in passato, quindi un minimo di umanità viveva in lei. Sperava in cuor suo che un minimo gli volesse bene, nonostante lo avesse definito "una spina nel fianco".

Sospirando pesantemente continuò a camminare, cercando di svuotare la mente da quella fiumana di pensieri, venendo eventualmente distratto da un forte vociare  che proveniva dalla direzione opposta. Ben presto davanti agli occhi si palesarono cinque uomini in divisa, intenti ad appendere agli alberi manifesti inneggianti a nientemeno che la G Corporation. 

"Fantastico, degli scagnozzi di Kazuya...Stanno ancora andando avanti quegli stupidi cortei?" pensò amaramente, evitando accuratamente lo sguardo di quei soldati.

Tuttavia la sua presenza non passò inosservata  ben presto venne importunato da quegli uomini, che gli rifilarono uno di quegli insulsi volantini pro G Corp.

"Tenga ragazzo! E si ricordi che la G Corporation non abbandonerà mai il popolo nel momento del bisogno. Assieme possiamo ricostruire il mondo dopo tutta quella distruzione!" dichiarò giulivo uno di loro.

Che mucchio di idiozie. Il pugile lottò con tutto se stesso per mantenere un'espressione neutra e ad annuire, sperando che lo lasciassero proseguire per la sua strada. Fortunatamente per lui quello fu sufficiente per sbolognarli e con passo svelto si avviò verso l'uscita del parco, si era fatto decisamente tardi.

"Si svegli, signorina e tenga...si ricordi che la G Corporation non abbandonerà mai il popolo nel momento del bisog....UN MOMENTO!"

Steve si arrestò sul posto e si voltò di scatto, udendo il soldato alzare così tanto la voce. Davanti a se si proiettò la scena dei cinque soldati di fronte ad una donna accasciata su una panchina, davanti alla quale era passato tante volte senza farci caso. Con ogni probabilità si trattava di una semplice senzatetto, per questo non ci aveva badato più di tanto. E invece...

"IO TI CONOSCO! IN PIEDI!" ringhiò l'uomo, strattonandola per un braccio e costringendola ad alzarsi. 

Quella, apparentemente priva di forze rotolò al suolo perdendo così in un sol colpo cappello e occhiali da sole.

"NON CI POSSO CREDERE! È NINA WILLIAMS!" urlò stupefatto.

"COSA? LA SORELLA DI MISS WILLIAMS?" replicò il secondo!

"PROPRIO LEI, MI VENISSE UN COLPO! ALZATI, MALEDETTA!" 

Con una cattiveria immane il biondo vide la donna venire nuovamente tirata in piedi contro la sua volontà, mentre uno dei soldati le puntava la torcia dritta in faccia per accertarsi della sua identità. Sembrava seriamente ammalata, il viso era una maschera di dolore e sotto agli occhi spiccavano delle vistosissime occhiaie violacee, ma era indubbiamente lei.

"Tu...." sibilò il capo dei soldati, stringendole il volto in una morsa dolorosa. "Tu sei nei guai, troia...Dopo tutti i soldati che ci hai fatto fuori e tutti i casini scatenati da te e Kazama...Kazuya e la tua cara sorella Anna saranno più che lieti
 di averti come ospite stasera!" 

Perchè Nina non reagiva? Non era da lei, avrebbe già dovuto abbattarli tutti in pochi colpi, senza contare che non si sarebbe mai esposta ad un simile pericolo in primis, facendo una cosa talmente stupida come addormentarsi su una panchina. Doveva esserle per forza accaduto qualcosa di brutto. Ma non era il momento di preoccuparsene. Steve aveva già fatto dietrofront e si stava avventando come una furia verso il quintetto che stavano tenendo in ostaggio sua madre.

"TU....LEVALE SUBITO QUELLE SUDICIE MANI DI DOSSO!" urlò, parandosi di fronte a loro, scrocchiando le nocche con fare minaccioso.

"Che diamine vuoi tu? Non sai che questa donna è una criminale e ha contribuito  a spargere sangue in questa guerra?" gli chiese rabbioso l'uomo, aumentando la stretta sulla donna e facendola gemere di dolore.

"Come se voi schifosi bastardi della G Corp foste meglio, con quell'essere ignobile e malvagio di Kazuya Mishima a comandarvi. Siete probabilmente peggio!" soffiò di rimando, continuando ad avanzare verso di loro. "Ora lasciala andare!"

"Ah, è così? Bene bene, due traditori in un colpo solo, che presto finiranno morti ammazzati dentro ad una fossa. Patetici" concluse il soldato, prima di assestare un pugno nello stomaco di Nina, facendola nuovamente accasciare al suolo.

Quello fu la goccia che fece traboccare il vaso. 

"Figlio di puttana..." ringhiò Steve, prima di scagliarsi con furia cieca contro gli uomini.

Non gli importava se erano cinque e lui uno solo, loro armati con fucili e lui solo dei suoi pugni. L'adrenalina gli scorreva irrefrenabile nelle vene, mentre finalmente poteva sfogare tutta la sua rabbia repressa su quei cinque scagnozzi, assestando ganci e pugni poderosi senza interruzione. Nessuno, nessuno poteva azzardarsi anche solo a sfiorare sua madre in quel modo, gli avrebbe fatto pentire di essersi arruolati nell'esercito di quella società governata da un uomo che sembrava posseduto dal demonio. Raramente si era sentito così furibondo in vita sua, si sentiva di poter abbattere 100 uomini da solo. Si fermò solo nel momento in cui si rese conto di aver messo k.o. tutti e cinque i soldati con estrema facilità. Osservando il risultato della sua collera ben presto scorse il corpo inerme dell'assassina e si affrettò ad andargli incontro per accertarsi delle sue condizioni.

"Nina...Nina...Riesci a sentirmi?" la chiamò, scuotendola delicatamente per le spalle.

Ma non vi fu risposta alcuna, il colpo all'addome l'aveva fatta svenire. Osservò attentamente il volto della sua genitrice, stupendosi di quanto sembrasse provata. Le era indubbiamente successo qualcosa di orribile per essere ridotta così male e incapace di difendersi da quell'assalto. Studiò ancora per un attimo quei lineamenti fini così simili ai suoi, meravigliandosi di come la sua bellezza fosse rimasta intonsa nonostante tutto. Con delicatezza la sollevò da terra e si diresse verso l'uscita del parco, dove aveva lasciato l'auto. Non poteva portarla in ospedale, avrebbe rischiato una replica di quanto era appena accaduto: sperando con tutto il cuore che non necessitasse di chissà quali cure mediche la caricò sulla macchina e guidò verso il motel dove alloggiava, li sarebbe stata al sicuro. 

 
~
 
Note dell'autrice: Finalmente ho trovato un attimo per betare il capitolo e postarlo, giusto il giorno prima delle mie brevi vacanze, quindi ho voluto postarlo prima di subito :D Capitolo cruciale per ciò che avverrà dopo. Vi avviso che i prossimi capitoli saranno condizionati da questo episodio, uno l'ho dovuto addirittura dividere in due parti perchè era troppo lungo, ma personalmente ne sono molto soddisfatta e non vedo l'ora di presenterveli. Inoltre ho scoperto che il lavoro che tanto sembrava un ostacolo alla stesura di questa storia in realtà si è rivelato un perfetto alleato quando mi capitano i turni di notte, dove posso scrivere sola e indisturbata (mole di lavoro permettendo, ovviamente). Quindi sì, sto andando come un treno, ma mi sono resa che sarà davvero una cosa lunga prima di arrivare alla fine. Spero di non deludervi. A presto!
  
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